Ceux qui ne sont plus Charlie (La neve non arriva mai)
Anonimo Toscano del XXI secoloLanguage: Italian
1.
Poiché, com'è arcinoto
la neve non arriva mai
l'economia ne risente,
e in un siffatto frangente
per interi settori son guai.
Si lagnano gli albergatori,
si lagnano gli economisti,
si lagnano gli sciatori,
si lagnano i ristoratori
e pure gli alpinisti.
Un giorno la neve arriva
e ne arriva pure tanta.
Lo skilift può trasportare,
via la neve artificiale,
ecco un inverno normale.
Però la neve è carogna,
io proprio non la sopporto.
Alla neve sono estraneo,
e non per niente son nato
in un paese Mediterraneo.
E mi fanno sempre un po' ridere
le torme di sci-muniti,
famiglie che fanno il telemark,
ragionieri alla Ingemar Stenmark,
fuoripistanti incalliti.
Ci sono i resort di lusso
sulle Alpi e sugli Appennini
costruiti proprio sotto
montagne da far paura:
evviva l'avventura.
Un giorno la neve arriva
e ne arriva pure tanta;
arriva, ed è pure arcinoto
dove batte il terremoto,
in luogo piuttosto remoto.
Con la stradina tortuosa
sepolta da metri di neve;
si stacca la valanga,
oppure è la slavina,
morte, lutto, rovina.
Ora la storia si fa
tragica e molto eròica.
Scrivo che ancora stanno
parecchi sepolti là sotto,
sotto l'albergo travolto.
In questo paese ci abbiamo
sempre gli eroi del dopo.
Il prima è una rete assai fitta
di idiozia e presunzione
condita di mafie e coësione.
E quando la neve arriva
ci vogliono gli spazzaneve,
ne compreresti a bizzeffe
al costo di un solo Effe
Trentacinque.
E quando la neve arriva
(peraltro ben annunciata)
dimenticato è il prima,
che fa pure la rima:
solo soccorsi e eroïsmo.
Solo nazionalismo.
Solo perbenismo.
Scordàti tutti i torti
si raccattano i morti
scavando e riscavando
ma mai nelle coscienze.
Le coscienze danno fastidio.
Bisogna restare uniti
e guai a scalfire
il fortino, il presidio.
Ché ci abbiamo sempre gli eroi
mai del prima e sempre del poi.
E quindi s'indaga a ritroso
sul solito disastro colposo,
s'indaga e s'invoca rispetto
per morti di strade sepolte,
per morti di slavine di lusso,
per morti d'incurie e dissesti
per morti ammazzati dal niente,
per morti di stato assente.
2.
E mentre gli eroi scavatori
e i prodi soccorritori
aspettan da anni invano,
sepolti anch'essi da quintali
di retoriche micidiali,
il contratto di lavoro;
e mentre i politicanti
si addannano tutti quanti
a invocare eccellenze
e a farsi selfie in doposcì;
e mentre si fan luminarie
e novene di preghiere,
e mentre si spaccia per emergenza
quel che emergenza non è,
quel che sarebbe normale
in un inverno normale,
in una normale stagione
dove non si fa la costruzione
di un coso di lusso in un canalone,
c'è una rivistina francese
magari un poco carognetta
che ci fa su la vignetta.
Si vede la morte secca
che scia quasi allegra e dice:
“Italia: neve, ma non per tutti!”
Niente di ché, mi direte;
ne ha fatte, certo, di migliori.
Quando ne fa di migliori,
però, ci son certi signori
che proprio non gli va giù.
Si prendono un caffè al bar,
poi urlano “Allah akbar!”,
e giù a sparar come cristi
sui maledetti vignettisti;
e allora, son tutti Charlie.
La libertà di espressione!
E anche la sacrosanta
mancanza di rispetto
che vale solo se si irride
il profeta Maometto.
La satira, si sa, fa male,
anche se parla en passant
di una valanga normale,
regolarmente micidiale
in un inverno normale
quando nevica a morte
in plaghe terremotate,
e dove si tiene aperto
l'albergo pluristellato
che attende di esser centrato.
La libertà di espressione!
Che vale però soltanto
quando non ti tocca tanto.
Che vale però solo se
non tocca proprio te.
E allora, regolare,
scende in campo a pugnare
il nazionalpopolare:
il sindaco di Amatrice
che, per altro, si dice,
dovrebbe pensare più alle casette
tirate a sorte in lotteria
piuttosto che alle vignette,
risponde con altra vignetta
eroïca e nazionalista
di tale Ghisberto, un razzista
nonché un notorio fascista
che esalta il “Soccorso Alpino”;
come si diceva, gli eroi
del Paese del Poi.
Poi ecco pure il Fiorello,
paradigma emblematico
dell'italico cervello;
la sua risposta non si perda:
“Charlie? Dei pezzi di merda”.
E nel frattempo si spera
di salvare altri poveracci
sepolti sotto quell'albergo
come fosse una miniera,
l'albergo a quattro stelle
come fosse Marcinelle,
si scava, si scava e si spera
mentre, un poco più in là,
nell'indifferenza generale
e nel gelo di un inverno normale
migliaia di esseri umani
crepano di un freddo uguale
aspettando che dei ciarlatani
aprano una frontiera;
ma là, però, non si spera.
Dal che si evince che vale
più una valanga in Stiria
che i profughi dalla Siria;
o la valanga sull'Appennino
delle barricate di Goro e Gorino.
3.
Morale: da queste parti qui
non sono più Sciarlì.
Sciarlì si è nel bailamme,
quando ti spara l'islàmme;
quando c'è l'indignazïone
per la libertà di espressione.
Quando invece si crepa,
e quando agisce il mortorio
di una gestione criminale
(in un inverno normale)
del tuo proprio territorio,
allora ci vuole e occorre
il capro espiatorio.
E chissà che tanti, ora,
non pensino: alla malora!
Non pensino che, in fondo,
hanno avuto quel che conviene
e che l'ISIS ha fatto bene
a sparare a quei denigratori
degl'italici e grandi cuori,
paese di Soccorritori
che soccorrono costantemente
il ferito e il morto ammazzato
dal suo stesso Stato;
dando poi di “sciacallo”
a chi pesta troppo il callo,
come fece un dì a Longarone
il fascista Indro Montanelli
(sia detto un po' tra le righe
a proposito di dighe).
Preghierine e chiacchierìo
e statue di Padre Pio,
mentre là nelle intemperie
si scava tra le macerie
eterne di questo paese.
Dicon: Disastro colposo.
Se ne andrà via la colpa
e resterà solo il disastro.
E sulla prossima casetta
si metterà una vignetta.
E il prossimo inverno, la lagna
riecheggerà incancrenita
lassù su qualche montagna:
“Non nevica! Non c'è neve!
Il danno per l'economia!”
Su per le montagne sventrate
da piste di sci frequentate,
e dai pendii violentati
da skilift e seggiovie,
da boschi interi spianati
per far posto alle familiari
invernali idiozie,
a alberghi nei canaloni,
a spa, wellness e piscine,
a carne da slavine.
Poiché, com'è arcinoto
la neve non arriva mai
l'economia ne risente,
e in un siffatto frangente
per interi settori son guai.
Si lagnano gli albergatori,
si lagnano gli economisti,
si lagnano gli sciatori,
si lagnano i ristoratori
e pure gli alpinisti.
Un giorno la neve arriva
e ne arriva pure tanta.
Lo skilift può trasportare,
via la neve artificiale,
ecco un inverno normale.
Però la neve è carogna,
io proprio non la sopporto.
Alla neve sono estraneo,
e non per niente son nato
in un paese Mediterraneo.
E mi fanno sempre un po' ridere
le torme di sci-muniti,
famiglie che fanno il telemark,
ragionieri alla Ingemar Stenmark,
fuoripistanti incalliti.
Ci sono i resort di lusso
sulle Alpi e sugli Appennini
costruiti proprio sotto
montagne da far paura:
evviva l'avventura.
Un giorno la neve arriva
e ne arriva pure tanta;
arriva, ed è pure arcinoto
dove batte il terremoto,
in luogo piuttosto remoto.
Con la stradina tortuosa
sepolta da metri di neve;
si stacca la valanga,
oppure è la slavina,
morte, lutto, rovina.
Ora la storia si fa
tragica e molto eròica.
Scrivo che ancora stanno
parecchi sepolti là sotto,
sotto l'albergo travolto.
In questo paese ci abbiamo
sempre gli eroi del dopo.
Il prima è una rete assai fitta
di idiozia e presunzione
condita di mafie e coësione.
E quando la neve arriva
ci vogliono gli spazzaneve,
ne compreresti a bizzeffe
al costo di un solo Effe
Trentacinque.
E quando la neve arriva
(peraltro ben annunciata)
dimenticato è il prima,
che fa pure la rima:
solo soccorsi e eroïsmo.
Solo nazionalismo.
Solo perbenismo.
Scordàti tutti i torti
si raccattano i morti
scavando e riscavando
ma mai nelle coscienze.
Le coscienze danno fastidio.
Bisogna restare uniti
e guai a scalfire
il fortino, il presidio.
Ché ci abbiamo sempre gli eroi
mai del prima e sempre del poi.
E quindi s'indaga a ritroso
sul solito disastro colposo,
s'indaga e s'invoca rispetto
per morti di strade sepolte,
per morti di slavine di lusso,
per morti d'incurie e dissesti
per morti ammazzati dal niente,
per morti di stato assente.
2.
E mentre gli eroi scavatori
e i prodi soccorritori
aspettan da anni invano,
sepolti anch'essi da quintali
di retoriche micidiali,
il contratto di lavoro;
e mentre i politicanti
si addannano tutti quanti
a invocare eccellenze
e a farsi selfie in doposcì;
e mentre si fan luminarie
e novene di preghiere,
e mentre si spaccia per emergenza
quel che emergenza non è,
quel che sarebbe normale
in un inverno normale,
in una normale stagione
dove non si fa la costruzione
di un coso di lusso in un canalone,
c'è una rivistina francese
magari un poco carognetta
che ci fa su la vignetta.
Si vede la morte secca
che scia quasi allegra e dice:
“Italia: neve, ma non per tutti!”
Niente di ché, mi direte;
ne ha fatte, certo, di migliori.
Quando ne fa di migliori,
però, ci son certi signori
che proprio non gli va giù.
Si prendono un caffè al bar,
poi urlano “Allah akbar!”,
e giù a sparar come cristi
sui maledetti vignettisti;
e allora, son tutti Charlie.
La libertà di espressione!
E anche la sacrosanta
mancanza di rispetto
che vale solo se si irride
il profeta Maometto.
La satira, si sa, fa male,
anche se parla en passant
di una valanga normale,
regolarmente micidiale
in un inverno normale
quando nevica a morte
in plaghe terremotate,
e dove si tiene aperto
l'albergo pluristellato
che attende di esser centrato.
La libertà di espressione!
Che vale però soltanto
quando non ti tocca tanto.
Che vale però solo se
non tocca proprio te.
E allora, regolare,
scende in campo a pugnare
il nazionalpopolare:
il sindaco di Amatrice
che, per altro, si dice,
dovrebbe pensare più alle casette
tirate a sorte in lotteria
piuttosto che alle vignette,
risponde con altra vignetta
eroïca e nazionalista
di tale Ghisberto, un razzista
nonché un notorio fascista
che esalta il “Soccorso Alpino”;
come si diceva, gli eroi
del Paese del Poi.
Poi ecco pure il Fiorello,
paradigma emblematico
dell'italico cervello;
la sua risposta non si perda:
“Charlie? Dei pezzi di merda”.
E nel frattempo si spera
di salvare altri poveracci
sepolti sotto quell'albergo
come fosse una miniera,
l'albergo a quattro stelle
come fosse Marcinelle,
si scava, si scava e si spera
mentre, un poco più in là,
nell'indifferenza generale
e nel gelo di un inverno normale
migliaia di esseri umani
crepano di un freddo uguale
aspettando che dei ciarlatani
aprano una frontiera;
ma là, però, non si spera.
Dal che si evince che vale
più una valanga in Stiria
che i profughi dalla Siria;
o la valanga sull'Appennino
delle barricate di Goro e Gorino.
3.
Morale: da queste parti qui
non sono più Sciarlì.
Sciarlì si è nel bailamme,
quando ti spara l'islàmme;
quando c'è l'indignazïone
per la libertà di espressione.
Quando invece si crepa,
e quando agisce il mortorio
di una gestione criminale
(in un inverno normale)
del tuo proprio territorio,
allora ci vuole e occorre
il capro espiatorio.
E chissà che tanti, ora,
non pensino: alla malora!
Non pensino che, in fondo,
hanno avuto quel che conviene
e che l'ISIS ha fatto bene
a sparare a quei denigratori
degl'italici e grandi cuori,
paese di Soccorritori
che soccorrono costantemente
il ferito e il morto ammazzato
dal suo stesso Stato;
dando poi di “sciacallo”
a chi pesta troppo il callo,
come fece un dì a Longarone
il fascista Indro Montanelli
(sia detto un po' tra le righe
a proposito di dighe).
Preghierine e chiacchierìo
e statue di Padre Pio,
mentre là nelle intemperie
si scava tra le macerie
eterne di questo paese.
Dicon: Disastro colposo.
Se ne andrà via la colpa
e resterà solo il disastro.
E sulla prossima casetta
si metterà una vignetta.
E il prossimo inverno, la lagna
riecheggerà incancrenita
lassù su qualche montagna:
“Non nevica! Non c'è neve!
Il danno per l'economia!”
Su per le montagne sventrate
da piste di sci frequentate,
e dai pendii violentati
da skilift e seggiovie,
da boschi interi spianati
per far posto alle familiari
invernali idiozie,
a alberghi nei canaloni,
a spa, wellness e piscine,
a carne da slavine.
Language: French
Version française – LA NEIGE N’ARRIVE JAMAIS (Pour ceux qui ne sont plus Charlie !) – Marco Valdo M.I. – 2017
Chanson italienne – Ceux qui ne sont plus Charlie (La neve non arriva mai) – Anonimo Toscano del XXI secolo – 23 janvier 2017
Chanson italienne – Ceux qui ne sont plus Charlie (La neve non arriva mai) – Anonimo Toscano del XXI secolo – 23 janvier 2017
Du lynchage médiatique et autres modernités
Cher Lucien l’âne, voici une chanson écrite à chaud malgré son titre et les circonstances climatiques qu’elle évoque. Ce qui est certain dans ces temps tourmentés par un vent d’hiver, c’est que rien que ma formulation me vaudrait auprès de certaines gens – au minimum – une excommunication ou carrément une pendaison. On évoquerait le « mauvais goût » de cette « chanson écrite à chaud », alors qu’elle raconte une histoire de gens ensevelis sous des mètres de neige. Personne ne pourra prétendre que je ne l’ai pas remarqué et que par ailleurs, je le revendique. Mais voilà, je n’ai pas plus l’intention de retirer cette expression « écrite à chaud » que d’émasculer la langue française.
Émasculer la langue française ?, en voilà une drôle expression. Que veux-tu dire, Marco Valdo M.I. mon ami ?
Il se trouve, répond Marco Valdo M.I., qu’en français, cette expression signifie tout simplement « écrite tout de suite », « écrite sans délai » et ne pas en user, car certains pourraient mal comprendre, ce serait plus qu’une faute, ce serait une erreur ; ce serait abdiquer devant le règne de la facilité et m’incliner à mon tour devant la conjuration des imbéciles, déjà dénoncée par J.K. O’Toole, un auteur étazunien. De plus, l’écrire de cette manière, c’est-à-dire « à chaud » et dans l’urgence, était en quelque sorte une nécessité interne aux événements que la chanson relate et une urgence qui ne résultait pas de la « faute » de l’auteur – le célèbre Anonyme Toscan, mais bien de celle des médias rapporteurs, qui dès demain passeront à une autre catastrophe, à un autre désastre.
De quelle catastrophe, de quel désastre est-il question dans la canzone ?, demande Lucien l’âne.
En deux mots, Lucien l’âne mon ami, la canzone réagit à un lynchage de Charlie (hebdo – anciennement Hara-kiri hebdo, journal bête et méchant, définitivement interdit après une première page, une « une » mémorable où il était titré sous une croix de Lorraine : « Bal tragique à Colombey : Un mort » – le mort était l’ex-Président de la République, Charles De Gaulle. C’était le choc de deux événements. D’un côté, la mort de Charles De Gaulle (1 mort) ; de l’autre, il y avait eu au même moment, un bal tragique (dans la région parisienne) avec des dizaines de morts, mais la presse se souciait bien plus du cadavre de Colombey que de ces anonymes citoyens rôtis dans un dancing.
Je disais un lynchage de Charlie (hebdo) par des national-populistes italiens qui s’en prenaient violemment à l’hebdo (Charlie) suite à une caricature montrant la mort skiant à vive allure sur une pente enneigée et s’écriant : « Italie : de la neige, il n’y en aura pas pour tout le monde ». Une caricature violente ?
D’abord, Marco Valdo M.I. mon ami, je me demande ce que serait une caricature molle ? Un dessin de Dali, peut-être ?
Soyons sérieux : c’est le propre d’une caricature que de choquer, c’est dans sa nature, elle est faite pour ça : créer un choc mental salutaire. En vérité, la caricature ne choque que les gens inintelligents, précisément parce qu’ils le sont et qu’ils ne comprennent pas. En s’en prenant à la caricature, ils s’en prennent à leur propre insuffisance. On comprend fort bien que ça leur fasse mal et qu’ils soient en rage et comme ils ne peuvent, ni ne veulent – ce serait d’ailleurs assez suicidaire – tourner leur rage contre eux-mêmes, il leur faut donc un bouc émissaire pour diriger leur fiel en dehors d’eux-mêmes ; alors, ils s’en prennent au dessin (avant de s’en prendre physiquement au journal, au livre – ce sont les bûchers et ensuite, à l’auteur, au dessinateur – ça s’est déjà vu) pour purger leur bile. Il y avait donc nécessité de sortir du bois pour que ne puisse prospérer sans réplique la lâcheté de s’en prendre à Charlie (hebdo bête et méchant) et calmer ces gens qui se comportent comme les fanatiques d’un Prophète ou d’un Dieu idiots ou de je ne sais quelle idéologie totalitaire.
Il me semble que s’ils réfléchissaient un brin…, dit Lucien l’âne, mais peut-être est-ce là précisément le problème : ils ne réfléchissent pas. Comme certain ministre de chez nous, ils ont comme devise : « J’agis d’abord, je pense après ! ». Je ne sais trop s’ils ne peuvent pas réfléchir (insuffisance) ou s’ils ne veulent pas réfléchir (inconscience). Je ne sais d’ailleurs pas quel est le pire.
Pour mieux faire comprendre la chose, dit Marco Valdo M.I., je vais parler brièvement d’une autre affaire à cet égard similaire.
Pareillement donc, ces jours-ci, un processus similaire s’est mis en action de l’autre côté de l’Atlantique lorsque dans le cadre d’une cérémonie officielle à vocation télévisuelle universelle, un homme public met sur l’estrade ses enfants et petits-enfants, y compris un certain Barron qui serait mineur d’âge.
Puis, cet homme s’étonne qu’on s’en étonne et s’indigne qu’on s’en indigne et qu’une journaliste prenne la défense de cet enfant ainsi exposé et otage de l’ambition et d’un orgueil mal placé – un orgueil mal placé a ceci de commun avec un furoncle mal placé, il suppure.
La question qui se pose ici est de savoir à qui revient la responsabilité de la mise en cause de l’enfant Barron de 13 ans ?
Elle ne peut en aucun cas être attribuée à la journaliste qui a fait remarquer cette incongruité, cette immense faute déontologique et les dégâts que pareil traitement pourraient comporter pour cet enfant jeté dans la cage aux lions.
En effet, dit Lucien l’âne. Réglons d’abord cette première question. À mon sens, et au sens de toute personne raisonnable, si faute il y a et il y en a même plus d’une, elles sont imputables entièrement et uniquement aux adultes « responsables » qui ont organisé cette pratique monarchique, de surcroît hors de propos dans une République.
On a élu Monsieur Machin, soit, même si la chose n’est pas claire et qu’elle est mise en discussion ; mais on n’a certainement pas élu sa femme, son fils, son petit-fils, son oncle, sa tante, son petit ami, son chien…
Dès lors, à partir du moment où l’enfant (ici, le prénommé Barron) est mis en avant sur la scène comme une marionnette, il devient une marionnette présidentielle et cet enfant-marionnette risque de subir le sort d’une figurine de foire qu’on place comme cible au tir à pipes.
C’est précisément un des dangers que dénonçait la journaliste.
D’accord avec toi, Lucien l’âne, ton raisonnement est imparable. Il s’agit avant tout d’épargner l’enfant et il serait parfaitement imbécile et injuste de s’en prendre à la journaliste.
De plus, s’il n’y avait pas eu cette malheureuse exposition en public, qui aurait su que Barron s’appelait Barron, si on l’avait laissé avec les enfants hors des affaires de son grand-père. À cet égard, la journaliste notait aussi l’isolement du gamin dans la Tour patriarcale et elle y voyait – à juste titre – une situation qui serait préjudiciable pour un enfant, quel que fut cet enfant.
Je continue le récit : il y a comme un soupçon de mégalomanie chez ce président dont il appert qu’il devrait être affublé d’un titre plus conforme à ses comportements de satrape et de monarque absolu. Peut-être y rêve-t-il ? Peut-être va-t-il l’exiger et qui sait, vu la tournure des choses, l’obtenir aux forceps ?
Oh, dit Lucien l’âne en riant, j’ai quelques propositions : dans un premier temps, Ras, Rais, Roi, Koning, Koenig, Dux, Duce, Conducator.
Puis, dans quelques semaines, car les choses vont vite : Kaiser ou mieux encore, Empereur ou Imperator.
De ce fait, tout qui se trouve sous la houlette du berger immobilier est en quelque sorte devenu, comme dans l’entourage des rois de France, un oint du Seigneur.
En l’occurrence, de ce que j’ai entendu de cette Cour relookée, il y en a tant à oindre, qu’on s’y trouve dans la nécessité impérative d’accélérer la réalisation des oléoducs en construction.
Oindre et adouber, ce sont là des pratiques féodales et franchement, moyenâgeuses tout comme serait une pratique ancienne de faire la guerre au pays voisin, mettons pour une histoire de mur mitoyen. Toutes ces pratiques me paraissent assez déplacées dans un pays qui, au départ (1776) et dans sa Constitution (1787), s’est construit contre ce genre de pratique.
Voilà qui est bien dit, reprend Marco Valdo M.I., et à présent, revenons à la chanson de l’Anonyme toscan qui elle aussi met en cause certain lynchage journalistique, certaines attaques partisanes contre la liberté artistique, journalistique, de création, de pensée, d’expression et tout ce qui s’y rattache.
La parole, l’écrit, le dessin et la caricature sont libres et doivent le rester.
Il reste néanmoins entendu qu’on peut toujours les contester, y apporter des remarques, des appréciations – qui sont elles-mêmes des paroles, écrit…
Mais là où ça ne va plus, c’est quand on répond au dessin par le TNT, la mitraillette ou le lynchage médiatique.
Ils ont lynché Charlie par analphabétisme, car ils ne savent pas lire l’image ; ils ont lynché Charlie par manque de culture et de sens civil ; ils ont lynché Charlie tout simplement par bêtise.
Cela dit, l’Anonyme pose une question pour laquelle il n’y a jamais eu de bonne réponse de la part d’une presse qui entend vendre du papier, du son (pas celui que mangent les ânes), de l’image ou le tout ensemble, une presse qui entend satisfaire les plus basses des pulsions et joue sur la fascination de la mort – ce qui lui rapporte énormément.
Cette présse (ces médias…) en sont restés à la loi du mort-kilométrique, à savoir que plus le mort est lointain, moins il importe ; plus il est proche, mieux il se vend ; plus il est riche, plus il fait recette – là aussi, le pauvre ne compte pour rien.
Ce qui dans la chanson se traduit par :
« De tout ceci, on peut tirer :
Qu’une avalanche au centre de l’Italie,
Et les barouds racistes organisés
À Goro-Gorino, par quelques chrétiens fanatisés
Importent plus que tous les réfugiés de la Syrie. »
Oh, dit Lucien l’âne, il faudrait y ajouter l’« étranger-kilométrique » et les conséquences racistes de pareils principes.
Juste une dernière note complémentaire. En parallèle à la canzone, il serait bien de renvoyer, car elle aide à comprendre, à cette réflexion poétique et caricaturale d’Erich Kästner qu’était « Wintersport », dans laquelle – était-ce par anticipation ou prémonition ? – il écrivait :
À ce propos, à quoi bon accuser la nature, les intempéries, le relief, le temps, les nuages, le froid ou que sais-je ?
La neige est comme le chameau : la neige s’en fout.
Elle tombe et puis, c’est tout.
Ce qui me désole dans toutes ces affaires, dit Lucien l’âne, c’est de découvrir la bassesse d’une grande partie de l’espèce humaine et spécialement, dans celle qui bénéficie et tire le plus profit des efforts de toute l’espèce, y compris des anciens et des ancêtres. Ça me déçoit tant que je me demande si j’accepterai jamais de redevenir un être humain et je me pose la question de savoir comment et quand l’humanité va arriver à se débarrasser de ces comportements nombrilistes et racistes.
Cela dit, je propose de lire cette chanson sans musique, comme l’étaient celles d’Homère, de Villon, de Pétrarque ou de Kästner et puis, de reprendre notre tâche et tisser tranquillement mais obstinément le linceul de ce vieux monde réactionnaire, borné, nationaliste, autoritaire, myope et cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane.
Cher Lucien l’âne, voici une chanson écrite à chaud malgré son titre et les circonstances climatiques qu’elle évoque. Ce qui est certain dans ces temps tourmentés par un vent d’hiver, c’est que rien que ma formulation me vaudrait auprès de certaines gens – au minimum – une excommunication ou carrément une pendaison. On évoquerait le « mauvais goût » de cette « chanson écrite à chaud », alors qu’elle raconte une histoire de gens ensevelis sous des mètres de neige. Personne ne pourra prétendre que je ne l’ai pas remarqué et que par ailleurs, je le revendique. Mais voilà, je n’ai pas plus l’intention de retirer cette expression « écrite à chaud » que d’émasculer la langue française.
Émasculer la langue française ?, en voilà une drôle expression. Que veux-tu dire, Marco Valdo M.I. mon ami ?
Il se trouve, répond Marco Valdo M.I., qu’en français, cette expression signifie tout simplement « écrite tout de suite », « écrite sans délai » et ne pas en user, car certains pourraient mal comprendre, ce serait plus qu’une faute, ce serait une erreur ; ce serait abdiquer devant le règne de la facilité et m’incliner à mon tour devant la conjuration des imbéciles, déjà dénoncée par J.K. O’Toole, un auteur étazunien. De plus, l’écrire de cette manière, c’est-à-dire « à chaud » et dans l’urgence, était en quelque sorte une nécessité interne aux événements que la chanson relate et une urgence qui ne résultait pas de la « faute » de l’auteur – le célèbre Anonyme Toscan, mais bien de celle des médias rapporteurs, qui dès demain passeront à une autre catastrophe, à un autre désastre.
De quelle catastrophe, de quel désastre est-il question dans la canzone ?, demande Lucien l’âne.
En deux mots, Lucien l’âne mon ami, la canzone réagit à un lynchage de Charlie (hebdo – anciennement Hara-kiri hebdo, journal bête et méchant, définitivement interdit après une première page, une « une » mémorable où il était titré sous une croix de Lorraine : « Bal tragique à Colombey : Un mort » – le mort était l’ex-Président de la République, Charles De Gaulle. C’était le choc de deux événements. D’un côté, la mort de Charles De Gaulle (1 mort) ; de l’autre, il y avait eu au même moment, un bal tragique (dans la région parisienne) avec des dizaines de morts, mais la presse se souciait bien plus du cadavre de Colombey que de ces anonymes citoyens rôtis dans un dancing.
Je disais un lynchage de Charlie (hebdo) par des national-populistes italiens qui s’en prenaient violemment à l’hebdo (Charlie) suite à une caricature montrant la mort skiant à vive allure sur une pente enneigée et s’écriant : « Italie : de la neige, il n’y en aura pas pour tout le monde ». Une caricature violente ?
D’abord, Marco Valdo M.I. mon ami, je me demande ce que serait une caricature molle ? Un dessin de Dali, peut-être ?
Soyons sérieux : c’est le propre d’une caricature que de choquer, c’est dans sa nature, elle est faite pour ça : créer un choc mental salutaire. En vérité, la caricature ne choque que les gens inintelligents, précisément parce qu’ils le sont et qu’ils ne comprennent pas. En s’en prenant à la caricature, ils s’en prennent à leur propre insuffisance. On comprend fort bien que ça leur fasse mal et qu’ils soient en rage et comme ils ne peuvent, ni ne veulent – ce serait d’ailleurs assez suicidaire – tourner leur rage contre eux-mêmes, il leur faut donc un bouc émissaire pour diriger leur fiel en dehors d’eux-mêmes ; alors, ils s’en prennent au dessin (avant de s’en prendre physiquement au journal, au livre – ce sont les bûchers et ensuite, à l’auteur, au dessinateur – ça s’est déjà vu) pour purger leur bile. Il y avait donc nécessité de sortir du bois pour que ne puisse prospérer sans réplique la lâcheté de s’en prendre à Charlie (hebdo bête et méchant) et calmer ces gens qui se comportent comme les fanatiques d’un Prophète ou d’un Dieu idiots ou de je ne sais quelle idéologie totalitaire.
Il me semble que s’ils réfléchissaient un brin…, dit Lucien l’âne, mais peut-être est-ce là précisément le problème : ils ne réfléchissent pas. Comme certain ministre de chez nous, ils ont comme devise : « J’agis d’abord, je pense après ! ». Je ne sais trop s’ils ne peuvent pas réfléchir (insuffisance) ou s’ils ne veulent pas réfléchir (inconscience). Je ne sais d’ailleurs pas quel est le pire.
Pour mieux faire comprendre la chose, dit Marco Valdo M.I., je vais parler brièvement d’une autre affaire à cet égard similaire.
Pareillement donc, ces jours-ci, un processus similaire s’est mis en action de l’autre côté de l’Atlantique lorsque dans le cadre d’une cérémonie officielle à vocation télévisuelle universelle, un homme public met sur l’estrade ses enfants et petits-enfants, y compris un certain Barron qui serait mineur d’âge.
Puis, cet homme s’étonne qu’on s’en étonne et s’indigne qu’on s’en indigne et qu’une journaliste prenne la défense de cet enfant ainsi exposé et otage de l’ambition et d’un orgueil mal placé – un orgueil mal placé a ceci de commun avec un furoncle mal placé, il suppure.
La question qui se pose ici est de savoir à qui revient la responsabilité de la mise en cause de l’enfant Barron de 13 ans ?
Elle ne peut en aucun cas être attribuée à la journaliste qui a fait remarquer cette incongruité, cette immense faute déontologique et les dégâts que pareil traitement pourraient comporter pour cet enfant jeté dans la cage aux lions.
En effet, dit Lucien l’âne. Réglons d’abord cette première question. À mon sens, et au sens de toute personne raisonnable, si faute il y a et il y en a même plus d’une, elles sont imputables entièrement et uniquement aux adultes « responsables » qui ont organisé cette pratique monarchique, de surcroît hors de propos dans une République.
On a élu Monsieur Machin, soit, même si la chose n’est pas claire et qu’elle est mise en discussion ; mais on n’a certainement pas élu sa femme, son fils, son petit-fils, son oncle, sa tante, son petit ami, son chien…
Dès lors, à partir du moment où l’enfant (ici, le prénommé Barron) est mis en avant sur la scène comme une marionnette, il devient une marionnette présidentielle et cet enfant-marionnette risque de subir le sort d’une figurine de foire qu’on place comme cible au tir à pipes.
C’est précisément un des dangers que dénonçait la journaliste.
D’accord avec toi, Lucien l’âne, ton raisonnement est imparable. Il s’agit avant tout d’épargner l’enfant et il serait parfaitement imbécile et injuste de s’en prendre à la journaliste.
De plus, s’il n’y avait pas eu cette malheureuse exposition en public, qui aurait su que Barron s’appelait Barron, si on l’avait laissé avec les enfants hors des affaires de son grand-père. À cet égard, la journaliste notait aussi l’isolement du gamin dans la Tour patriarcale et elle y voyait – à juste titre – une situation qui serait préjudiciable pour un enfant, quel que fut cet enfant.
Je continue le récit : il y a comme un soupçon de mégalomanie chez ce président dont il appert qu’il devrait être affublé d’un titre plus conforme à ses comportements de satrape et de monarque absolu. Peut-être y rêve-t-il ? Peut-être va-t-il l’exiger et qui sait, vu la tournure des choses, l’obtenir aux forceps ?
Oh, dit Lucien l’âne en riant, j’ai quelques propositions : dans un premier temps, Ras, Rais, Roi, Koning, Koenig, Dux, Duce, Conducator.
Puis, dans quelques semaines, car les choses vont vite : Kaiser ou mieux encore, Empereur ou Imperator.
De ce fait, tout qui se trouve sous la houlette du berger immobilier est en quelque sorte devenu, comme dans l’entourage des rois de France, un oint du Seigneur.
En l’occurrence, de ce que j’ai entendu de cette Cour relookée, il y en a tant à oindre, qu’on s’y trouve dans la nécessité impérative d’accélérer la réalisation des oléoducs en construction.
Oindre et adouber, ce sont là des pratiques féodales et franchement, moyenâgeuses tout comme serait une pratique ancienne de faire la guerre au pays voisin, mettons pour une histoire de mur mitoyen. Toutes ces pratiques me paraissent assez déplacées dans un pays qui, au départ (1776) et dans sa Constitution (1787), s’est construit contre ce genre de pratique.
Voilà qui est bien dit, reprend Marco Valdo M.I., et à présent, revenons à la chanson de l’Anonyme toscan qui elle aussi met en cause certain lynchage journalistique, certaines attaques partisanes contre la liberté artistique, journalistique, de création, de pensée, d’expression et tout ce qui s’y rattache.
La parole, l’écrit, le dessin et la caricature sont libres et doivent le rester.
Il reste néanmoins entendu qu’on peut toujours les contester, y apporter des remarques, des appréciations – qui sont elles-mêmes des paroles, écrit…
Mais là où ça ne va plus, c’est quand on répond au dessin par le TNT, la mitraillette ou le lynchage médiatique.
Ils ont lynché Charlie par analphabétisme, car ils ne savent pas lire l’image ; ils ont lynché Charlie par manque de culture et de sens civil ; ils ont lynché Charlie tout simplement par bêtise.
Cela dit, l’Anonyme pose une question pour laquelle il n’y a jamais eu de bonne réponse de la part d’une presse qui entend vendre du papier, du son (pas celui que mangent les ânes), de l’image ou le tout ensemble, une presse qui entend satisfaire les plus basses des pulsions et joue sur la fascination de la mort – ce qui lui rapporte énormément.
Cette présse (ces médias…) en sont restés à la loi du mort-kilométrique, à savoir que plus le mort est lointain, moins il importe ; plus il est proche, mieux il se vend ; plus il est riche, plus il fait recette – là aussi, le pauvre ne compte pour rien.
Ce qui dans la chanson se traduit par :
« De tout ceci, on peut tirer :
Qu’une avalanche au centre de l’Italie,
Et les barouds racistes organisés
À Goro-Gorino, par quelques chrétiens fanatisés
Importent plus que tous les réfugiés de la Syrie. »
Oh, dit Lucien l’âne, il faudrait y ajouter l’« étranger-kilométrique » et les conséquences racistes de pareils principes.
Juste une dernière note complémentaire. En parallèle à la canzone, il serait bien de renvoyer, car elle aide à comprendre, à cette réflexion poétique et caricaturale d’Erich Kästner qu’était « Wintersport », dans laquelle – était-ce par anticipation ou prémonition ? – il écrivait :
« Des avalanches dévalent de temps en temps
Et elles sont fort critiquées.
En quoi la neige intéresse-t-elle les gens ?
Elle tombe. Et c’est bien assez. »
Et elles sont fort critiquées.
En quoi la neige intéresse-t-elle les gens ?
Elle tombe. Et c’est bien assez. »
À ce propos, à quoi bon accuser la nature, les intempéries, le relief, le temps, les nuages, le froid ou que sais-je ?
La neige est comme le chameau : la neige s’en fout.
Elle tombe et puis, c’est tout.
Ce qui me désole dans toutes ces affaires, dit Lucien l’âne, c’est de découvrir la bassesse d’une grande partie de l’espèce humaine et spécialement, dans celle qui bénéficie et tire le plus profit des efforts de toute l’espèce, y compris des anciens et des ancêtres. Ça me déçoit tant que je me demande si j’accepterai jamais de redevenir un être humain et je me pose la question de savoir comment et quand l’humanité va arriver à se débarrasser de ces comportements nombrilistes et racistes.
Cela dit, je propose de lire cette chanson sans musique, comme l’étaient celles d’Homère, de Villon, de Pétrarque ou de Kästner et puis, de reprendre notre tâche et tisser tranquillement mais obstinément le linceul de ce vieux monde réactionnaire, borné, nationaliste, autoritaire, myope et cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane.
LA NEIGE N’ARRIVE JAMAIS
Cantate ou « oraison civile », si on veut ainsi dire,
Sur certains événements d’une brûlante actualité.
1.
Comme c’est archiconnu,
Quand la neige n’arrive plus,
L’économie s’en ressent,
Et en pareille circonstance évidemment
Pour des secteurs entiers, c’est embêtant.
Se lamentent les aubergistes ,
Et les économistes,
Et les skieurs,
Et les restaurateurs
Et même les alpinistes.
Un jour la neige arrive
Et même beaucoup qu’il en arrive .
Le téléski est comble,
Fini la neige artificielle,
Enfin, voici l’hiver réel.
La neige est une charogne,
Elle m’insupporte.
La neige m’est étrangère,
Et pas pour rien :
Je suis un Méditerranéen.
Elles me font toujours un peu rire
Ces foules à skis, au fort sourire,
Ces familles qui pratiquent le telemark,
Et se prennent pour Ingemar Stenmark,
Et ces hors-pistes, fétus de marques.
Il y a des hôtels de luxe
Dans les Apennins ou les Alpes,
Construits au pied de la montagne.
Mais très sûrs, on vous l’assure
Et vive l’aventure !
Un jour la neige arrive,
Il en tombe beaucoup même.
Elle arrive, et comme on sait,
Là où frappa le séisme,
En lieu plutôt reculé.
Avec sa petite route sinueuse
sous des mètres de neige ;
Soudain, c’est l’avalanche,
Et la poudreuse déboule,
Mort, deuil, ruine.
À ce moment, cette histoire
Au début touristique,
Devient tragique et très héroïque.
À l’heure où j’écris, il y a encore
Sous l’auberge ensevelie, des corps.
Dans ce pays, nous avons
Toujours des héros de l’après.
Avant, c’est un tissu très épais
D’idiotie et de prétention,
Assaisonné de mafias et de cohésion.
Et lorsque la neige arrive
Il faut un chasse-neige,
On en achèterait tant et tant
Pour le coût de seulement
Un F 35 d’entraînement.
Et lorsque la neige arrive
(prévue et annoncée)
On oublie, on se grime
Pour faire la rime
À secours et héroïsme.
On pleure nationalisme.
On prie bienfaisance.
On oublie tous les torts,
On ramasse les morts
En creusant le décor.
Mais jamais question de conscience,
La conscience gêne,
On doit rester unis
Et sous peine d’ennuis,
Épargner le fortin et la garnison.
Chez nous, les héros sont légion :
Jamais dans l’action et toujours au balcon.
Ce pourquoi, on enquête à reculons
Sur l’habituel désastre frauduleux,
On enquête, mais respectueux
Des morts de la route soudain sous terre,
Des morts d’avalanches de luxe,
Des morts de négligences et de crises,
Des morts tués par le néant,
Des morts d’un État déficient.
2.
Et pendant que les héros excavateurs
Et les courageux sauveteurs
Attendent depuis des années en vain,
Enterrés eux aussi sous des trains
De discours malsains,
Leur contrat de travail ;
Tandis que les politiques réunis
S’en allaient tous en une belle pagaille
Se donner de l’excellence et du cher ami,
Et se faire des selfies en après-ski ;
Et pendant que l’on fait des veillées funèbres
Et des neuvaines de prières,
Et pendant qu’on vend pour urgence
Ce qui est chose
qui serait normale
En un hiver banal,
Resplendit une évidence première :
On n’installe pas de résidence de luxe
Dans les vallées glacières,
Une petite revue française
Sans doute un peu tigneuse
Publie un dessin, une simple image
Où l’on voit la camarde
Descendant à ski, dire rigolarde :
« Italie : de la neige, y en aura pas pour tout le monde ! »
Pas de quoi fouetter une chatte, dit-il là-bas.
Elle a déjà fait de meilleures caricatures.
Pourtant, quand elle en fait de meilleures,
Certains messieurs, n’est-ce pas,
Ne le digèrent pas.
Ils prennent un café au bar,
Puis, hurlent « Allah akbar ! »,
Et tirent comme des sapeurs
Sur ces maudits dessinateurs.
Et alors, tous sont Charlie dans l’heure.
La liberté d’expression ! La belle affaire !
Et soudain,
Le manque de respect sacro-saint
Ne vaudrait seulement que s’il moque
Mahomet le prophète.
La satire, on le sait, fait mal,
Même quand en passant, elle parle
D’une avalanche normale,
Naturellement mortelle,
Dans un hiver banal.
Alors que la neige enterre
Les zones sinistrées,
Précisément là où on a ouvert
L’hostellerie multistellaire
Si mal placée.
La liberté d’expression !
Qui ne vaut seulement que
Si elle ne vous vise pas.
Qui ne vaut seulement que
Si elle ne vous touche pas.
À ce moment, inévitablement,
Se manifeste bruyamment
Le national-populiste :
Le maire d’Amatrice
Dont par ailleurs, on attend
Qu’il pense plus aux préfabriqués
Par le sort attribués
Plutôt que de répondre à des images,
Par une caricature
Héroïque et nationaliste
De ce Ghisberto, raciste
Et même, notoire fasciste,
Qui exalte le « Secours Alpin » ;
Ces Tartarins
Du Pays du lendemain.
Puis, Fiorello le clownique,
Paradigme emblématique
Du cerveau italique ;
Répond sans retard :
« Charlie ? Des salopards ».
Et entre temps, on espère
Sauver d’autres victimes
Terrées sous cette auberge
Comme si ce quatre étoiles
Était une mine.
Comme au Bois du Cazier à Marcinelle,
On creuse, on creuse et on espère
Tandis qu’à une frontière,
Dans l’indifférence générale
Et le gel d’une froidure banale
Des milliers d’êtres humains
Qui crèvent de froid chaque matin
Et attendent que les gardiens
Libèrent une barrière ;
Mais là, vraiment, on désespère.
De tout ceci, on peut tirer :
Qu’une avalanche au centre de l’Italie,
Et les barouds racistes organisés
À Goro-Gorino, par quelques chrétiens fanatisés
Importent plus que tous les réfugiés de la Syrie.
3.
Morale finale : dans leur Italie,
On n’est plus Charlie.
On est Charlie dans le brouhaha,
Quand Charlie moque Allah ;
Quand il y a de l’indignation
Pour une sorte de liberté d’expression.
Quand par contre, on crève,
Et quand le mouroir arrive
D’une criminelle gestion
(dans un hiver maison)
Sur son propre territoire,
Alors, il faut et faut sur le champ
Un bouc émissaire.
Et combien sont-ils, maintenant,
À penser : quelle misère !
Ils pensent qu’au fond,
Ils ont eu ce qu’ils méritent
Et que l’Isis a bien fait de tuer
Ces impudents détracteurs
De nos italianissimes grands cœurs,
Ce Pays de Sauveteurs
Qui secourent à toute heure
Le blessé, l’assassiné
Par son État national;
En traitant de « chacal »
Celui qui met les points sur les « i »,
Comme le fit un jour, à propos de Longarone,
Le fasciste Indro Montanelli
(À propos de barrages –
Soit dit entre parenthèses).
Ce n’est que prières et bavardages
Et statuettes du Père Pie,
Quand dans les intempéries,
On creuse parmi les ruines
Éternelles de cette belle Patrie.
Ils disent : Désastre par imprudence.
Ainsi, on escamote toute faute
Et seul reste le désastre.
Sur la prochaine maisonnette
On mettra une caricature.
Et l’hiver prochain, la jérémiade
Sonnera en échos la même litanie,
Là-haut sur la montagne :
« Il ne neige pas ! Il n’y a pas de neige !
Une catastrophe pour l’économie ! »
Sur les montagnes éventrées
Aux pistes de ski si bien fréquentées,
Aux pentes violées
Par les tire-fesses et les télésièges,
Aux forêts entières essartées,
Pour faire place aux banales
Idioties hivernales,
Aux hôtels dans les vallées glacières,
Aux spas, aux bien-être et autres piscines,
Aux victimes d’avalanches.
Cantate ou « oraison civile », si on veut ainsi dire,
Sur certains événements d’une brûlante actualité.
1.
Comme c’est archiconnu,
Quand la neige n’arrive plus,
L’économie s’en ressent,
Et en pareille circonstance évidemment
Pour des secteurs entiers, c’est embêtant.
Se lamentent les aubergistes ,
Et les économistes,
Et les skieurs,
Et les restaurateurs
Et même les alpinistes.
Un jour la neige arrive
Et même beaucoup qu’il en arrive .
Le téléski est comble,
Fini la neige artificielle,
Enfin, voici l’hiver réel.
La neige est une charogne,
Elle m’insupporte.
La neige m’est étrangère,
Et pas pour rien :
Je suis un Méditerranéen.
Elles me font toujours un peu rire
Ces foules à skis, au fort sourire,
Ces familles qui pratiquent le telemark,
Et se prennent pour Ingemar Stenmark,
Et ces hors-pistes, fétus de marques.
Il y a des hôtels de luxe
Dans les Apennins ou les Alpes,
Construits au pied de la montagne.
Mais très sûrs, on vous l’assure
Et vive l’aventure !
Un jour la neige arrive,
Il en tombe beaucoup même.
Elle arrive, et comme on sait,
Là où frappa le séisme,
En lieu plutôt reculé.
Avec sa petite route sinueuse
sous des mètres de neige ;
Soudain, c’est l’avalanche,
Et la poudreuse déboule,
Mort, deuil, ruine.
À ce moment, cette histoire
Au début touristique,
Devient tragique et très héroïque.
À l’heure où j’écris, il y a encore
Sous l’auberge ensevelie, des corps.
Dans ce pays, nous avons
Toujours des héros de l’après.
Avant, c’est un tissu très épais
D’idiotie et de prétention,
Assaisonné de mafias et de cohésion.
Et lorsque la neige arrive
Il faut un chasse-neige,
On en achèterait tant et tant
Pour le coût de seulement
Un F 35 d’entraînement.
Et lorsque la neige arrive
(prévue et annoncée)
On oublie, on se grime
Pour faire la rime
À secours et héroïsme.
On pleure nationalisme.
On prie bienfaisance.
On oublie tous les torts,
On ramasse les morts
En creusant le décor.
Mais jamais question de conscience,
La conscience gêne,
On doit rester unis
Et sous peine d’ennuis,
Épargner le fortin et la garnison.
Chez nous, les héros sont légion :
Jamais dans l’action et toujours au balcon.
Ce pourquoi, on enquête à reculons
Sur l’habituel désastre frauduleux,
On enquête, mais respectueux
Des morts de la route soudain sous terre,
Des morts d’avalanches de luxe,
Des morts de négligences et de crises,
Des morts tués par le néant,
Des morts d’un État déficient.
2.
Et pendant que les héros excavateurs
Et les courageux sauveteurs
Attendent depuis des années en vain,
Enterrés eux aussi sous des trains
De discours malsains,
Leur contrat de travail ;
Tandis que les politiques réunis
S’en allaient tous en une belle pagaille
Se donner de l’excellence et du cher ami,
Et se faire des selfies en après-ski ;
Et pendant que l’on fait des veillées funèbres
Et des neuvaines de prières,
Et pendant qu’on vend pour urgence
Ce qui est chose
qui serait normale
En un hiver banal,
Resplendit une évidence première :
On n’installe pas de résidence de luxe
Dans les vallées glacières,
Une petite revue française
Sans doute un peu tigneuse
Publie un dessin, une simple image
Où l’on voit la camarde
Descendant à ski, dire rigolarde :
« Italie : de la neige, y en aura pas pour tout le monde ! »
Pas de quoi fouetter une chatte, dit-il là-bas.
Elle a déjà fait de meilleures caricatures.
Pourtant, quand elle en fait de meilleures,
Certains messieurs, n’est-ce pas,
Ne le digèrent pas.
Ils prennent un café au bar,
Puis, hurlent « Allah akbar ! »,
Et tirent comme des sapeurs
Sur ces maudits dessinateurs.
Et alors, tous sont Charlie dans l’heure.
La liberté d’expression ! La belle affaire !
Et soudain,
Le manque de respect sacro-saint
Ne vaudrait seulement que s’il moque
Mahomet le prophète.
La satire, on le sait, fait mal,
Même quand en passant, elle parle
D’une avalanche normale,
Naturellement mortelle,
Dans un hiver banal.
Alors que la neige enterre
Les zones sinistrées,
Précisément là où on a ouvert
L’hostellerie multistellaire
Si mal placée.
La liberté d’expression !
Qui ne vaut seulement que
Si elle ne vous vise pas.
Qui ne vaut seulement que
Si elle ne vous touche pas.
À ce moment, inévitablement,
Se manifeste bruyamment
Le national-populiste :
Le maire d’Amatrice
Dont par ailleurs, on attend
Qu’il pense plus aux préfabriqués
Par le sort attribués
Plutôt que de répondre à des images,
Par une caricature
Héroïque et nationaliste
De ce Ghisberto, raciste
Et même, notoire fasciste,
Qui exalte le « Secours Alpin » ;
Ces Tartarins
Du Pays du lendemain.
Puis, Fiorello le clownique,
Paradigme emblématique
Du cerveau italique ;
Répond sans retard :
« Charlie ? Des salopards ».
Et entre temps, on espère
Sauver d’autres victimes
Terrées sous cette auberge
Comme si ce quatre étoiles
Était une mine.
Comme au Bois du Cazier à Marcinelle,
On creuse, on creuse et on espère
Tandis qu’à une frontière,
Dans l’indifférence générale
Et le gel d’une froidure banale
Des milliers d’êtres humains
Qui crèvent de froid chaque matin
Et attendent que les gardiens
Libèrent une barrière ;
Mais là, vraiment, on désespère.
De tout ceci, on peut tirer :
Qu’une avalanche au centre de l’Italie,
Et les barouds racistes organisés
À Goro-Gorino, par quelques chrétiens fanatisés
Importent plus que tous les réfugiés de la Syrie.
3.
Morale finale : dans leur Italie,
On n’est plus Charlie.
On est Charlie dans le brouhaha,
Quand Charlie moque Allah ;
Quand il y a de l’indignation
Pour une sorte de liberté d’expression.
Quand par contre, on crève,
Et quand le mouroir arrive
D’une criminelle gestion
(dans un hiver maison)
Sur son propre territoire,
Alors, il faut et faut sur le champ
Un bouc émissaire.
Et combien sont-ils, maintenant,
À penser : quelle misère !
Ils pensent qu’au fond,
Ils ont eu ce qu’ils méritent
Et que l’Isis a bien fait de tuer
Ces impudents détracteurs
De nos italianissimes grands cœurs,
Ce Pays de Sauveteurs
Qui secourent à toute heure
Le blessé, l’assassiné
Par son État national;
En traitant de « chacal »
Celui qui met les points sur les « i »,
Comme le fit un jour, à propos de Longarone,
Le fasciste Indro Montanelli
(À propos de barrages –
Soit dit entre parenthèses).
Ce n’est que prières et bavardages
Et statuettes du Père Pie,
Quand dans les intempéries,
On creuse parmi les ruines
Éternelles de cette belle Patrie.
Ils disent : Désastre par imprudence.
Ainsi, on escamote toute faute
Et seul reste le désastre.
Sur la prochaine maisonnette
On mettra une caricature.
Et l’hiver prochain, la jérémiade
Sonnera en échos la même litanie,
Là-haut sur la montagne :
« Il ne neige pas ! Il n’y a pas de neige !
Une catastrophe pour l’économie ! »
Sur les montagnes éventrées
Aux pistes de ski si bien fréquentées,
Aux pentes violées
Par les tire-fesses et les télésièges,
Aux forêts entières essartées,
Pour faire place aux banales
Idioties hivernales,
Aux hôtels dans les vallées glacières,
Aux spas, aux bien-être et autres piscines,
Aux victimes d’avalanches.
Contributed by Marco Valdo M.I. - 2017/1/27 - 14:59
Bernart Bartleby - 2017/1/23 - 22:28
L'ho messa; ma prima, giuro, non la avevo messa perché non la avevo trovata nella sua integralità. Tra l'altro mi ha obbligato ad una correzione: la morte secca sugli sci (la quale, per altro, vale anche per i numerosi coglioni che fanno il "fuoripista" rimettendoci le penne e staccando valanghe) non dice "neve per tutti", bensì "non ce ne sarà per tutti". Salud.
L'Anonimo Toscano del XXI Secolo - 2017/1/23 - 22:45
Non ho capito...devo fare un mandàla a Charlie Hebdo?... Tra l'altro il mandala ha generalmente una sinistra somiglianza con un fiocco di neve...
Scherzi a parte, non credo che a Sciarlì sarebbero mai capaci di tradurre in francese una cosa del genere. Non hanno un Marco Valdo M.I. :-)
E senza contare che, poi, magari mi ritrovo Fiorello, il sindaco di Amatrice, gli ultras del Pescara e qualche altro che mi vogliono sparare... poi vi tocca fare il cartello con scritto "Je suis l'Anonyme Toscan du 21ème Siècle"....
Scherzi a parte, non credo che a Sciarlì sarebbero mai capaci di tradurre in francese una cosa del genere. Non hanno un Marco Valdo M.I. :-)
E senza contare che, poi, magari mi ritrovo Fiorello, il sindaco di Amatrice, gli ultras del Pescara e qualche altro che mi vogliono sparare... poi vi tocca fare il cartello con scritto "Je suis l'Anonyme Toscan du 21ème Siècle"....
L'Anonimo Toscano del XXI Secolo - 2017/1/23 - 23:04
Io l'ho mandata ad Alessio Lega, magari ci mette una musica e diventa una cantata stile Giovanna Marini. Comunque una cosa che in Italia nessuno o quasi ha capito è che la morte dice "non ce ne sarà per tutti" come scrivono nei negozi quando ci sono le svendite, nel senso che arriva prima la morte degli altri, in particolare dei soccorsi che sono stati sì eroici quanto vuoi ma pare che abbiano tardato un bel po' ad arrivare perché qualcuno pensava che la prima telefonata fosse uno scherzo (non so se questo sia vero non ho verificato). Almeno io l'ho capita così. Non che sia una grandissima vignetta neanche con questa spiegazione ma almeno ha un senso!
Lorenzo - 2017/1/23 - 23:16
Credo sia la seconda o la terza volta in pochi mesi che i #jesuischarlie c'a'pummarola 'n coppa ricevono una punzecchiante disconferma.
E come si arrabbiano, anche.
E come si arrabbiano, anche.
Io non sto con Oriana - 2017/1/24 - 09:38
Io, invece, vorrei soffermarmi ancora su un fatto cosiddetto "marginale".
Non so se è stato notato che, nel testo, ho messo un link a un articolo su "Ghisberto", l'eroico vignettista che risponde a Charlie Hebdo. Ne estrapolo una delle sue vignette:
Come si può vedere, l'eroico vignettista si serve qui della famosa bufala degli "immigrati portatori della meningite", non a caso messa in giro qualche tempo fa indovinate da chi? da Forza Nuova. Con questa vignetta (e con altre, e con altre) si potrebbe quasi definire il Ghisberto vignettista ufficiale di quei nazisti.
Ignoro se il sig. sindaco di Amatrice (Sergio Pirozzi, a capo di una lista civica ma con un passato in Alleanza Nazionale) ne fosse stato a conoscenza, ma questa è la realtà dei fatti.
Gli si potrebbe comunque ricordare che, tra le vittime del Rigopiano, c'è anche un lavoratore senegalese. E anche che, a differenza di tanti e tanti italici parolai e selfisti, non pochi immigrati hanno spalato neve e scavato.
Non so se è stato notato che, nel testo, ho messo un link a un articolo su "Ghisberto", l'eroico vignettista che risponde a Charlie Hebdo. Ne estrapolo una delle sue vignette:
Come si può vedere, l'eroico vignettista si serve qui della famosa bufala degli "immigrati portatori della meningite", non a caso messa in giro qualche tempo fa indovinate da chi? da Forza Nuova. Con questa vignetta (e con altre, e con altre) si potrebbe quasi definire il Ghisberto vignettista ufficiale di quei nazisti.
Ignoro se il sig. sindaco di Amatrice (Sergio Pirozzi, a capo di una lista civica ma con un passato in Alleanza Nazionale) ne fosse stato a conoscenza, ma questa è la realtà dei fatti.
Gli si potrebbe comunque ricordare che, tra le vittime del Rigopiano, c'è anche un lavoratore senegalese. E anche che, a differenza di tanti e tanti italici parolai e selfisti, non pochi immigrati hanno spalato neve e scavato.
L'Anonimo Toscano del XXI Secolo - 2017/1/24 - 17:12
A quelli che si indignano per le vignette di Charlie e anche all'alieno appassionato di Michael Jackson, dedico questa vecchia e cattivissima copertina:
Lorenzo - 2017/1/29 - 19:05
Tu sei bruto e kativo, plopio come quel'altro tuo amiko grande e grosso!
Ma Maicol vi ama tutti, anche se siete dei pettatori!
Ma Maicol vi ama tutti, anche se siete dei pettatori!
Alienandro - 2017/1/30 - 07:57
Màicol ci ama tutti
Una famosa striscia da "Luana la bebisitter"
by Daniele Caluri, discourtesy of the Vernacoliere®
Una famosa striscia da "Luana la bebisitter"
by Daniele Caluri, discourtesy of the Vernacoliere®
L'Anonimo Toscano del XXI secolo - 2017/1/30 - 14:49
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23 gennaio 2017
Cantata, o "orazione civile" che dir si voglia
su certi avvenimenti di scottante attualità