«Mio caro papà,
per disgraziate circostanze sono caduto prigioniero dei tedeschi.
Quasi sicuramente sarò fucilato.
Sono tranquillo e sereno perché pienamente consapevole
d'aver fatto tutto il mio dovere d'italiano e di comunista.
Ho amato sopra tutto i miei ideali,
pienamente cosciente che avrei dovuto tutto dare,
anche la vita; e questa mia decisa volontà
fa sì che io affronti la morte con la calma dei forti.
Non so altro che dire.
Il mio ultimo abbraccio
Walter
Il mio ultimo saluto a tutti quelli che mi vollero bene.»
per disgraziate circostanze sono caduto prigioniero dei tedeschi.
Quasi sicuramente sarò fucilato.
Sono tranquillo e sereno perché pienamente consapevole
d'aver fatto tutto il mio dovere d'italiano e di comunista.
Ho amato sopra tutto i miei ideali,
pienamente cosciente che avrei dovuto tutto dare,
anche la vita; e questa mia decisa volontà
fa sì che io affronti la morte con la calma dei forti.
Non so altro che dire.
Il mio ultimo abbraccio
Walter
Il mio ultimo saluto a tutti quelli che mi vollero bene.»
E fu così che il gappista Gennaio
(che però era nato in giugno)
fu appeso al collo un giorno di febbraio.
Fu anche Martin nella Valle d'Aosta,
queste son tutte storie di montagna,
montagna dura, montagna tosta,
Montagna amara e montagna di luce,
mentre giù a valle c'è chi continua
a urlare imperterrito “Viva il Duce”.
E venne pure il Venticinque Aprile,
venne la festa, la democrazia,
non venne più l'Ora del Fucile.
Dopo la morte, altre lettere ancora
scrisse Fillak dalla sua tomba;
I morti scrivono e scrivono ognora.
“Caro papà, senti un po' che storia
m'è capitata tanti anni dopo,
leggila e serbala nella memoria.
È che a Genova, la mia bella Zena
non so quando, mi hanno dedicato
una via lunga a Sampierdarena.
Una via lunga che scorre al piano,
piena di gente, di case, di vita,
via dedicata a un partigiano.
Caro papà, sarà stato quel trenta
di giugno, mese in cui ero nato?
Pensa, papà, una via mi rammenta.
Genova rossa e insanguinata,
Genova gatti, mare e montagne,
Genova sempre l'hanno ingannata.
Caro papà, ho lottato al monte,
e un giorno, sulla mia via genovese
ci han costruito sopra un ponte
Che doveva durare in eterno;
è durato solo cinquant'anni.
Caro papà, c'è stato l'inferno.
Agosto crolla sopra Gennaio,
cade sfasciandosi nel nubifragio,
si porta via il bimbo e l'operaio,
E la famiglia, e il panettiere,
quattro ragazzi che vanno in vacanza,
quarantatré vite e tutto un quartiere.
Caro papà, io non mi sono mosso,
Son restato fermo qui nella mia morte
mentre quel ponte mi crollava addosso.
Non era quella che dalla mia fossa
Avevo sperato nella mia lotta,
Non era quella la mia Zona Rossa.
E non lo era quella del giorno
ormai lontano d'un luglio di sangue.
Ora ho una Zona Rossa intorno.
Macerie e vita cancellata.
Lavori e, intorno, fascismo che torna.
Questa la via che m'hanno dedicata.
Caro papà, sarei molto contento
Se tu andassi un giorno in quella strada
A ricantare Fischia il Vento.
Ora che il vento nel cielo coperto
soffia al contrario e soffia malamente,
fischia nel buio e nel deserto.
Caro papà, ti saluto e ti mando
una lunga strada di speranze;
ma non so come, ma non so quando.”
Tuo Walter.
Vorrei aggiungere qualche considerazione personale su quello che i genovesi chiamavano il ponte di brooklyn, in un gemellaggio simbolico con la città d'oltremare.
Fino dalla realizzazione il ponte, a detta dei suoi collaboratori, tuttora viventi, tolse il sonno al progettista ing.Morandi, in quanto "il ponte non rispondeva come previsto alle sollecitazioni". Negli anni poi si sono succeduti interventi di "ordinaria" manutenzione, compreso il rinforzo di due dei sei "stralli" o tiranti che evidentemente avevano dei problemi. del resto era in programma il rinforzo di altri due, intervento preceduto dal crollo che ha causato 43 vittime tra quanti stavano transitando o stavano lavorando sotto il ponte.
Il crollo, che riguardava il tratto di ponte sul torrente Polcevera, lasciava indenne la via Walter Fillak, ma dopo pochi giorni, alcuni sinistri scricchilii mettevano in allarme gli addetti alla pubblica incolunità che (adesso) si affrettavano a chiudere le strade, spaccando in due la città, in quanto la via congiungeva il popoloso rione di Certosa (lato nord) con Sampierdarena (lato sud).
Il crollo dà il via a numerose congetture oltre alla inchiesta della magistratura: un possibile attentato terroristico, un fulmine in quel giorno di tempesta, la ruggine che avava corroso nell'arco di 50 anni (la vita media del cemento armato) l'anima di ferro dei tiranti, poco ispezionabili in quanto annegati nel cemento, la caduta di un rotolo di acciaio dal camion che lo stava trasportando e così via.
Anche i funerali di stato delle vittime si trasformano nella solita ignobile passerella con qualcuno che si beava di sorrisi e di autoscatti compiaciuti, premiato poi alle successive elezioni da un popolo privo di memoria e di dignità.
Vorrei concludere citando il personaggio che dopo aver ritardato l'inizio lavori lanciando accuse senza la minima prova, proponeva come esempio per il rifacimento il ponte sul bosforo.
gianfranco 11 settembre 2019
Fino dalla realizzazione il ponte, a detta dei suoi collaboratori, tuttora viventi, tolse il sonno al progettista ing.Morandi, in quanto "il ponte non rispondeva come previsto alle sollecitazioni". Negli anni poi si sono succeduti interventi di "ordinaria" manutenzione, compreso il rinforzo di due dei sei "stralli" o tiranti che evidentemente avevano dei problemi. del resto era in programma il rinforzo di altri due, intervento preceduto dal crollo che ha causato 43 vittime tra quanti stavano transitando o stavano lavorando sotto il ponte.
Il crollo, che riguardava il tratto di ponte sul torrente Polcevera, lasciava indenne la via Walter Fillak, ma dopo pochi giorni, alcuni sinistri scricchilii mettevano in allarme gli addetti alla pubblica incolunità che (adesso) si affrettavano a chiudere le strade, spaccando in due la città, in quanto la via congiungeva il popoloso rione di Certosa (lato nord) con Sampierdarena (lato sud).
Il crollo dà il via a numerose congetture oltre alla inchiesta della magistratura: un possibile attentato terroristico, un fulmine in quel giorno di tempesta, la ruggine che avava corroso nell'arco di 50 anni (la vita media del cemento armato) l'anima di ferro dei tiranti, poco ispezionabili in quanto annegati nel cemento, la caduta di un rotolo di acciaio dal camion che lo stava trasportando e così via.
Anche i funerali di stato delle vittime si trasformano nella solita ignobile passerella con qualcuno che si beava di sorrisi e di autoscatti compiaciuti, premiato poi alle successive elezioni da un popolo privo di memoria e di dignità.
Vorrei concludere citando il personaggio che dopo aver ritardato l'inizio lavori lanciando accuse senza la minima prova, proponeva come esempio per il rifacimento il ponte sul bosforo.
gianfranco 11 settembre 2019
Grazie Gianfranco per questo tuo intervento. Un abbraccio da tutto questo sito.
CCG/AWS Staff - 11/9/2019 - 10:06
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Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: Anonimo Toscano del XXI Secolo
La città di Genova gli dedica una lunga via di edilizia popolare nel quartiere di Sampierdarena; la targa stradale recita “Via Walter Fillak – Caduto per la Libertà – 1920-5 2 1945”. Nel 1964, esattamente sopra via Walter Fillak, si comincia a costruire il Viadotto del Polcevera, detto anche “Ponte Morandi” dal nome dell'ingegnere progettista. Il ponte viene inaugurato il 4 settembre 1967 alla presenza del presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Gronchi. E' parte decisiva dell'asse autostradale Genova-Ventimiglia e dei collegamenti con tutta la Liguria e la Francia. Il 14 agosto 2018, alle ore 11,36 sotto l'infuriare di un nubifragio, il viadotto, o Ponte Morandi, crolla esattamente sopra via Walter Fillak, trascinando con sé 43 persone che lo stavano percorrendo a bordo di automobili e camion; muoiono anche alcuni operai dell'azienda municipalizzata per i rifiuti di Genova, che ha un deposito esattamente sotto il ponte. Via Walter Fillak e tutta la zona circostante vengono evacuate: è la cosiddetta “Zona Rossa”.
In prossimità di un Venticinque Aprile nell'Italia fascistizzata di Salvini, ho immaginato il giovane partigiano Walter Fillak, “Gennaio”, che scrive una lettera a suo padre dalla sua tomba; la composizione, per la quale non esiste musica (qualcuno ce la metta, se vuole; io non la so scrivere), è preceduta dalla reale ultima lettera che Walter Fillak scrisse a suo padre prima di essere impiccato, e che dovrebbe comunque essere semplicemente letta o recitata. Segue la composizione vera e propria, nella quale Walter Fillak racconta a suo padre la curiosa storia avvenuta tanti anni dopo, quando il Ponte Morandi è caduto addosso proprio alla via dedicata a chi, anche sulla targa stradale, era “caduto per la libertà”. Vi ho visto come una sorta di tragica metafora, se così la si può chiamare. E' anche un ragionamento sulle zone di esclusione, che ultimamente vengono chiamate “zone rosse” proprio a partire da quella del luglio 2001 a Genova; Walter Fillak dichiara di aver sperato in una Zona Rossa assai differente. Nel deserto che è diventata la sua strada genovese, Walter Fillak chiede al padre di recarvisi a cantare “Fischia il Vento”, composta peraltro dal partigiano ligure e medico Felice Cascione.
Ancorché imperfetto e, probabilmente, di scarsissima qualità, si tratta del mio omaggio a un giovane partigiano e alla città di Genova, che amo come poche altre al mondo. Leggo che, proprio oggi, via Walter Fillak è stata riaperta al traffico; ma la gente non vi è tornata ancora. Le case sono vuote. I negozi sono sbarrati. Fischia un vento sinistro. [AT-XXI]