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צי איז מײַן הערץ

Yakov Garfeyn [Jack Garfein] / יעקב גאַרפֿײן
Language: Yiddish


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Tsi iz mayn herts
(Zi is mein herz)

[1944]
Canto composto da un anonimo prigioniero polacco, ebreo ortodosso, internato a Märzbachtal, nei pressi di Glinica (Slesia, Polonia), uno degli oltre 100 sotto-campi del campo di concentramento nazista di Groß-Rosen.
Il canto è stato solo recentemente riscoperto grazie a Jack (Jacob) Garfein (1930-), importante figura del teatro e del cinema statunitensi, ebreo originario della Rutenia (regione storica che comprende porzioni dell'Ucraina, della Bielorussia, della Russia, nonché, più marginalmente, della Slovacchia e della Polonia).
Testo trovato nel programma di sala dello spettacolo “Tutto ciò che mi resta. Il miracolo della musica composta nel lager”, concerto per il Giorno della Memoria tenutosi all’Auditorium Parco della Musica di Roma il 26 gennaio 2015, a cura di Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese.

Tutto ciò che mi resta. Il miracolo della musica composta nel lager

Garfein finì ad Auschwitz Birkenau che aveva solo 13 anni. Lì fu sterminata l’intera sua famiglia. Lui riuscì a sopravvivere passando per ben 11 campi nazisti. Questo breve canto salmodico, composto da un suo compagno di prigionia che fu poi assassinato, Garfein lo ha riferito non molti anni fa al pianista e compositore Francesco Lotoro, uno dei massimi esperti mondiali di musica concentrazionaria, che da molti anni cura un mirabile progetto di riscoperta, classificazione e registrazione discografica dell'intero corpus musicale creato in tutti i luoghi di cattività, deportazione e privazione dei diritti umani, dall'apertura dei Lager di Dachau e Börgermoor sino alla liberazione di tutti i Campi alla fine della Seconda guerra mondiale.
צי איז מײַן הערץ
קײן הערץ פֿון קײן מענטשן
צי האָב איכ רעכט
יאָ זי לעבן אָדער נײן
אין פֿאַרװוּס קומט מיר נ״ן
אין פֿאַרװוּס קומט מיר נישט
פֿון מײַן לעבן צו געניפן
אַז מײַן יוגנט זאָל אַװער גײן
עלנדיק יאָמערדיק
און װיסט.

Contributed by Bernart Bartleby / RV - 2016/7/22 - 11:09




Language: Yiddish

La trascrizione del testo secondo i criteri YIVO
Romanized Yiddish lyrics according to YIVO guidelines
TSI IZ MAYN HERTS

Tsi iz mayn herts
keyn herts fun keyn mentshn
tsi hob ikh rekht
yo zi lebn oder neyn
in farvus kumt mir neyn
in farvus kumt mir nisht
fun mayn lebn tsu genisn
az mayn yugnt zol avek geyn
elndik yomerdik
un vist.

Contributed by Riccardo Venturi - 2016/7/26 - 01:32




Language: Yiddish

Il testo così come risulta dal programma di sala dello spettacolo Tutto ciò che mi resta:
ZI IS MEIN HERZ

Zi is mein herz
kein herz von kein menschen
zi hob ich recht
yo zi leben oder nein
in farvus kimt mir nein
in farvus kimt mir nisht
von mein leben zu genisen
az My jugend zol avek gain
elendick yuomerdick
und wist.

Contributed by Bernart Bartleby - 2016/7/26 - 01:35




Language: Italian

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
26 luglio 2016 01:52
IL MIO CUORE

Il mio cuore
è o no un cuore di un essere umano?
Ho diritto
a vivere, oppure no?
Non ho il permesso,
ho il permesso o no
di godere della mia vita?
Se la mia giovinezza se ne andrà
sola, disperata
e desolata.

2016/7/26 - 01:49




Language: Italian

Traduzione italiana dal programma di sala dello spettacolo “Tutto ciò che mi resta
QUESTO MIO CUORE

Il mio cuore è o non è un cuore umano?
Ho diritto o no di vivere?
E perché non avrei il permesso di godere della mia vita?
Quando la mia giovinezza scompare… desolata.

Contributed by Bernart Bartleby - 2016/7/22 - 11:10


Caro Riccardo, chiedo come al solito il tuo aiuto, anche perché ho perso le preziose indicazioni che a suo tempo mi desti per correggere al meglio i testi in Yiddish traslitterato.
Grazie
Saluti

Bernart Bartleby - 2016/7/22 - 11:10


MEMORIA – UN CANTO PER 613 MITZVOT

È noto che il Terzo Reich, nella sua propaganda antisemita di discriminazione e persecuzione della popolazione ebraica d’Europa, abbia utilizzato numeri, date e simboli pertinenti l’ebraismo per denigrarne cultura, storia, tradizione.
La Kristallnacht, la famigerata Notte dei Cristalli durante la quale migliaia di ebrei tedeschi furono arrestati e deportati in Campi di lavori forzati (vennero distrutte le vetrine dei loro negozi, incendiate sinagoghe, uccise 91 persone) cadde la notte del 9 novembre 1938, ossia il 9 del penultimo mese dell’anno civile, data non affatto casuale perché il 9 di Av ossia il 9 del penultimo mese del calendario ebraico (Tisha beAv) cade il ricordo delle peggiori tragedie accadute al popolo ebraico (distruzione del primo e secondo Tempio, Beitar rasa al suolo, la caduta di Masada, cacciata degli ebrei dalla Spagna); le camere a gas del Campo di Treblinka erano dodici, come le tribù d’Israele e appositamente Kurt Franz, comandante tedesco del Campo, chiamava quelle camere “lo Stato ebraico”, alludendo all’unico posto che secondo lui spettava al popolo israelita.

Kurt Franz, comandante del campo di Treblika (qui in una foto scattata a Buchenwald)
Kurt Franz, comandante del campo di Treblika (qui in una foto scattata a Buchenwald)


Nei Campi aperti dal Reich nella Polonia occupata, in spregio alla tradizione ebraica e “ispirandosi” a immagini oleografiche dell’antico popolo d’Israele che attraversa il deserto, alcuni ufficiali erano usi durante le adunate per gli appelli indossare strane kippoth, mantello, impugnare un bastone e così conciati dirigere il “coro” ebraico di deportati che doveva improvvisare canti in lingua yiddish; in tal modo nascono a Sobibor Wie lustig ist da unser Leben di Shaul Flajszhakier e Moses, Moses; ma al di là del della perversione comportamentale delle SS, l’antisemitismo del Reich non era emotivo ma “scientifico” e pianificato, Adolf Eichmann (responsabile dell’uccisione di migliaia di ebrei ungheresi, impiccato nel 1962 a Ramla, Israele) conosceva l’aramaico e l’ebraico (si recò persino nella Palestina Mandataria per vivere in un kibbutz e familiarizzare con la vita ebraica), grazie a ciò riuscì a studiare il Talmud e snidare ebrei e loro provenienza durante le retate al solo sentirne accento e idioma.
E le 613 mitzvoth, i precetti della Torah scritta e orale che costituiscono l’ossatura stessa dell’ebraismo? Sicuramente non sarebbero mai sfuggite al Reich che trovò comunque il modo di “utilizzare” il numero più universale dell’ebraismo per distruggerlo simbolicamente, mortificarlo, trasformare la vita che emana dalle mitzvot in morte.



Questo e altro mi racconta Jack Garfein, ruteno di nascita e oggi cittadino statunitense, celebre direttore teatrale e cinematografico nonché tra i più grandi docenti di recitazione cinematografica (insegna a Parigi, Londra, Budapest, New York e Los Angeles), a lungo sposato con la celebre attrice Carrol Baker e che in qualità di regista ha diretto divi del cinema e della commedia americana come Ben Gazzara, Artur Miller e nel 2012 è stato premiato con la Masque d’Or.

Jack fu deportato con la madre, il padre e la sorella ad Auschwitz Birkenau; aveva soltanto 13 anni ma dinanzi al famigerato dottor Josef Mengele dichiarò di averne 16 per non correre il rischio di finire immediatamente alla gasazione come la maggior parte dei ragazzi.

Nel settembre 1943 il Reich elaborò il Project Riese, nome in codice di un progetto di costruzione del quartier generale del Führer e di complessi militari e industriali sotterranei collegati da strade, rete ferroviaria, approvvigionamento idrico, elettricità e linee telefoniche sotto la catena montuosa del Góry Sowie nella Bassa Slesia (oggi in Polonia), nel novembre 1943 vennero aperti Campi di lavoro coatto e la rete di questi Campi costituì lo Arbeitslager Riese; prigionieri di guerra sovietici, internati militari italiani e prigionieri civili ungheresi, polacchi, ruteni, greci, rumeni, cecoslovacchi, olandesi, belgi, tedeschi principalmente ebrei provenienti da Auschwitz per un totale di circa 13.000 lavoratori forzati vennero impiegati nel Project Reise, le vittime di malnutrizione, esaurimento, infortuni mortali e crudele trattamento da parte delle guardie tedesche furono circa 5.000.



Märzbachtal (oggi Marcowy Potok, Polonia), aperto nell’ottobre 1944, era uno dei sub–Campi dello Arbeitslager Riese, ivi erano alloggiati 1.200 ebrei prevalentemente ungheresi e polacchi dei quali circa la metà al di sotto dei 16 anni tra i quali Jack Garfein (allora il suo nome era Jakob), alloggiato con centinaia di giovani ebrei impiegati al lavoro coatto; verso la fine del 1944 un suo coetaneo ebreo ortodosso polacco (le guardie tedesche separarono i cosiddetti ebrei religiosi da quelli cosiddetti sionisti) creò il canto in lingua yiddish Zi is mein herz; dopo poche settimane 613 ragazzi del Campo furono fatti salire dalle guardie tedesche su autocarri con il pretesto che sarebbero stati trasferiti in Gran Bretagna nell’ambito di uno scambio di prigionieri.
Ma i ragazzi ebrei erano abilissimi a contarsi, avrebbero avuto il presagio di ciò che da lì a poco sarebbe accaduto e, ad ogni buon conto, perché mai le autorità britanniche avrebbero voluto esattamente 613 ebrei per uno scambio di prigionieri, tante quante le mitzvot? Opportunamente, le guardie tedesche cancellarono un ragazzo dalla conta e chiusero il numero a 612.
Tuttavia, durante il carico degli autocarri i ragazzi risultarono 615 anziché 612, pertanto le guardie tedesche ordinarono a tre “volontari” di scendere; Garfein prima indugiò poi alzò la mano e scese con altri due suoi compagni di prigionia.
La realtà fu tragica; i 612 ragazzi furono condotti a Birkenau e vennero gasati compreso il ragazzo autore del canto, la storiella dello scambio di prigionieri era una farsa per non provocare disordini e ribellioni; Garfein si salvò perché era il 613esimo, tutta la sua famiglia morì ad Auschwitz.
Agli inizi del 1945 Garfein e altri prigionieri vennero condotti a Bergen–Belsen dove vennero liberati dalle truppe britanniche nell’aprile del medesimo anno; dopo la Guerra, rimasto orfano e su una sedia a rotelle, venne trasferito a Malmö (Svezia) grazie a un visto temporaneo.
In pochi mesi riacquistò l’uso delle gambe, nel 1946 si trasferì negli U.S.A., iniziò a studiare inglese e nel 1947 il Jewish Appeal United gli assegnò una borsa di studio per studiare recitazione e regia con Lee Strasberg e Erwin Piscator.
Jack Garfein e Francesco Lotoro

Garfein divenne una leggenda del cinema ma doveva liberare la melodia di quel polacco, farla planare sulla carta; per questo alcuni giorni fa, mentre era a Trani per lavoro, mi contattò chiedendomi di incontrarci e io lo invitai presso i giardini del Castello di Barletta.
Seduti dinanzi al Castello e con il sottoscritto armato di penna e fogli pentagrammati, Jack ha liberato la sua anima, la melodia gli è sgorgata con le parole nella tipica lingua yiddish, all’inizio con qualche problema di intonazione poi sempre più sicuro sino a quando l’abbiamo cantata insieme; la musica era finalmente stata liberata dal Lager
.

Quando mi ha raccontato dei 612 ragazzi condotti con l’inganno alla gasazione e di come lui si sia salvato, istintivamente gli dissi: “Jack, sei tu la 613ma mitzvà!” e tra ebrei ci siamo capiti subito: Jack era “l’ultimo dei precetti”, doveva vivere e raccontare un giorno la sua storia e gli anni non hanno mai cancellato quella melodia che da Los Angeles via Parigi è venuta a liberarsi sul litorale pugliese della città di Eraclio.

Il canto Zi is mein herz che Garfein ha ricordato a Barletta entrerà nei 10 volumi del Thesaurus Musicae Concentrationariae che pubblicherò nel 2015; il 7 novembre presso il Consiglio d’Europa farò ascoltare la canzone ricordata da Jack, perché tutti sappiano che c’è ancora tanta musica che dobbiamo liberare dai Lager e che non una sola melodia, non un solo frammento di musica, non una sonata per violino creata nei Lager andrà perduta, non finché ci sarà qualcuno armato di penna e carta pentagrammata e qualcuno come Jack il ruteno che ha dato mani e piedi all’ultima mitzvah e dinanzi al castello di Barletta si è messo a cantare l’ultimo canto yiddish degli ebrei d’Europa.

Francesco Lotoro, il 1 novembre 2013

Bernart Bartleby - 2016/7/22 - 11:11


Hai visto, Riccardo, che anche qui "l'ho fatta fuori dal vasetto"?

B.B. - 2016/7/25 - 21:53


Non hai affatto “pisciato fuori dal vasetto” perché il testo di questa canzone, in rete, si trova soltanto nella forma in cui lo hai riportato. E non sono nemmeno sicuro, stavolta, che la consueta “operazione” di ritrascriverlo nella forma corretta yiddish, sia in caratteri ebraici, sia in trascrizione YIVO, sia del tutto esatta: probabilmente il testo nella trascrizione “tedeschizzante” da te reperito e riportato (e utilizzato per lo spettacolo “Tutto ciò che mi resta”) è così come lo ha fornito lo stesso Garfein. Se così fosse, bisognerebbe immaginare che Jack Garfein, che ha ottantasei anni e che vive negli USA da quasi settant'anni, deve avere più dimestichezza con l'inglese che con la sua lingua materna; però lo yiddish è comunque la sua lingua materna, ed è così che con tutta probabilità ha riportato il testo di questo canto udito in prigionia a Francesco Lotoro. Come dire: in un lager nazista non credo che trascrivere lo yiddish secondo i principi YIVO (che peraltro sono stati formulati nel dopoguerra) fosse proprio la principale preoccupazione. La lingua d'uso forzata era il tedesco, e dietro la trascrizione “tedeschizzante” ci può essere benissimo, e purtroppo, tutto questo. Anche e soprattutto per questo, in questo caso ho tenuto nella pagina anche la trascrizione “tedeschizzante”; toglierla sarebbe stato qui un atto del tutto gratuito e ingiustificato. Questo anche per dire che la “ritrascrizione” in caratteri ebraici che ho fatto, è sicuramente un atto arbitrario: non tiene ad esempio conto di probabili pronunce dialettali (ad esempio kimt, che nel testo in yiddish standard è kumt, o lo "strano" yuomerdick). Ci dev'essere anche qualche Sprachinterferenz dell'inglese ("My jugend"). Ciononostante, spero che anche la ritrascrizione possa essere di una qualche utilità.

Riccardo Venturi - 2016/7/26 - 02:14




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