Dicono che verso la fine di un novembre tornò
Senza tre dita di una mano
Senza mezzo piede
Senza nemmeno più il suo mestiere
quello di giovane falegname
spedito in Russia con gli altri a morire
Quando il padrone prese la decisione
in villeggiatura a Riccione
Filomena gli fece un guanto di maglia nera
Per lasciare fuori le due dita sane
E di una vita quel che rimane
Dopo quegli anni di prigionia
Asia Siberia e il colore giallastro di malattia
E lo chiamava Manonera la gente del quartiere
tutti il reduce del Don a festeggiare,
Con la sua umiliazione tra le tante
di non saper più bere
Perché il vino non fu per lui mai un vizio
Per lui fu sempre un piacere.
Dicono che come un fantasma un novembre arrivò
Nel cuore un truce ricordo di gelo e cancrena
Di scarpe dure di sete e di pena
A mendicare un po' di compagnia
nell'abitudine di un'osteria
Lo stesso tavolo, un solo bicchiere
Lo stesso identico amaro sapore
Si presentò con la stampella e un cappotto tedesco
Disse che al posto della decima mai avuta
Gli avevan dato 1500 lire
che a lui dovettero sembrare un capitale
Per poi vederle esaurire
Dal Brennero al quartiere
C'è chi ricorda Manonera tra la gente nelle sere
quando quel reduce del Don vide tornare
con la sua umiliazione tra le tante
di non saper più bere
Perché il vino non fu per lui mai un vizio
Per lui fu sempre un piacere.
Senza tre dita di una mano
Senza mezzo piede
Senza nemmeno più il suo mestiere
quello di giovane falegname
spedito in Russia con gli altri a morire
Quando il padrone prese la decisione
in villeggiatura a Riccione
Filomena gli fece un guanto di maglia nera
Per lasciare fuori le due dita sane
E di una vita quel che rimane
Dopo quegli anni di prigionia
Asia Siberia e il colore giallastro di malattia
E lo chiamava Manonera la gente del quartiere
tutti il reduce del Don a festeggiare,
Con la sua umiliazione tra le tante
di non saper più bere
Perché il vino non fu per lui mai un vizio
Per lui fu sempre un piacere.
Dicono che come un fantasma un novembre arrivò
Nel cuore un truce ricordo di gelo e cancrena
Di scarpe dure di sete e di pena
A mendicare un po' di compagnia
nell'abitudine di un'osteria
Lo stesso tavolo, un solo bicchiere
Lo stesso identico amaro sapore
Si presentò con la stampella e un cappotto tedesco
Disse che al posto della decima mai avuta
Gli avevan dato 1500 lire
che a lui dovettero sembrare un capitale
Per poi vederle esaurire
Dal Brennero al quartiere
C'è chi ricorda Manonera tra la gente nelle sere
quando quel reduce del Don vide tornare
con la sua umiliazione tra le tante
di non saper più bere
Perché il vino non fu per lui mai un vizio
Per lui fu sempre un piacere.
Contributed by Dq82 - 2018/11/30 - 09:26
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La febbre incendiaria
Liberamente tratto dal romanzo "La Storia" di Elsa Morante
Marco Cantini: voce
Riccardo Galardini: chitarre acustiche
Lorenzo Forti: basso elettrico
Fabrizio Morganti: batteria
Silvia Conti: voce
È la storia di Clemente, detto Manonera, uno dei reduci del Don sopravvissuto alla disastrosa campagna italiana di Russia, dalla quale torna però mutilato e impossibilitato a reintegrarsi nella società civile in tempo di pace. Le minorazioni fisiche lo rendono ormai inabile a quello che era stato il suo lavoro di falegname, e la drammatica esperienza sul fronte orientale lo separa per sempre dalla società umana.
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