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Garan ar Briz

Anonymous
Language: Breton


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Canto popolare bretone ("Gwerz", Côtes-d'Armor, forse XVII/XVIII secolo)
A folksong from Brittany ("Gwerz", Côtes-d'Armor, maybe 17th/18th Century)
Chant populaire breton ("Gwerz", Côtes-d'Armor, env. 17ème/18ème siècle)
Prima pubblicazione / First published / Édition originaire:
François-Marie Luzel (Fañch an Uhel) [1821-1895]
Gwerziou Breiz-Izel / Chants populaires de la Basse-Bretagne, Éditions Édouard Corfmat, 1868

François-Marie Luzel (Fañch an Uhel) [1821-1895]
François-Marie Luzel (Fañch an Uhel) [1821-1895]


Chi segue almeno un po' la Sezione Bretone del nostro sito, sarà abituato al gwerz come a un lungo (spesso lunghissimo, sterminato) canto narrativo e cronachistico, quasi “giornalistico”: il gwerz più moderno, come si vede dai diversi esempi presenti nel sito, può occuparsi di argomenti dell'attualità internazionale come la carestia ucraina, l'inquinamento ambientale in Romania o il genocidio in Ruanda. Detto questo, non stupirà se gli esempi più antichi del gwerz hanno invece un'estensione molto più circoscritta e locale, anche se non mancano esempi di gwerzioù che narrano di ciò che accade anche al di fuori dalla Bretagna e nel resto del regno di Francia. Inoltre, come in questo caso di antico gwerz, l'elemento religioso e soprannaturale è ben presente. Si tratta, è bene ricordarlo, di componimenti da cantastorie; santi e vergini non fanno mai mancare il loro intervento, anche quando si racconta una storia che, se non è accaduta veramente, è comunque percepita come “cronaca” più che plausibile.

Garan ar Briz (a volte col titolo completo di Garan ar Briz ha glaz Kawan “Garan Le Briz e le campane di Cavan”) risale chiaramente ad un'epoca in cui i figli dei contadini venivano tirati a sorte, parrocchia per parrocchia, per andare a servire nelle armate del Re. Già la cosa veniva percepita come una tragedia, e figuriamoci quindi che cosa accadde dopo la Rivoluzione, quando fu istituita la coscrizione obbligatoria. Siamo qui (probabilmente tra la 2a metà del XVII e la prima del XVIII secolo) nella parrez di Cavan, in bretone Kawan, nel circondario di Lannion nelle Côtes-d'Armor. Il curato del paese annuncia che è arrivato, rigoroso, il mandato del Re: tra tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni verrà effettuato il sorteggio per il servizio nell'Armata. Vengono radunati quindi tutti gli uomini di Cavan e del vicino villaggio di Ploubezre; tra questi ultimi non viene sorteggiato nessuno, mentre tra quelli di Cavan, la malasorte ricade sul giovane Garan Le Briz (Garan ar Briz).

Il paese di Cavan, secondo un'ipotesi etimologica, deriverebbe il suo nome da kawan (o kaouan) che indica in bretone un rapace notturno che può essere sia il gufo che la civetta. Ma un'altra ipotesi vorrebbe che derivasse dal nome di Sant Haran, o Sant Garan, San Garano, un monaco irlandese (compagno di Sant Efflam) sbarcato in Armorica nel V secolo. Uno dei famosi, e fantasmagorici, “santi bretoni” (li hanno solo loro) dei quali a volte abbiamo già parlato qua dentro; la nota è rilevante, perché il giovane protagonista del gwerz si chiama proprio Garan, che è quindi il suo patrono.

garanarbrizIl giovane Garan Le Briz viene dunque tirato a sorte e deve partire per andare a fare il soldato, cioè la guerra. Gli importerebbe poco di partire, se non fosse per l'anziana madre malata da sette mesi; questo gli strappa veramente il cuore. Affida quindi le chiavi di casa alla perpetua, e raccomanda al curato di far prendere cura della mamma. Si reca quindi in chiesa a invocare il suo patrono, San Garano, affinché gli faccia un favore, anzi una grazia: quello di far suonare le campane a morto giorno e notte (e a distesa a mezzogiorno) se sua madre dovesse trapassare in sua assenza, e di far sì che le senta anche se si trovasse a “cinquecento leghe” di distanza. Un elemento, ripeto, che troveremmo ben difficilmente in un gwerz moderno, ma che qui fa pienamente parte della storia e della “cronaca”. Tempo dopo, mentre il giovane Garan sta prestando servizio nell'Armata, sente all'improvviso suonare le campane a morto di Cavan e si rivolge al capitano; quest'ultimo gli fa presente che è a cinquecento leghe da casa, ma si convince quando, con un gesto che deve avere qualche valenza magica risalente alla notte dei tempi, Garan gli fa mettere un piede sopra il suo e anche il capitano ode le campane che suonano. Con il contatto fisico, si stabilisce come una sorta di tramite: il fatto soprannaturale viene esteso a chiunque tocca il protetto del santo. Il protetto diviene come una sorta di “antenna”. Il bravo capitano non tarda ad accordare al soldato Garan il congedo perché possa recarsi a casa; appena arrivato, Garan si accorge che le campane del suo paese suonano da sole. La povera mamma è sull'aia di casa, mentre quattro vergini la seppelliscono e quattro ceri ardono; il giovane bacia per un ultima volta sua madre, e se ne muore anch'egli mentre il cantore si augura che tutti noi possiamo raggiungerli nel “palazzo della Trinità”.

Garan ar Briz, come si vede, ha una struttura che deve risalire a molto prima la sua raccolta. La quale avvenne, a cura del grande giornalista e folklorista bretone François-Marie Luzel (1821-1895, noto anche con gli pseudonimi di Fañch an Uhel, Barz Treger e Fañch ar Moal), dal canto di Mari-Job Kerival (Marie-Josèphe Kerival), una domestica di Keramborgne (Kerarborn), nel 1848. La prima pubblicazione avvenne nei Gwerziou Breiz-Izel (Chants populaires de la Basse-Bretagne), pubblicati da Luzel presso le edizioni Édouard Corfmat nel 1868; ma, da allora, ne sono state reperite e pubblicate altre numerose versioni. Il paese del povero soldato Garan Le Briz così attaccato alla mamma e al suo santo protettore, Cavan, è tuttora tenacemente abbarbicato alla lingua bretone; fatto però curioso, e simpatico assai, ha anche ricevuto dalla Universala Esperanta Asocio la “Stella Verde” per la conoscenza che i suoi 1400 abitanti hanno dell'Esperanto. [RV]
   Mar plij ganec’h a selaoufet
Ur werz a zo newez-zavet ;

   Ur werz a zo newez-zavet,
Da C’haran ar Briz ez eo gret.

   Arru eo ’r mandat a neve,
Rigouruz a-beurz ar roue,

   Da lakad tenna d’ar billet,
Choas ’r c’horfou gwella ar wazed,

   ’Dalek ann oad a dric’houec’h vloas,
Beteg ’nn oad a dri-ugent vloas.

   Personn Cavan a lavare
En he gador pa sermone :

   — Orsa eta holl, Cavaniz,
Ur c’hezlo trist en ho iliz !

   Korf ha mado ’z omp d’ar roue,
Hag hon ine ’zo da Doue.

   Warc’hoas ama c’hui em gavo,
Wit-oc’h holl me oferrinio ;

   Wit-oc’h holl me oferrinio,
Ganec’h d’ Lannuon me’ ielo. —

II

   Kriz vije ’r galon na oelje
En Lannuon nep a vije,

   O welet Cavan ha Ploubezr,
Asambles o tiskenn en ker.

   Ann taol a dek-heur ’zo skoët,
Parouz Ploubezr a zo galwet ;

   Parouz Ploubezr a zo galwet ;
Gant hini na eo digwezet.

   Parouz Cavan a deuz tennet,
Gant Garan ar Briz eo digwet.

   Garanik ar Briz a oele,
Na gave den hen konzolje ;

   Na gave den hen konzolje,
Met he baeron, hennez a ree.

   — Tawet, Garan, na oelet ket,
Ur re-bennag a renk monet. —

   — Me n’ rojenn forz wit partian,
Penamet ma mamm-baour ’zo klan ;

   ’Ma seiz miz ’zo war hi gwele,
Na deuz kristenn nemet-on me. —

III

   Garan ar Briz a lavare
Er ger d’he vamm, pa arrue :

   — Savet, mamm baour euz a-lec’h-ze,
Ma rinn ur wes c’hoas ho kwele. —

   — Pe c’hui ’zo skuiz euz ma c’hlenved,
Pe c’hui ’zo skuiz euz ma gwelet ? —

   — O tenna d’ar billet ’on bet,
Soudart ’wit Cavan ’z on digwet ! —

   Ar vroegik paour a lavare
D’hi mab Garan eno neuze :

   — Ma mabik paour, em gonzolet,
Ur re bennag a renk monet. —

   Pa oant ho daou o teplori,
Teuas he gabitenn en ti :

   — Hastet, Garan, em breparet,
D’ Wengamp fenoz vo red monet. —

   Garan ar Briz, pa ’n euz klewet,
E-meaz ann ti ’zo sortiet ;

   ’Nn or war he vamm ’n euz alc’houezet,
Da di ar person ez eo et :

   — Dalet, gouarnerez, alc’houez ma mamm,
M’ho ped da gaout ann-ez-hi soign,

   Ha laret d’ann aotro person
Hi rekommandi en hi bron ;

   Hi rekommandi ’n ofer-bred,
Ma ielo ann dut d’hi gwelet. —

   — Lakit ho alc’houez lec’h m’ karfet,
Lec’h m’hen po laket hen kavfet. —

   Euz ’r presbitor ’n euz kimiadet,
D’ann iliz kerkent ez eo et.

   — Aotro sant Garan, ma faëron,
Grit ewit-on un donezon :

   Lakit ho kleïer d’ zoon kanvo
D’am mammik paour, pa vo maro ;

   Kanvo d’ann noz ha d’ar beure,
Ha karillon war ar c’hreiz-de !

   Ha grit ma klewinn ann-ez-he
Hag a veen pemp-kant lew out-he ! —

IV

   Garan ar Briz a lavare
En kreiz ann arme, un de oe :

   — Arretet, kabitenn, ’r penned,
Kleïer Cavan am euz klewet ! —

   — Penaos a klewfes ann-ez-he,
Ha te pemp-kant lew dioud-he ? —

   — Laket ho troad war ma hini,
Hag ho c’hlewfet kerkoulz ha me. —

   He droad war h’ hini ’n euz laket,
Kleïer Cavan hen euz klewet.

   He gabitenn a lavare
Da C’haran ’r Briz eno neuze :

   — Me ’skriv did Garan, da gonje,
Da vonet d’ar ger da vale. —

V

   Garan ar Briz a lavare,
’Tal feunteuniou Cavan p’arrue :

   — Petra ’zo a-newez ama,
Ma soon ar c’hleïer er giz-ma ? —

   — Tri de ha ter nozwez a zo
E maint noz-de o soon kanvo ;

   E maint noz-de o soon kanvo,
Hep kristenn ganet war ho zro !

   Kanvo d’ann noz ha d’ar beure,
Ha karillon war ar c’hreiz-dé ! —

   Garan ar Briz a lavare,
Prennestr gwele he vamm pa dremene :

   — O Doue ! marw eo ma mamm-me,
Pa n’ ’ma hi fenn ’n prennestr hi gwele ;

   Pa n’hi gwelann ’n prennestr hi gwele,
’Welet a be-duz arrijenn-me. —

   Garan ar Briz a lavare,
’N presbitor Cavan p’arrue :

   — Roët d’in-me ma alc’houezo. —
— Lec’h poa ho laket c’hui ho c’havo. —

   Garan ar Briz, pa ’n euz klewet,
’N he alc’houezou a zo kroget ;

   ’N he alc’houezou ez e kroget,
’Nn or war he vamm ’n euz digorret.

   Oa he vamm-baour war leur-an-ti,
Peder gwerc’hes hi lienni ;

   Peder gwerc’hes hi lienni,
Peder sierj koar dira-z-hi.

   Daou bok d’he vamm hen euz roët,
Ha war ar plaz ez e marwet.

   Emaint ho daou war ar varw-skaonv,
Doue d’ bardono ann anaoun !

   Emaint en palez ann Drindet,
Graz d’imb da vont di d’ho gwelet !

Kanet gant Mari-Job Kerival, matez
en Kerarborn. — 1848.

Contributed by Richard Gwenndour - 2018/4/19 - 16:49



Language: Italian

kazhdu
Traduzione italiana di Richard Gwenndour
17-19 aprile 2018
GARAN LE BRIZ

   Se vi piace, potreste ascoltare
Un gwerz appena composto;

   Un gwerz appena composto,
Per Garan Le Briz è stato fatto.

   Di nuovo è arrivato il mandato, [1]
Rigoroso da parte del Re,

   Per fare tirare a sorte,
E scegliere i migliori corpi tra gli uomini,

   Dall'età di diciott'anni,
Fino a quella di sessant'anni.

   Il parroco di Cavan diceva
Sul suo scranno mentre faceva il sermone :

   — Per tutti voi, Cavanesi,
Una triste notizia nella vostra chiesa !

   I corpi e i beni appartengono al Re,
E la nostra anima appartiene a Dio.

   Domani vi troverete tutti qui,
E io dirò messa per tutti voi ;

   Per tutti voi io dirò messa,
E poi andrò a Lannion assieme a voi. —

II

   Duro sarebbe stato il cuore di tutti
Se non avessero pianto a Lannion,

   Nel vedere Cavan e Ploubezre,
Che scendevano insieme in città.

   Quando furon battute le dieci,
La parrocchia di Ploubezre è stata chiamata ;

   La parrocchia di Ploubezre è stata chiamata ;
E nessuno è stato tirato a sorte.

   E' stata sorteggiata la parrocchia di Cavan,
E Garan Le Briz è stato tirato a sorte.

   Il piccolo Garan piangeva,
E nessuno lo consolava ;

   E nessuno lo consolava,
Tranne il suo padrino, lui lo faceva.

   — Tacete, Garan, non piangete,
Bisogna che qualcuno parta. —

   — Non mi importerebbe di partire,
Se non fosse per la mia povera mamma malata ;

   Son sette mesi che giace a letto,
E non ha altro cristiano che me. — [2]

III

   Garan Le Briz diceva
A casa alla mamma, quando arrivò :

   — Alzatevi, mamma, da questo letto,
Perché io ve lo rifaccia ancora una volta. —

   — Vi siete stancato della mia malattia,
Oppure vi siete stancato di vedermi ? —

   — Sono stato tirato a sorte,
E sono stato scelto come soldato per Cavan ! —

   La povera donnetta diceva
A suo figlio Garan in quel momento :

   — Mio povero figlio, consolatevi,
Qualcuno deve pur partire. —

   Mentre si sconsolavano tutti e due,
Entrò il capitano in casa :

   — Alla svelta, Garan, preparatevi
Bisogna andare a Guingamp stasera. —

   Quando Garan Le Briz ebbe udito questo,
È uscito dalla casa ;

   ’Ha chiuso a chiave la porta di sua madre,
E è andato dal curato :

   — Eccovi, perpetua, le chiavi di mia madre
Abbiatene cura, ve ne prego.

   E dite al signor curato
Di raccomandarsi alla fine della messa ; [3]

   Di raccomandarsi alla messa solenne
Che i paesani vadano a visitarla. —

   — Mettete la chiave dove volete,
Dove l'avrete messa, la ritroverete. —

   Si è congedato dalla canonica,
E è andato subito in chiesa.

   — Signor san Garan, mio patrono,
Fatemi un favore :

   Fate suonare le campane a morto
Per la mia povera mamma, quando morirà ;

   Suonarle a morto giorno e notte,
E a distesa a mezzogiorno !

   E fate anche che io le senta
Anche se fossi lontano cinquecento leghe ! —

IV

   Garan Le Briz diceva
Un giorno, in mezzo all'armata :

   — Fermatevi un attimo, capitano,
Ho sentito le campane di Cavan ! —

   — E come potresti sentirle,
Visto che sei a cinquecento leghe da lì ? —

   — Mettete il vostro piede sopra il mio,
E le sentirete proprio come me. —

   Ha messo il piede sopra il suo,
Ha sentito le campane di Cavan.

   Il capitano diceva
A Garan Le Briz in quel momento :

   — Ti scriverò, Garan, il congedo
Perché tu vada a fare un salto a casa tua. —

V

   Garan Le Briz diceva,
Quando arrivò alle fontane di Cavan :

   — Che c'è di nuovo da queste parti
Perché le campane suonino così ? —

   — Sono tre giorni e tre notti
Che stanno suonando a morto giorno e notte ;

   Che stanno suonando a morte giorno e notte,
Senza che ci sia nessuno intorno a loro !

   Suonano a morto la mattina e la sera,
E a distesa a mezzogiorno ! —

   Garan Le Briz diceva,
Passando sotto la finestra della camera [4] di sua madre :

   — Oh, Dio ! È morta la mia mamma,
Perché non vedo la sua testa alla finestra della camera ;

   Perché non la vedo alla finestra della camera
A guardare da che parte dovrei arrivare. —

   Garan Le Briz diceva,
Arrivando alla canonica di Cavan :

   — Datemi le chiavi, —
— Dove le avete messe, le ritroverete. —

   Garan Le Briz, quand'ebbe sentito,
Ha preso le sue chiavi ;

   Ha preso le sue chiavi,
E ha aperto la porta di sua madre.

   La sua povera mamma era sull'aia della casa,
E quattro vergini la stavan seppellendo ;

   E quattro vergini la stavan seppellendo,
Con quattro ceri accesi davanti a lei.

   Lui ha dato due baci a sua madre,
E poi è morto lì sul posto.

   Tutti e due sono sul catafalco,
Che Iddio perdoni le loro anime !

   Tutti e due sono nel palazzo della Trinità,
E che possiamo andare a raggiungerli !

Cantato da Mari-Job Kerival, domestica
a Keramborgne. — 1848.
[1] Da notare che la coscrizione per sorteggio veniva praticata anche nelle varie entità statali italiane preunitarie, ad es. nel Regno delle Due Sicilie.

[2] Come si può vedere, l'equiparazione tra "cristiano" e "persona, essere umano" è praticamente universale in Europa.

[3] Qui si è rinunciato a tradurre il bretone pron, che poi è il francese prône: si tratta delle comunicazioni ai fedeli che il parroco fa al termine della messa, prima di pronunciare l' "Andate in pace", o l' "Ite missa est". Nelle parrocchie rurali, in Bretagna come in Italia, tali comunicazioni assumevano spesso il valore di una sorta di bollettino paesano.

[4] Alla lettera, "del letto", ovvero della camera da letto.

2018/4/19 - 16:51




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