איך פֿור אין קעלצער קאַנט
Yankele Hershkovits [Yankele Hershkowitz] / יאַנקעלע הערשקאָװיץLanguage: Yiddish
איך פֿור אין קעלצער קאַנט
דאָרט עסט מען רעטעכלעך מיט שמאַנט,
מערן, בורקעס פֿאַר אַ דרײַער,
חצי חינם קריגט מען אײַער.
ראָרטן 'ס לעבן איז נישט טײַער,
פֿור אַװעק, זײַ נישט קײן פֿרײַער.
איך פֿור אין קעלצער קאַנט
דאָרט עסט מען רעטעכלעך מיט שמאַנט.
דאָרט בױעט זיך אַ נײַע מדינה
אין דעם זײַען מיר קײַן גרינע,
רומקאָװסקי חײם װעט זײַן אונדזער פֿרײַנט
סערװוּס ייִדן סערװוּס
איך פֿור נאָך הײַנט!
איך פֿור אין קעלצער קאַנט
דאָרט עסט מען רעטעכלעך מיט שמאַנט,
מערן, בורקעס פֿאַר אַ דרײַער,
חצי חינם קריגט מען אײַער.
ראָרטן 'ס לעבן איז נישט טײַער,
פֿור אַװעק, זײַ נישט קײן פֿרײַער.
איך פֿור אין קעלצער קאַנט
דאָרט עסט מען רעטעכלעך מיט שמאַנט.
דאָרט עסט מען רעטעכלעך מיט שמאַנט,
מערן, בורקעס פֿאַר אַ דרײַער,
חצי חינם קריגט מען אײַער.
ראָרטן 'ס לעבן איז נישט טײַער,
פֿור אַװעק, זײַ נישט קײן פֿרײַער.
איך פֿור אין קעלצער קאַנט
דאָרט עסט מען רעטעכלעך מיט שמאַנט.
דאָרט בױעט זיך אַ נײַע מדינה
אין דעם זײַען מיר קײַן גרינע,
רומקאָװסקי חײם װעט זײַן אונדזער פֿרײַנט
סערװוּס ייִדן סערװוּס
איך פֿור נאָך הײַנט!
איך פֿור אין קעלצער קאַנט
דאָרט עסט מען רעטעכלעך מיט שמאַנט,
מערן, בורקעס פֿאַר אַ דרײַער,
חצי חינם קריגט מען אײַער.
ראָרטן 'ס לעבן איז נישט טײַער,
פֿור אַװעק, זײַ נישט קײן פֿרײַער.
איך פֿור אין קעלצער קאַנט
דאָרט עסט מען רעטעכלעך מיט שמאַנט.
Contributed by Dq82 + CCG/AWS Staff - 2016/8/2 - 16:37
Language: Yiddish
Trascrizione in caratteri latini secondo i criteri YIVO
Romanized lyrics according to YIVO principles
Romanized lyrics according to YIVO principles
IKH FUR IN KELTSER KANT
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant,
Mern, burkes far a drayer,
Khutsi khinem krigt men ayer.
Dortn 's lebn iz nisht tayer,
Fur avek zay nisht keyn frayer.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant.
Dort boyet zikh a naye medine
In dem zayen mir kayn grine,
Rumkovski Khayim vet zayn indzer fraynt
Servus yidn servus
Ikh fur nokh haynt!
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant,
Mern, burkes far a drayer,
Khutsi khinem krigt men ayer.
Dortn 's lebn iz nisht tayer,
Fur avek zay nisht keyn frayer.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant,
Mern, burkes far a drayer,
Khutsi khinem krigt men ayer.
Dortn 's lebn iz nisht tayer,
Fur avek zay nisht keyn frayer.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant.
Dort boyet zikh a naye medine
In dem zayen mir kayn grine,
Rumkovski Khayim vet zayn indzer fraynt
Servus yidn servus
Ikh fur nokh haynt!
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant,
Mern, burkes far a drayer,
Khutsi khinem krigt men ayer.
Dortn 's lebn iz nisht tayer,
Fur avek zay nisht keyn frayer.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant.
Contributed by Riccardo Venturi - 2016/8/14 - 10:56
Language: Yiddish
La trascrizione in caratteri latini in base alla pronuncia e alle varianti locali (riscritta in base ai criteri YIVO)
Romanized lyrics according to pronunciation and local variants (rewritten according to YIVO principles)
Romanized lyrics according to pronunciation and local variants (rewritten according to YIVO principles)
IKH FUR IN KELTSER KANT
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant,
Mayrn, burkes far a drayer,
Khutsi khinem krigt men ayer.
Dortn 's leybn iz nisht tayer,
Fur avek zay nisht kayn frayer.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant.
Dort boyet zikh a naye medine
In dem zayen mir kayn grine,
Rumkovski Khayim vet zayn indzer fraynt
Servus yidn servus
Ikh fur nokh haynt!
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant,
Mayrn, burkes far a drayer,
Khutsi khinem krigt men ayer.
Dortn 's leybn iz nisht tayer,
Fur avek zay nisht kayn frayer.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant,
Mayrn, burkes far a drayer,
Khutsi khinem krigt men ayer.
Dortn 's leybn iz nisht tayer,
Fur avek zay nisht kayn frayer.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant.
Dort boyet zikh a naye medine
In dem zayen mir kayn grine,
Rumkovski Khayim vet zayn indzer fraynt
Servus yidn servus
Ikh fur nokh haynt!
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant,
Mayrn, burkes far a drayer,
Khutsi khinem krigt men ayer.
Dortn 's leybn iz nisht tayer,
Fur avek zay nisht kayn frayer.
Ikh fur in keltser kant,
Dort est men retekhlekh mit shmant.
Contributed by DQ82 + CCG/AWS Staff - 2016/8/14 - 11:03
Language: Italian
Traduzione italiana di Riccardo Venturi
14 agosto 2016 11:18
14 agosto 2016 11:18
ME NE VADO DALLE PARTI DI KIELCE
Me ne vado dalle parti di Kielce [1]
Dove si mangiano rafani [2] con la crema fresca [3],
Carote e patate per tre soldi [4]
E le uova si hanno quasi a gratis. [5]
Laggiù la vita non è cara,
Vacci, non fare lo scemo.
Io me ne vado dalle parti di Kielce
Dove si mangiano rafani con la crema fresca.
Là si costruisce una nuova nazione
In cui non saremo al verde.
Chaim Rumkowski sarà nostro amico,
Addio, Ebrei, addio!
Io oggi ci vado!
Me ne vado dalle parti di Kielce
Dove si mangiano rafani con la crema fresca,
Carote e patate per tre soldi
E le uova si hanno a metà prezzo.
Laggiù la vita non è cara,
Vacci, non fare lo scemo.
Io me ne vado dalle parti di Kielce
Dove si mangiano rafani con la crema fresca.
Me ne vado dalle parti di Kielce [1]
Dove si mangiano rafani [2] con la crema fresca [3],
Carote e patate per tre soldi [4]
E le uova si hanno quasi a gratis. [5]
Laggiù la vita non è cara,
Vacci, non fare lo scemo.
Io me ne vado dalle parti di Kielce
Dove si mangiano rafani con la crema fresca.
Là si costruisce una nuova nazione
In cui non saremo al verde.
Chaim Rumkowski sarà nostro amico,
Addio, Ebrei, addio!
Io oggi ci vado!
Me ne vado dalle parti di Kielce
Dove si mangiano rafani con la crema fresca,
Carote e patate per tre soldi
E le uova si hanno a metà prezzo.
Laggiù la vita non è cara,
Vacci, non fare lo scemo.
Io me ne vado dalle parti di Kielce
Dove si mangiano rafani con la crema fresca.
[1] "Kielce è una grande città polacca di 201.815 abitanti[1], capoluogo del voivodato della Santacroce (Województwo świętokrzyskie). È un importante centro commerciale ed è sede della Fiera Kielce, che occupa il secondo posto nella classifica delle mostre e dei mercati più frequentati in Polonia." [...] "L'esercito tedesco invase Kielce nel settembre del 1939, uccidendo Stefan Artwiski, l'allora presidente della città. Gli anni del conflitto videro la città trasformarsi in un importante centro di resistenza attraverso la formazione di diversi gruppi attivi su tale fronte. Boschi, colline e montagne di Santacroce divennero lo scenario della lotta partigiana. L'Armia Krajowa principale movimento di resistenza polacca contro la Germania nazista, prese parte all'Operazione Tempesta (in polacco Akcja „Burza”), una serie di rivolte armate che miravano ad ottenere il controllo delle città e delle aree occupate dai tedeschi, impegnati nella difesa contro l'armata sovietica. Nel gennaio del 1945 Kielce venne liberata dall'occupazione nazista." [...] "Fino alla Seconda Guerra Mondiale, Kielce registrava una consistente presenza ebraica.Si stima che alla vigilia del secondo conflitto mondiale quasi un terzo degli abitanti fosse composto da ebrei. Subito dopo l'occupazione tedesca, nel settembre del 1939, provvedimenti e crimini vennero perpetrati contro gli ebrei. Iniziò così una vera e propria persecuzione fatta di multe, confisca dei beni, segregazione nei ghetti e lavoro forzato, che ben presto portò alla deportazione nei campi di concentramento e al genocidio. Nell'aprile del 1941 venne costruito il ghetto ebraico e, dopo poco più di un anno, nell'agosto del 1942, iniziò lo sterminio. Coloro che sopravvissero al massacro vennero mandati nei campi di concentramento, per poi essere destinati al campo di sterminio di Treblinka, secondo solo ad Auschwitz per il numero di vittime." [...] "Nella storia di Kielce resta la memoria dell'ultimo pogrom della Polonia, il pogrom di Kielce. In quell'occasione 50 ebrei della comunità (che contava 163 persone uniche sopravvissute alla shoah di una comunità che ne contava circa 25.000) furono uccisi il 4 luglio 1946 dalla folla nel palazzo di Ul. Planty 7, in risposta alla storia poi risultata falsa ed inventata di sana pianta con la polizia segreta e grazie anche al comportamento non omogeneo dei rappresentanti della chiesa, di un ragazzo di 8 anni, Henryk Błaszczyk, che fu detto essere stato sequestrato per tre giorni da un ebreo abitante in quella casa, casa che era già stata colpita con una bomba a mano nel dicembre 1945. A seguito di quei fatti, 50.000 ebrei sui 245.000 sopravvissuti al nazismo (su 3.500.000 prima del 1939) emigrarono da tutta la Polonia verso altri Paesi, seguiti da quasi tutti gli altri negli anni successivi. Solo nel 1996, a 50 anni di distanza, il sindaco chiese pubblicamente perdono per i fatti di Ul. Planty." (it.wikipedia)
[2] Si tratta non dei rafani piccanti, che sarebbero immangiabili, ma dei ramolacci, radici commestibili della medesima famiglia. Si è comunque preferito tradurre con "rafani" in quanto il termine "ramolaccio" non è comune in italiano.
[3] Si tratta, naturalmente, della smetana presente in tutte le cucine dell'Europa dell'est (e anche prodotto pienamente kosher). La denominazione yiddish, shmant, presenta una nasalizzazione che è antichissima e originaria, e riflette il tedesco Schmand che sopravvive altrove solo in rumeno (come prestito slavo: smântână). Il termine deriva dal protoslavo sъmętana, participio passato del verbo sъmětati "buttare, gettare; liberare".
[4] Questo verso non sembra essere stato compreso pienamente dal traduttore inglese: far a drayer significa "per tre soldi" (drayer, da dray "3"). La denominazione di burkes (o mandiburkes) per le patate è locale e dialettale: sembra derivare, per metafora, da burke, propriamente "cappotto col cappuccio imbottito di pelliccia", "eskimo".
[5] L'espressione ebraica khotsi [חצי], o bekhotsi [בחצי] significa "a metà"; ma bekhotsi khinem [בחצי חימום] vuol dire proprio "pressoché a gratis".
[2] Si tratta non dei rafani piccanti, che sarebbero immangiabili, ma dei ramolacci, radici commestibili della medesima famiglia. Si è comunque preferito tradurre con "rafani" in quanto il termine "ramolaccio" non è comune in italiano.
[3] Si tratta, naturalmente, della smetana presente in tutte le cucine dell'Europa dell'est (e anche prodotto pienamente kosher). La denominazione yiddish, shmant, presenta una nasalizzazione che è antichissima e originaria, e riflette il tedesco Schmand che sopravvive altrove solo in rumeno (come prestito slavo: smântână). Il termine deriva dal protoslavo sъmętana, participio passato del verbo sъmětati "buttare, gettare; liberare".
[4] Questo verso non sembra essere stato compreso pienamente dal traduttore inglese: far a drayer significa "per tre soldi" (drayer, da dray "3"). La denominazione di burkes (o mandiburkes) per le patate è locale e dialettale: sembra derivare, per metafora, da burke, propriamente "cappotto col cappuccio imbottito di pelliccia", "eskimo".
[5] L'espressione ebraica khotsi [חצי], o bekhotsi [בחצי] significa "a metà"; ma bekhotsi khinem [בחצי חימום] vuol dire proprio "pressoché a gratis".
Language: English
Traduzione inglese da music and the Holocaust
I AM GOING TO KIELCE
I’m going to Kielce,
Where they eat radishes with cream,
Carrots, beetroots as much as you want,
And eggs for half the price.
Life there is not expensive,
Go there, don’t be a fool
I’m going to Kielce,
Where radishes and cream they eat.
There, they build a new nation,
Nobody there will be 'green'.
Rumkowski Khayim will be our friend.
Bye-Bye, Jews,
I’m going right away
I’m going to Kielce,
Where they eat radishes with cream,
Carrots, beetroots as much as you want,
And eggs for half the price.
Life there is not expensive,
Go there, don’t be a fool
I’m going to Kielce,
Where radishes and cream they eat.
I’m going to Kielce,
Where they eat radishes with cream,
Carrots, beetroots as much as you want,
And eggs for half the price.
Life there is not expensive,
Go there, don’t be a fool
I’m going to Kielce,
Where radishes and cream they eat.
There, they build a new nation,
Nobody there will be 'green'.
Rumkowski Khayim will be our friend.
Bye-Bye, Jews,
I’m going right away
I’m going to Kielce,
Where they eat radishes with cream,
Carrots, beetroots as much as you want,
And eggs for half the price.
Life there is not expensive,
Go there, don’t be a fool
I’m going to Kielce,
Where radishes and cream they eat.
Contributed by Dq82 - 2016/8/2 - 16:38
La canzone è del 1940, ma assume senz'altro un valore ancor più tragicamente ironico andando a vedere quel che accadde il 4 luglio 1946 proprio a Kielce, il presupposto "paradiso" di questa canzone. Si tratta del pogrom di Kielce. In quel giorno, si era sparsa la voce (vale a dire l'eterna stronzata, risalente all'epoca medievale in tutta Europa) che alcuni ebrei avevano rapito un bambino per usarne il sangue (si veda ad esempio la ballata medievale Sir Hugh, or The Jew's Daughter, or Hugh Of Lincoln, Showing The Cruelty Of A Jew's Daughter); la cristianissima popolazione polacca di Kielce si riunì e procedette coscienziosamente al massacro di 42 dei 200 ebrei sopravvissuti ai nazisti (tra cui diversi bambini), ferendone gravemente altri 80, il tutto nella più completa indifferenza da parte delle forza dell'ordine. Si arrivò anche a prelevare degli ebrei presenti sui treni in transito alla stazione di Kielce, e a linciarli. "Pur non essendo, in termini di vittime, il pogrom più grave della storia, è un episodio estremamente significativo, poiché ebbe luogo oltre un anno dopo la fine della Seconda guerra mondiale e dopo la sconfitta del nazismo; la popolazione ebraica della cittadina era composta da circa 200 sopravvissuti alla Shoah." (it.wikipedia)
Detto questo, va anche specificato che, tra il 9 e l'11 luglio 1946 (quindi pochi giorni dopo il pogrom), 12 persone che avevano messo in atto il massacro antisemita furono arrestate dalla polizia militare e mandate di fronte alla corte marziale; nove di esse furono condannate a morte e fucilate da un plotone agli ordini del leader comunista polacco Bolesław Bierut. Le altre tre furono condannate a pene tra i sette anni e l'ergastolo.
Il pogrom di Kielce pose fine a ogni speranza per gli Ebrei sopravvissuti di poter continuare a vivere in Polonia; una delle conseguenze immediate fu infatti l'esodo di massa dei non molti che erano sopravvissuti. Nel 1990, il presidente Lech Wałęsa fece apporre sull'edificio di via Planty 7 a Kielce (dove si trovava la sede del Comitato Ebraico approntato dal Voivodato di Kielce, e che ospitava circa 160 dei 200 ebrei della città sopravvissuti) che era stato assaltato durante il pogrom, una lapide in tre lingue (polacco, yiddish e inglese) che ricorda il vergognoso episodio.
Da notare che il presupposto "bambino ucciso e dissanguato", la cui scomparsa aveva dato luogo al pogrom, aveva un nome e cognome: si chiamava Henryk Błaszczyk e aveva 8 anni. Il 1° luglio, suo padre Valentin ne aveva denunciato la scomparsa; solo che, due giorni dopo, era tornato tranquillo a casa dicendo di essere stato rapito "da un ebreo o da uno zingaro" (naturalmente, non potevano mancare neppure gli zingari). Il ragazzino ripeté la storia alla polizia, indicando il suo "rapitore" in un ebreo presente al Comitato Ebraico di via Planty, e di essere stato tenuto lì per due giorni pronto al dissanguamento rituale.
Henryk Błaszczyk non raccontò la verità che fino al 1998, quando, in un'intervista a un giornalista polacco confessò di non essere mai stato "rapito" da nessuno, e di essere scappato di casa vivendo per un paio di giorni da una "famiglia sconosciuta" in un paese vicino, dove era stato trattato benissimo. Una volta tornato a casa, suo padre gli aveva detto di non dire assolutamente nulla e di continuare con la storia del "rapimento rituale". Henryk Błaszczyk dichiarò anche di avere taciuto così a lungo "per paura di essere incarcerato dai comunisti".
Detto questo, va anche specificato che, tra il 9 e l'11 luglio 1946 (quindi pochi giorni dopo il pogrom), 12 persone che avevano messo in atto il massacro antisemita furono arrestate dalla polizia militare e mandate di fronte alla corte marziale; nove di esse furono condannate a morte e fucilate da un plotone agli ordini del leader comunista polacco Bolesław Bierut. Le altre tre furono condannate a pene tra i sette anni e l'ergastolo.
Il pogrom di Kielce pose fine a ogni speranza per gli Ebrei sopravvissuti di poter continuare a vivere in Polonia; una delle conseguenze immediate fu infatti l'esodo di massa dei non molti che erano sopravvissuti. Nel 1990, il presidente Lech Wałęsa fece apporre sull'edificio di via Planty 7 a Kielce (dove si trovava la sede del Comitato Ebraico approntato dal Voivodato di Kielce, e che ospitava circa 160 dei 200 ebrei della città sopravvissuti) che era stato assaltato durante il pogrom, una lapide in tre lingue (polacco, yiddish e inglese) che ricorda il vergognoso episodio.
Da notare che il presupposto "bambino ucciso e dissanguato", la cui scomparsa aveva dato luogo al pogrom, aveva un nome e cognome: si chiamava Henryk Błaszczyk e aveva 8 anni. Il 1° luglio, suo padre Valentin ne aveva denunciato la scomparsa; solo che, due giorni dopo, era tornato tranquillo a casa dicendo di essere stato rapito "da un ebreo o da uno zingaro" (naturalmente, non potevano mancare neppure gli zingari). Il ragazzino ripeté la storia alla polizia, indicando il suo "rapitore" in un ebreo presente al Comitato Ebraico di via Planty, e di essere stato tenuto lì per due giorni pronto al dissanguamento rituale.
Henryk Błaszczyk non raccontò la verità che fino al 1998, quando, in un'intervista a un giornalista polacco confessò di non essere mai stato "rapito" da nessuno, e di essere scappato di casa vivendo per un paio di giorni da una "famiglia sconosciuta" in un paese vicino, dove era stato trattato benissimo. Una volta tornato a casa, suo padre gli aveva detto di non dire assolutamente nulla e di continuare con la storia del "rapimento rituale". Henryk Błaszczyk dichiarò anche di avere taciuto così a lungo "per paura di essere incarcerato dai comunisti".
Riccardo Venturi - 2016/8/14 - 11:30
Grazie Riccardo per la cura di questa pagina e l'approfondimento sul progrom di Kielce del 1946.
A proposito di pogrom, voglio segnalarti questa pagina da The Yiddish Song of the Week dove si parla di una canzone yiddish che nacque per ricordare il pogrom di Chișinău del 1903 e fu poi adattata anche per pogrom successivi (Białystok 1905-06 e Volodarka 1919).
L'interprete principale è Lifshe Schaechter-Widman, proveniente da una famiglia (Schaechter-Grossman) ebrea americana, ma originaria della Bukovina, nella quale quasi tutti i membri si sono dedicati al folklore yiddish.
Saluti
A proposito di pogrom, voglio segnalarti questa pagina da The Yiddish Song of the Week dove si parla di una canzone yiddish che nacque per ricordare il pogrom di Chișinău del 1903 e fu poi adattata anche per pogrom successivi (Białystok 1905-06 e Volodarka 1919).
L'interprete principale è Lifshe Schaechter-Widman, proveniente da una famiglia (Schaechter-Grossman) ebrea americana, ma originaria della Bukovina, nella quale quasi tutti i membri si sono dedicati al folklore yiddish.
Saluti
Bernart Bartleby - 2016/8/14 - 17:56
Sul pogrom di Kielce ho aggiunto qualcosa anche nelle note alla traduzione italiana, riprendendolo direttamente da Wikipedia. Ti ringrazio davvero tanto per la segnalazione sulla canzone a proposito del pogrom di Chișinău: fa impressione che le canzoni sui pogrom "viaggiassero" per mezza Europa adattate ai vari massacri. Certamente andrò a dare un'occhiata, e anche qualcosa di più di un'occhiata. Saluti!
Riccardo Venturi - 2016/8/16 - 11:32
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Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
[1940]
Girava nel ghetto la voce che a Kielce gli ebrei vivessero liberi come era prima della guerra e che il cibo fosse abbondante, in contrasto con il regime "fraterno" di Rumkowski
Klezroym
Yankele nel ghetto (2009)
Yankele nel Ghetto è l'elaborazione originale in forma di suite delle Canzoni del Ghetto di Łódź raccolte nel libro di Gila Flam: "Singing for survival, Songs of the Łódź Ghetto,1940-45", University of Illinois Press.
L’album dei KlezRoym raccoglie e rielabora le canzoni che Gila Flam, direttrice del Dipartimento di Musica e della Fonoteca di Stato dell’Università di Gerusalemme, ha ricostruito insieme ai superstiti, intervistandoli, accogliendo i loro ricordi, riannodando liriche e note preservate nella memoria di chi le ha cantate per sopravvivere. Molte di queste canzoni erano inedite, altre erano già state eseguite in pubblico.
I KlezRoym hanno così lavorato sulle liriche e le melodie di Yankele Hershkowitz, cantore di strada, di Miriam Harel, membro di un’organizzazione giovanile, e di David Beygelman, direttore musicale del teatro della Casa della Cultura. La popolazione del ghetto di Łòdź, tra i primi a essere istituiti, e l'ultimo a essere smantellato, tenuta a lavorare per l’esercito tedesco, privata di qualsiasi rapporto con il mondo esterno, di cibo e libertà, nelle strade, presso le riunioni dei movimenti giovanili, sul lavoro, nella Casa della Cultura, ha trovato nella musica un modo per esprimersi, per eludere le censure, per mantenersi libera creando un mondo e un tempo che trascendesse e al contempo parlasse della realtà. Le canzoni, molte delle quali composte da Hershkowitz (lo Yankele cui fa riferimento il titolo dell'album), erano frutto di creazioni originali o rielaborazioni di fonti prebelliche, attingevano alla tradizione klezmer, alla cultura ebraica dell’Europa dell’Est, accogliendo le influenze della musica zigana… erano proprio per questo famigliari, con i loro testi spesso in yiddish mantenevano un legame con le tradizioni, con le abitudini che riportavano ai giorni precedenti la guerra, anche se le liriche non rinunciavano a raccontare il presente.
losthighways.it
Intro (from "װײַל איך בין אָ ייִדעלע/Vayl ikh bin a yidale")
עס איז אַ קלאָג/Es iz a klug
Yankele nel ghetto
רומקאָװסקי חײם/Rumkovski khaym
Yankele nel ghetto #2
איך פֿור אין קעלצער קאַנט/Ikh fur in keltser kant
קאַלט: אַ לידל פֿון לאָדזשער געטאָ 1945/Kalt: a lid fin lodzger getto, 1945
Sakharin finf a marek
ציגײַנערליד/Tsigayner lid
Vayl ikh bin a yidale
פּאַפּיראָסן/Papirosn/nishtu kain przydziel
Kalt #2
?װער קלאַפּט עס/Ver klapt dos azoy shpet bay nakht?
ניט קײן ראָזשינקעס, ניט קײן מאַנדלען/Nit kayn rozhinkes, nit kayn mandlen
Finale (from "Vayl ikh bin a yidale,")