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Storia del giovane partigiano “Licio Nencetti” Comandante della squadra “Volante”

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Language: Italian


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Per la storia di Licio Nencetti si veda Il comandante Licio

Sull’aria di Addio a Lugano o Addio Lugano bella, canzone anarchica composta da Pietro Gori nel 1894 su un’aria preesistente, probabilmente un’aria popolare toscana.
II testo qui proposto conserva, oltre alla linea melodica del canto anarchico, la struttura letteraria e qualche frammento del testo con leggere modifiche
(“E voi cari compagni...”).
Ezio Croci si attribuisce la stesura del testo con una revisione curata da una insegnante elementare casentinese.
Comunicazione di Ezio Croci, registrata a Talla il 26 luglio 1978.
da memoria.provincia.ar.it
A soli diciott’anni
un caro giovinetto
si sente tanti affanni,
gli batte il cuore in petto.
Fra tanti compagni, lui si affermò;
Divenne capo pieno d’ardor.

Da tutti quanti amato,
esempio al sacrificio,
rianimò i compagni
il nostro caro Licio.
Con grande amore poi li guidò,
per la giustizia di Patria al sol.

Destava l’entusiasmo,
del popolo toscano,
e solo dell’infami
colpiva la sua mano.
Per la sua Patria tutto
l’amor e l’ideale, tutto 1’ardor.

Bello, diritto ed impavido,
pronto contro il nemico,
tremavano i fascisti
di fronte al nome Licio.
E la giustizia del suo buon cuor
era spavento dei traditor.

O voi cari compagni
amici che restate!
la verità di Licio
a tutti propagate.
Che anche da morto vi guiderà,
ed il suo nome trionferà!

Per romper la colonna
di questo Eroe sì fiero,
con diabolica astuzia,
fu fatto prigioniero.
Delle canaglie lo portan là,
ma il nostro Eroe non vuole parlar.

Comincia la tortura,
bestiale e snaturata,
nella sua bella fronte
danno una pugnalata.
E ‘l primo sangue, che gli schizzò
il suo bel volto gli colorò.

In più di cento vili
cominciano a menare,
e così tanti strazi
a lui possono fare.
Ma il nostro martire mai parlò
solo la mamma spesso invocò.

Ai suoi loschi compagni
gridava Sorrentino:
cosa volete fare?
si deve fucilare!
Mentre quegl’altri stanno a gridar
perché canaglia non vuoi parlar...

Così il ventisei maggio,
sul fare del mattino,
in Talla fu commesso
vilmente l’assassinio.
Ma lui sereno si confessò,
e con un grido forte se ne cascò.

Gente crudele e infame
indegna e disonesta,
saziasti le tue brame
nella macabra festa.
Ma l’Iddio grande ti punirà,
con l’infallibile giusta sua man!.

Or trema Sorrentino
che ha comesso il misfatto
è sempre più vicino
il giorno del riscatto.
E il suo mitra risparerà
sul manigoldo, senza pietà.

Contributed by Dq82 - 2020/4/16 - 18:07



Language: Italian

Questo testo è conservato, dattiloscritto, presso l’archivio ANPI di Foiano della Chiana con tanto di timbri e firme che ne attestano l’autenticità e che
lo propongono, un po’, come “versione ufficiale” del canto.
È, come il precedente, impostato sulla linea melodica di “Addio a Lugano”.
E composto di 12 sestine rispetto alle 11 del testo di Ezio Croci con alcune parti quasi identiche ma collocate diversamente del testo.
Rispetto al precedente appare più elaborato quasi a disegnare un’immagine di Licio Nencetti diversa, più emblematica.
Nel documento dell’ANPI di Foiano l’autore è indicato con la dicitura:
“Versi di Orlando Innocenti. Pieve a Socana, Rassina”.
STORIA DEL GIOVANE PARTIGIANO “LICIO NENCETTI”
COMANDANTE DELLA SQUADRA “VOLANTE”

A soli diciott’anni
un caro giovinetto
si sente tanti affanni,
gli batte il cuore in petto.
Fra tanti compagni, lui si affermò;
Divenne capo pieno d’ardor.

Da tutti quanti amato,
esempio al sacrificio,
rianimò i compagni
il nostro caro Licio.
Con grande amore poi li guidò,
per la giustizia di Patria al sol.

Destava l’entusiasmo,
del popolo toscano,
e solo dell’infami
colpiva la sua mano.
Per la sua Patria tutto
l’amor e l’ideale, tutto 1’ardor.

Bello, diritto ed impavido,
pronto contro il nemico,
tremavano i fascisti
di fronte al nome Licio.
E la giustizia del suo buon cuor
era spavento dei traditor.

O voi cari compagni
amici che restate!
la verità di Licio
a tutti propagate.
Che anche da morto vi guiderà,
ed il suo nome trionferà!

Per romper la colonna
di questo Eroe sì fiero,
con diabolica astuzia,
fu fatto prigioniero.
Delle canaglie lo portan là,
ma il nostro Eroe non vuole parlar.

Comincia la tortura,
bestiale e snaturata,
nella sua bella fronte
danno una pugnalata.
E ‘l primo sangue, che gli schizzò
il suo bel volto gli colorò.

In più di cento vili
cominciano a menare,
e così tanti strazi
a lui possono fare.
Ma il nostro martire mai parlò
solo la mamma spesso invocò.

Ai suoi loschi compagni
gridava Sorrentino:
cosa volete fare?
si deve fucilare!
Mentre quegl’altri stanno a gridar
perché canaglia non vuoi parlar...

Così il ventisei maggio,
sul fare del mattino,
in Talla fu commesso
vilmente l’assassinio.
Ma lui sereno si confessò,
e con un grido forte se ne cascò.

Gente crudele e infame
indegna e disonesta,
saziasti le tue brame
nella macabra festa.
Ma l’Iddio grande ti punirà,
con l’infallibile giusta sua man!...

Or trema Sorrentino
che ha comesso il misfatto
è sempre più vicino
il giorno del riscatto.
E il suo mitra risparerà
sul manigoldo, senza pietà...

Contributed by Dq82 - 2020/4/16 - 18:10




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