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La lechera

Violeta Parra
Langue: espagnol


Violeta Parra

Liste des versions


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Rin del angelito
(Violeta Parra)
Canto para una semilla
(Violeta Parra)
Que nuestras manos se unan
(Ángel Parra)


[1955/56 ?]
Testo / Letra / Lyrics / Paroles / Sanat: Violeta Parra (?) - Canzone popolare cilena / Canción popular Chilena / Chilean Folksong / Chanson populaire chilienne / Chilen kansanlaulu
Musica / Música / Music / Musique / Sävel: Melodia popolare cilena (?) / Melodía popular chilena / Chilean folk tune / Mélodie populaire chilienne / Chilen kansanmelodia
Incisione / Grabación / Recording / Enregistrement / Tallennus : Gabriela Pizarro (1932-1999), Canciones Campesinas [1982]

Violeta Parra e suo figlio Ángel negli anni '60.
Violeta Parra e suo figlio Ángel negli anni '60.


Secondo parecchi, La lechera sarebbe stata la prima canzone di contenuto sociale scritta da Violeta Parra; ma si tratta di una canzone quasi perduta, dalla storia complessa e incerta e con testimonianze differenti tra di loro.

Secondo la testimonianza del figlio di Violeta, Ángel Parra (in Mi nueva canción chilena. A lo pueblo lo que es del pueblo, Santiago, Catalonia, 2016) la canzone risalirebbe a quando egli aveva dodici anni, e quindi al 1955 (Ángel Parra era nato nel 1943). Ci sono però delle discrepanze temporali: Violeta Parra girava tutto il Cile alla ricerca di canti popolari fin dal 1949, però nel 1954 si era recata a Parigi coi figli e vi era rimasta quasi due anni, fino al 1956. Quando era tornata, all'attività di recital e ricerca musicale, aveva affiancato quella di pittrice.

1.
Ángel Parra afferma che la canzone risale a quando lui e la madre si trovavano presso la fattoria El Porvenir (“L'Avvenire”), a Puente Alto, una comuna della conurbazione di Santiago. All'epoca, come scrive Ángel Parra, si trattava di un distretto contadino, di un sobborgo agricolo all'esterno di ciò che allora era Santiago (adesso Puente Alto fa parte della “Grande Santiago” e ha circa seicentomila abitanti). Violeta e i figli usavano recarsi alla fattoria per passarvi la domenica, dato che vi lavorava e risiedeva come fittavolo don Isaías Ángulo. Il contadino Isaías Ángulo, detto “El Profeta”, era uno dei quindici cantori popolari che Violeta Parra, nelle sue ricerche per tutto il Cile, aveva riconosciuto come tra i principali cultori naturali del più autentico canto popolare. Sulle canzoni raccolte da Violeta Parra si basa la sua opera capitale, Cantos folklóricos chilenos.

Don Isaías Angulo.
Don Isaías Angulo.
Il soprannome de “El Profeta” era stato dato a Isaías Ángulo dagli altri cantori della zona, in segno di rispetto. Durante la settimana portava ai piedi le ojotas (i sandali dei contadini cileni) e in testa il sombrero, e sempre, alla maniera contadina, un sacco di farina adoperato come grembiule, che gli serviva nel lavoro agricolo. “Le domeniche”, ricorda Ángel Parra, “erano gran giorni: andavamo a Puente Alto. Si giocava a campana con piastrelle da un chilo. La domenica, don Isaías si vestiva a festa: si metteva i suoi stivaletti lustrati, un fazzoletto rosso al collo e il gilet.” E si metteva a cantare e suonare (era un valente chitarrista). Scrive ancora Ángel Parra: “Sentire cantare don Isaías Ángulo, con la sua voce senza fronzoli che sapeva di acquavite, mi dava l'impressione di essere davanti a un albero millenario che faceva stormire il suo fogliame al vento. Le stesse mani che impugnavano l'aratro o mietevano il grano prima della trebbiatura a cavallo producevano sonorità diafane e armoniose per le orecchie di un bambino che si ubriacava di canto all'umano e al divino. [Don Isaías Ángulo] fu il primo a dirmi che il diavolo non esisteva, e che non se ne deve avere paura.” Naturalmente, glielo spiegò con una canzone.

Se qualcuno si ricorda ancora del Rin del angelito, una canzone di Violeta Parra pubblicata nel 1966 e poi ripresa, tra gli altri, anche dagli Inti-Illimani (nonché da Mercedes Sosa e dai figli di Violeta, Ángel e Isabel), va detto che anche questa canzone deve affondare la sua origine nelle domeniche a Puente Alto e nei canti di Isaías Ángulo. Le condizioni di vita nelle zone contadine e nelle poblaciones di Santiago erano terribili (un'occasione per riascoltare Luchín), e la mortalità infantile era enorme. Le veglie funebri per i bambini morti, i Velorios de Angelitos erano frequentissime e regolate da un rituale particolare e antico, che contemplava il canto. Ángel Parra, all'epoca poco più grande dei bambini che giacevano nella bara, ricorda così il primo Velorio de Angelito a cui aveva assistito alla fattoria:

Antofagasta (Cile), anni '50 del XX secolo. Un Velorio de angelito.
Antofagasta (Cile), anni '50 del XX secolo. Un Velorio de angelito.
“La prima veglia funebre di un bambino a cui ho assistito in presenza del Maestro fu un'esperienza forte per un bambino qual ero allora. Lui si sedeva davanti al bambino morto, che era stato messo su una seggiolina sopra un tavolo, con intorno gli altri cantori. Io stavo accanto a lui. […] Attorno al tavolo sopra il quale stava il bambino morto c'erano anche gli amici e i parenti dei genitori, che si ponevano domande sulla vita e sulla morte. Veniva servito il gloriado, una bevanda alcolica a base di vino caldo con cannella e buccia d'arancia. Certamente, col tempo e con l'esperienza ho scoperto la terribile verità dietro alla cerimonia della veglia funebre: ingiustizia e ancora ingiustizia. Mortalità infantile, bambini denutriti, mancanza di ospedali e di medici. Lo sfruttamento e i salari miserabili stavano diventando un fenomeno culturale senza che nessuno lo denunciasse. Come sempre, la Chiesa Cattolica faceva da comparsa nello spettacolo del dolore umano, adornandolo di cerimonie e incenso. I genitori non dovevano essere tristi, 'non dovevano piangere altrimenti all'angioletto si sarebbero bagnate le ali e non sarebbe potuto volare in cielo', perché quella era la volontà di Dio.”

2.
Don Isaías Ángulo aveva una moglie e diversi figli. La moglie, Rosa, la mattina prestissimo, doveva andare a mungere le mucche, e il piccolo Ángel a volte andava con lei alle cinque del mattino perché la “mamita Rosa”, come la chiamava il marito (Ángel la chiamava invece “nonna”), gli dava da bere il latte appena munto, ancora caldo, che lei chiamava apoyo (appoggio, aiuto: doveva servire per arrivare fino alla colazione). Rosa era stata la sposa di don Isaías per tutta la vita: si erano maritati che lui aveva 18 anni e lei 15, e il marito la amava ancora come una ragazzina. Mentre la “mamita Rosa” mungeva le mucche, anche lei cantava; ma senza parole. Cantava melodie senza testo, che Ángel trovava bellissime. Tra i tanti figli di Rosa e don Isaías, il minore, ancora un ragazzo, pure scriveva e cantava canzoni, che faceva parte di un complesso di huasos chiamato “Los Puentealtinos”, e che trovava noiosissimo quel che don Isaías cantava: “È di una noia mortale. La gente si addormenta”, diceva, e preferiva cantare canzonette ascoltate alla radio. Ángel, che non si capacitava come mai il figlio di don Isaías dicesse quelle cose pur avendo in casa un cantore meraviglioso come il padre, lo punzecchiava: “Ma perché ti vesti da huaso anche se lavori in Comune?” In realtà, Ángel non sapeva dove lavorasse, ma secondo lui aveva una faccia da impiegato comunale.

E' molto probabilmente tra le melodie della “mamita” Rosa Ángulo che deve essere ricercata l'origine della Lechera, che è la storia proprio di una mungitrice e della sua dura e triste storia. Non si sa se il testo sia un componimento popolare adattato alla musica, o se sia stato composto da Violeta Parra. Secondo Ángel Parra, sua madre ne è l'autrice e la “lechera” è proprio Rosa Ángulo (“Personaje fundamental de la tonada 'La lechera', compuesta por mi madre”); nell'edizione francese del libro ("Violeta Parra, ma mère"), arriva a dire che proprio gliela dedicò. Nelle pagine della sua opera ne riporta una versione che differisce leggermente da quella presente in Cancioneros (in questa pagina saranno riportante entrambe le versioni, tenendo presente che Ángel -con tutta probabilità- citava il testo a memoria), ricordando la grande autorevolezza del sito, autentica “bibbia” della canzone latinoamericana e, in generale, in lingua spagnola e nelle lingue iberiche (basco, catalano, galiziano). Secondo Cancioneros, si tratta di una canzone popolare a pieno titolo solo annotata da Violeta Parra:

“Questo testo, che secondo Gabriela Pizarro fu annotato da Violeta Parra probabilmente grazie a Isaías Ángulo o Agustín Robolledo, Puente Alto, Santiago, è stato in seguito inciso dalla Pizarro in Canciones Campesinas (1982) con un arrangiamento basato su una melodia della stessa zona. Lo abbiamo trascritto da un foglio scritto a macchina da Violeta Parra, presente nella collezione E. Pereira Salas nell'Archivio Centrale Andrés Bello dell'Università del Cile.”

3.
Gabriela Pizarro (1932-1999)
Gabriela Pizarro (1932-1999)
Sia che si tratti di un testo popolare, sia che sia stato effettivamente composto o rimaneggiato da Violeta Parra, La lechera non è mai stata né cantata e né tantomeno incisa da quest'ultima. Sarebbe stata una canzone perduta totalmente, se, nel 1982, come ricordato da Cancioneros, l'altrettanto importante folklorista, ricercatrice e cantautrice cilena Gabriela Pizarro (1932-1999), moglie di quell'Héctor Pávez che morì in esilio a Parigi nel 1975, non ne avesse inciso una versione nel suo primo album in studio, le “Canciones Campesinas” già nominate. Si tratta, peraltro, di una versione mutila dalla quale il contenuto sociale è del tutto assente, e per ovvi motivi: dopo il golpe del '73, Gabriela Pizarro era sopravvissuta riducendosi a cantante di strada, e cantare una canzone del genere col suo testo integrale nel Cile sotto la dittatura militare sarebbe stato impossibile. Si tratta comunque, tenendo ancora presente che la melodia può non essere quella originale, dell'unica registrazione presente di alcune strofe de La lechera.

Quella della Lechera è una storia assai semplice, ordinaria. Una storia di ordinario sfruttamento, ricordando che "Fittavolo e padrone son due cose diverse" ("Oro e zolla", nella versione data da Ángel Parra). Una mungitrice, all'alba, deve andare a mungere le mucche nella stalla, e in una fattoria le mucche non sono certo solo due o tre; è un lavoro massacrante, ma è vecchia e malata, e non ce la fa nemmeno a camminare. E' decisa a non andarci, ma il padrone la obbliga perché deve fare una consegna e gli manca la manodopera. La mungitrice ci va per non perdere il lavoro, e mentre munge con le lacrime agli occhi cade morta nella stalla. Il padrone va al villaggio, e ci va per nulla tranquillo. Tutto qua. Può destare una certa impressione, se il testo fu scritto effettivamente da Violeta Parra e se è ispirato dalla figura della "mamita Rosa" (che era viva e vegeta), che in una canzone a lei dedicata la abbia fatta cadere morta mentre munge; ma è del tutto possibile che storie del genere comunque girassero, e non certo per pura invenzione.

Nonostante tutti i problemi e dalle incertezze comportate dalla storia e dal percorso di questa canzone, si tratta di un testo importante. Testimonia di una presa di coscienza da parte di Violeta Parra, di un cambio di direzione. Di un accorgersi che, tra i canti popolari cileni, di certe cose si parlava, e se ne parlava dal punto di vista di chi le ingiustizie e i torti li subiva da sempre. Per questo motivo, nonostante tutte le incertezze (del resto ampiamente trattate in questa introduzione) viene attribuita comunque a Violeta Parra, anche come omaggio a cinquant'anni esatti dalla sua morte. [RV]
Versión de cancioneros.com (v. Introducción)
Versione di cancioneros.com (v. Introduzione)
Version given in cancioneros. com (s. Introduction)


No porque yo sea lechera
y no tengo más amparo
que el calorcito ’e la leche
cuando yo la estoy sacando.

Voy a entregarle la vida
que poca me va quedando,
no porque es suya la tierra
todo lo que estoy mirando.

Inquilino y patrón,
dos cosas son.
Válgame, Dios.
Inquilino y patrón,
dos cosas son.


«Pero, patrón, si hoy no puedo
ir por mis pies al establo,
me está dando vuelta el mundo
y casi me estoy quemando».

«Tengo que hacer una entrega,
me están faltando las manos».
Estas fueron las palabras
que contestó el hacendado.

Sin embargo la lechera
por no perder su trabajo
empezó a ordeñar La Pinta
con los ojos entelados,

pero al manear La Clavela
cayó muerta en el establo.
Dicen que el patrón pa’l pueblo
arrancó muy asustado.

Cogollo:

Para todos los que me oyen,
cogollo de enredadera.
Aquí les conté la historia
de esta valiente lechera.

envoyé par Riccardo Venturi - 13/2/2019 - 00:03




Langue: italien

Traduzione italiana / Traducción al italiano / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 13-2-2019 08:48
LA MUNGITRICE [1]

Non perché sono una mungitrice
E non ho altro sostegno
Che il tepore del latte
Quando lo sto mungendo,

Che gli consegnerò la mia vita,
Che già me ne resta poca;
Non perché è sua la terra,
Tutto quel che sto guardando.

Fittavolo e padrone
Son due cose diverse.
Ne scampi Iddio.
Fittavolo e padrone
Son due cose diverse.


“Però, padrone, se oggi non ce la faccio
A andare coi miei piedi alla stalla,
Il mondo mi si arrovescia
E quasi mi sento bruciare.”

“Devo fare una consegna,
Mi manca la manodopera”.
Queste furono le parole
Che rispose il possidente.

E tuttavia la mungitrice
Per non perdere il lavoro
Cominciò a mungere la Tinta [2]
Con gli occhi gonfi,

Però maneggiando la Garofana
Cadde morta nella stalla.
Dicon che il padrone al villaggio
Si trascinò assai spaventato.

Fior fiore:

Per tutti quelli che mi ascoltano,
Fior fiore di rampicante.
Qui vi ho contato la storia
Di questa valente mungitrice.
[1] Si è preferito tradurre con “mungitrice” e non con “lattaia” (che in italiano riporterebbe piuttosto alla titolare di una latteria).

[2] Si tratta di nomi di mucche, che sono stati tradotti.

13/2/2019 - 08:48




Langue: espagnol

La versione riportata da Ángel Parra (v. Introduzione)
Versión referida por Ángel Parra (s. Introducción)
Version given by Ángel Parra (s. Introduction)
LA LECHERA

No porque yo sea lechera
y no tengo más amparo
que el calorcito ’e la leche
cuando yo la estoy sacando.

No porque es suya la casa
Y todo lo que estoy mirando
Voy a entregarle la poca
Vida que me va quedando.

Inquilino y patrón,
dos cosas son con distinción.
Inquilino y patrón, oro y terrón.


Sin embargo la lechera
Por no perder su trabajo
Empezó a ordeñar La Pinta
Con los ojos entelados,
Y al manear a la la Clávela [1]
cayó muerta en el establo.

Inquilino y patrón,
dos cosas son con distinción.
Inquilino y patrón, oro y terrón.
[1] Así acentuada en esta versión.

envoyé par Riccardo Venturi - 13/2/2019 - 09:18




Langue: italien

Traduzione italiana / Traducción al italiano / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 13-2-2019 09:25
LA MUNGITRICE

Non perché sono una mungitrice
E non ho altro sostegno
Che il tepore del latte
Quando lo sto mungendo,

Non perché è sua la terra,
Tutto quel che sto guardando.
Che gli consegnerò la poca
Vita che mi va restando.

Una cosa è il padrone,
E un'altra il fittavolo, con distinzione.
Fittavolo e padrone, oro e zolla.


E tuttavia la mungitrice
Per non perdere il lavoro
Cominciò a mungere la Tinta
Con gli occhi gonfi,
E maneggiando la Garofana
Cadde morta nella stalla.

Una cosa è il padrone,
E un'altra il fittavolo, con distinzione.
Fittavolo e padrone, oro e zolla.

13/2/2019 - 09:26




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