Je compte bientôt soixante vendanges,
N’empêche que j’ai planté l’an dernier,
Le jour où ma vigne emplira ma grange
Ses pieds descendront chatouiller mes pieds.
Mais, déjà mes yeux la voient, fière et douce
Ainsi qu’une fille allant à l’amour,
Forte comme un gas qui vient des labours
Et mon cœur sourit car ma vigne pousse.
Ah ! lon la ! ma vigne pousse ! lon la !
C’est l’avenir qui pousse là !
Ma vigne verra crever la bêtise,
Les croix tomberont des dieux inhumains
Dont le prêtre boit tout seul à l’église,
Tout le monde aura le calice en main !
Ma vigne verra les noces sincères
De beaux amoureux s’aimant librement,
Sans jamais mentir, même d’un serment,
Et ne sachant plus le chemin du maire.
Ah ! lon la ! ma vigne pousse ! lon la !
C’est l’avenir qui pousse là !
Ma vigne verra chasser la misère
Tous les assassins à ventre de loups,
Noieront leurs couteaux dans l’eau des rivières
Pour chanter son vin sur des airs très doux.
Les errants maudits et les sans asile
Seront des rêveurs qui viendront le soir
Boire en la liqueur tendre du pressoir
Le ciel qui se mire au creux des sébiles.
Ah ! lon la ! ma vigne pousse ! lon la !
C’est l’avenir qui pousse là !
Ma vigne verra fusiller la guerre,
Ses raisins de paix en paix mûriront ;
Leur sang rougira seul les bouches claires
Qui refuseront celles des clairons.
Ma vigne verra tomber les frontières,
Et les ennemis des temps disparus,
Allonger les bras après avoir bu
Pour reboire un coup et choquer leurs verres.
Ah ! lon la ! ma vigne pousse ! lon la !
C’est l’avenir qui pousse là !
Ma vigne verra les temps d’harmonie,
Les enfants viendront comme ses raisins ;
Les sentiers seront moins beaux que la vie,
Les hommes auront la bonté du vin.
Ah ! ma vigne forte ! Ah ! ma vigne douce !
On me dit : Pourquoi rêver tout cela
Vieux qui doit mourir quand tantôt viendra ?
Je mourrai tantôt, mais ma vigne pousse !
N’empêche que j’ai planté l’an dernier,
Le jour où ma vigne emplira ma grange
Ses pieds descendront chatouiller mes pieds.
Mais, déjà mes yeux la voient, fière et douce
Ainsi qu’une fille allant à l’amour,
Forte comme un gas qui vient des labours
Et mon cœur sourit car ma vigne pousse.
Ah ! lon la ! ma vigne pousse ! lon la !
C’est l’avenir qui pousse là !
Ma vigne verra crever la bêtise,
Les croix tomberont des dieux inhumains
Dont le prêtre boit tout seul à l’église,
Tout le monde aura le calice en main !
Ma vigne verra les noces sincères
De beaux amoureux s’aimant librement,
Sans jamais mentir, même d’un serment,
Et ne sachant plus le chemin du maire.
Ah ! lon la ! ma vigne pousse ! lon la !
C’est l’avenir qui pousse là !
Ma vigne verra chasser la misère
Tous les assassins à ventre de loups,
Noieront leurs couteaux dans l’eau des rivières
Pour chanter son vin sur des airs très doux.
Les errants maudits et les sans asile
Seront des rêveurs qui viendront le soir
Boire en la liqueur tendre du pressoir
Le ciel qui se mire au creux des sébiles.
Ah ! lon la ! ma vigne pousse ! lon la !
C’est l’avenir qui pousse là !
Ma vigne verra fusiller la guerre,
Ses raisins de paix en paix mûriront ;
Leur sang rougira seul les bouches claires
Qui refuseront celles des clairons.
Ma vigne verra tomber les frontières,
Et les ennemis des temps disparus,
Allonger les bras après avoir bu
Pour reboire un coup et choquer leurs verres.
Ah ! lon la ! ma vigne pousse ! lon la !
C’est l’avenir qui pousse là !
Ma vigne verra les temps d’harmonie,
Les enfants viendront comme ses raisins ;
Les sentiers seront moins beaux que la vie,
Les hommes auront la bonté du vin.
Ah ! ma vigne forte ! Ah ! ma vigne douce !
On me dit : Pourquoi rêver tout cela
Vieux qui doit mourir quand tantôt viendra ?
Je mourrai tantôt, mais ma vigne pousse !
Contributed by Bernart Bartleby - 2015/6/9 - 13:53
Language: Italian
Traduzione italiana / Traduction italienne / Italian translation / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 12-03-2020 22:16
Riccardo Venturi, 12-03-2020 22:16
LA MIA VIGNA CRESCE
Presto avrò fatto sessanta vendemmie,
Comunque ho piantato anche l'anno scorso
E quando la vigna mi riempirà il magazzino
Coi suoi piedi farà il solletico ai miei.
Già la vedo, fiera e dolce proprio come
Una fanciulla che va incontro all'amore,
Forte come un giovane che torna dai campi,
E mi sorride il cuore: la mia vigna cresce.
Ah, la mia vigna cresce, trallallà!
È l'avvenire che ci cresce dentro.
Vedrà la mia vigna schiantar l'idiozia,
Cadranno le croci degli dèi inumani
Il cui sacerdote beve da solo in chiesa,
E tutti avranno i bicchieri in mano!
Vedrà la mia vigna le schiette nozze
Dei begl'innamorati che s'amano liberi,
Senza mai mentire, manco con promesse,
E senza manco più andare dal sindaco.
Ah, la mia vigna cresce, trallallà!
È l'avvenire che ci cresce dentro.
Vedrà la mia vigna scacciar la miseria,
Tutti gli assassini avidi come lupi
Getteranno i coltelli in fondo al fiume
Per cantare il suo vino su dolci melodie.
I derelitti erranti, i senza dimora,
Saran sognatori che vengono a sera
A bere il tenero succo del torchio,
Il cielo nei piattini dei mendicanti.
Ah, la mia vigna cresce, trallallà!
È l'avvenire che ci cresce dentro.
Vedrà la mia vigna fucilar la guerra,
I suoi acini di pace, in pace matureranno ;
Il loro sangue solo arrosserà le bocche pulite
Che rifiuteranno gli squilli alla battaglia.
Vedrà la mia vigna abbatter le frontiere
Ed i nemici dei tempi che furono,
Ci abbraccerà dopo aver bevuto,
E poi giù a ribere e a fare cin cin. [1]
Ah, la mia vigna cresce, trallallà!
È l'avvenire che ci cresce dentro.
Vedrà la mia vigna tempi d'armonia,
I figli arriveranno come arriva l'uva;
La vita sarà più bella dei sentieri di guerra,
Gli uomini saranno buoni come il vino.
Vigna mia forte! Vigna mia amata!
Mi dicono: Ma perché fai di questi sogni,
Tu, vecchio, che presto dovrai morire?
Io morrò presto, ma la mia vigna cresce!
Presto avrò fatto sessanta vendemmie,
Comunque ho piantato anche l'anno scorso
E quando la vigna mi riempirà il magazzino
Coi suoi piedi farà il solletico ai miei.
Già la vedo, fiera e dolce proprio come
Una fanciulla che va incontro all'amore,
Forte come un giovane che torna dai campi,
E mi sorride il cuore: la mia vigna cresce.
Ah, la mia vigna cresce, trallallà!
È l'avvenire che ci cresce dentro.
Vedrà la mia vigna schiantar l'idiozia,
Cadranno le croci degli dèi inumani
Il cui sacerdote beve da solo in chiesa,
E tutti avranno i bicchieri in mano!
Vedrà la mia vigna le schiette nozze
Dei begl'innamorati che s'amano liberi,
Senza mai mentire, manco con promesse,
E senza manco più andare dal sindaco.
Ah, la mia vigna cresce, trallallà!
È l'avvenire che ci cresce dentro.
Vedrà la mia vigna scacciar la miseria,
Tutti gli assassini avidi come lupi
Getteranno i coltelli in fondo al fiume
Per cantare il suo vino su dolci melodie.
I derelitti erranti, i senza dimora,
Saran sognatori che vengono a sera
A bere il tenero succo del torchio,
Il cielo nei piattini dei mendicanti.
Ah, la mia vigna cresce, trallallà!
È l'avvenire che ci cresce dentro.
Vedrà la mia vigna fucilar la guerra,
I suoi acini di pace, in pace matureranno ;
Il loro sangue solo arrosserà le bocche pulite
Che rifiuteranno gli squilli alla battaglia.
Vedrà la mia vigna abbatter le frontiere
Ed i nemici dei tempi che furono,
Ci abbraccerà dopo aver bevuto,
E poi giù a ribere e a fare cin cin. [1]
Ah, la mia vigna cresce, trallallà!
È l'avvenire che ci cresce dentro.
Vedrà la mia vigna tempi d'armonia,
I figli arriveranno come arriva l'uva;
La vita sarà più bella dei sentieri di guerra,
Gli uomini saranno buoni come il vino.
Vigna mia forte! Vigna mia amata!
Mi dicono: Ma perché fai di questi sogni,
Tu, vecchio, che presto dovrai morire?
Io morrò presto, ma la mia vigna cresce!
[1] Si dice a Firenze e dintorni quando si rimprovera ironicamente un briaco: “Unn'è i'bere, 'e gli è i' ribere!”
E’ vero quel che afferma Bernart nell'introduzione sulla difficoltà di trovare questa canzone nelle discografie attinenti Couté, la stessa Claude Antonini non la riprese nel suo “La Cuvee du Cigalier” in buona parte dedicato proprio a vigne, vendemmie e affini.
Tradurre un testo di Gaston Couté è spesso un enigma che può iniziare a volte dal titolo ma più sovente dalla prima riga o poco oltre. Ma che razza di parole è mai questa? Che razza di lingua sta scritta nell’inchiostro di ‘sta riga? Ma non erano certo intellettualismi spiccioli o vezzi di ancor meno valore le parole strane di questo grande, ribelle, acuto, anarchico, amabile poeta ragazzino. Non sono in francese, sono quasi sempre improvvise, illuminanti, rivelatrici, incendiarie, un vero e proprio “deragliamento” dei nostri sensi rispetto all’ordinaria percezione di un testo. Sono il compiersi del suo incosciente destino di veggente perché ovunque è valido e ben presente ancor oggi quello che lo indignava del potere e dell’organizzazione della società umana a fine ‘800, al tempo della sua breve vita. Diventato purtroppo quotidianità delle nostre realtà occidentali anche 130 anni dopo. La poesia che giunse a sconvolgere come un temporale la sua adolescenza contadina agì su di lui come un qualsiasi buon artigiano che lavora con precisione e pazienza, trasformando le sue parole in un dettato oracolare e immediato di rara potenza. Chi si pone a leggerlo o anche a tradurlo ne è travolto e sicuramente si trova a farlo, secondo le sue capacità e le sue scelte, comunque con grande amore. Da promontorio roccioso a promontorio marino, da campi coltivati a stanze piene di libri, di sguardo in sguardo, forze e sentimenti ti chiamano, ti urlano da queste parole piene di luce, respiri e corpi. Come qui in Italia seppe fare, secondo me, solo Cesare Pavese, come lui poeta di terra contadina. Come lui appunto legato alla vigna.
Flavio Poltronieri
Tradurre un testo di Gaston Couté è spesso un enigma che può iniziare a volte dal titolo ma più sovente dalla prima riga o poco oltre. Ma che razza di parole è mai questa? Che razza di lingua sta scritta nell’inchiostro di ‘sta riga? Ma non erano certo intellettualismi spiccioli o vezzi di ancor meno valore le parole strane di questo grande, ribelle, acuto, anarchico, amabile poeta ragazzino. Non sono in francese, sono quasi sempre improvvise, illuminanti, rivelatrici, incendiarie, un vero e proprio “deragliamento” dei nostri sensi rispetto all’ordinaria percezione di un testo. Sono il compiersi del suo incosciente destino di veggente perché ovunque è valido e ben presente ancor oggi quello che lo indignava del potere e dell’organizzazione della società umana a fine ‘800, al tempo della sua breve vita. Diventato purtroppo quotidianità delle nostre realtà occidentali anche 130 anni dopo. La poesia che giunse a sconvolgere come un temporale la sua adolescenza contadina agì su di lui come un qualsiasi buon artigiano che lavora con precisione e pazienza, trasformando le sue parole in un dettato oracolare e immediato di rara potenza. Chi si pone a leggerlo o anche a tradurlo ne è travolto e sicuramente si trova a farlo, secondo le sue capacità e le sue scelte, comunque con grande amore. Da promontorio roccioso a promontorio marino, da campi coltivati a stanze piene di libri, di sguardo in sguardo, forze e sentimenti ti chiamano, ti urlano da queste parole piene di luce, respiri e corpi. Come qui in Italia seppe fare, secondo me, solo Cesare Pavese, come lui poeta di terra contadina. Come lui appunto legato alla vigna.
Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri - 2020/3/13 - 17:52
Bernart, oltre a quella citata in precedenza, un'altra splendida versione stavolta più recente (2017) di questa canzone si trova nel cd autoprodotto "La Chanson des Mauves" di Frédérique.
Flavio Poltronieri - 2022/7/1 - 16:12
×
Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
Ignoro su quale aria sia stata pensata o se abbia avuto una musica propria, ma trovo raramente questa canzone nelle discografie attinenti Couté, soltanto nel disco intitolato “Ma fille a mal tourné” realizzato nel 1981 da Claude Antonini.
Il vino è un tema, anzi, un personaggio ricorrente nella poetica di Couté. Basti pensare a canzoni come Après vendanges e Nouveau Crédo du paysan, dove l’autore si era fatto portavoce delle lotte dei vignaioli poveri della Champagne, sfruttati e truffati dai ricchi proprietari e commercianti.
Se altrove il vino consente di alterare nella sbronza una realtà di miseria diversamente insopportabile, qui la vigna diventa protagonista del riscatto e vendicatrice. E’ la vigna che “vendemmia” le fandonie dei preti portavoci di dei disumani; è la vigna che caccerà la miseria e gli sfruttatori, accogliendo tra i suoi filari i poveracci e i senza asilo; è la vigna che “fucilerà” la guerra quando i suoi grappoli di pace saranno maturi; è la vigna che infine trionferà, e con lei l’Armonia tra gli esseri umani, forse da scriversi con l’A cerchiata dell’Anarchia…