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Mâine toţi recruţii pleacă

Maria Tănase
Langue: roumain


Maria Tănase

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Canzone popolare rumena
Testo da Versuri

 Maria Tănase


Non so esattamente quanto durasse il servizio militare nella Romania di un tempo, ma è da presumere che, come un po' ovunque, durasse anni. Come è facile immaginare, per le famiglie contadine la partenza di un figlio maschio per il servizio militare era un grosso problema anche in tempo di pace: si trattava di due braccia in meno per i campi e per il bestiame. Il giovane doveva lasciare l'immancabile fidanzata (qui indicata con il curiosissimo appellativo di „mândruţă”, diminutivo di mândru „fiero, coraggioso”), che altrettanto immancabilmente si maritava con qualcun altro, e per molti ragazzi la separazione dal proprio ambiente rappresentava certamente uno stacco difficilissimo. Molti cercavano quindi di fare di tutto per evitare il servizio militare, o quanto meno per farlo durare il meno possibile; come si vede in questa canzone popolare, uno dei sistemi più usati era quello di farsi passare per l'unico sostentamento della famiglia (il padre troppo vecchio per occuparsi della campagna e delle bestie, il tentativo di far vendere il bestiame per poter dire di essere in povertà totale ecc.); tentativi che, usualmente, andavano a vuoto perché nessun contadino era ovviamente disposto a privarsi del bestiame (di solito comunque scarso). Così il ragazzo doveva partire, tra mille lamenti. La realtà era spesso assai differente dalle canzoncine: sto scrivendo dalla vecchia casa di famiglia all'Isola d'Elba, e mi ricordo anche fin troppo bene i racconti dei miei zii che, da giovani, erano stati felicissimi di partire per tre anni di servizio militare lasciando sì le fidanzatine di paese ma anche la durissima e schifosa vita dei campi (e divertendosi finalmente con un discreto numero di ragazzotte trovate nei vari porti). Mio zio Ulisse diceva in particolare di aver mangiato per la prima volta la carne in vita sua durante il servizio in marina. Come dire: piuttosto di non fare i contadini (cosa che facevano fin da bambini), preferivano di gran lunga stare anni sotto le armi (a tale riguardo bisognerebbe rileggere con attenzione anche Padre padrone di Gavino Ledda). Certo, accadeva non di rado come è successo ad un altro mio zio, Mamiliano, che s'è ritrovato in guerra e che non è più tornato da Capo Matapan, con tanto di nome sul monumento alato ai caduti nella piazza di Marina di Campo. Ma le canzoni popolari che parlano della dolorosa partenza per il militare vanno sempre un po' lette tenendo conto che, alla fin fine, sono „figlie” -in ogni epoca e in ogni paese- di un ambiente rurale tradizionale (dominato ossessivamente dalla chiesa e dagli agrari) che voleva il contadino costantemente legato alla terra, dalla quale non si doveva smuovere. Fatto sta che, anche in questa canzone popolare rumena, alla fin fine il giovanotto ritorna sergente maggiore dopo aver visto magari un po' di mondo (e, spesso, imparando a leggere e scrivere). Il vecchio padre aspetta sì triste, ma il figlio ritorna sergente maggiore e di fidanzata, è da presumere, se ne troverà un'altra mentre quella che non lo ha aspettato si sarà sposata il solito bovaro che le avrà fatto fare figli su figli. La società contadina è stata ben lungi dall'essere „idilliaca”, e moltissimi giovani contadini trovavano assai più sopportabile la disciplina militare della vita nei campi. E tanto, comunque, i vecchi padri la mucca col cavolo che la vendevano! [RV]

Nota testuale. Come oramai accade pressoché sempre per qualsiasi cosa ripresa da siti in lingua rumena, è impossibile aspettarsi una precisione seppur minima. Internet ha letteralmente ucciso l'ortografia rumena: a farne le spese sono stati principalmente i diacritici (che sono distintivi), ma nel caso di questo testo le fonti reperibili in rete sono scorrette anche nel resto dell'ortografia. Nell'attesa che, prima o poi, i diacritici vengano del tutto aboliti ufficialmente (cosa che renderà simpaticamente illeggibile la lingua rumena anche agli stessi rumeni...), in questo sito persistiamo eroicamente a rispettare l'ortografia nazionale rumena e a ripristinare i diacritici e tutto il resto.
Foaie verde, nucă seacă of, of,
Mâine toţi recruţii pleacă
Merg parinţii să-i petreacă.

Dar pe mine n-are cine of, of
Dar pe mine n-are cine
Că sunt străinel pe lume.

Tată-i bătrân şi nu poate of, of
Tată-i bătrân şi nu poate
Surorile-s prea departe.

Mândruţa s-a măritat of, of
Mândruţa s-a măritat
M-a lăsat cu dor în sat, mai.

Vinde-l tată pe Lunilă
Vinde-l tată pe Lunilă
Să fac armata o lună.

Vinde, tată, boii, vaca of of
Vinde, tată, boii, vaca
Ca să nu mai fac armata.

Tată a zis că nu poate of of
Tată a zis că nu poate
Şi-am făcut armate, frate.

Şi m-a aşteptat cu dor of of
Şi m-a aşteptat cu dor
Şi-am venit sergent major.

envoyé par Flavio Poltronieri - 13/8/2015 - 12:45




Langue: italien

Versione italiana di Flavio Poltronieri
DOMANI TUTTE LE RECLUTE VANNO VIA

Foglia verde, noce secca, mamma
Domani tutte le reclute vanno via
E i genitori li festeggiano

Anche il mio mi era molto caro
Ma nessuno mi accompagnava
Mamma

Quando ero giovane come te
Avevo un padre troppo vecchio
E non aveva tanta pazienza
Mamma

E gridava forte mio padre
Oh Dio, mettimi su una strada
Senza la luce delle stelle
Sopra le caserme

Devo parlare con il colonnello
Mamma
E dirgli di non sgridare il mio cucciolo
E di non fargli fare i turni di guardia
Perché è piccolino e si addormenta

13/8/2015 - 12:46




Langue: italien

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
14 agosto 2015
Marina di Campo (Isola d'Elba)

Due parole del traduttore. La versione italiana di Flavio Poltronieri mi sembra chiaramente una riscrittura, o reinterpretazione, della canzone originale. Ho pensato quindi di eseguire una traduzione integrale del testo rumeno (per il quale si veda anche quanto scritto nell'introduzione). Si tratta di un testo che ci porta diritti nelle campagne tradizionali rumene, ed a tale riguardo merita spendere qualche parola sul nome di „Lunilă” dato alla mucca che il giovane soldato vorrebbe far vendere al babbo per rimanere il meno possibile a fare il militare. Nella Romania rurale, alcuni giorni della settimana erano considerati „santi”: tra questi il Lunedì (in rumeno luni). Si trattava di una santa femminile („Sfânta Luni”; altri giorni della settimana erano invece santi maschili), che le donne onoravano vestendosi in nero. Se nascevano degli animali in quel giorno, particolarmente mucche, veniva dato loro il nome di „Lunilă” o „Lunoaia” (qualcosa come „Lunedina”); un uso non estraneo alle nostre campagne, dove parecchie mucche recavano ad esempio il nome di „Domenica”. Se invece nasceva un bambino di lunedì, si diceva che sarebbe stato parecchio brutto di aspetto, ma anche sanissimo e fortunato.
DOMANI PARTONO TUTTE LE RECLUTE

Foglia verde, noce secca, oh oh,
Domani partono tutte le reclute
E i genitori vanno a festeggiarle.

Ma per me non c'è nessuno, oh oh,
Ma per me non c'è nessuno
Ché son solo soletto al mondo.

Il babbo è vecchio e non può, oh oh,
Il babbo è vecchio e non può
E le sorelle son troppo lontane.

La mia ragazza s'è maritata, oh oh,
La mia ragazza s'è maritata
E mi ha lasciato triste al paese.

Babbo, su, vendi Lunilă,
Babbo, su, vendi Lunilă
Ché così fo il militare un mese.

Vendi, babbo, i buoi e la vacca, oh oh
Vendi, babbo, i buoi e la vacca
Ché così non fo più il militare.

Babbo ha detto che non può, oh oh,
Babbo ha detto che non può
E ho fatto il militare, fratello.

Così triste m'ha aspettato, oh oh,
Così triste m'ha aspettato
E son tornato sergente maggiore.

14/8/2015 - 06:31




Langue: français

Version française — DEMAIN, TOUTES LES RECRUES PARTENT — Marco Valdo M.I. — 2023
Chanson roumaine — Mâine toţi recruţii pleacă — Maria Tănase — 1954-1960 (?)
Chanson populaire roumaine

LE CHAR À BŒUFS <br />
 Nicolae Grigorescu — 1899
LE CHAR À BŒUFS
Nicolae Grigorescu — 1899


Je ne sais pas exactement combien de temps durait le service militaire en Roumanie à l’époque, mais on peut supposer que, comme un peu partout ailleurs, il durait des années. Comme on peut facilement l’imaginer, pour les familles paysannes, le départ d’un enfant masculin pour le service militaire était un gros problème, même en temps de paix : il s’agissait deux bras en moins pour les champs et le bétail. Le jeune homme devait quitter son immanquable fiancée (désignée ici par la très curieuse appellation « mândruţă », abréviation de mândru « fier, courageux »), qui se mariait tout aussi immanquablement avec quelqu’un d’autre, et pour beaucoup de jeunes gens, la séparation d’avec leur environnement représentait certainement une rupture très difficile. Beaucoup cherchaient donc de tout faire pour éviter le service militaire, ou du moins pour le faire durer le moins possible ; comme on voit dans cette chanson populaire, l’un des systèmes les plus utilisés était celui de se faire passer pour le seul soutien de la famille (le père étant trop vieux pour s’occuper de la campagne et du bétail, la tentative de faire vendre le bétail pour pouvoir dire être dans la pauvreté totale, etc. ; des tentatives qui usuellement, foiraient car aucun paysan n’était évidemment disposé à se priver du bétail (d’ordinaire de toute façon réduit). Ainsi, le garçon devait partir, au milieu de mille lamentations. La réalité était souvent très différente des chansons : j’écris depuis la vieille maison familiale de l’île d’Elbe, et je me souviens trop bien des histoires de mes oncles qui, jeunes, avaient été très heureux de partir pour trois ans de service militaire, laissant derrière eux les fiancées de village, mais aussi la vie dure et misérable des champs (et s’amusant finalement avec un discret nombre de jeunes filles trouvées dans les différents ports). Mon oncle Ulysse disait notamment avoir mangé pour la première fois de la viande de sa vie pendant son service militaire. Comment dire : plutôt que d’être paysans (chose qu’ils faisaient depuis leur enfance), ils préféraient de loin être des années sous les armes (à ce propos, il faudrait relire avec attention aussi Padre padrone de Gavino Ledda). Certes, il arrivait souvent, ce qui est arrivé à un autre de mes oncles, Mamiliano, qui s’est retrouvé à la guerre et n’est jamais revenu du Cap Matapan, avec tant de noms sur le monument aux morts sur la place de Marina di Campo. Mais les chansons populaires qui parlent du douloureux départ pour l’armée doivent toujours être lues en gardant à l’esprit qu’elles sont en fin de compte les « filles » — à chaque époque et dans chaque pays — d’un environnement rural traditionnel (dominé obsessionnellement par l’église et les agrariens) qui voulait que le paysan soit constamment lié à la terre, dont il ne devait pas s’éloigner.
Le fait est que, même dans cette chanson populaire roumaine, le jeune homme revient finalement sergent-major après avoir peut-être vu un peu le monde (et, souvent, appris à lire et à écrire). Le vieux père attend tristement, mais le fils revient sergent-major et sa fiancée, on le suppose, en trouvera une autre, tandis que celle qui ne l’a pas attendu aura épousé l’habituel bouvier qui lui aura fait faire enfant sur enfant. La société paysanne était loin d’être « idyllique », et beaucoup de jeunes paysans trouvaient la discipline militaire bien plus supportable que la vie aux champs. Et puis, de toute façon, les vieux pères, la vache hors de question qu’ils la vendent ! [RV]
DEMAIN, TOUTES LES RECRUES PARTENT

Feuille verte, noix sèche,
Demain, toutes les recrues partent
Et les parents vont leur faire la fête.

Mais pour moi, il n’y a personne,
Mais pour moi, il n’y a personne,
Car je suis seul au monde.

Papa est vieux et ne peut pas,
Père est vieux et ne peut rien
Et mes sœurs sont trop loin.

Ma fiancée s’est mariée,
Ma fiancée s’est mariée
Et m’a laissé triste au village.

Père, allez, vendez Lunilă,
Papa, viens, vends ta Luna
Pour mon service militaire en un mois.

Vends les bœufs et la vache, papa,
Vends les bœufs et la vache, papa,
Ainsi, je ne serai pas soldat.

Papa dit qu’il ne peut pas,
Père dit qu’il ne peut pas,
Alors mon frère, je suis soldat.

Triste, il m’attend,
Tellement triste, il m’attend
Et moi, je vais revenir sergent.

envoyé par Marco Valdo M.I. - 18/6/2023 - 09:40


Rimessa un po' a posto questa pagina con tanto di introduzione (per la quale mi scuso se qua e là ho usato toni un po'...ironici; ma conosco la "civiltà contadina" e non nutro verso di essa alcuna visione romantica), vorrei chiedere a Flavio Poltronieri, se possibile, qualcosa sulla genesi della sua traduzione (o riscrittura). Comincia con due strofe che sono effettivamente riprese dal testo originale (anche se non c'è nessuna "mamma": tata, in rumeno come nell'italiano meridionale del quale ha molto, significa "babbo, papà"), ma prosegue poi per una strada, come dire, tutta sua e della quale nel testo originale non v'è traccia alcuna. E' stata ripresa da qualche altra traduzione, oppure esistono altre versioni del canto, o cosa? Saluti carissimi.

Riccardo Venturi - 14/8/2015 - 07:40


Your link to youtube is incorrect. Under this link Maria Tănase sings another song entitled « Asta iarna era iarna ». So you need to replace this link with the following:
https://youtu.be/Ur5AQDwi0iE


(Ed)

Thanks

17/6/2023 - 13:56




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