Mi piace la mia città
E questo è il mio quartiere tutto rosso
Gli alberi, le facciate delle case
Quello che però non capisco
E che mi fa arrabbiare è che quando c'è vento
Non posso uscire a giocare
Si chiudono le finestre
Chiudono anche le scuole
c'è una puzza pazzesca e non si può respirare
Quando c'è vento nel mio quartiere
Non si può giocare
Mio padre lavora in un posto grandissimo
Lui lo chiama il gigante d'acciaio
Con grandi camini che fumano sul mare
E gli ho sentito dire che dà lavoro a diecimila persone
Eppure papà da lì se ne vuole andare
Dice sempre "Non possiamo scegliere se vivere o lavorare
Non possiamo scegliere se vivere o lavorare
Se scappare o morire"
Non ci sarà un'altra volta, un'altra volta
Non ci sarà un'altra volta, un'altra volta ancora
Papà stava bene s'è fatto una casa
Ha sposato due figli e mo' resto io
Con dieci anni d'amianto e molte rughe
Ha lasciato l'inferno per darlo a me
Ero troppo giovane per capire
ho provato a scappare, ma mi mancava il mare
Mi mancava il mare
Mi mancava mia nonna e il sentirmi dire
"Uè guagliò vid ca' qua so tutt cos buene"
Non ci sarà un'altra volta, un'altra volta
Non ci sarà un'altra volta
un'altra volta ancora
Chi ci darà una risposta
Macchiami il cuore con un pugno dentro al petto
Cambia il finale di una storia che ho già letto
Tutti lo sanno ma nessuno parla
Tanto funziona così, spesso mi dicono "Vattene da qui"
Ma signori io ho famiglia
E davanti un muro, sulle spalle un mutuo
Son già marcio dentro, ormai fa lo stesso
Non lo disco spesso, ti confesso
non ho più un futuro
Non ci sarà un'altra volta, un'altra volta
Non ci sarà un'altra volta
un'altra volta ancora
Timbro ai tornelli della portineria
Sono le sette di una sera qualunque
Ma il vento è forte, sempre più forte
Spezza la vita e le speranze restano chiuse
Nelle mani del gigante
E questo è il mio quartiere tutto rosso
Gli alberi, le facciate delle case
Quello che però non capisco
E che mi fa arrabbiare è che quando c'è vento
Non posso uscire a giocare
Si chiudono le finestre
Chiudono anche le scuole
c'è una puzza pazzesca e non si può respirare
Quando c'è vento nel mio quartiere
Non si può giocare
Mio padre lavora in un posto grandissimo
Lui lo chiama il gigante d'acciaio
Con grandi camini che fumano sul mare
E gli ho sentito dire che dà lavoro a diecimila persone
Eppure papà da lì se ne vuole andare
Dice sempre "Non possiamo scegliere se vivere o lavorare
Non possiamo scegliere se vivere o lavorare
Se scappare o morire"
Non ci sarà un'altra volta, un'altra volta
Non ci sarà un'altra volta, un'altra volta ancora
Papà stava bene s'è fatto una casa
Ha sposato due figli e mo' resto io
Con dieci anni d'amianto e molte rughe
Ha lasciato l'inferno per darlo a me
Ero troppo giovane per capire
ho provato a scappare, ma mi mancava il mare
Mi mancava il mare
Mi mancava mia nonna e il sentirmi dire
"Uè guagliò vid ca' qua so tutt cos buene"
Non ci sarà un'altra volta, un'altra volta
Non ci sarà un'altra volta
un'altra volta ancora
Chi ci darà una risposta
Macchiami il cuore con un pugno dentro al petto
Cambia il finale di una storia che ho già letto
Tutti lo sanno ma nessuno parla
Tanto funziona così, spesso mi dicono "Vattene da qui"
Ma signori io ho famiglia
E davanti un muro, sulle spalle un mutuo
Son già marcio dentro, ormai fa lo stesso
Non lo disco spesso, ti confesso
non ho più un futuro
Non ci sarà un'altra volta, un'altra volta
Non ci sarà un'altra volta
un'altra volta ancora
Timbro ai tornelli della portineria
Sono le sette di una sera qualunque
Ma il vento è forte, sempre più forte
Spezza la vita e le speranze restano chiuse
Nelle mani del gigante
envoyé par Dq82 - 12/4/2020 - 18:28
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presentata come nuova proposta insieme alla rapper Lula (Lucrezia Fiandra)
I miei cugini sono ex dipendenti Ilva, mio nonno ha lavorato tutta la vita in fabbrica e mi sembrava doveroso affrontare questo argomento, ma volevo che non rimanesse una storia di pochi, una storia di pugliesi. Per questo ho coinvolto Lula, che ha scritto lo "special" del brano, trasformandolo in un messaggio universale: l’ambiente, la sicurezza sul lavoro, la storia di chi vive di sacrifici e lascia anche la propria terra. Ho sempre sognato il palco dell’Ariston, lo confesso. Mi sono iscritta ad “Area Sanremo”, un concorso che apre le porte a chi non ha contratti discografici e siamo arrivate fino alla fine. Questa è un’enorme vittoria per noi.
Una grande vittoria nonostante non abbiate passato il turno, forse penalizzate dal meccanismo delle battle che ha portato all’eliminazione veloce di un pezzo che avrebbe richiesto un ascolto più “lento”. Sei d'accordo?
Stiamo ricevendo tanto affetto dai social, dai pugliesi, dalle associazioni del territorio, siamo ospiti quasi tutte le sere all’Altro Festival. Il nostro sta diventando una specie di inno ai lavoratori e questo ci fa tanto piacere. Hai ragione, il meccanismo delle battle ti costringe a fare tutto in velocità, però la grande vittoria è essere salite su quel palco con questa canzone.
Ciò che colpisce nell’ascolto de “Il gigante d’acciaio” è che, fuor di metafora, dice le cose come sono. Sembra quasi un articolo di giornale tradotto in musica e parole.
Lo hai colto in modo straordinario. Nella canzone ci sono le parole di mio cugino, ex dipendente Ilva, che mi ha ispirato questo brano. L’estate scorsa parlavamo di scelte – andare, restare, lasciare una terra che si ama moltissimo, rimanere e accettare di fare ciò che non corrisponde alle tue aspirazioni più genuine – e mio cugino mi dice: “Papà ha sposato due figlie e mo’ resto io”. È un modo di dire pugliese, significa che, sposate le sue sorelle, sarebbe toccato poi a lui decidere cosa fare. Mio cugino ha scelto di seguire la strada di suo padre, a fatica, nonostante sapesse che non era semplice, che lavorare in quella fabbrica significava anche poter fare del male ad altre persone e prima di tutto a se stesso. L’ex Ilva è un grande cane che si morte la coda: dà lavoro a oltre diecimila persone, ma fa male alla salute. La prima parte del pezzo racconta l’incoscienza dei bambini del quartiere rosso, il quartiere Tamburi. Mio nonno mi raccontava che quando erano piccoli giocavano con le polverine, ignari che fossero la causa di molti mali. Sì, ho scelto le parole della gente, perché volevo esprimere questi concetti nel modo più diretto possibile.
Il gigante d’acciaio. L’Ilva e i suoi operai a Sanremo