Ti scrivo, Ettore caro, da una casa
di un posto dove non si vede il mare
ch'è sempre da pacieri porci invasa
con pronta un'altra Elena da amare.
Ricordi quando, prima tra le prime
che umano canto possa ricordare,
per rosso sangue chiuso in nere rime,
tu fosti un prode eroe da vendicare;
io vincitore vinto di una guerra,
che tra cavalli finti e morti vere
fu solo il primo lutto della terra,
perché l’eroe è lo schiavo del potere.
Da lì ho vagato sempre senza meta
da Alesia a Vienna alla Montagna Bianca,
per fede o gloria urlata da un poeta,
da Lepanto o Poitiers o da Salamanca.
E se non c'è la fede – e in me non c'era –
han sempre pronto un Patroclo di scorta,
affetto o una paura prigioniera
che imparano a chiamare in ogni sorta.
Ma Patroclo è un Dio ed è una legge,
è patria, è onore, è come una bandiera,
l'ingannatrice priorità di un gregge
che miete grano rosso a primavera.
In questa casa, in questa eterna guerra
quel Patroclo è un odio centenario,
esercito e invasione di una terra
ed autobus che saltano in orario.
Qui l'odio è un grande muro di cemento
che scempia ancora gli occhi tuoi a Mas’ha,
è eletto popolo, è risentimento
fra il Dio del tutto e il niente che c’è qua.
Si leva in alto e intorno il mondo tace
si staglia in mezzo a "uomo" e "libertà",
ma qui la chiamano opera di pace
per spegnere l'urgenza d’onestà.
Un muro a cocci aguzzi in nuovi modi
che fa di ciascun uomo un uomo solo
ma un muro permeabile a dei chiodi
conditi con un monte di tritolo.
Divide tutto: menti, idee, coscienze,
include e esclude senza una ragione.
Villaggi, e tenui abbozzi di speranze
già fatti a pezzi con l'occupazione.
Ma i muri hanno un destino da finire
e crollano su chi li ha costruiti,
la storia ha larghe maglie da riempire
talloni e frecce come dinamiti.
Finisce tutto e solo l'uomo resta
che si ribella e riempie quelle maglie
io, non eroe, io uomo nella testa
rifiuto patrie, eserciti e medaglie.
E qui dalla mia casa, Ettore caro,
non salirò mai più su un carrarmato,
lottando contro chi li ha costruiti
fintanto che avrò forza ed avrò fiato.
di un posto dove non si vede il mare
ch'è sempre da pacieri porci invasa
con pronta un'altra Elena da amare.
Ricordi quando, prima tra le prime
che umano canto possa ricordare,
per rosso sangue chiuso in nere rime,
tu fosti un prode eroe da vendicare;
io vincitore vinto di una guerra,
che tra cavalli finti e morti vere
fu solo il primo lutto della terra,
perché l’eroe è lo schiavo del potere.
Da lì ho vagato sempre senza meta
da Alesia a Vienna alla Montagna Bianca,
per fede o gloria urlata da un poeta,
da Lepanto o Poitiers o da Salamanca.
E se non c'è la fede – e in me non c'era –
han sempre pronto un Patroclo di scorta,
affetto o una paura prigioniera
che imparano a chiamare in ogni sorta.
Ma Patroclo è un Dio ed è una legge,
è patria, è onore, è come una bandiera,
l'ingannatrice priorità di un gregge
che miete grano rosso a primavera.
In questa casa, in questa eterna guerra
quel Patroclo è un odio centenario,
esercito e invasione di una terra
ed autobus che saltano in orario.
Qui l'odio è un grande muro di cemento
che scempia ancora gli occhi tuoi a Mas’ha,
è eletto popolo, è risentimento
fra il Dio del tutto e il niente che c’è qua.
Si leva in alto e intorno il mondo tace
si staglia in mezzo a "uomo" e "libertà",
ma qui la chiamano opera di pace
per spegnere l'urgenza d’onestà.
Un muro a cocci aguzzi in nuovi modi
che fa di ciascun uomo un uomo solo
ma un muro permeabile a dei chiodi
conditi con un monte di tritolo.
Divide tutto: menti, idee, coscienze,
include e esclude senza una ragione.
Villaggi, e tenui abbozzi di speranze
già fatti a pezzi con l'occupazione.
Ma i muri hanno un destino da finire
e crollano su chi li ha costruiti,
la storia ha larghe maglie da riempire
talloni e frecce come dinamiti.
Finisce tutto e solo l'uomo resta
che si ribella e riempie quelle maglie
io, non eroe, io uomo nella testa
rifiuto patrie, eserciti e medaglie.
E qui dalla mia casa, Ettore caro,
non salirò mai più su un carrarmato,
lottando contro chi li ha costruiti
fintanto che avrò forza ed avrò fiato.
envoyé par Riccardo Venturi - 6/5/2007 - 13:59
Sgomberi e psicologi
di Riccardo Venturi
dal ng it.fan.musica.guccini, 26 agosto 2005
Ma come son buoni e bravi i soldati. Soprattutto quelli israeliani, sono di una bontà e di una comprensione mai vista. Dei veri soldati di pace.
Li avete visti, in questi giorni, quando sono stati mandati a far sgomberare le colonie nella striscia di Gaza? Un durissimo compito, cacciar via dalle loro case tutta quella brava gente stabilitasi, anzi incoraggiata a stabilirsi, nella terra che Dio ha assegnato al popolo eletto. Lo dice la Bibbia, oh; mica è roba da poco. La Bibbia mica ha detto di stabilirsi in Svezia, o in Paraguay (e non mi venite a dire che, allora, non erano conosciuti: Dio sa tutto): ha detto di andare nella striscia di Gaza. E quelli ci sono andati, a colonizzare.
E hanno colonizzato. Peccato che, nelle vicinanze, abitasse qualche centinaio di migliaia di arabi. Peccato che quella fosse anche la loro terra, anche se la Bibbia non lo dice (e nemmeno il Corano, a quanto mi risulta). Peccato che sia la loro terra quella che viene generalmente chiamata Palestina, o Cisgiordania, o West Bank, o come accidente vi pare. I coloni sono arrivati e hanno messo su case e villaggi. Nel frattempo, a Gaza si stava scoppiando, perché quei maledetti arabi, oltretutto, figliano più dei conigli. Per chi non lo sapesse, la striscia di Gaza è la contrada, in tutta la Terra, con la più alta densità abitativa. Un carnaio. Una pressa umana.
E cosa gliene importa, a quei bravi coloni mandati direttamente da Yahwè? Quella è la loro terra. Loro e basta. Per gli altri, non c'è posto. Non si può viverci assieme; anzi, sì. Si potrebbe, ma sotto le leggi dello stato d'Israele. Il quale, come tutti sanno, è l'unica democrazia del Medio Oriente. Una vera democrazia, con le elezioni, i partiti, il parlamento, la stampa libera e tutto il resto. La democrazia è la più bella cosa del mondo; ma come mai quegli arabacci non vorranno viverci? Sarebbero garantite loro tutte le libertà, compresa quella di sentirsi sempre e comunque degli esseri inferiori. Potrebbero pregare il loro Dio. Potrebbero fare tutto quel che vorrebbero, a parte sentirsi sulla loro terra e nel loro paese. Perché, non scordiamocene, Dio l'ha dato ad altri, quel paese lì. Agli arabi ha dato altre parti del mondo, come ad esempio quella che si chiama proprio Arabia. E che cazzo vogliono anche qui, 'sti lerci? Questa è la terra del Popolo Eletto. Se ne vadano altrove. Raus.
Ci son state guerre su guerre, scontri su scontri, cataste di morti. Da una parte e dall'altra. Son quasi sessant'anni che si fanno la guerra. Un giorno arriva l'ennesimo primo ministro israeliano, tale Ariel Sharon, che decide di fare un ispirato gesto di autentica pacificazione, nel vero spirito della Road Map o come cavolo si chiama: vuole sgomberare le colonie dalla striscia di Gaza. Miracolo!
E poi ci vengono a dire che la destra è sempre guerrafondaja e assassina: ma quando mai! Quale primo ministro israeliano, compreso quel Rabin ammazzato proprio da un colono oltranzista (ma non della striscia di Gaza), aveva mai osato fare tanto? Eppure aveva stretto pure la mano a Arafat. Eppure aveva avuto il premio Nobel per la Pace. Eppure gli hanno dedicato una piazza persino a Strove (Siena). Vista coi miei occhi. Piazza Yitzhak Rabin. Andare per crederci.
Chi sia Ariel Sharon, è superfluo dirlo. Tutti noi conosciamo le sue nobili gesta. A partire da quell'altro sgombero in cui diede decisiva manforte, da ministro della difesa della Medinat Yisrael, alle cristianissime milizie libanesi (e poi dicono che il dialogo tra cristiani e ebrei lo ha iniziato quell'omino vestito di bianco morto lo scorso mese di aprile), nel lontano 1982. Furono sgomberate le colonie arabe di Sabra e Chatila. Anche lì, come è noto, i soldati mostrarono una notevole umanità e una notevole comprensione nel far sloggiare gli abitanti da quelle comode dimore che si erano costruiti. Tutto fu svolto nell'ordine più perfetto. Quando tutto fu terminato, non si sentì più volare una mosca. Le mosche, infatti, non volavano. Mangiavano.
Che dire, poi, di numerosi altri sgomberi organizzati da Ariel Sharon quando già era diventato primo ministro? Particolarmente efficace e ben organizzato si è dimostrato quello della colonia araba di Jenin, qualche anno fa. La sua ditta si è dimostrata efficacissima anche nello sgombero di singole abitazioni; più che un primo ministro, lo potremmo chiamare un'efficientissima ditta di traslochi. "La Rapidissima di Sharon". Suona benissimo. Interventi puliti, tranquilli, veloci. La certificazione ISO 9001 automatica non gliela toglierebbe nessuno.
E si arriva finalmente allo sgombero degli sgomberi: quello delle colonie ebraiche nella striscia di Gaza, quel posto dove Aldous Huxley era rimasto senz'occhi. Questo è uno sgombero del tutto particolare, però. Stavolta non ci sono da sgomberare arabi, ma, tadàn, israeliani. Un bel casino. Un autosgombero, da mostrare a tutto il mondo. Avete visto? Non sgomberiamo solo quegli altri, ci sgomberiamo anche da soli. Ora zitti, maledetti antisemiti. Specialmente quelli rossi. Muti e rassegnati. Ora si fa la pace. La pace degli sgomberi e dei muri, perché i coloni israeliani nella striscia sono sì e no 8000. Costa pure troppo difenderli fino ai denti. L'economia ne risente. Contrordine, Popolo Eletto. Tutti fuori dai coglioni. Vi ci avevamo fatti andar noi? E vabbé. Sai quante belle Coloniette Elette potrete fare in Cisgiordania. Di lì nessuno vi toglierà mai. L'ha detto e ribadito Ariel Sharon della Rapidissima. Lì, di coloni, ce ne sono oltre duecentomila. Gaza? C'era il mare? Oramai le colonie al mare non si fanno più. Sono passate di moda.
Però c'è da farlo, lo sgombero. E Ariel Sharon chiama lo Tsahal, l'esercito israeliano. Uno degli eserciti più potenti del mondo. Altro che "quarto esercito" di Saddam Hussein: quello è una roba seria. Un esercito al quale nessuno verrà mai a contestare di averci la bomba atomica, come fatto notare da tale Mordechai Vanunu, rapito illegalmente a Roma dal Mossad una ventina d'anni fa e subito rinchiuso in galera per aver rivelato al mondo che in Israele si stava costruendo la bomba H. L'esercito che ha vinto tutte le guerre. E come poteva non vincerle, con tutti i dindini e con tutti gli armamenti che riceve in copia dal suo Grande Alleato Democratico? Se ne avesse persa una, contro quegli arabetti da barzelletta, sarebbe stato un esercito di pollastri. Come se a una squadra di calcio comprassero in un colpo Ronaldo, Ronaldinho, Totti, Shevchenko, Buffon, Trézeguet e Nedved, e perdesse contro l'Albino Leffe.
Lo sgombero è programmato per la metà di agosto dell'anno del Signore 2005 (di un altro Signore, okay, ma ora non ci ho esattamente presente in quale anno il Signore di Sharon abbia creato il mondo). In Israele si grida al tradimento. Ma come! Il primo ministro eletto a furor di popolo per fare la guerra agli arabi, e per mantenere la sicurezza (poco importa che, durante il suo mandato, quel po' di sicurezza che c'era prima sia andata a finire al macello più totale: sotto il governo Sharon, ci son stati più morti in Israele che sotto qualsiasi altro governo precedente), ora vuole sgomberarsi da solo. Ohibò. Gli oltranzisti gridano e strepitano, e minacciano; ma Adon Milkhamà, che vorrebbe dire Mister Guerra in ebraico, si dev'essere accorto che la Guerra non paga poi così tanto, visto che stavolta non gli riesce proprio di vincerla contro un nemico che lotta con sassi e con disgraziati e disgraziate che dei barboni mandano a farsi saltare in aria nel nome di Dio, e credendosi dei "martiri". Uno dei risultati della guerra è stato proprio questo: far crescere il fanatismo religioso in una popolazione che era nota da sempre, tra quelle arabe, per il suo elevato grado di cultura laica. Miracoli della Guerra. Miracoli di Dio.
Quindi, avanti con la Pace! Shalom! In ebraico si scrive con quattro lettere sole. Quattro consonanti: Sh-L-W-M. E in quattro e quattr'otto, ecco che nella striscia di Gaza viene mandato l'esercito di pace. Per una missione di Pace. Ora le missioni di guerra non vanno più di moda: sono tutte missioni di pace. Ma cristo, ridateci la guerra! Non se ne può più.
Arrivano tranquilli e pieni di comprensione, a sgomberare quei coloni che proprio non ne vogliono sapere, di essere traslocati a forza. E qualche ragione, perdiana, ce l'hanno pure. Prima dicono loro d'andare in nome di Dio. Ora vengono a buttarli fuori in nome della Pace. O, forse, in nome di calcoli politici ben precisi. Di quelli e basta. I governi spostano, sgomberano, traslocano. Coi loro eserciti. A rimetterci, da ogni parte, è sempre la gente. Quelli che hanno torto e quelli che hanno ragione. Oppure quelli che hanno solo torto. Oppure quelli che hanno solo ragione. Non importa.
E com'è stato comprensivo, umano, commovente l'esercito israeliano in questi giorni. Lo abbiamo visto tutti, nei servizi televisivi trasmessi in abbondanza da tutte le televisioni del mondo. I coloni asserragliati che pregavano. Arroccati nelle sinagoghe. Preghiere e lamenti. Pianti. Scene drammatiche di gente costretta a abbandonare le proprie case. Nell'esercito accade di tutto: gli ordini sono ordini, non si discutono, ma vengono eseguiti fermamente, seppure in modo esemplarmente morbido. Qualche cazzotto, qualche cancello buttato giù con i bulldozer, qualche colono portato via a braccia, qualche rogo di copertoni. E lacrime tra i soldati, crisi di coscienza, équipes di psicologi mandati ad assistere sgomberatori e sgomberati, persino dei disertori che si rifiutano di obbedire e vengono messi agli arresti. Qualche arresto anche fra i coloni, certo; ma il tutto finisce prima del previsto e senza spargimento di sangue o quasi. Nessun morto, in ogni caso. Negli sgomberi precedenti, specialmente in quello di Sabra e Chatila, c'era scappato sì qualche piccolo morticino; ma sicuramente si trattava del prezzo da pagare all'inesperienza nel mestiere del traslocatore. Nulla s'improvvisa, acciderba. ...
Con l'esperienza s'impara. L'esperienza professionale di Sharon è giunta al suo massimo, al "top", come si dice adesso. Quando mai, prima, erano stati mandati persino gli psicologi per i soldati? Quelli che entrarono a Sabra e Chatila, quelli che entrarono a Jenin, quelli che rastrellano città intere tenendole in ostaggio militare perché ci vivono cinquecento Eletti del Signore in mezzo a 128.000 palestinesi (la città, se non lo sapeste, si chiama Hebron), quelli mandati a sparare addosso a bambini di pochi anni e ad ammazzarli persino tra le braccia dei genitori, non poterono usufruire di tale prezioso servizio accessorio. Mi dicono, però, che i danni psicologici non sono stati poi così gravi, in quei casi. Perlomeno non paragonabili a quelli subiti dai soldati dello Tsahal nell'andare a sgomberare dolorosamente ottomila persone che dalla Russia, dalla Francia, dall'Olanda e persino dal Perù o dall'Argentina erano venute a dire "Questa è la nostra terra, ce l'ha data Dio" a della gente che vi abitava da secoli.
Nel frattempo, la premiata ditta Sharon prosegue le sue opere di pace con la costruzione del Muro. Un Muro di dimensioni tali da far passare quello di Berlino per una staccionata. Un Muro invalicabile alla gente perbene, e valicabilissimo da chi sempre e comunque vorrà andare a farsi saltar per l'aria su un autobus. Un Muro che dividerà non solo la terra: un Muro che dividerà le menti, le coscienze, le speranze. Un muro che distrugge oliveti, ingloba villaggi, include colonie non sgomberabili, esclude a suo piacimento. Ma i muri hanno una singolare caratteristica: quella di crollare. Spesso e volentieri, proprio addosso a chi li ha costruiti.
di Riccardo Venturi
dal ng it.fan.musica.guccini, 26 agosto 2005
Ma come son buoni e bravi i soldati. Soprattutto quelli israeliani, sono di una bontà e di una comprensione mai vista. Dei veri soldati di pace.
Li avete visti, in questi giorni, quando sono stati mandati a far sgomberare le colonie nella striscia di Gaza? Un durissimo compito, cacciar via dalle loro case tutta quella brava gente stabilitasi, anzi incoraggiata a stabilirsi, nella terra che Dio ha assegnato al popolo eletto. Lo dice la Bibbia, oh; mica è roba da poco. La Bibbia mica ha detto di stabilirsi in Svezia, o in Paraguay (e non mi venite a dire che, allora, non erano conosciuti: Dio sa tutto): ha detto di andare nella striscia di Gaza. E quelli ci sono andati, a colonizzare.
E hanno colonizzato. Peccato che, nelle vicinanze, abitasse qualche centinaio di migliaia di arabi. Peccato che quella fosse anche la loro terra, anche se la Bibbia non lo dice (e nemmeno il Corano, a quanto mi risulta). Peccato che sia la loro terra quella che viene generalmente chiamata Palestina, o Cisgiordania, o West Bank, o come accidente vi pare. I coloni sono arrivati e hanno messo su case e villaggi. Nel frattempo, a Gaza si stava scoppiando, perché quei maledetti arabi, oltretutto, figliano più dei conigli. Per chi non lo sapesse, la striscia di Gaza è la contrada, in tutta la Terra, con la più alta densità abitativa. Un carnaio. Una pressa umana.
E cosa gliene importa, a quei bravi coloni mandati direttamente da Yahwè? Quella è la loro terra. Loro e basta. Per gli altri, non c'è posto. Non si può viverci assieme; anzi, sì. Si potrebbe, ma sotto le leggi dello stato d'Israele. Il quale, come tutti sanno, è l'unica democrazia del Medio Oriente. Una vera democrazia, con le elezioni, i partiti, il parlamento, la stampa libera e tutto il resto. La democrazia è la più bella cosa del mondo; ma come mai quegli arabacci non vorranno viverci? Sarebbero garantite loro tutte le libertà, compresa quella di sentirsi sempre e comunque degli esseri inferiori. Potrebbero pregare il loro Dio. Potrebbero fare tutto quel che vorrebbero, a parte sentirsi sulla loro terra e nel loro paese. Perché, non scordiamocene, Dio l'ha dato ad altri, quel paese lì. Agli arabi ha dato altre parti del mondo, come ad esempio quella che si chiama proprio Arabia. E che cazzo vogliono anche qui, 'sti lerci? Questa è la terra del Popolo Eletto. Se ne vadano altrove. Raus.
Ci son state guerre su guerre, scontri su scontri, cataste di morti. Da una parte e dall'altra. Son quasi sessant'anni che si fanno la guerra. Un giorno arriva l'ennesimo primo ministro israeliano, tale Ariel Sharon, che decide di fare un ispirato gesto di autentica pacificazione, nel vero spirito della Road Map o come cavolo si chiama: vuole sgomberare le colonie dalla striscia di Gaza. Miracolo!
E poi ci vengono a dire che la destra è sempre guerrafondaja e assassina: ma quando mai! Quale primo ministro israeliano, compreso quel Rabin ammazzato proprio da un colono oltranzista (ma non della striscia di Gaza), aveva mai osato fare tanto? Eppure aveva stretto pure la mano a Arafat. Eppure aveva avuto il premio Nobel per la Pace. Eppure gli hanno dedicato una piazza persino a Strove (Siena). Vista coi miei occhi. Piazza Yitzhak Rabin. Andare per crederci.
Chi sia Ariel Sharon, è superfluo dirlo. Tutti noi conosciamo le sue nobili gesta. A partire da quell'altro sgombero in cui diede decisiva manforte, da ministro della difesa della Medinat Yisrael, alle cristianissime milizie libanesi (e poi dicono che il dialogo tra cristiani e ebrei lo ha iniziato quell'omino vestito di bianco morto lo scorso mese di aprile), nel lontano 1982. Furono sgomberate le colonie arabe di Sabra e Chatila. Anche lì, come è noto, i soldati mostrarono una notevole umanità e una notevole comprensione nel far sloggiare gli abitanti da quelle comode dimore che si erano costruiti. Tutto fu svolto nell'ordine più perfetto. Quando tutto fu terminato, non si sentì più volare una mosca. Le mosche, infatti, non volavano. Mangiavano.
Che dire, poi, di numerosi altri sgomberi organizzati da Ariel Sharon quando già era diventato primo ministro? Particolarmente efficace e ben organizzato si è dimostrato quello della colonia araba di Jenin, qualche anno fa. La sua ditta si è dimostrata efficacissima anche nello sgombero di singole abitazioni; più che un primo ministro, lo potremmo chiamare un'efficientissima ditta di traslochi. "La Rapidissima di Sharon". Suona benissimo. Interventi puliti, tranquilli, veloci. La certificazione ISO 9001 automatica non gliela toglierebbe nessuno.
E si arriva finalmente allo sgombero degli sgomberi: quello delle colonie ebraiche nella striscia di Gaza, quel posto dove Aldous Huxley era rimasto senz'occhi. Questo è uno sgombero del tutto particolare, però. Stavolta non ci sono da sgomberare arabi, ma, tadàn, israeliani. Un bel casino. Un autosgombero, da mostrare a tutto il mondo. Avete visto? Non sgomberiamo solo quegli altri, ci sgomberiamo anche da soli. Ora zitti, maledetti antisemiti. Specialmente quelli rossi. Muti e rassegnati. Ora si fa la pace. La pace degli sgomberi e dei muri, perché i coloni israeliani nella striscia sono sì e no 8000. Costa pure troppo difenderli fino ai denti. L'economia ne risente. Contrordine, Popolo Eletto. Tutti fuori dai coglioni. Vi ci avevamo fatti andar noi? E vabbé. Sai quante belle Coloniette Elette potrete fare in Cisgiordania. Di lì nessuno vi toglierà mai. L'ha detto e ribadito Ariel Sharon della Rapidissima. Lì, di coloni, ce ne sono oltre duecentomila. Gaza? C'era il mare? Oramai le colonie al mare non si fanno più. Sono passate di moda.
Però c'è da farlo, lo sgombero. E Ariel Sharon chiama lo Tsahal, l'esercito israeliano. Uno degli eserciti più potenti del mondo. Altro che "quarto esercito" di Saddam Hussein: quello è una roba seria. Un esercito al quale nessuno verrà mai a contestare di averci la bomba atomica, come fatto notare da tale Mordechai Vanunu, rapito illegalmente a Roma dal Mossad una ventina d'anni fa e subito rinchiuso in galera per aver rivelato al mondo che in Israele si stava costruendo la bomba H. L'esercito che ha vinto tutte le guerre. E come poteva non vincerle, con tutti i dindini e con tutti gli armamenti che riceve in copia dal suo Grande Alleato Democratico? Se ne avesse persa una, contro quegli arabetti da barzelletta, sarebbe stato un esercito di pollastri. Come se a una squadra di calcio comprassero in un colpo Ronaldo, Ronaldinho, Totti, Shevchenko, Buffon, Trézeguet e Nedved, e perdesse contro l'Albino Leffe.
Lo sgombero è programmato per la metà di agosto dell'anno del Signore 2005 (di un altro Signore, okay, ma ora non ci ho esattamente presente in quale anno il Signore di Sharon abbia creato il mondo). In Israele si grida al tradimento. Ma come! Il primo ministro eletto a furor di popolo per fare la guerra agli arabi, e per mantenere la sicurezza (poco importa che, durante il suo mandato, quel po' di sicurezza che c'era prima sia andata a finire al macello più totale: sotto il governo Sharon, ci son stati più morti in Israele che sotto qualsiasi altro governo precedente), ora vuole sgomberarsi da solo. Ohibò. Gli oltranzisti gridano e strepitano, e minacciano; ma Adon Milkhamà, che vorrebbe dire Mister Guerra in ebraico, si dev'essere accorto che la Guerra non paga poi così tanto, visto che stavolta non gli riesce proprio di vincerla contro un nemico che lotta con sassi e con disgraziati e disgraziate che dei barboni mandano a farsi saltare in aria nel nome di Dio, e credendosi dei "martiri". Uno dei risultati della guerra è stato proprio questo: far crescere il fanatismo religioso in una popolazione che era nota da sempre, tra quelle arabe, per il suo elevato grado di cultura laica. Miracoli della Guerra. Miracoli di Dio.
Quindi, avanti con la Pace! Shalom! In ebraico si scrive con quattro lettere sole. Quattro consonanti: Sh-L-W-M. E in quattro e quattr'otto, ecco che nella striscia di Gaza viene mandato l'esercito di pace. Per una missione di Pace. Ora le missioni di guerra non vanno più di moda: sono tutte missioni di pace. Ma cristo, ridateci la guerra! Non se ne può più.
Arrivano tranquilli e pieni di comprensione, a sgomberare quei coloni che proprio non ne vogliono sapere, di essere traslocati a forza. E qualche ragione, perdiana, ce l'hanno pure. Prima dicono loro d'andare in nome di Dio. Ora vengono a buttarli fuori in nome della Pace. O, forse, in nome di calcoli politici ben precisi. Di quelli e basta. I governi spostano, sgomberano, traslocano. Coi loro eserciti. A rimetterci, da ogni parte, è sempre la gente. Quelli che hanno torto e quelli che hanno ragione. Oppure quelli che hanno solo torto. Oppure quelli che hanno solo ragione. Non importa.
E com'è stato comprensivo, umano, commovente l'esercito israeliano in questi giorni. Lo abbiamo visto tutti, nei servizi televisivi trasmessi in abbondanza da tutte le televisioni del mondo. I coloni asserragliati che pregavano. Arroccati nelle sinagoghe. Preghiere e lamenti. Pianti. Scene drammatiche di gente costretta a abbandonare le proprie case. Nell'esercito accade di tutto: gli ordini sono ordini, non si discutono, ma vengono eseguiti fermamente, seppure in modo esemplarmente morbido. Qualche cazzotto, qualche cancello buttato giù con i bulldozer, qualche colono portato via a braccia, qualche rogo di copertoni. E lacrime tra i soldati, crisi di coscienza, équipes di psicologi mandati ad assistere sgomberatori e sgomberati, persino dei disertori che si rifiutano di obbedire e vengono messi agli arresti. Qualche arresto anche fra i coloni, certo; ma il tutto finisce prima del previsto e senza spargimento di sangue o quasi. Nessun morto, in ogni caso. Negli sgomberi precedenti, specialmente in quello di Sabra e Chatila, c'era scappato sì qualche piccolo morticino; ma sicuramente si trattava del prezzo da pagare all'inesperienza nel mestiere del traslocatore. Nulla s'improvvisa, acciderba. ...
Con l'esperienza s'impara. L'esperienza professionale di Sharon è giunta al suo massimo, al "top", come si dice adesso. Quando mai, prima, erano stati mandati persino gli psicologi per i soldati? Quelli che entrarono a Sabra e Chatila, quelli che entrarono a Jenin, quelli che rastrellano città intere tenendole in ostaggio militare perché ci vivono cinquecento Eletti del Signore in mezzo a 128.000 palestinesi (la città, se non lo sapeste, si chiama Hebron), quelli mandati a sparare addosso a bambini di pochi anni e ad ammazzarli persino tra le braccia dei genitori, non poterono usufruire di tale prezioso servizio accessorio. Mi dicono, però, che i danni psicologici non sono stati poi così gravi, in quei casi. Perlomeno non paragonabili a quelli subiti dai soldati dello Tsahal nell'andare a sgomberare dolorosamente ottomila persone che dalla Russia, dalla Francia, dall'Olanda e persino dal Perù o dall'Argentina erano venute a dire "Questa è la nostra terra, ce l'ha data Dio" a della gente che vi abitava da secoli.
Nel frattempo, la premiata ditta Sharon prosegue le sue opere di pace con la costruzione del Muro. Un Muro di dimensioni tali da far passare quello di Berlino per una staccionata. Un Muro invalicabile alla gente perbene, e valicabilissimo da chi sempre e comunque vorrà andare a farsi saltar per l'aria su un autobus. Un Muro che dividerà non solo la terra: un Muro che dividerà le menti, le coscienze, le speranze. Un muro che distrugge oliveti, ingloba villaggi, include colonie non sgomberabili, esclude a suo piacimento. Ma i muri hanno una singolare caratteristica: quella di crollare. Spesso e volentieri, proprio addosso a chi li ha costruiti.
Riccardo ti scrivo qui perché pare che i tuoi indirizzi privati siano allergici alla mia mail.
La canzone è pronta e vorrei spedirtela in qualche modo. Mi dai un indirizzo mail che di solito non ti dà problemi e dove poter ricevere 4 mega?
Poi devo mandarti anche la foto che mi hai chiesto e ti metto di seguito una specie di mia biografia (quella che c'è, compresa la "sempre significativa esperienza del militare" su un sito di canzoni contro la guerra fa tuttosommato cacare).
(Paolo Talanca)
La canzone è pronta e vorrei spedirtela in qualche modo. Mi dai un indirizzo mail che di solito non ti dà problemi e dove poter ricevere 4 mega?
Poi devo mandarti anche la foto che mi hai chiesto e ti metto di seguito una specie di mia biografia (quella che c'è, compresa la "sempre significativa esperienza del militare" su un sito di canzoni contro la guerra fa tuttosommato cacare).
(Paolo Talanca)
In realtà devo confessarti, Paolo, che il mio indirizzo mail funziona benissimo e che la tua mail (qui ripetuta) la avevo letta; ma, un po' per altre cose da fare, un po' per l'imminente partenza (sono per un paio di settimane di nuovo in Svizzera, un po' per le mie frequenti crisi di pigrizia furibonda, non ti avevo ancora risposto. Ho provveduto comunque a inserire la "specie di tua biografia"; per i 4 mega di roba e per la foto puoi utilizzare l'indirizzo k.riccardo(at)gmail.com senza problemi. Scusami ancora...e prometto che la prossima volta sarò più sollecito nel risponderti! :-P [RV]
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Testo di Paolo Talanca
Lyrics by Paolo Talanca
Musica di Marco Di Pasquale
Music by Marco di Pasquale
Te la ricordi questa?
Nacque da quel tuo pezzo in prosa sul muro israeliano. Bene, il testo ha finalmente una musica ed è diventata una canzone a tutti gli effetti, secondo me pure bella :-), però ovviamente sono di parte.
Nei prossimi tempi provvederò a registrarla "a modino" - perdona il mio livornese ma è mutuato unicamente dai film di Virzì - e ad arrangiarla in modo almeno decente. Poi mi piacerebbe trovasse posto nel sito delle CCG. In fondo, è, credo, il primo caso di una canzone nata ad opera di persone che non si sono mai viste :-)
A presto dunque
Paolo Talanca, da una mail alla mailing list "Fabrizio", 6 maggio 2007. [RV]