War ripped my baby from my breast
Now my name and rank cover my chest
Twenty-three hours I flew and wept
Twenty-three hours I never slept
Wiped my face, changed my soaking bra
Told my body not to feel at all
Tried to be like you what must I do
To prove that I'm a brother too?
I thought RPGs were fireworks
That's how green I was at first
Blood blistered feet, black and blue
I slid inside my blood filled boots
Seventy-pound pack plus you on my back
Spilled my blood on the road, man I carried my load
Kept you in my view, I'd die for you
Don't that make me a brother too?
It's okay to cry, that's what you say
But if I do I'm damned anyway
I learned to cry without a sound
Cause I'm afraid you'll put me down
You broke my heart on veterans day
Don't you understand the words you say
You raised a flag for the men you serve
What about the women, what do we deserve?
I was just like you when the bullets flew
I had your back, you had mine too
Brothers in arms, your sisters covered you
Don't that make us your brother too?
Say it for me, say it for you
Your sisters are your brothers too
Now my name and rank cover my chest
Twenty-three hours I flew and wept
Twenty-three hours I never slept
Wiped my face, changed my soaking bra
Told my body not to feel at all
Tried to be like you what must I do
To prove that I'm a brother too?
I thought RPGs were fireworks
That's how green I was at first
Blood blistered feet, black and blue
I slid inside my blood filled boots
Seventy-pound pack plus you on my back
Spilled my blood on the road, man I carried my load
Kept you in my view, I'd die for you
Don't that make me a brother too?
It's okay to cry, that's what you say
But if I do I'm damned anyway
I learned to cry without a sound
Cause I'm afraid you'll put me down
You broke my heart on veterans day
Don't you understand the words you say
You raised a flag for the men you serve
What about the women, what do we deserve?
I was just like you when the bullets flew
I had your back, you had mine too
Brothers in arms, your sisters covered you
Don't that make us your brother too?
Say it for me, say it for you
Your sisters are your brothers too
envoyé par Dq82 - 8/6/2018 - 11:15
×
Rifles and rosary beads
Mary Gauthier commenta l’America in guerra
Da quando gli Stati Uniti si sono assunti il ruolo di “gendarmi del mondo” quello dei reduci, dei war veterans, è sempre stato uno dei nervi scoperti della società americana. Negli ultimi vent’anni gli interventi in Kuwait, Afghanistan e Iraq non hanno certo migliorato la situazione, fino a far addirittura rivivere i fantasmi del Vietnam. In questo disco Mary Gauthier dà voce ai reduci e soprattutto alle loro famiglie: la sofferenza di chi aspetta non è, per molti versi, inferiore a quella di chi combatte. Si veda la bellissima Brothers: “What about the women, what do we deserve? I was just like you when the bullets flew”.
Il disco nasce da tutta una serie di colloqui che Mary ha avuto con alcuni veterani di guerra e, soprattutto, con le loro famiglie; in qualche caso con famiglie di defunti. Il valore del loro contributo è stato evidenziato dalla loro assunzione al rango di coautori dei singoli pezzi. Date queste premesse, è quasi inevitabile che il vero e proprio valore aggiunto del disco stia nei testi.
Una bella edizione italiana per Rifles & Rosary Beads
Appare quindi particolarmente lodevole che l’edizione italiana sia corredata della traduzione dei medesimi, anche se la pronuncia di Mary Gauthier è comunque piuttosto intelligibile. Testi in cui traspare non solo l’angoscia dell’essere in guerra, ma anche l’orgoglio di aver fatto quello che si è creduto essere il proprio dovere e l’importanza data a valori come il cameratismo e il reciproco sostegno nel pericolo, come in Got Your Six.
L’approccio musicale e vocale di Mary Gauthier
Il tutto è raccontato in modo tanto partecipato quanto scarno, totalmente privo di ogni tipo di retorica: sia quella militarista sia quella antimilitarista, talvolta ugualmente vuota. Quello che qui interessa è il lato umano, i drammi personali: anche se è ovvio che in certi casi – come usava dire nei lontani tempi della mia gioventù – il “personale” e il “politico” finiscono spesso col coincidere. O, almeno, con l’incontrarsi.
Sul piano musicale il disco si presenta altrettanto scarno, quasi a non voler distrarre da quello che deve colpire l’attenzione dell’ascoltatore. Ma è uno “scarno” in realtà molto curato, sia nei pezzi più minimalisti sia in quelli nei quali il tono si fa quasi epico. La voce di Mary, che suona anche chitarra e armonica, è sempre molto “coinvolta” e partecipe. Per gli altri musicisti, in un contesto equilibratissimo e privo di svolazzi virtuosistici fini a se stessi, è d’obbligo comunque segnalare la chitarra e il mandolino di Will Kimbrough e, soprattutto, il violino sempre commovente di Michele Gazich.
tomtomrock.it