O mamma, o mamma dimmelo
dimmi se sei contenta
dimmi se sei contenta
che io vada alla guerra.
Non te lo posso dire
perché non ho il coraggio
perché non ho il coraggio
di vederti partire.
In sella ai suoi cavalli
poi se ne va alla guerra
laggiù, laggiù ai confini
della Somalia bella.
E dopo nove mesi
se ne ritorna indietro
s'incontra alla sua mamma
che se ne vien piangendo.
La tua bella è morta
è morta e sotterrata
laggiù nella cappella
della Santa Nunziata.
dimmi se sei contenta
dimmi se sei contenta
che io vada alla guerra.
Non te lo posso dire
perché non ho il coraggio
perché non ho il coraggio
di vederti partire.
In sella ai suoi cavalli
poi se ne va alla guerra
laggiù, laggiù ai confini
della Somalia bella.
E dopo nove mesi
se ne ritorna indietro
s'incontra alla sua mamma
che se ne vien piangendo.
La tua bella è morta
è morta e sotterrata
laggiù nella cappella
della Santa Nunziata.
Contributed by Donquijote82 - 2015/8/26 - 12:39
Language: Italian
La versione de La Macina , con la partecipazione di Marino Severini in Aedo Malinconico Ed Ardente, Fuoco d'Acque Di Canto vol.2" sebbene intitolato "La sposa morta" riprende questo canto
LA SPOSA MORTA
Dimmelo mama mia,
dimmelo mamma cara,
dimmi se sei contenta
che me ne vo alla guerra.
No, questo figlio mio
non te lo posso dire
perché non ho il coraggio
di vederti partire.
In sella al suo cavallo
lui se ne va alla guerra
laggiù al confine
della Romagna bella.
E lui prese il cavallo
se ne ritorna a casa
incontra alla sua mamma
da tanto lei piangeva.
Dimmelo mama mia,
dimmelo mamma cara,
la nova che mi porti
della mia bella dama.
La nova che ti porto
l'è molto cattiva
la tua dama è morta
e l'hanno seppelita
E l'hanno seppelita
è stata sotterrata
là dietro alla cappella
della Santa Nunziata.
E lui prese il cavallo
e se ne va alla fossa
parlami d'amore
consolami un volta
Come vuoi che ti guardi
che io sto sotto terra
la tua famosa guerra
è stata il mio morire
Non cogliere più rose
non fare più lamenti
lasseme tra i tormenti
lasseme repusare
Dimmelo mama mia,
dimmelo mamma cara,
dimmi se sei contenta
che me ne vo alla guerra.
No, questo figlio mio
non te lo posso dire
perché non ho il coraggio
di vederti partire.
In sella al suo cavallo
lui se ne va alla guerra
laggiù al confine
della Romagna bella.
E lui prese il cavallo
se ne ritorna a casa
incontra alla sua mamma
da tanto lei piangeva.
Dimmelo mama mia,
dimmelo mamma cara,
la nova che mi porti
della mia bella dama.
La nova che ti porto
l'è molto cattiva
la tua dama è morta
e l'hanno seppelita
E l'hanno seppelita
è stata sotterrata
là dietro alla cappella
della Santa Nunziata.
E lui prese il cavallo
e se ne va alla fossa
parlami d'amore
consolami un volta
Come vuoi che ti guardi
che io sto sotto terra
la tua famosa guerra
è stata il mio morire
Non cogliere più rose
non fare più lamenti
lasseme tra i tormenti
lasseme repusare
Contributed by dq82 - 2015/8/26 - 13:04
Language: Italian (Piemontese)
La prima che leggeremo è stata raccolta da Costantino Nigra nell'Ottocento in una zona sub-montana del Piemonte (Canavese). È un canto epico-lirico completamente dialettale; ci saranno per questo, certo, molte difficoltà di lettura, ma lo sforzo sarà compensato dall'interesse del documento. Descrive i funerali di una giovane promessa sposa, Catalinotta (Caterina); il fidanzato arresta il corteo funebre e vuole parlare alla morta e baciarla. Lei gli risponde tristemente e gli chiede di riprendersi l'anello, pegno d'amore. La storia è fissata in un tempo non definibile, e vi sono incongruenze, contraddizioni (la morta, ad esempio, parla), salti logici: tutti fenomeni tipici del canto popolare dovuti a contaminazioni tra canti diversi o tra versioni diverse dello stesso canto, od a “vuoti di memoria” che si cristallizzano e diventano definitivi.
Il secondo esempio che darò è più recente. Premetto che negli anni della prima guerra mondiale una enorme quantità di soldati, che erano poi dei contadini reclutati in tutte le regioni italiane, fu ammassata nelle trincee. Lì non soltanto cominciò ad instaurarsi una comunicazione sovradialettale, resa necessaria dalla loro diversa provenienza (e questa è l'origine del così detto “italiano popolare”, ma il patrimonio culturale dei contadini-soldati attraversò enormi mutazioni. Molte canzoni si trasformarono, si adattarono alla nuova situazione, furono tradotte in italiano. Esse passarono al repertorio alpino diffuso in tutta l'Italia settentrionale, e poi al repertorio da osteria. Modificazioni notevoli subì anche il canto “La sposa morta”. Nella versione cantata dai fanti e dagli alpini c'è ancora il motivo del funerale e del bacio, ma il contesto è diverso; protagonista non è più un giovane montanaro, ma un soldato che ha ottenuto la licenza dal comandante, il quale l'ha concessa in cambio di una promessa di ritorno (c'era infatti il rischio che il soldato in licenza disertasse).
Offro qui di seguito le due versioni, quella dialettale arcaica piemontese e quella risalente al 1915-18, affinché sia possibile confrontarle, e affinché risulti in maniera evidente la capacità di adattamento che costituisce la vitalità del repertorio popolare.
goccedinote
Il secondo esempio che darò è più recente. Premetto che negli anni della prima guerra mondiale una enorme quantità di soldati, che erano poi dei contadini reclutati in tutte le regioni italiane, fu ammassata nelle trincee. Lì non soltanto cominciò ad instaurarsi una comunicazione sovradialettale, resa necessaria dalla loro diversa provenienza (e questa è l'origine del così detto “italiano popolare”, ma il patrimonio culturale dei contadini-soldati attraversò enormi mutazioni. Molte canzoni si trasformarono, si adattarono alla nuova situazione, furono tradotte in italiano. Esse passarono al repertorio alpino diffuso in tutta l'Italia settentrionale, e poi al repertorio da osteria. Modificazioni notevoli subì anche il canto “La sposa morta”. Nella versione cantata dai fanti e dagli alpini c'è ancora il motivo del funerale e del bacio, ma il contesto è diverso; protagonista non è più un giovane montanaro, ma un soldato che ha ottenuto la licenza dal comandante, il quale l'ha concessa in cambio di una promessa di ritorno (c'era infatti il rischio che il soldato in licenza disertasse).
Offro qui di seguito le due versioni, quella dialettale arcaica piemontese e quella risalente al 1915-18, affinché sia possibile confrontarle, e affinché risulti in maniera evidente la capacità di adattamento che costituisce la vitalità del repertorio popolare.
goccedinote
LA SPOSA MORTA (Versione arcaica)
Gentil galant sü l'aute muntagne
a l'à sentì le cioche sunè:
- Sarà-lo 'l segn dla Catalinota,
ch'a lé morta da maridè?
Quand l'è stait su cule coline
a l'à vedü le torce lüzì:
- Sarà-lo furse la lüminaria
ch'a l'acumpagna a sepelì?
O portandin che porte la bela,
o ripozei-ve e pozei-la 'n po'!
Pozei-la sì sü la violéta,
che ancur na volta la bazerò.
O parla, parla, buchëta morta,
o parla, parla, buchëta d'or!
O dì-me sul che na parolëta,
o dà-me sul che 'n bazin d'amur.
- O cume mai voli-ve che v'parla,
e che vi daga 'n bazin d'amur?
Mia buca morta l'à odur di terra,
ch'a l'era, viva, di roze e fiur.
Vostr'anelin che vui i m'éi dà-me,
guardè-lo sì ch'a l'è 'nt él me dì;
Piè-lo püra e dè-lo a ün'autra,
e tüti dui pregherei për mi.
Gentil galant sü l'aute muntagne
a l'à sentì le cioche sunè:
- Sarà-lo 'l segn dla Catalinota,
ch'a lé morta da maridè?
Quand l'è stait su cule coline
a l'à vedü le torce lüzì:
- Sarà-lo furse la lüminaria
ch'a l'acumpagna a sepelì?
O portandin che porte la bela,
o ripozei-ve e pozei-la 'n po'!
Pozei-la sì sü la violéta,
che ancur na volta la bazerò.
O parla, parla, buchëta morta,
o parla, parla, buchëta d'or!
O dì-me sul che na parolëta,
o dà-me sul che 'n bazin d'amur.
- O cume mai voli-ve che v'parla,
e che vi daga 'n bazin d'amur?
Mia buca morta l'à odur di terra,
ch'a l'era, viva, di roze e fiur.
Vostr'anelin che vui i m'éi dà-me,
guardè-lo sì ch'a l'è 'nt él me dì;
Piè-lo püra e dè-lo a ün'autra,
e tüti dui pregherei për mi.
Contributed by Donquijote82 - 2015/8/27 - 10:15
Language: Italian
Traduzione in italiano della versione arcaica
LA SPOSA MORTA
Gentil galante sull'alte montagne
ha sentito le campane sonare:
-Sarà il segno (di morte) della Catalinotta,
che è morta da maritare?
Quando è stato su quelle colline,
ha visto le torce risplendere:
- Sarà forse la luminaria
che l'accompagna a seppellirla?
O portatori che portate la bella,
riposatevi e posatela un po'.
Posatela qui sulla violetta,
che ancora una volta la bacerò.
Oh parla, parla, bocchina morta,
oh parla, parla, bocchina d'oro!
Oh dimmi solo una parolina,
oh dammi solo un bacio d'amore!
- Oh come mai volete che vi parli,
e che vi dia un bacio d'amore?
La mia bocca morta ha odor di terra,
che era, viva, di rose e fiori.
Il vostro anellino che mi avete dato,
guardatelo qui che è nel mio dito;
pigliatelo pure e datelo a un'altra,
e tutti due pregherete per me.
Gentil galante sull'alte montagne
ha sentito le campane sonare:
-Sarà il segno (di morte) della Catalinotta,
che è morta da maritare?
Quando è stato su quelle colline,
ha visto le torce risplendere:
- Sarà forse la luminaria
che l'accompagna a seppellirla?
O portatori che portate la bella,
riposatevi e posatela un po'.
Posatela qui sulla violetta,
che ancora una volta la bacerò.
Oh parla, parla, bocchina morta,
oh parla, parla, bocchina d'oro!
Oh dimmi solo una parolina,
oh dammi solo un bacio d'amore!
- Oh come mai volete che vi parli,
e che vi dia un bacio d'amore?
La mia bocca morta ha odor di terra,
che era, viva, di rose e fiori.
Il vostro anellino che mi avete dato,
guardatelo qui che è nel mio dito;
pigliatelo pure e datelo a un'altra,
e tutti due pregherete per me.
Contributed by dq82 - 2015/8/27 - 10:18
Language: Italian
Versione della 1a guerra mondiale (vedi La licenza)
PENA GIUNTO AL MIO REGGIMENTO
Pena giunto al mio reggimento
una lettera vidi arrivar.
Sarà forse la mia morosa
che si trova sul letto ammalà. (1)
A rapporto, signor Capitano,
se in licenza mi vuole mandà. (2)
La licenza l'hai bell'e firmata
se ritorni da bravo soldà. (3)
Glielo giuro, signor Capitano,
che ritorno da bravo soldà.
Quando fui vicino al paese
le campane sentivo sonar. (4)
Sarà forse la mia morosa
che ho lasciato sul letto ammalà:
Portantina che porti quel morto
per piacere fermati qua. (5)
Se da viva non l'ho mai baciata
or ch'è morta la voglio baciar.
Le sue labbra sapevar di terra
ma i capelli di rose e di fior.
Pena giunto al mio reggimento
una lettera vidi arrivar.
Sarà forse la mia morosa
che si trova sul letto ammalà. (1)
A rapporto, signor Capitano,
se in licenza mi vuole mandà. (2)
La licenza l'hai bell'e firmata
se ritorni da bravo soldà. (3)
Glielo giuro, signor Capitano,
che ritorno da bravo soldà.
Quando fui vicino al paese
le campane sentivo sonar. (4)
Sarà forse la mia morosa
che ho lasciato sul letto ammalà:
Portantina che porti quel morto
per piacere fermati qua. (5)
Se da viva non l'ho mai baciata
or ch'è morta la voglio baciar.
Le sue labbra sapevar di terra
ma i capelli di rose e di fior.
(1) Qui la morte della ragazza è preannunciata dalla lettera e dai timori che essa suscita.
(2) Anche in questo caso, come nel canto arcaico, la narrazione procede per quadri staccati. Il soldato si presenta davanti al capitano (rapporto è la richiesta di colloquio con un superiore, nel linguaggio militare) e gli chiede di partire.
(3) L'insistenza sul concetto di bravo soldà (soldato leale) può far supporre che questa parte sia stata anteposta al canto tradizionale da chi aveva interesse a far leva su sentimenti di lealtà dei soldati: come dire da qualche ufficiale o da qualcuno favorevole alla guerra. Ma non si tratta che di una ipotesi.
(4) Comincia qui la parte analoga al canto arcaico.
(5) Espressioni simili a quelle che nel canto arcaico erano pronunciate dalla morta. Si noti che la morta in questa lezione più recente non parla più, e cade anche il riferimento all'anello.
(2) Anche in questo caso, come nel canto arcaico, la narrazione procede per quadri staccati. Il soldato si presenta davanti al capitano (rapporto è la richiesta di colloquio con un superiore, nel linguaggio militare) e gli chiede di partire.
(3) L'insistenza sul concetto di bravo soldà (soldato leale) può far supporre che questa parte sia stata anteposta al canto tradizionale da chi aveva interesse a far leva su sentimenti di lealtà dei soldati: come dire da qualche ufficiale o da qualcuno favorevole alla guerra. Ma non si tratta che di una ipotesi.
(4) Comincia qui la parte analoga al canto arcaico.
(5) Espressioni simili a quelle che nel canto arcaico erano pronunciate dalla morta. Si noti che la morta in questa lezione più recente non parla più, e cade anche il riferimento all'anello.
Contributed by Donquijote82 - 2015/8/27 - 10:20
Analoga a questa canzone vi è "Der treue Husar" (in inglese The Faithful Hussar o the Faithful Soldier), prima testimonaninza data da un foglio del 1781
Il bravo soldatino va alla guerra, la sua amata di ammala e muore lontano da lui.
Qui nella versione da Path of Glory di Stanley Kubrick
Il bravo soldatino va alla guerra, la sua amata di ammala e muore lontano da lui.
Qui nella versione da Path of Glory di Stanley Kubrick
dq82 - 2017/5/15 - 12:44
Language: Italian
Il testo che segue è tratto dal CD “Capitan di gran Valore” del gruppo di musica popolare “La Rionda”, (Robi Droli 1994)
Si tratta di un brano della tradizione, in cui si ritrovano elementi tipici, quali i sette anni di guerra, la morte della fanciulla conseguente alla guerra, la facoltà concessa alla ragazza morta di un ultimo colloquio col fidanzato ritornato da lei.
Dalle note associate al CD :
Ballala tristissima raccolta a Bonella - GE – da Edward Neill e dal contenuto a nostro parere analogo a "C'era un dì un soldato" e "La dama morta".
Si tratta di un brano della tradizione, in cui si ritrovano elementi tipici, quali i sette anni di guerra, la morte della fanciulla conseguente alla guerra, la facoltà concessa alla ragazza morta di un ultimo colloquio col fidanzato ritornato da lei.
Dalle note associate al CD :
Ballala tristissima raccolta a Bonella - GE – da Edward Neill e dal contenuto a nostro parere analogo a "C'era un dì un soldato" e "La dama morta".
IL RITORNO DEL SOLDATO
E prende il suo cavallo
e se na va alla guerra
traversa le montagne
della Liguria bella
e dopo sette anni
se ne ritorna a casa
e trova la sua mamma
che forte ne piangeva
mamma della mia ahi mamma
cos'hai da raccontarmi
cos'hai da raccontarmi
della mia cara bella
figlio dello mio figlio
la tua morosa è morta
è morta e seppellita
è morta sottoterra
è morta e seppellita
è morta sottoterra
è la in quella cappella
dove tu l'hai lasciata
e prende il suo cavallo
e se na va alla tomba
parla bocchin d'amore
parlami ancor na volta
risponderti non posso
perché son sottoterra
questa famosa guerra
è stato il mio soffrire
non seminar nè fiori
né ori né argenti
lasciami sti tormenti
lasciami riposare
E prende il suo cavallo
e se na va alla guerra
traversa le montagne
della Liguria bella
e dopo sette anni
se ne ritorna a casa
e trova la sua mamma
che forte ne piangeva
mamma della mia ahi mamma
cos'hai da raccontarmi
cos'hai da raccontarmi
della mia cara bella
figlio dello mio figlio
la tua morosa è morta
è morta e seppellita
è morta sottoterra
è morta e seppellita
è morta sottoterra
è la in quella cappella
dove tu l'hai lasciata
e prende il suo cavallo
e se na va alla tomba
parla bocchin d'amore
parlami ancor na volta
risponderti non posso
perché son sottoterra
questa famosa guerra
è stato il mio soffrire
non seminar nè fiori
né ori né argenti
lasciami sti tormenti
lasciami riposare
Contributed by Gianfranco Robiglio - 2019/9/29 - 18:29
Language: Italian
Questa che segue è una variante, diciamo, regionale eseguita dal gruppo emiliano "La Piva Dal carnér" che ha qualche differenza, esempio la sposa muore per colpa della suocera, anche la guerra stranamente dura tre soli mesi.
Lui prese i suoi cavalli
e se ne va alla guerra
arriva alla frontiera
della Romagna bella
dopo tre lunghi mesi
se ne ritorna a casa
incontra la sua mamma
piangente per la strada
dimmi oh mamma dimmi
cos'hai tu da pianger
la tua innamorata
è morta e sotterrata
dimmi oh mamma dimmi
dov'e che è sotterrata
laggiù nel cimitero
di santa liberata
Lui prese i suoi cavalli
e se ne va alla tomba
parla bocchin d'amor
consolami na volta
non posso più parlare
son morta e sotterrata
è stata la tua mamma
che mi (ha) avvelenata
e se ne va alla guerra
arriva alla frontiera
della Romagna bella
dopo tre lunghi mesi
se ne ritorna a casa
incontra la sua mamma
piangente per la strada
dimmi oh mamma dimmi
cos'hai tu da pianger
la tua innamorata
è morta e sotterrata
dimmi oh mamma dimmi
dov'e che è sotterrata
laggiù nel cimitero
di santa liberata
Lui prese i suoi cavalli
e se ne va alla tomba
parla bocchin d'amor
consolami na volta
non posso più parlare
son morta e sotterrata
è stata la tua mamma
che mi (ha) avvelenata
Note musicali
Vorrei approfittare della comprensione e della pazienza dei gestori del sito per aggiungere qualche considerazione personale circa la musica popolare/tradizionale che in queste pagine si estrinseca in una serie di ballate con temi ricorrenti in genere alquanto tragici, si tratta di un particolare aspetto della musica/cultura popolare di cui vorrei analizzare alcuni elementi ricorrenti.
Il primo aspetto che tutti, penso, avrete incontrato, è la faccenda dei sette anni, periodo cui si riferisce la durata del distacco, della lontananza o della durata delle guerre. Io credo che tra i vari motivi, uno possa essere la “musicalità” infatti provate la strofa “e dopo sette anni/se ne ritorna a casa” variando il numero tra due e 13…
Comunque sette era la durata media delle guerre (vedi guerra dei sette anni), la durata delle ferma ottocentesca, e anche mio padre si fece due anni di naja più cinque di guerra, totale sette anni.
Il secondo aspetto è rappresentato dal fatto che tutte le vittime di morte violenta hanno (dopo il fattaccio) ancora possibilità di parlare e raccontare, questo a motivo della ricerca e punizione del colpevole, altrimenti impunito, per un ultimo contatto coi viventi (la tua bocca la sa di rose/mentre la mia la sa di terra), per poter proseguire la narrazione che si interromperebbe con la morte della protagonista (uso il femminile per ovvi motivi).
Personalmente penso anche che nella cultura popolare il concetto di morte e aldilà sia visto in termini estremamente religiosi, quasi una compensazione alle sofferenze e “fatiche” di questo mondo, da cui l’idea del “riposo eterno”. (lasciami ai mie tormenti/lasciami riposare) Riposo cui chi è stato colpito da morte violenta non può aspirare, almeno non in un primo momento, e non si tratta di morte apparente, con successivo risveglio: sangue, pugnali ed altri generi di conforto lo testimoniano.
Il terzo aspetto è quello relativo al fatto che spesso i protagonisti degli avvenimenti sono principi re e regine, per questo vi rimando ad uno mio precedente scritto (Il tema della guerra nella musica popolare piemontese)
anche se in qualche raro caso il racconto viene attualizzato con effetto contrario al precedente.
Un quarto e ultimo aspetto (cui faccio per brevità solo qualche rapido cenno) è la capacità di queste ballate di spostarsi nelle quattro dimensioni, ossia di superare monti, valli, confini e … secoli se non millenni. Non male per una cultura di “tradizione orale”, se pur talora con l’ausilio di mezzi insperati, che hanno permessa la continuità anche quando il sottile filo si era spezzato. Polverosi archivi anche parrocchiali , biblioteche e studiosi hanno sopperito ai racconti, filastrocche e nenie infantili, specie quando i “portatori” erano scomparsi in qualche crudele evento bellico che non è mai mancato nella nostra disgraziata nazione o nel resto d’Europa. Per le “ballate” poi sembrerebbe che queste (in gran parte) si siano irradiate (in giro per l’Europa e oltremare) proprio partendo dal Piemonte, al più dalla vicina Provenza…
Ma veniamo all’anno 2019 ed ai poveri gestori del sito CCG, alle prese con le quasi infinite versioni delle stesse ballate, indecisi se collocarle su qualche nuova pagina o aprire solo una nuova versione di una già esistente. Questo è niente, il problema si complica, con loro eterna dannazione, per via del famigerato (qualcuno diceva prolifico) “Trad.Arr”
Già era complicato attribuire l’autore in condizioni, diciamo “normali”, mi spiego con un esempio.
Prendendo, che so, a caso, l’ “inno nazionale” tutti siamo d’accordo che l’autore è Goffredo Mameli (che ha scritto il testo di taglio ottocentesco) e ignoriamo l’autore della musica, invece per l’opera lirica o melodramma “Aida” diamo per scontato che l’autore sia Giuseppe Verdi (che ha scritto la musica) e ignoriamo l’autore dei testi. Quindi, chi intendiamo per “Autore” ?
Vediamo ora la complicazione, il brano, tradizionale, di anonimo oppure scritto da AA per la musica e/o da BB per le parole. Reinterpretato e arrangiato dal gruppo di folk-revival CC. Ossia “Trad.Arr CC”
Adesso, chi intendiamo per “Autore” ?
Ai posteri l’ardua sentenza, nui chiniam la fronte etc.etc.
Gianfranco, 1 ottobre 2019
Vorrei approfittare della comprensione e della pazienza dei gestori del sito per aggiungere qualche considerazione personale circa la musica popolare/tradizionale che in queste pagine si estrinseca in una serie di ballate con temi ricorrenti in genere alquanto tragici, si tratta di un particolare aspetto della musica/cultura popolare di cui vorrei analizzare alcuni elementi ricorrenti.
Il primo aspetto che tutti, penso, avrete incontrato, è la faccenda dei sette anni, periodo cui si riferisce la durata del distacco, della lontananza o della durata delle guerre. Io credo che tra i vari motivi, uno possa essere la “musicalità” infatti provate la strofa “e dopo sette anni/se ne ritorna a casa” variando il numero tra due e 13…
Comunque sette era la durata media delle guerre (vedi guerra dei sette anni), la durata delle ferma ottocentesca, e anche mio padre si fece due anni di naja più cinque di guerra, totale sette anni.
Il secondo aspetto è rappresentato dal fatto che tutte le vittime di morte violenta hanno (dopo il fattaccio) ancora possibilità di parlare e raccontare, questo a motivo della ricerca e punizione del colpevole, altrimenti impunito, per un ultimo contatto coi viventi (la tua bocca la sa di rose/mentre la mia la sa di terra), per poter proseguire la narrazione che si interromperebbe con la morte della protagonista (uso il femminile per ovvi motivi).
Personalmente penso anche che nella cultura popolare il concetto di morte e aldilà sia visto in termini estremamente religiosi, quasi una compensazione alle sofferenze e “fatiche” di questo mondo, da cui l’idea del “riposo eterno”. (lasciami ai mie tormenti/lasciami riposare) Riposo cui chi è stato colpito da morte violenta non può aspirare, almeno non in un primo momento, e non si tratta di morte apparente, con successivo risveglio: sangue, pugnali ed altri generi di conforto lo testimoniano.
Il terzo aspetto è quello relativo al fatto che spesso i protagonisti degli avvenimenti sono principi re e regine, per questo vi rimando ad uno mio precedente scritto (Il tema della guerra nella musica popolare piemontese)
anche se in qualche raro caso il racconto viene attualizzato con effetto contrario al precedente.
Un quarto e ultimo aspetto (cui faccio per brevità solo qualche rapido cenno) è la capacità di queste ballate di spostarsi nelle quattro dimensioni, ossia di superare monti, valli, confini e … secoli se non millenni. Non male per una cultura di “tradizione orale”, se pur talora con l’ausilio di mezzi insperati, che hanno permessa la continuità anche quando il sottile filo si era spezzato. Polverosi archivi anche parrocchiali , biblioteche e studiosi hanno sopperito ai racconti, filastrocche e nenie infantili, specie quando i “portatori” erano scomparsi in qualche crudele evento bellico che non è mai mancato nella nostra disgraziata nazione o nel resto d’Europa. Per le “ballate” poi sembrerebbe che queste (in gran parte) si siano irradiate (in giro per l’Europa e oltremare) proprio partendo dal Piemonte, al più dalla vicina Provenza…
Ma veniamo all’anno 2019 ed ai poveri gestori del sito CCG, alle prese con le quasi infinite versioni delle stesse ballate, indecisi se collocarle su qualche nuova pagina o aprire solo una nuova versione di una già esistente. Questo è niente, il problema si complica, con loro eterna dannazione, per via del famigerato (qualcuno diceva prolifico) “Trad.Arr”
Già era complicato attribuire l’autore in condizioni, diciamo “normali”, mi spiego con un esempio.
Prendendo, che so, a caso, l’ “inno nazionale” tutti siamo d’accordo che l’autore è Goffredo Mameli (che ha scritto il testo di taglio ottocentesco) e ignoriamo l’autore della musica, invece per l’opera lirica o melodramma “Aida” diamo per scontato che l’autore sia Giuseppe Verdi (che ha scritto la musica) e ignoriamo l’autore dei testi. Quindi, chi intendiamo per “Autore” ?
Vediamo ora la complicazione, il brano, tradizionale, di anonimo oppure scritto da AA per la musica e/o da BB per le parole. Reinterpretato e arrangiato dal gruppo di folk-revival CC. Ossia “Trad.Arr CC”
Adesso, chi intendiamo per “Autore” ?
Ai posteri l’ardua sentenza, nui chiniam la fronte etc.etc.
Gianfranco, 1 ottobre 2019
Language: Italian
IL RITORNO DEL SOLDATO
Lui prese il suo cavallo
e se ne va alla guerra
traversa le montagne
della Liguria bella
dopo sette anni
se ne ritorna a casa
incontra la sua mamma
piangente per la strada
incontra la sua mamma
piangente per la strada
mamma della mia mamma
cos'hai tu da raccontarmi
figlio dello mio figlio
la tua morosa è morta
è morta e seppellita
è morta e sotto terra
è là in quella valle
dove tu l'hai lasciata
è là in quella valle
dove tu l'hai lasciata
Lui prende il suo cavallo
e se ne va alla tomba
parla fiore d'amore
raccontami una volta
non posso più parlare
perché, perché son sottoterra
è stato il mio dolore
stramaledetta guerra
è stato il mio dolore
stramaledetta guerra
Io ti ho aspettato a lungo
io ti ho aspettato invano
col sole con la neve
scendeva piano piano
la terra fredda intorno
ma il sole scalda il cuore
ti lascio alla tua vita
o mio perduto amore
ti lascio alla tua vita
o mio perduto amore
o mio perduto amore
o mio perduto amore
Lui prese il suo cavallo
e se ne va alla guerra
traversa le montagne
della Liguria bella
dopo sette anni
se ne ritorna a casa
incontra la sua mamma
piangente per la strada
incontra la sua mamma
piangente per la strada
mamma della mia mamma
cos'hai tu da raccontarmi
figlio dello mio figlio
la tua morosa è morta
è morta e seppellita
è morta e sotto terra
è là in quella valle
dove tu l'hai lasciata
è là in quella valle
dove tu l'hai lasciata
Lui prende il suo cavallo
e se ne va alla tomba
parla fiore d'amore
raccontami una volta
non posso più parlare
perché, perché son sottoterra
è stato il mio dolore
stramaledetta guerra
è stato il mio dolore
stramaledetta guerra
Io ti ho aspettato a lungo
io ti ho aspettato invano
col sole con la neve
scendeva piano piano
la terra fredda intorno
ma il sole scalda il cuore
ti lascio alla tua vita
o mio perduto amore
ti lascio alla tua vita
o mio perduto amore
o mio perduto amore
o mio perduto amore
Contributed by Dq82 - 2020/4/3 - 16:33
Ciao Cari, su YT trovate la versione Ticinese (Svizzera) cantata da Achille Giannini di Mergoscia, giunta a noi da boscaioli bergamaschi.
Saluti
Sigi Giannini
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Sigi Giannini
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Di questa patetica canzone pubblicai nel « Cimento » del 1854 una prima lezione piemontese, che ebbe l'onore d'una parafrasi poetica di Giovanni Prati e d'una traduzione in versi italiani di Antonio Peretti (1). Una lezione dell'alto Monferrato, una emiliana e una del basso Monferrato furono poi stampate da Giuseppe Ferraro, la prima nel 1870, la seconda nel 1877, la terza nel 1888, e una veneta dal Bernoni nel 1873 (2). Giuseppe Ferraro ne diede una traduzione italiana nel giornale d'Alessandria « Eco degli Studenti » del 1865.La canzone è sparsa in tutta la Francia in numerose lezioni. La prima delle due pubblicate da E. de Beaurepaire, e anche quella dell'Atger (3) sembrano avvicinarsi piú di ogni altra alle lezioni piemontesi che si possono riassumere come segue. Gentil galante, che in alcune lezioni è soldato e viene in congedo per vedere la fidanzata o la sposa, sente sonar da lontano le campane. Va a casa, domanda della bella. Gli si risponde che è portata in chiesa per la sepoltura. Egli va in chiesa, ovvero va incontro al corteggio e interroga la morta. Le chiede un bacio. La morta risponde : — E come baciarvi? La mia bocca che era di rose e fiori, sa ora di terra. Il vostro anello l'ho ancora in dito, prendetelo, datelo ad un'altra e pregate Dio per me. Nella lezione dell'Atger la morta dice al fidanzato di dar l'anello alla sorella di lei e di amarla. — Le darò l'anello, egli risponde, ma non potrò amarla. Farò fare un romitaggio e là finirò i miei giorni. —In altre lezioni francesi, l'amante, vista la sposa morta, muore anch'esso (4). In quella pubblicata dall'Ampère, e nella seconda del Beaurepaire (5), ove sembra che ci sia confusione con altra canzone, la morta dice che è nell'inferno, dove c'è posto anche per lui se non si ravvede. La lezione pubblicata dal conte di Puymaigre, e quella stampata nella « Mélusine » (6) da F. Bonnardot, concordano colla monferrina e colla veneta, nella conclusione, che fa tornar l'amante al reggimento. In quella pubblicata da Decombe egli dice che vuol esser sepolto vicino alla morta (7).
La canzone, secondo il solito, dalla Francia del mezzodì s'infiltrò in Catalogna, lasciando anche qualche leggera traccia in Portogallo (8).Per la connessione che questa canzone può avere colla ballata anglo-scozzese Lord Lovel e coi canti popolari d'altri paesi che hanno qualche relazione con quest'ultima, la miglior fonte di comparazione è la prefazione alla ballata suddetta di Francis James Child (9). Il metro, colle solite deviazioni, è di nonari piani e tronchi con assonanza sui tronchi.
labachecadellepartiture
Informatore: Pellegrino Turrini, n. 1933
Luogo: Gàggio Montano BO
data ricerca: 1978
ricercatore: Paolo Bernardini
Al Coro "LA ROCCA" di Gaggio Montano BO
Ancora da Gaggio Montano viene questa bella melodia che riveste un tema noto in numerose regioni italiane.
Credo abbia ragione il Conati quando dice che il canto, «quasi certamente opera di cantastorie, non dovrebbe risalire oltre la prima metà dell'Ottocento; ma il nucleo narrativo da cui esso proviene è molto antico ed è verosimilmente quello stesso cui appartengono le varie versioni de "La sposa morta"».
La lezione gaggese si differenzia per una certa sinteticità nel racconto (che altrove si dilunga per oltre dieci strofe), per il luogo verso cui «si va alla guerra» (la Somalia appunto, mentre spesso si parla di Romagna o di Germania) e per il finale un po' meno «giallo» rispetto alle lezioni in cui si rivela che la«madre» ha avvelenato la ragazza.
Notevoli inoltre le diversità fra le linee melodiche che nella presente lezione, così come in quella elaborata per il coro Val Dolo di Toano da Mario Fontanesi col titolo di «Cimitero di Santa Liberata», risultano particolarmente ariose e nel contempo struggenti.
corostelutis.it