Giulio Giovanni Salvatore Andrea
Giacinto Ivan e Ninetto li tradì
Giovanni Francesco Veraldo Vittorio
Mario Luca Giuseppe e Ninetto li tradì
Era il dicembre del ‘43
il lago a Lovere dormiva
i monti aspettavano la neve dall’alto
nel freddo del mattino
la nebbia avanzava
e la pioggia la seguiva
un uomo camminava
e non sappiamo perché tradiva
Giulio Giovanni Salvatore Andrea
Giacinto Ivan e Ninetto li tradì
Giovanni Francesco Veraldo Vittorio
Mario Luca Giuseppe e Ninetto li tradì
Cammini veloce arrabbiato e tradito
duecento fucili alle spalle
il sentiero si perde nel freddo e nel buio
e neppure te ne accorgi
‘Trieste’ ripetevi
‘Trieste’ una parole
‘Trieste’ tredici nomi
‘Trieste’ li scoprirà
Tradire non è degno dell’uomo mai
ma forse neanche il giudizio
Ninetto che hai fatto nei giorni a venire
nessuno lo ricorda
la fame la miseria
la guerra l’abbandono
la paura persino l’odio
oggi Ninetto che cosa fai?
Giulio Giovanni Salvatore Andrea
Giacinto Ivan e Ninetto li tradì
Giovanni Francesco Veraldo Vittorio
Mario Luca Giuseppe e Ninetto li tradì
Giacinto Ivan e Ninetto li tradì
Giovanni Francesco Veraldo Vittorio
Mario Luca Giuseppe e Ninetto li tradì
Era il dicembre del ‘43
il lago a Lovere dormiva
i monti aspettavano la neve dall’alto
nel freddo del mattino
la nebbia avanzava
e la pioggia la seguiva
un uomo camminava
e non sappiamo perché tradiva
Giulio Giovanni Salvatore Andrea
Giacinto Ivan e Ninetto li tradì
Giovanni Francesco Veraldo Vittorio
Mario Luca Giuseppe e Ninetto li tradì
Cammini veloce arrabbiato e tradito
duecento fucili alle spalle
il sentiero si perde nel freddo e nel buio
e neppure te ne accorgi
‘Trieste’ ripetevi
‘Trieste’ una parole
‘Trieste’ tredici nomi
‘Trieste’ li scoprirà
Tradire non è degno dell’uomo mai
ma forse neanche il giudizio
Ninetto che hai fatto nei giorni a venire
nessuno lo ricorda
la fame la miseria
la guerra l’abbandono
la paura persino l’odio
oggi Ninetto che cosa fai?
Giulio Giovanni Salvatore Andrea
Giacinto Ivan e Ninetto li tradì
Giovanni Francesco Veraldo Vittorio
Mario Luca Giuseppe e Ninetto li tradì
Contributed by Daniele dei Mulini a vento + CCG/AWS staff - 2016/3/22 - 17:54
×
Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
Album: Indifferenti mai
Un omaggio ai tredici di Lovere e a Ninetto, loro ex compagno, che li tradì.
Eraldo Locardi, tenente dell’esercito italiano, ferito in combattimento sul fronte greco e rimpatriato claudicante dall’Albania, dopo l’8 settembre 1943 non aderì al ricostituito regime fascista e organizzò in Val Calepio un gruppo di rivoltosi contro l’occupazione nazifascista e la Repubblica Sociale.
Assunse il nome di battaglia di Longhi e operò nella zona del Sebino.
Dopo un assalto alla caserma della milizia fascista di Sarnico, raggiunse i monti di Lovere affiancandosi al gruppo partigiano di Giovanni Brasi.
Partecipò all’operazione di autofinanziamento dei partigiani di Lovere che il 29 novembre 1943 prelevò il denaro dello stabilimento dell’Ilva di Lovere, applaudito dalle maestranze, e che contemporaneamente attaccò la sede del Fascio repubblicano di Lovere e le due centrali telefoniche di Lovere e dello stabilimento Ilva. Nell’azione furono uccisi due notabili del fascismo di Lovere: il notaio Paolo Rosa e Giuseppe Cortesi, che secondo i progetti iniziali doveva essere fatto prigioniero insieme a Giovanni Capitanio. Catturarono invece Valentino Fabbri, un fascista di Costa Volpino, che verrà liberato dopo alcuni giorni.
Eludendo i posti di blocco, Locardi si recò a Milano per farsi curare una mano ferita durante l’azione. Insieme ad altri partigiani, fu catturato dalla milizia fascista a seguito della delazione di una spia. I prigionieri furono sottoposti a torture e maltrattamenti di ogni genere, nelle prigioni di via Pignolo a Bergamo.
Ai genitori ed ai familiari venne negato il permesso di visitarli e di portare loro l’ultimo conforto. A nulla valsero le raccomandazioni e gli interventi verso i capi fascisti perché risparmiassero la vita di tanti giovani.
Mercoledì 22 dicembre 1943 furono prelevati dal carcere e condotti a Lovere. Furono fatti sedere sulle casse da morto dell’autocarro che li trasportava. Il camion della morte fece la prima tappa nell zona di Poltragno. Sette partigiani furono fatti scendere e sulla strada per Sellere furono fucilati alla presenza dei loro compagni.
Gli esecutori, sghignazzando, scrissero sul muro bagnato di sangue “fuorilegge“ e ripartirono per Lovere per compiere la seconda strage.
La direzione dell’Ilva si oppose al tentativo di procedere alla fucilazione lungo il muro di cinta della fabbrica, così gli altri seri furono condotti nei pressi della pesa pubblica di Lovere, l’attuale Caserma dei Carabinieri, e fucilati di fronte al alcuni cittadini inorriditi. I loro corpi furono sepolti in una fossa comune del cimitero di Bergamo.
Dopo la fine della guerra, vennero riesumati e sepolti con gli onori resi ai martiri della Resistenza italiana.
Lovere, testimone del crimine, si trasformò in una cittadella partigiana: tredici eroi erano caduti, ma altri giovani presero il loro posto di combattimento e accorsero nella formazione al fianco dei partigiani superstiti. La lotta partigiana visse ancora, pur nelle difficoltà e nel terrore del momento, si rafforzò e andò avanti, con l’aiuto degli Alleati, sino alla vittoria.
Nacque così la 53a Brigata Garibaldi, che si diede il nome di “Tredici Martiri di Lovere“ in memoria dei tredici caduti e fucilati dai fascisti nei primi mesi della resistenza armata al nazifascismo dopo l’otto settembre 1943.