Quando penso ai martiri e agli eroi
Io penso a Durruti e Che Guevara
All’esempio giunto fino a noi
Tutta quella lotta che rischiara
Penso a Rosa Luxemburg ribelle
A chi si è giocato in un minuto
Nella solitudine le stelle
Senza avere il tempo di un saluto
Corre, corre la locomotiva
Gramsci nella cella che scriveva
E Pinelli sopra il motorino
Pino quel mattino che correva
Poi mi viene in mente anche il sorriso
Di una dottoressa che conosco
Che operava nel Burkina Faso
Quando andava in ferie ad ogni agosto
Dieci anni e più di precariato
Sola con un figlio ed una madre
Lei che corre sempre senza fiato
E mangia uno yogurt per le strade
Scappa nella metropolitana
Strappa dalla morte i suoi fratelli
Fa guerriglia ogni settimana
Lotta coi suoi ferri al Cardarelli
Poi ritorna a casa e dorme stretta
Preso dall’asilo il suo bambino
Tutta la sua vita nella fretta
Nel caffè che brontola al mattino
Viene la paura del contagio
Tutti chiusi nell’isolamento
Il silenzio vuoto è un nubifragio
Tutto un brulicare di cemento
L’ospedale adesso è la frontiera
Del bombardamento, la trincea
Ogni bollettino della sera
Mette la paura in ogni idea
Questa dottoressa che continua
Per coraggio o per disperazione
Per coscienza, forza o disciplina
Va sul fronte e aiuta le persone
Sa che può portare in sé il nemico
Dentro la sua casa, fra i suoi cari
gli incubi, i pericoli, il dolore
Tutta quella lotta che rischiara
Quando pensi all’angelo custode
Non pensare a gente sovrumana
Pensa che ti sta schiacciando un piede
Nella stessa metropolitana
Io penso a Durruti e Che Guevara
All’esempio giunto fino a noi
Tutta quella lotta che rischiara
Penso a Rosa Luxemburg ribelle
A chi si è giocato in un minuto
Nella solitudine le stelle
Senza avere il tempo di un saluto
Corre, corre la locomotiva
Gramsci nella cella che scriveva
E Pinelli sopra il motorino
Pino quel mattino che correva
Poi mi viene in mente anche il sorriso
Di una dottoressa che conosco
Che operava nel Burkina Faso
Quando andava in ferie ad ogni agosto
Dieci anni e più di precariato
Sola con un figlio ed una madre
Lei che corre sempre senza fiato
E mangia uno yogurt per le strade
Scappa nella metropolitana
Strappa dalla morte i suoi fratelli
Fa guerriglia ogni settimana
Lotta coi suoi ferri al Cardarelli
Poi ritorna a casa e dorme stretta
Preso dall’asilo il suo bambino
Tutta la sua vita nella fretta
Nel caffè che brontola al mattino
Viene la paura del contagio
Tutti chiusi nell’isolamento
Il silenzio vuoto è un nubifragio
Tutto un brulicare di cemento
L’ospedale adesso è la frontiera
Del bombardamento, la trincea
Ogni bollettino della sera
Mette la paura in ogni idea
Questa dottoressa che continua
Per coraggio o per disperazione
Per coscienza, forza o disciplina
Va sul fronte e aiuta le persone
Sa che può portare in sé il nemico
Dentro la sua casa, fra i suoi cari
gli incubi, i pericoli, il dolore
Tutta quella lotta che rischiara
Quando pensi all’angelo custode
Non pensare a gente sovrumana
Pensa che ti sta schiacciando un piede
Nella stessa metropolitana
Contributed by Lorenzo - 2020/3/21 - 11:37
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(2020)
Questa è una canzone scritta durante l’emergenza, ma non improvvisata. Non parla dell’emergenza in sé, parla della storia di una giovane lavoratrice (un chirurgo del Cardarelli, il principale ospedale di Napoli) che è anche madre di un bambino di tre anni, e che ci si è trovata proiettata dentro - come si usa dire - in prima linea.
È il mio omaggio a queste lavoratrici, attraverso la vita di una di loro, che ho la fortuna di conoscere.
La registrazione invece, quella sì, è abbastanza improvvisata coi mezzi della quarantena (un Vecchio I-pad), ma spero che se ne colga l’emozione.