Continuate a uccidere il poeta,
a deridere chi difende il suo pianeta.
Sotto le vostre ambigue teorie
c’è un decalogo d’orrori e di follie,
c’è un mostro che fonda il suo reame
nei buchi dell’ozono e nel letame,
che ha inquinato tutto e già corrode
le porte delle case e presto esplode
la furia di un clima che impazzito
travolge anche chi non lo avrà tradito.
Del tempo fatto per la conoscenza
ne fanno un merdaio di demenza,
inventano teorie salottiere
che negan ciò che sta per accadere.
E accusano chi grida e dà l’allarme
di fanatico e patetico gendarme.
E pagan pennivendoli e cronisti
per mettere alla gogna gli allarmisti.
E peggio ancor, corrompono scienziati
che negan l’evidenza se pagati.
Vi meritare un sole quasi spento,
venti infuocati, carestie in aumento,
lune nere, stelle sempre più lontane,
berrete il vostro piscio alle fontane.
Niente tramanderà più inizio e fine
di tante civiltà a noi vicine,
Andranno sotterra Egitto e le leggende,
i miti della Grecia e le tregende
del Nord e i saperi d’India e Cina,
Maya Incas d’America Latina.
Aztechi e gli indiani Pellerossa
che il bianco uccise e mai andò a Canossa,
popoli di Amazzonia sterminati
da falsi brasiliani che assetati
di guadagno e lucro rubano le terre
che gli indios han protetto dalle guerre.
Che dir degli aborigeni d’Australia
uccisi e confinati da gentaglia,
pendagli da forca e delinquenti
cacciati via da tutti i continenti?
Nessun Dio dal disastro immane
salvò il sale sacro di ogni pane,
salvò la verità ch’è più possente
della giustizia che è arma del potente.
Che annuncia al mondo che “Il dio buono buon è bianco!”
Ma noi sappiam che Dio è solo stanco
di vedere che i più stronzi stanno accanto
a chi uccide senza l’ombra d’un rimpianto
l’umana specie e tutta la sua storia
e distrugge della Terra ogni memoria!
a deridere chi difende il suo pianeta.
Sotto le vostre ambigue teorie
c’è un decalogo d’orrori e di follie,
c’è un mostro che fonda il suo reame
nei buchi dell’ozono e nel letame,
che ha inquinato tutto e già corrode
le porte delle case e presto esplode
la furia di un clima che impazzito
travolge anche chi non lo avrà tradito.
Del tempo fatto per la conoscenza
ne fanno un merdaio di demenza,
inventano teorie salottiere
che negan ciò che sta per accadere.
E accusano chi grida e dà l’allarme
di fanatico e patetico gendarme.
E pagan pennivendoli e cronisti
per mettere alla gogna gli allarmisti.
E peggio ancor, corrompono scienziati
che negan l’evidenza se pagati.
Vi meritare un sole quasi spento,
venti infuocati, carestie in aumento,
lune nere, stelle sempre più lontane,
berrete il vostro piscio alle fontane.
Niente tramanderà più inizio e fine
di tante civiltà a noi vicine,
Andranno sotterra Egitto e le leggende,
i miti della Grecia e le tregende
del Nord e i saperi d’India e Cina,
Maya Incas d’America Latina.
Aztechi e gli indiani Pellerossa
che il bianco uccise e mai andò a Canossa,
popoli di Amazzonia sterminati
da falsi brasiliani che assetati
di guadagno e lucro rubano le terre
che gli indios han protetto dalle guerre.
Che dir degli aborigeni d’Australia
uccisi e confinati da gentaglia,
pendagli da forca e delinquenti
cacciati via da tutti i continenti?
Nessun Dio dal disastro immane
salvò il sale sacro di ogni pane,
salvò la verità ch’è più possente
della giustizia che è arma del potente.
Che annuncia al mondo che “Il dio buono buon è bianco!”
Ma noi sappiam che Dio è solo stanco
di vedere che i più stronzi stanno accanto
a chi uccide senza l’ombra d’un rimpianto
l’umana specie e tutta la sua storia
e distrugge della Terra ogni memoria!
Contributed by Dq82 - 2019/2/4 - 13:29
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Nuovo Cantacronache 4
L’urgenza di un Nuovo Cantacronache in questi tempi così svuotati di senso e bellezza è un fatto scontato.
Dal gruppo torinese che si proponeva di “evadere dall’evasione”, Igor Lampis raccoglie il testimone del rigore programmatico, del taglio narrativo, della versificazione incalzante in rima baciata, dell’osservazione acuta che si fa invettiva, tra sberleffo e dramma, declinando il tutto con un’attitudine punk che schiaffeggia in maniera provocatoria il belcanto, le buone maniere e qualsiasi deriva estetizzante per dire con schiettezza vino al vino e pane al pane.
Lampis narra con il piglio del cantastorie l’epopea sommersa della gente comune, quella che se la passa male, quella che si arrangia di lavoro in lavoro, vessata dall’opprimente assenza dello Stato. La sua è la voce del guastafeste che canta fuori dal coro: la voce di chi rifiuta l’omologazione, di chi sceglie traiettorie sghembe, di chi conosce la dolente bellezza dei margini, ben sapendo che “dai diamanti non nasce niente”.
Il cenacolo di Ares