Il canto delle operaie dello Jutificio Centurini, a Terni.
Semo de Cinturini
lasciatece passa',
semo belle e simpatiche
ce famo rispetta'.
Matina e sera, ticchetettà,
infinu a sabadu ce tocca d'abbozza'
matina e sera, ticchetettà,
infinu a sabadu ce tocca d'abbozza'.
Quanno fischia la sirena
prima innanzi che faccia jiurnu,
ce sentite atturnu atturnu
dentro Terni da passa'.
Matina e sera, ticchetettà
Quanno a festa ce vedete
quanno semo arcutinate
pe' signore ce pijate
semo scicche in verità.
Matina e sera, ticchetettà
Se quarcunu che se crede,
perché semo tessitore,
ma se noi famo all'amore
lo facemo pe' scherza'.
E se ce dicono, tant'accuscì,
je dimo squajatela, pe' me tu poli jì
e se ce dicono, tant'accuscì,
je dimo squajatela, pe' me tu poli jì
matina e sera, ticchetettà
lasciatece passa',
semo belle e simpatiche
ce famo rispetta'.
Matina e sera, ticchetettà,
infinu a sabadu ce tocca d'abbozza'
matina e sera, ticchetettà,
infinu a sabadu ce tocca d'abbozza'.
Quanno fischia la sirena
prima innanzi che faccia jiurnu,
ce sentite atturnu atturnu
dentro Terni da passa'.
Matina e sera, ticchetettà
Quanno a festa ce vedete
quanno semo arcutinate
pe' signore ce pijate
semo scicche in verità.
Matina e sera, ticchetettà
Se quarcunu che se crede,
perché semo tessitore,
ma se noi famo all'amore
lo facemo pe' scherza'.
E se ce dicono, tant'accuscì,
je dimo squajatela, pe' me tu poli jì
e se ce dicono, tant'accuscì,
je dimo squajatela, pe' me tu poli jì
matina e sera, ticchetettà
Contributed by adriana - 2016/6/13 - 09:53
Proponete una notevole versione a più voci di “Cinturini”, composto dalle operaie dello iutificio Cinturini, raccolto da Valentino Paparelli e Sandro Portelli…
Teoricamente, è anonima. Il testo sembrerebbe ispirato dalle donne dello iutificio, ma non so se l’abbiano davvero scritta loro. In realtà, chi me l’ha passata è stata la generazione femminile della mia famiglia: le mie nonne, le zie e mia madre. Mia zia il canto lo conosceva tutto. Mia madre mi raccontava dell’inferno di respirare i peli di iuta in un posto freddo da morire d’inverno e con i tetti di metallo che d’estate diventavano una fornace. Condizioni al limite della resistenza umana. Però, il canto delle cinturinare dimostra un grande orgoglio, perché le donne erano sempre state contadine senza percepire stipendio, lavorando nel campo di famiglia o dell’uomo che avevano sposato, non avevano denari proprio. Invece, per la prima volta guadagnavano un salario: per quanto basso, era un salto in avanti nella testa delle donne. Voleva dire: «Il mio lavoro ha un valore che si monetizza». Anche se c’era lo sfruttamento, per la donna il lavoro in fabbrica rappresentava un salto di qualità.
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Teoricamente, è anonima. Il testo sembrerebbe ispirato dalle donne dello iutificio, ma non so se l’abbiano davvero scritta loro. In realtà, chi me l’ha passata è stata la generazione femminile della mia famiglia: le mie nonne, le zie e mia madre. Mia zia il canto lo conosceva tutto. Mia madre mi raccontava dell’inferno di respirare i peli di iuta in un posto freddo da morire d’inverno e con i tetti di metallo che d’estate diventavano una fornace. Condizioni al limite della resistenza umana. Però, il canto delle cinturinare dimostra un grande orgoglio, perché le donne erano sempre state contadine senza percepire stipendio, lavorando nel campo di famiglia o dell’uomo che avevano sposato, non avevano denari proprio. Invece, per la prima volta guadagnavano un salario: per quanto basso, era un salto in avanti nella testa delle donne. Voleva dire: «Il mio lavoro ha un valore che si monetizza». Anche se c’era lo sfruttamento, per la donna il lavoro in fabbrica rappresentava un salto di qualità.
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Dq82 - 2019/7/4 - 14:42
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