Un asino fatto vecchio
che non serviva più al padrone
a colpi di bastone
la pelle doveva lasciare
“Non servi più, sei in esubero
ma ancora puoi darmi utile
ti caverò la pelle
e per tamburo la venderò”
“Più che la pelle c’ho bella la voce”
l’asino disse e ragliò
“diventerò cantante”
verso Brema se la squaglio
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andremo a suonare
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
L’asino così andava
con sentimenti nuovi
un cane incontrò stracco
con la lingua e gli occhi di fuori
“ - Fastidio non mi dai
ma utile nemmeno
così mi disse il padrone
caricando un pallettone”
“Non buono più per la caccia
cacciato sono scappato
ora in mezzo alla strada
il pane come lo guadagnerò?”
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
Lungo il cammino un gatto
nero di malumore
“Che ti andò di traverso
per avere questo colore?”
“Siccome c’ho vecchi i denti
e i denti non prendon topi
piuttosto che far le fusa
mi provarono a fare fuori”
“Come si può stare allegri
se ti vogliono annegato
dopo una vita passata
a cacciare i topi dal loro prato?”
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andremo a suonare
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
Così tre musicanti
arrivarono in un cortile
un gallo a squarciagola
con strilli e canti cacciava la bile
“Che strilli che è già mattina?”
“è che non vedrò la sera
domani per pranzo è festa
e non avrò né collo né testa”
“Scappa con noi a suonare
la voce l’hai bella e forte
di meglio della morte
troveremo qualcosa da fare”
Vieni con noi a suonare
andiamo a suonare a Brema
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
Di notte a piedi andavano
come il carro di Lucignolo
il loro palcoscenico
videro in un comignolo
Era una tana di briganti
ma scapparano pure i santi
quando sturaron la via
il loro concerto di Barberia
Quattro son meglio di uno
per fare una sinfonia
per farsi largo tra quanti
ti vogliono morto tolto davanti
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
a qualcosa può ancora servire
chi ha sempre abbassato la schiena
Andiamo a suonare a Brema
andiamo a suonare insieme
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
in questa casa staremo ben bene
cantando per sempre questa canzone
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
cacciati, superflui e inutili
andiamo a suonare insieme
Andiamo a suonare a Brema
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
che non serviva più al padrone
a colpi di bastone
la pelle doveva lasciare
“Non servi più, sei in esubero
ma ancora puoi darmi utile
ti caverò la pelle
e per tamburo la venderò”
“Più che la pelle c’ho bella la voce”
l’asino disse e ragliò
“diventerò cantante”
verso Brema se la squaglio
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andremo a suonare
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
L’asino così andava
con sentimenti nuovi
un cane incontrò stracco
con la lingua e gli occhi di fuori
“ - Fastidio non mi dai
ma utile nemmeno
così mi disse il padrone
caricando un pallettone”
“Non buono più per la caccia
cacciato sono scappato
ora in mezzo alla strada
il pane come lo guadagnerò?”
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
Lungo il cammino un gatto
nero di malumore
“Che ti andò di traverso
per avere questo colore?”
“Siccome c’ho vecchi i denti
e i denti non prendon topi
piuttosto che far le fusa
mi provarono a fare fuori”
“Come si può stare allegri
se ti vogliono annegato
dopo una vita passata
a cacciare i topi dal loro prato?”
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andremo a suonare
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
Così tre musicanti
arrivarono in un cortile
un gallo a squarciagola
con strilli e canti cacciava la bile
“Che strilli che è già mattina?”
“è che non vedrò la sera
domani per pranzo è festa
e non avrò né collo né testa”
“Scappa con noi a suonare
la voce l’hai bella e forte
di meglio della morte
troveremo qualcosa da fare”
Vieni con noi a suonare
andiamo a suonare a Brema
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
Di notte a piedi andavano
come il carro di Lucignolo
il loro palcoscenico
videro in un comignolo
Era una tana di briganti
ma scapparano pure i santi
quando sturaron la via
il loro concerto di Barberia
Quattro son meglio di uno
per fare una sinfonia
per farsi largo tra quanti
ti vogliono morto tolto davanti
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
a qualcosa può ancora servire
chi ha sempre abbassato la schiena
Andiamo a suonare a Brema
andiamo a suonare insieme
superflui, cacciati e inutili
andiamo a suonare insieme
in questa casa staremo ben bene
cantando per sempre questa canzone
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
Andiamo a suonare a Brema
a Brema andiamo a suonare
cacciati, superflui e inutili
andiamo a suonare insieme
Andiamo a suonare a Brema
andiamo a suonare insieme
a Brema andremo a suonare
nella banda municipale
Langue: allemand
I musicanti di Brema / Town Musicians of Bremen / Les Musiciens de Brême / Die Bremer Stadtmusikanten/ Bremenin soittoniekat: Jacob & Wilhelm Grimm 1819
Es hatte ein Mann einen Esel, der ihm schon lange Jahre treu gedient, dessen Kräfte aber nun zu Ende gingen, so daß er zur Arbeit immer untauglicher ward. Da wollt ihn der Herr aus dem Futter schaffen, aber der Esel merkte, daß kein guter Wind wehte, lief fort und machte sich auf den Weg nach Bremen; dort, dachte er, kannst du ja Stadtmusikant werden. Als er ein Weilchen fortgegangen war, fand er einen Jagdhund auf dem Wege liegen, der jappte wie einer, der sich müd gelaufen. „Nun, was jappst du so?“ sprach der Esel. „Ach, sagte der Hund, weil ich alt bin und jeden Tag schwächer werde, und auf der Jagd nicht mehr fort kann, hat mich mein Herr wollen todtschlagen, da habe ich Reißaus genommen; aber womit soll ich nun mein Brot verdienen?“ „weißt du was, sprach der Esel, ich gehe nach Bremen, dort Stadtmusikant zu werden, geh mit und laß dich auch bei der Musik annehmen. Der Hund wars zufrieden und sie gingen weiter. Es dauerte nicht lange, so saß da eine Katze auf den Weg und machte ein gar trübselig Gesicht. „Nun, was ist dir dann in die Quere gekommen?“ sprach der Esel. „Ei, antwortete die Katze, wer kann da lustig seyn, wenns einem an den Kragen geht; weil ich nun zu Jahren komme, meine Zähne stumpf werden und ich lieber hinter dem Ofen sitze und spinne, als nach den Mäusen herum jage, hat mich meine Frau ersäufen wollen; ich hab mich zwar noch fortgemacht aber nun ist guter Rath theuer; wo soll ich hin?“ geh mit uns nach Bremen, du verstehst dich doch auf die Nachtmusik, da kannst du ein Stadtmusikant werden.“ Die Katze wars zufrieden und ging mit. Darauf kamen die drei Landesflüchtigen an einem Hof vorbei, da saß auf dem Thor der Haushahn und schrie aus Leibeskräften. „Du schreist einem durch Mark und Bein, sprach der Esel, was hast du vor.“ „Da hab ich gut Wetter prophezeit, sprach der Hahn, weil unserer lieben Frauen Tag ist, wo sie dem Christkindlein die Tücher gewaschen hat und sie trocknen will, aber weil Morgen zum Sonntag Gäste kommen, so hat die Hausfrau doch kein Erbarmen und der Köchin gesagt, sie wollte mich Morgen in der Suppe essen und da soll ich mir heut Abend den Kopf abschneiden lassen. Nun schrei ich aus vollem Hals so lang ich noch kann.“ „Ei was du Rothkopf, sagte der Esel, zieh lieber mit uns fort, nach Bremen, etwas besseres, als den Tod findest du überall; du hast eine gute Stimme, und wenn wir zusammen musicieren, so muß es eine Art haben.“ Der Hahn ließ sich den Vorschlag gefallen, und sie gingen alle vier zusammen fort.
Sie konnten aber die Stadt Bremen in einem Tag nicht erreichen und kamen Abends in einen Wald, wo sie übernachten wollten. Der Esel und der Hund legten sich unter einem großen Baum und die Katze und der Hahn machten sich hinauf, der Hahn flog bis in die Spitze, wo’s am sichersten für ihn war und sah sich ehe er einschlief, noch einmal nach allen vier Winden um. Da däuchte ihn, er säh in der Ferne ein Fünkchen brennen und rief seinen Gesellen zu, es müßte nicht gar weit ein Haus seyn, denn es scheine ein Licht. Sprach der Esel: „so müssen wir uns aufmachen und noch hingehen, denn hier ist die Herberge schlecht“ und der Hund sagte: „ja ein paar Knochen und etwas Fleisch daran thäten mir auch gut!“ Nun machten sie sich auf den Weg nach der Gegend, wo das Licht war und sahen es bald heller schimmern und es ward immer größer, bis sie vor ein hell erleuchtetes Räuberhaus kamen. Der Esel, als der größte, machte sich ans Fenster und schaute hinein. „Was siehst du? Grauschimmel,“ fragte der Hahn. „Was ich sehe? antwortete der Esel, einen gedeckten Tisch mit schönem Essen und Trinken, und Räuber sitzen daran und lassens sich wohl sein.“ „Das wär was für uns“ sprach der Hahn. „Ya, Ya, ach wären wir da!“ sagte der Esel. Da rathschlagten die Thiere, wies anzufangen wäre, um die Räuber fortzubringen, endlich fanden sie ein Mittel. Der Esel mußte sich mit den Vorderfüßen auf das Fenster stellen, der Hund auf des Esels Rücken, die Katze auf den Hund klettern, und endlich flog der Hahn hinauf und setzte sich der Katze auf den Kopf. Wie das geschehen war, fingen sie insgesammt auf ein Zeichen an, ihre Musik zu machen; der Esel schrie, der Hund bellte, die Katze miaute und der Hahn krähte, indem stürzten sie durch das Fenster in die Stube hinein, daß die Scheiben klirrend niederfielen. Die Räuber, die schon über das entsetzliche Geschrei erschrocken waren, meinten nicht anders als ein Gespenst käm herein und entflohn in größter Furcht in den Wald. Nun setzten sich die vier Gesellen an den Tisch, nahmen mit dem vorlieb, was übrig geblieben war und aßen, als wenn sie vier Wochen hungern sollten.
Wie die vier Spielleute fertig waren, löschten sie das Licht aus und suchten sich eine Schlafstätte, jeder nach seiner Natur und Bequemlichkeit. Der Esel legte sich auf den Mist, der Hund hinter die Thüre, die Katze auf den Heerd bei die warme Asche und der Hahn setzte sich auf den Hahnenbalken, und weil sie müd waren von ihrem Weg, schliefen sie auch bald ein. Als Mitternacht vorbei war, und die Räuber von weitem sahen, daß kein Licht mehr im Haus war, auch alles ruhig schien, sprach der Hauptmann: „wir hätten uns doch nicht sollen ins Bockshorn jagen lassen“ und hieß einen hingehen und das Haus untersuchen. Der Abgeschickte fand alles still, ging in die Küche wollte ein Licht anzünden und nahm ein Schwefelhölzchen, und weil er die glühenden, feurigen Augen der Katze für lebendige Kohlen ansah, hielt er es daran, daß es Feuer fangen sollte. Aber die Katze verstand keinen Spaß, sprang ihm ins Gesicht, spie und kratzte. Da erschrak er gewaltig, lief und wollte zur Hinterthüre hinaus, aber der Hund, der da lag, sprang auf und biß ihm ins Bein, und als er über den Hof an der Miste vorbei rennte, gab ihm der Esel noch einen tüchtigen Schlag mit dem Hinterfuß, der Hahn aber, der vom Lärmen aus dem Schlaf geweckt und munter geworden war, rief vom Balken herab: „kikeriki!“ Da lief der Räuber, was er konnte, zu seinem Hauptmann zurück und sprach: „ach, in dem Haus sitzt eine gräuliche Hexe, die hat mich angehaucht und mit ihren langen Fingern mir das Gesicht zerkratzt, und vor der Thüre steht ein Mann mit einem Messer, der hat mich ins Bein gestochen, und auf dem Hof liegt ein schwarzes Ungethüm, das hat mit einer Holzkeule auf mich los geschlagen, und oben auf dem Dache, da sitzt der Richter, der rief: „bringt mir den Schelm her!“ Da machte ich, daß ich fortkam. Von nun an getrauten sich die Räuber nicht weiter in das Haus, den vier Bremer Musikanten gefiels aber so wohl darin, daß sie nicht wieder heraus wollten und der das zuletzt erzählt hat, dem ist der Mund noch warm.
Kinder- und Hausmärchen, 2. Auflage, 1819
Sie konnten aber die Stadt Bremen in einem Tag nicht erreichen und kamen Abends in einen Wald, wo sie übernachten wollten. Der Esel und der Hund legten sich unter einem großen Baum und die Katze und der Hahn machten sich hinauf, der Hahn flog bis in die Spitze, wo’s am sichersten für ihn war und sah sich ehe er einschlief, noch einmal nach allen vier Winden um. Da däuchte ihn, er säh in der Ferne ein Fünkchen brennen und rief seinen Gesellen zu, es müßte nicht gar weit ein Haus seyn, denn es scheine ein Licht. Sprach der Esel: „so müssen wir uns aufmachen und noch hingehen, denn hier ist die Herberge schlecht“ und der Hund sagte: „ja ein paar Knochen und etwas Fleisch daran thäten mir auch gut!“ Nun machten sie sich auf den Weg nach der Gegend, wo das Licht war und sahen es bald heller schimmern und es ward immer größer, bis sie vor ein hell erleuchtetes Räuberhaus kamen. Der Esel, als der größte, machte sich ans Fenster und schaute hinein. „Was siehst du? Grauschimmel,“ fragte der Hahn. „Was ich sehe? antwortete der Esel, einen gedeckten Tisch mit schönem Essen und Trinken, und Räuber sitzen daran und lassens sich wohl sein.“ „Das wär was für uns“ sprach der Hahn. „Ya, Ya, ach wären wir da!“ sagte der Esel. Da rathschlagten die Thiere, wies anzufangen wäre, um die Räuber fortzubringen, endlich fanden sie ein Mittel. Der Esel mußte sich mit den Vorderfüßen auf das Fenster stellen, der Hund auf des Esels Rücken, die Katze auf den Hund klettern, und endlich flog der Hahn hinauf und setzte sich der Katze auf den Kopf. Wie das geschehen war, fingen sie insgesammt auf ein Zeichen an, ihre Musik zu machen; der Esel schrie, der Hund bellte, die Katze miaute und der Hahn krähte, indem stürzten sie durch das Fenster in die Stube hinein, daß die Scheiben klirrend niederfielen. Die Räuber, die schon über das entsetzliche Geschrei erschrocken waren, meinten nicht anders als ein Gespenst käm herein und entflohn in größter Furcht in den Wald. Nun setzten sich die vier Gesellen an den Tisch, nahmen mit dem vorlieb, was übrig geblieben war und aßen, als wenn sie vier Wochen hungern sollten.
Wie die vier Spielleute fertig waren, löschten sie das Licht aus und suchten sich eine Schlafstätte, jeder nach seiner Natur und Bequemlichkeit. Der Esel legte sich auf den Mist, der Hund hinter die Thüre, die Katze auf den Heerd bei die warme Asche und der Hahn setzte sich auf den Hahnenbalken, und weil sie müd waren von ihrem Weg, schliefen sie auch bald ein. Als Mitternacht vorbei war, und die Räuber von weitem sahen, daß kein Licht mehr im Haus war, auch alles ruhig schien, sprach der Hauptmann: „wir hätten uns doch nicht sollen ins Bockshorn jagen lassen“ und hieß einen hingehen und das Haus untersuchen. Der Abgeschickte fand alles still, ging in die Küche wollte ein Licht anzünden und nahm ein Schwefelhölzchen, und weil er die glühenden, feurigen Augen der Katze für lebendige Kohlen ansah, hielt er es daran, daß es Feuer fangen sollte. Aber die Katze verstand keinen Spaß, sprang ihm ins Gesicht, spie und kratzte. Da erschrak er gewaltig, lief und wollte zur Hinterthüre hinaus, aber der Hund, der da lag, sprang auf und biß ihm ins Bein, und als er über den Hof an der Miste vorbei rennte, gab ihm der Esel noch einen tüchtigen Schlag mit dem Hinterfuß, der Hahn aber, der vom Lärmen aus dem Schlaf geweckt und munter geworden war, rief vom Balken herab: „kikeriki!“ Da lief der Räuber, was er konnte, zu seinem Hauptmann zurück und sprach: „ach, in dem Haus sitzt eine gräuliche Hexe, die hat mich angehaucht und mit ihren langen Fingern mir das Gesicht zerkratzt, und vor der Thüre steht ein Mann mit einem Messer, der hat mich ins Bein gestochen, und auf dem Hof liegt ein schwarzes Ungethüm, das hat mit einer Holzkeule auf mich los geschlagen, und oben auf dem Dache, da sitzt der Richter, der rief: „bringt mir den Schelm her!“ Da machte ich, daß ich fortkam. Von nun an getrauten sich die Räuber nicht weiter in das Haus, den vier Bremer Musikanten gefiels aber so wohl darin, daß sie nicht wieder heraus wollten und der das zuletzt erzählt hat, dem ist der Mund noch warm.
Kinder- und Hausmärchen, 2. Auflage, 1819
envoyé par Juha Rämö - 29/5/2019 - 15:27
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da "Ballate per uomini e bestie"
Arrangiamento di Daniele Sepe
con Daniele Sepe al sax, Marc Ribot alla chitarra
ispirata alla favola dei Fratelli Grimm
Espulsi dal mondo dell’utile e della produzione si salvano compiendo un gesto inutile: formare una banda musicale. È una storia veramente pedagogica, afferma che non importa se sei stato licenziato, esodato, esuberato o scartato: puoi sempre trovare qualcuno come te. E non solo l’unione fa la forza, ma anche il divertimento. Trovo sia fortificante. Nella sua realizzazione musicale sono stato molto gratificato dal lavorare con Daniele Sepe. Il pezzo ha una sua ironia, c’è del grottesco, c’è una speranza. In fondo i musicanti sono dei disgraziati che, insieme, si aggiustano. E Sepe ha dato un’orchestrazione che rende il senso.
Vinicio Capossela