Soffriamo! Ne’ giorni che il popolo langue
È insulto il sorriso, la gioia è viltà!
Sol rida chi ha posto le mani nel sangue,
E il fato che accenna non teme o non sa:
Prometeo sull’alto del Caucaso aspetta,
Aspetta un bel giorno che presto verrà
Un giorno del quale sii l’alba, o vendetta!
Un giorno il cui sole sii tu, Libertà!
Soffriam! ché il delitto non regna in eterno!
Soffriam! ché l’errore durare non può!
Già Satana giudica nel pallido inferno
Il Dio de’ Tiranni che al bujo il dannò!
È forse una vampa del tetro petrolio
Che su per le nere muraglie guizzò?
Chi là ne l’altare, chi qua sopra il solio
Fantasma di truce bellezza s’alzò?
Soffriam: le catene si spezzano al fine
Allor che pugnali, ne piaccia foggiar;
Fra un mucchio fumante di sparse ruine
Già Spartaco è sorto tremendo a pugnar.
Soffriamo, o fratelli! la mano sul cuore
Lo sguardo nuotante, nell’alba che appar!
Udite?! Le squille che suonano l’ore
A stormo tremendo desiano suonar!
Già mugghia il tremuoto laggiù nella reggia!
S’accampa ne’ templi superbo il Pensier!
Un rosso vessillo nell’aria fiammeggia,
E in mezzo una scritta vi luccica in ner:
Un’alta sentenza che i secoli andati
Pensaron nel tempo del muto dolor
Che nega l’umana pietà agli spietati!
Che all’odio condanna chi uccise l’amor!
Le dolci fanciulle ch’avete stuprato,
I bimbi che indarno vi chiesero il pan,
Nel giorno dell’ira, nel giorno del fato,
I giudici vostri, borghesi, saran.
È insulto il sorriso, la gioia è viltà!
Sol rida chi ha posto le mani nel sangue,
E il fato che accenna non teme o non sa:
Prometeo sull’alto del Caucaso aspetta,
Aspetta un bel giorno che presto verrà
Un giorno del quale sii l’alba, o vendetta!
Un giorno il cui sole sii tu, Libertà!
Soffriam! ché il delitto non regna in eterno!
Soffriam! ché l’errore durare non può!
Già Satana giudica nel pallido inferno
Il Dio de’ Tiranni che al bujo il dannò!
È forse una vampa del tetro petrolio
Che su per le nere muraglie guizzò?
Chi là ne l’altare, chi qua sopra il solio
Fantasma di truce bellezza s’alzò?
Soffriam: le catene si spezzano al fine
Allor che pugnali, ne piaccia foggiar;
Fra un mucchio fumante di sparse ruine
Già Spartaco è sorto tremendo a pugnar.
Soffriamo, o fratelli! la mano sul cuore
Lo sguardo nuotante, nell’alba che appar!
Udite?! Le squille che suonano l’ore
A stormo tremendo desiano suonar!
Già mugghia il tremuoto laggiù nella reggia!
S’accampa ne’ templi superbo il Pensier!
Un rosso vessillo nell’aria fiammeggia,
E in mezzo una scritta vi luccica in ner:
Un’alta sentenza che i secoli andati
Pensaron nel tempo del muto dolor
Che nega l’umana pietà agli spietati!
Che all’odio condanna chi uccise l’amor!
Le dolci fanciulle ch’avete stuprato,
I bimbi che indarno vi chiesero il pan,
Nel giorno dell’ira, nel giorno del fato,
I giudici vostri, borghesi, saran.
Contributed by Bernart Bartleby - 2017/2/23 - 22:46
Guarda che il Croce nel saggio, poi raccolto nel volumetto "Giovanni Pascoli, studio critico" lodó l'Inno del poeta; nel passo andava rassegnando certe poesiuole, tra queste l'Inno, che reputava positive; la critica a Pascoli verteva sul fatto che questa e le altre poesie erano state espunte dal poeta nelle edizioni posteriori della raccolta!
Mah, non so, certo ne sai più tu, caro frequentatore che non ti firmi. Resta il fatto che Croce proprio in quello studio definì Pascoli un “piccolo-grande poeta” e la poesia in questione appartenente al Pascoli "preistorico"... Non so se fossero proprio giudizi di apprezzamento.
Saluti e grazie per il tuo intervento.
Saluti e grazie per il tuo intervento.
B.B. - 2018/3/11 - 15:42
Libertà l'è morta
Nei giorni dell'ira nei giorni del fato è stata messa in musica da Francesco Benozzo e Fabio Bonvicini nel loro album Libertà l'è morta.
E' stata trasmessa domenica 25 marzo ne La sacca del diavolo del grande Giancarlo Nostrini, in onda su Radio Popolare alla domenica sera.
Qui dal minuto 50 circa.
Peraltro, male non farebbe l'ascolto integrale della trasmissione, che merita assolutamente.
L'ultima strofa cantata è
Presto anarchici accorriamo
A pugnar per la vittoria od il morire
Con petrolio e dinamite
Ogni classe ed il governo a disfar e debellar,
dalla versione italiana di Arroja la bomba
Nei giorni dell'ira nei giorni del fato è stata messa in musica da Francesco Benozzo e Fabio Bonvicini nel loro album Libertà l'è morta.
E' stata trasmessa domenica 25 marzo ne La sacca del diavolo del grande Giancarlo Nostrini, in onda su Radio Popolare alla domenica sera.
Qui dal minuto 50 circa.
Peraltro, male non farebbe l'ascolto integrale della trasmissione, che merita assolutamente.
L'ultima strofa cantata è
Presto anarchici accorriamo
A pugnar per la vittoria od il morire
Con petrolio e dinamite
Ogni classe ed il governo a disfar e debellar,
dalla versione italiana di Arroja la bomba
daniela -k.d.- - 2018/3/27 - 00:36
L'abbiamo musicato e lo cantiamo con il Coro Garibaldi dAssalto . Narciso
immobiliaremoschini@virgilio.it - 2022/4/9 - 08:46
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Sapevamo già che Giovanni Pascoli compose un'ode all'anarchico Passannante, sfortunato attentatore di Umberto I nel 1878, la cui missione fu portata a termine da Gaetano Bresci una ventina d'anni dopo... Quel sentimento di solidarietà con il mancato regicida, poi fatto marcire in carcere, costò a Pascoli qualche settimana di galera ma il suo componimento non sopravvisse se non nel verso «Con la berretta d'un cuoco faremo una bandiera», con riferimento ad uno dei mestieri praticati dal Passannante...
Ignoravo però completamente che il Pascoli in quello stesso 1878 compose per l'Internazionale anarchica un inno che invece ci è giunto. Lo ha scoperto una decina d'anni fa Elisabetta Graziosi, studiosa dell'Università di Bologna, scartabellando tra i volumi della biblioteca di palazzo Filomarino a Napoli, dove visse quel Benedetto Croce che di Pascoli era stato un detrattore e che in un articolo aveva pubblicato uno stralcio di quel testo per dimostrare quale disdicevole retroterra avesse quel poeta...
Pascoli scrisse di quei suoi anni: “Fu nei primordi del socialismo italiano, in cui si processavano come malfattori quelli che aspiravano a togliere dal mondo il male; e si condannavano. Io protestai. E così ebbi occasione di meditare profondamente, per due mesi e mezzo d’un rigidissimo inverno, su la giustizia. Dopo la qual meditazione mi trovai allora assolto e per sempre indignato. Ai cari compagni di quel tempo un saluto!” (Elisabetta Graziosi, Pascoli edito e ignoto: inno per l’Internazionale anarchica, in «Giornale storico della letteratura italiana», vol. CLXXXIV, fasc. 606 (2007), pp. 272-281.)
Occorre aggiungere che quando nel 1900 Gaetano Bresci finì l'opera lasciata incompiuta dal Passannante, Pascoli compose un'ode “Al Re Umberto” e più tardi si schierò in favore dell'avventura imperialista italiana in Libia (con il celebre discorso “La grande Proletaria si è mossa”, 1911)...
Insomma, invecchiando capita spesso che anche il socialista più fervente diventi un pochetto fascista!