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Coltan

Andrea Sigona
Langue: italien


Andrea Sigona

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[2015]

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Io che non hai mai visto il sole
oltre il caldo e le sue pietre
io che non ha mai visto il mare
con tutta la sua sete
io che non hai mai visto l'ombra
perché l'ombra ha i suoi contorni
io che non hai mai visto l'alba
e la stagione dei ricordi

Polvere sopra polvere
nera come il nero
per due sacchetti d'oro
la paga lo straniero

io che non hai mai visto gli occhi
il colore che ha il tramonto
io che non hai visto un bacio
il segreto che ha il suo volto
e quella terra è dura
nessun fiore è mai arrivato
mani come pale al vento
da quale ventre son mai nato

Polvere sopra polvere
fame come fame
nero come il demonio
nero come catrame

io che non hai mai visto luce
niente cielo senza una stanza
maledette multinazionali
che hanno spento la mia speranza
io che non hai mai visto il sole
oltre il caldo e le sue pietre
io che non ha mai visto il mare
con tutta la sua sete

Polvere sopra polvere
terra senza acqua e grano
potessero bastare due note

envoyé par adriana - 15/7/2015 - 08:07


adriana - 15/7/2015 - 08:26



Langue: français

Version française – COLTAN – Marco valdo M.I. – 2015
Chanson italienne – Coltan – Andrea Sigona – 2015

Poussière sur poussière  / Faim comme faim  / Noir comme le démon / Noir comme goudron
Poussière sur poussière / Faim comme faim / Noir comme le démon / Noir comme goudron


Lucien l'âne mon ami, avant d'aborder la chanson elle-même, je te ferai remarquer que c'est la première fois que nous entrons dans le labyrinthe des CCG par le portail en français… Comme tu sais, antérieurement, il nous fallait passer par l'italien… Certes, cela ne nous gênait nullement, mais ce devait être un fameux obstacle pour bien des locuteurs de langue française…

Il me semble à moi aussi… C'est donc un jour à marquer d'une pierre blanche...

Et pas noire, en tous cas, comme tu vas le voir avec la chanson sur le coltan. Une étrange chanson pour laquelle il te faudra, Lucien l'âne mon ami, ouvrir grand ta machine à penser, ton cerveau. Car il y a derrière elle des implications qui ne se distinguent pas à première vue. En bref, il s'agit de répondre à deux questions : qu'est-ce que le coltan et que vient-il faire ici dans les chansons contre la guerre ?

Pour ce qui est du coltan, je sais bien de quoi il s'agit ; j'en ai assez porté sur mon dos. Je t'accorde que c'était il y a longtemps et que peut-être était-ce un autre minerai que la colombite-tantale ; en tous cas, un de ces minerais noirs , mais d'un noir qu'on aurait cru mes sabots ou un bloc d'encre de Chine. Bref, des cailloux noirs tirés d'un sol noir…

Généralement, par des Noirs… C'est bien lui et ses mines se situent principalement au Congo. On dit que c'est un minerai stratégique… C'est tout dire. Un minerai stratégique a cette particularité de déclencher des luttes terribles pour sa possession. Et c'est bien ce qui se passe encore aujourd'hui avec le coltan. On raconte que la guerre ou les guerres qui se déroulent pour lui auraient fait la bagatelle de six millions de morts, sans compter les morts-vivants que sont ceux qu'il a blessés et ceux qui encore y perdent leur vie au travail. Telle est en gros la raison de sa présence ici dans les Chansons contre la Guerre. Il y a toute une littérature à ce sujet… Je t'y renvoie en commençant par l'article Coltan dans wiki ou par un article sur le sujet, tel que Le massacre d’un peuple pour le « bonheur » du monde.

En résumé, c'est un nouvel épisode de la Guerre de Cent Mille Ans que les riches font aux pauvres pour les obliger à générer des profits, afin d'accroître leurs richesses encore et encore jusqu'à ce que mort s'ensuive – celle des autres, bien entendu.

Cependant, Lucien l'âne mon ami, cette chanson a un autre aspect que je t'invite à découvrir et c'est le fait que le protagoniste de la chanson, celui qui nous parle au travers de la chanson, c'est le coltan lui-même… On pourrait même l'appeler « Lamentation du coltan »… Du moins, c'est ainsi que je la comprends et que j'en ai fait la version en langue française.

Je m'en vais de ce pas vérifier ce que tu me racontes et puis, ensemble, reprenons nos habitudes et tissons le linceul de ce vieux monde exploiteur, profiteur, assassin, extorqueur et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
COLTAN


Moi qui n'ai jamais vu le soleil
Au-delà de la chaleur et ses pierres
Moi qui n'ai jamais vu la mer
Avec toute sa soif
Moi qui n'ai jamais vu l'ombre
Car l'ombre a ses contours
Moi qui n'ai jamais vu l'aube
Et la saison des souvenirs

Poussière sur poussière
Noire comme le noir
Pour deux sachets d'or
La paye l'étranger

Moi qui n'ai jamais vu des yeux
La couleur du coucher de soleil
Moi qui n'ai jamais vu un baiser
Le secret de son visage
Et cette terre est dure
Aucune fleur n'est jamais arrivée
Des mains comme des pales au vent
De quel ventre suis-je jamais né

Poussière sur poussière
Faim comme faim
Noir comme le démon
Noir comme goudron

Moi qui n'ai jamais vu la lumière
Aucun ciel sans une chambre
Maudites multinationales
Qui ont éteint mon espoir
Moi qui n'ai jamais vu le soleil
Au-delà de la chaleur et ses pierres
Moi qui n'ai jamais vu la mer
Avec toute sa soif

Poussière sur poussière
Terre sans eau et grain
Si pouvaient suffire deux notes

envoyé par Marco Valdo M.I. - 22/7/2015 - 22:26


Coltan
Pagina nata da un'idea di Andrea Sigona e di Salvatore Augusto Tonti, per sensibilizzare su questo tema drammatico ancora sconosciuto ai più.

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adriana - 2/9/2015 - 09:17


ciao e grazie intanto della tua traduzione del testo.

Potresti mettermi la traduzione di quello che hai detto? mi interessa particolarmente.

Se puo' farti piacere puoi anche scrivermi su facebook.

Grazie

Andrea Sigona

2/10/2015 - 08:52


Caro Andrea,

Ecco la traduzione richiesta del dialogo tra Lucien e Marco a proposito di Coltan. D'altra parte, mi sembra avere anche tradotto altre tue canzoni. Mi accorgo soltanto questa sera che avevi già messo una parola di ringraziamento per Indistruttibili.

Tradurre buone canzoni è realmente un piacere… Inoltre, se la canzone è buona, la traduzione può esserlo anch'essa. Solo che non si tratta di fare una traduzione, ma di fare una « re-création » (ri-creazione?) in un'altra lingua. Per questo insisto a parlare “di versione francese„ e non di traduzione.

In altre parole, non sono una macchina per tradurre…

Infine, se non ho dato una versione francese di tutte le tue canzoni presente nelle CCG, è che c'è così tanto a fare nelle canzoni contro la guerra (CCG) e tanti autori diversi e tante canzoni…
Tuttavia, come ho fatto con piacere per Germano Bonaveri, posso fare versioni francesi di canzoni particolari su richiesta dell'autore… Per capirsi bene, lo faccio gentilmente, per amicizia…

Tuttavia, come hai forse visto, ho anche scritto canzoni… alcune in italiano…

Tradurre canzoni da un'altra lingua è un esercizio eccellente per un autore…

Cordialmente
Marco Valdo M.I.

Lucien l'asino amico mio, prima di abbordare la canzone stessa, ti devo fare osservare che è la prima volta che entriamo nel labirinto del CCG attraverso il portale in francese… Come sai, prima dovevamo passare per l'italiano… Certamente, ciò non ci dava affatto noia, ma poteva essere un ostacolo notevole per molti locutori di lingua francese…

Sembra anche a me… È dunque un giorno da segnare nel calendario, con una peitra bianca, come si dice in francese

E non nera, in ogni caso, come vedrai con la canzone sul coltan. Una canzone strana per la quale occorrerà, Lucien l'asino amico mio, spalancare la tua macchina per pensare, il tuo cervello. Poiché vi sono dietro ad essa delle implicazioni che non si distinguono a prima vista. In breve, si tratta di rispondere a due domande: cosa è il coltan e cosa c'entra qui nelle canzoni contro la guerra?

Che cosa sia coltan, lo so bene; ne ho portato abbastanza sulla schiena. Ammetto che era molto tempo fa e che forse era un altro minerale metallifero come il colombite-tantalio; comunque, uno di questi minerali metalliferi neri, ma di un nero che si sarebbe creduto i miei zoccoli o un blocco d'inchiostro di china. In breve, pietre nere tratte di un suolo nero…

Generalmente, raccolte da dei neri… Si tratta proprio di quel minerale e le miniere dove si estrae si trovano soprattutto nel Congo. Dicono che è un minerale metallifero strategico… ed è tutto dire. Un minerale metallifero strategico ha questa particolarità di scatenare lotte terribili per il suo possesso. Ed è infatti ciò che avviene ancora oggi con il coltan. Si dice che la guerra o le guerre che si svolgono a causa di qeuste pietre avrebbero fatto la sciocchezzuola di sei milioni di morti, senza contare i morti-vivi che sono coloro che ha ferito e coloro che ancora perdono la vita sul lavoro. Tale è all'ingrosso la ragione della sua presenza qui nelle canzoni contro la guerra. C'è tutta una letteratura sull'argomento… Vi rinvio per cominciare all'articolo Coltan sulla wiki o con un articolo sull'argomento, come il massacro di un popolo per “la felicità„ del mondo (l'articolo è in francese : Le massacre d’un peuple pour le « bonheur » du monde).

Riassumendo, è un nuovo episodio della Guerra di Centomila Anni che i ricchi fanno ai poveri per costringerli a generare profitti, per aumentare le loro ricchezze ancora ed ancora fino a che non sopraggiunga la morte – quella degli altri, naturalmente.

Tuttavia, Lucien l'asino amico mio, questa canzone ha un altro aspetto che lo invito a scoprire ed è il fatto che il protagonista della canzone, quello che ci parla attraverso la canzone, è il coltan… Si potrebbe anche chiamarla “Lamento del coltan„… Almeno, così la capisco e che ne ho fatto la versione in lingua francese.

Intanto verificherò ciò che me racconti e quindi, insieme, riprendiamo le nostre pratiche e tessiamo il sudario di questo vecchio mondo sfruttatore, profittatore, assassino, estorsore e malato di cacochimia.

Fortunatamente!

Così Parlavano Marco Valdo M.I e Lucien Lane

4/10/2015 - 21:08


caro Marco,
ringraziandoti intanto per le tue traduzioni faccio una riflessione a proposito del discorso "...chi parla nella canzone?" e non è sicuramente il coltan stesso ma bensì colui che viene sfruttato da milizie autorizzate (oltre che umiliato e offeso). Detto questo di cose ce ne sarebbero da dire tantissime, ma mi fermo in maniera prudente sulla canzone senza cercare di aprire un dibattito. Grazie al sostegno di Massimo Alberizzi per aver messo la canzone all'interno del suo quotidiano on line (garantisco che è stato l'unico). Altri giornalisti, testate, ecc non solo non ne hanno parlato ma addirittura risposto a me personalmente che la "questione coltan non fa notizia". E questo la dice lunga purtroppo. Ecco dove il mestiere e la professione giornalistica mi fa vomitare. Essere giornalisti dovrebbe essere una missione al servizio di tutti, guardando con gli occhi di chi legge, respirare l'aria di chi non ha ossigeno, toccando con mano di chi non ha mani. E non al servizio ossequioso e riverente verso qualche padroncino di potere. Forse bello che spiegato il perchè in giro non mi cagano un granchè. Parlo, canto e scrivo per chi non ha voce per urlare la sua rabbia nella speranza che prima o poi tutto questo possa diventare una nuova rivoluzione.
Con affetto
Andrea

Andrea Sigona - 7/1/2016 - 13:21


Buono

gianni - 27/5/2022 - 20:44


Le scorie elettroniche a base di mercurio, piombo, cadmio, arsenico, fosforo…
rischiano di trasformare l’Africa in una immensa discarica.Smantellata in Spagna una rete criminale che trasportava tonnellate di scorie elettroniche pericolose. Prima alle Canarie e poi sul continente.

QUANDO UNA TELEFONATA NON SALVA UNA VITA…

Gianni Sartori

Mai posseduto uno di quelli arnesi infernali che di volta in volta vengono chiamati “telefono portatile”, “cellulare”, “smartphone”…o Dio sa cos’altro.

Anni fa, ricordo, una ispettrice dell’Inpgi mi segnalava che - stando alle sue ricerche - ero l’unico giornalista iscritto all’ordine (solo pubblicista, tranquilli) privo di tale “indispensabile” aggeggio. Non ho mai avuto modo di verificarlo, ma comunque, se non proprio unico, di sicuro rappresentavo un caso raro.

Invece - e purtroppo - nemmeno io sono riuscito a sfuggire al computer. Almeno per ora, ma non dispero (mi sto esercitando con i fumetti, carta e matita).

Negli anni novanta ero perfino riuscito a convincere il grande Vincenzo Sparagna (direttore di “Frigidaire”) che aveva continuato ad accettare i miei articoli su cartaceo e inviati per posta.

Al contrario con Paolo Finzi (A Rivista) non ci fu verso “Se vuoi che continuiamo a pubblicare le tue cazzate (bontà sua! nda) ce le devi inviare per e-mail”. Idem con il giornale diocesano e quindi alla fine (forse sbagliando) accettai il compromesso. Ne recuperai - a gratis - uno di usato, scartato da un parente, entrando mio malgrado nella Modernità.

Detto questo, mi sento autorizzato, almeno in parte, a (ri)sollevare la polemica sulle quantità industriali di cellulari che vanno a inquinare il pianeta in generale e l’Africa in particolare. Un Continente già pesantemente penalizzato in fase estrattiva (vedi per es. il cobalto, il litio…vedi quanto avviene nel Nord-Est della Repubblica democratica del Congo…ne riparleremo)*.

Come ha recentemente ricordato Damien Ghez, giornalista e disegnatore originario del Burkina Faso “le scorie elettroniche contengono mercurio, piombo, cadmio, arsenico e fosforo”. Sostanze nocive, inquinanti che richiederebbero quantomeno “un processo di decontaminazione da parte di imprese specializzate”. Ma questo evidentemente non rientra nei piani (e nei profitti) delle società occidentali che spesso “agiscono in disprezzo delle leggi e dell’impatto ambientale”.

Impatto in larga parte scaricato su quei Paesi del (cosiddetto) Sud del Mondo, ridotti al rango di immensa discarica planetaria.

L’occasione per l’intervento del giornalista africano è venuta da un comunicato del Ministero delle finanze spagnolo. Il 3 gennaio è stato annunciato lo smantellamento operato dalla Guardia Civil di una organizzazione criminale che in soli due anni aveva esportato in Africa circa cinquemila tonnellate di “scorie elettroniche pericolose” (in gran parte costituite da cellulari obsoleti). Guadagnandoci sopra qualcosa come un milione di euro e mezzo. Falsificando i documenti sulla provenienza e sul trattamento (in genere presentandoli come “articoli di seconda mano riutilizzabili”) in un primo tempo i carichi tossici venivano spediti alle Canarie. Da qui, per la precisione da Tenerife, proseguivano via mare verso la Mauritania, il Ghana, la Nigeria o il Senegal.

Non è una novità naturalmente. Il caso della Probo Koala che trasportava sostanze tossiche con destinazione Abidjan risale al 2006. Ma forse non ne abbiamo tratto le doverose conclusioni a livello di “principio di precauzione”.

Tanto è vero che periodicamente viene riproposta  la tesi per cui le migliaia di tonnellate di televisori, telefoni e strumenti elettronici spediti in discarica, in realtà rappresenterebbero una risorsa, “una ricca fonte di metalli”. E che “l’estrazione delle scorie elettroniche costituisce in sé stessa un buon affare”. In particolare per l'oro e il rame, secondo vari studi. In questo genere di riciclaggio la Cina sarebbe all’avanguardia (per lo meno a livello di sperimentazione), seguita da Stati Uniti, Unione Europea, Australia e Giappone. Oltretutto, in quanto automatizzabile, richiederebbe molto meno mano d’opera rispetto all’attività mineraria tradizionale.

Sarà, ma quello a cui si assiste è - per dirne una - la commercializzazione ogni anno di nuovi modelli di smartphones sempre più “performanti”. Nella totale indifferenza (“sconnessione” ?) da parte degli entusiasti consumatori seriali per la relazione tra l’acquisto del feticcio e le conseguenze ambientali e sociali così innescate.

Come ricordavano gli Amici della Terra “perfettamente e completamente inseriti nei processi economici della mondializzazione, gli smartphones compiono quattro volte il giro del mondo prima di arrivare nei nostri magazzini e nei negozi”. Calcolando l’estrazione delle materie prime, la fabbricazione dei componenti, l’assemblaggio e la distribuzione.

Ed è ormai risaputo che in ogni fase della loro esistenza (dall’estrazione alla dismissione) tali aggeggi sono causa di gravi danni ambientali in ogni parte del pianeta.

Elencando alla rinfusa “violazioni dei diritti umani, esaurimento di risorse non rinnovabili, sostanze tossiche rilasciate nella biosfera, emissione di gas con conseguente effetto serra…

Abbiamo a che fare con una minaccia incombente, uno stillicidio nei confronti dell’ambiente, della biodiversità e dell’umanità. Se la maggior responsabilità ricade ovviamente sul “Nord” del mondo, non per questo - ci avvisa Damien Ghez - possiamo evitare di identificare i complici nativi che accettano di ricevere quelle mercanzie mortifere.

A conclusione devo informare i miei soliti sei o sette lettori affezionati che attualmente non sono più “l’unico - per quanto solo presunto - giornalista iscritto all’Ordine privo di cellulare”.

Ma solo perché nel frattempo ho restituito la tessera tornando allo stato di puro e semplice free-lance.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 4/1/2023 - 22:54




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