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Ambaradan

Alessio Lega
Langue: italien


Alessio Lega

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legles
[2015]
Testo e musica di Alessio Lega
Lyrics and music by Alessio Lega
dall'album ALESSIO LEGA e i MALFATTORI - AlbumConcerto (2016)

ethopian massacre


La simpatica parola “ambaradan” (o “ambaradam”), che in italiano colloquiale significa “casino, confusione, baraonda”, non ha un'origine tanto simpatica, come già abbiamo avuto modo di dire nell'introduzione ad un' omonima canzone degli Yo Yo Mundi, “Ambaradan” (del 2002). La battaglia per la conquista dell'Amba Aradam (nell'Etiopia Settentrionale) da parte delle truppe italiane durante la guerra abissina si svolse a partire dal 12 febbraio 1936 e fu un massacro dai risvolti, però, assai particolari. Nella battaglia dell'Amba Aradam, infatti, le truppe italiane erano alleate con delle tribù locali che, a loro volta, avevano stretto legami anche con gli etiopi. Nello scontro si creò ad un certo punto una tale confusione per cui nessuno era più in grado di capire contro chi combattesse. Questo gigantesco teatro dell'assurdo si concluse il 15 febbraio 1936 con i seguenti risultati: 36 ufficiali e 621 soldati italiani morti, 143 morti locali alleati con gli italiani, e circa 20.000 uomini da parte etiope. Si stima che la parola “ambaradan” sia entrata quasi subito nell'uso colloquiale italiano, a partire dai racconti dei reduci. La “bella impresa” delle truppe di conquista italiane è raccontata da Alessio Lega nell'introduzione alla sua recentissima canzone (interpretata assieme a Guido Baldoni):



“ Quando poi quel popolo cominciò, come succede a ogni popolo che si vuole ribellare, a costruire una guerriglia che i conquistatori chiamano sempre “terrorismo”, ecco che addirittura il massacro divenne indiscriminato. Quando, ad esempio, nella città conventuale di Debra Libanòs, dove si rifugiavano, come sempre si rifugiavano nelle chiese come avviene anche qui, la popolazione, la decisione fu di ammazzare, di fucilare tutti, compresi ovviamente i monaci, copti, che non erano nemmeno...e lì si è iniziata una bella tradizione di tagliare la testa ai capi guerriglieri, a metterla sulle picche e a farla viaggiare nelle scatole di cioccolatini di villaggio in villaggio. Quando oggi altre carogne mettono le teste sulle picche, vorrei che rivendicassimo questo primato italiano...cioè, anche all'Expo dovrebbero dirlo: eh, lo abbiamo inventato noi! Cioè, non è che ci possono rubare così le grandi idee italiane come mettere la testa sopra le picche. Sull'Amba Aradam, a un certo punto, fu identificato in una grotta un gruppo di resistenti che ormai erano ridotti a donne, vecchi e bambini. Per stanarli fu usato il terribile gas all'arsina, un gas all'yprite che al contatto con l'ossigeno si incendia. Su quelli che riuscivano a scappare da quelle montagne, da quelle grotte, fu fatto il tiro al piccione. Ma noi siamo italiani, ci siamo sempre comportati da brava gente, anche quando siamo andati a colonizzare lo abbiamo fatto per costruire strade e ospedali, questo si sa...non vogliamo riconoscere l'orrore che abbiamo seminato e così, cosa avremo mai fatto? Abbiamo fatto un ambaradan! Quando, ogni volta che entriamo in un posto disordinato, diciamo: “Che ambaradan che c'è qui!”...è un po' come se un tedesco entrasse in casa mia e dicesse: “Però, che Auschwitz che c'è qui!”


Alessio Lega dice diverse cose che, naturalmente, non vorremmo sentirci dire. Ancora adesso, dopo quasi ottant'anni, tra gli italiani è sempre diffuso il falso mito della “brava gente”: ma sì, dai, si andava a fare la guerra, a aggredire un popolo, a massacrarlo e a sterminarlo con le armi chimiche, però poi si costruivano scuole, strade, ospedali... tant'è che, ad esempio, al massacro dell'Amba Aradam, è stata dedicata persino un'importante strada di Roma:

viaambaradam


Poiché Alessio Lega, assai giustamente, fa nella sua introduzione un riferimento al fatto che sarebbe come se un tedesco, vedendo un ambiente confusionario, dicesse “Ma che Auschwitz che c'è qui!”, si potrebbe a questo punto immaginare, che so io, una via di Berlino intitolata a Marzabotto o al Ghetto di Varsavia; ma, del resto, siamo il paese in cui recentemente si inaugurano monumenti a Rodolfo Graziani, e quindi è tutto normale. Nella “rossa Firenze”, un'importantissima e lunga strada è dedicata a padre Reginaldo Giuliani, il “cappellano delle Camicie Nere” che partecipò con grande entusiasmo alla guerra abissina e che ci lasciò le penne, dopo avere preso parte alle azioni squadriste, alla Marcia su Roma e all'impresa di Fiume. La lunga strada è sempre lì, come via Amba Aradam a Roma.

Così come Alessio Lega, nella sua introduzione, nomina il massacro del santuario di Debra Libanos, dove i nostri bravi italiani massacrarono senza pietà chi vi si era rifugiato, in barba alla secolare tradizione che vuole risparmiata la vita a chi si rifugia in una chiesa. Per fare le cose ammodino, i “nostri” massacrarono anche 297 monaci copti, e anche qui dovremmo rivendicare una nostra “eccellenza”, un primato storico: altro che ISIS, che di copti ne ha massacrati “soltanto” ventuno su una spiaggia in Libia. Senza peraltro che, allora, nessun sommo pontefice si accorasse tanto per il “massacro di cristiani”; ci sarebbe piaciuto che papa Francesco avesse ricordato quando i copti li massacravamo allegramente noi, e non i tagliagole islamici.

Debra Libanos, 21 maggio 1937. Copti massacrati dagli italiani e scaricati da un camion.
Debra Libanos, 21 maggio 1937. Copti massacrati dagli italiani e scaricati da un camion.


Storie di tempi passati, si dirà. Mah, mica tanto. Alessio Lega ha infatti pensato bene di terminare questa sua canzone con un paio di riferimenti all'attualità; la quale, a pensarci bene, si manifesta sempre come ottant'anni fa, persino con lo stesso fascismo. Se nelle nostre città ci sono le strade dedicati ai preti camicie nere e ai massacri abissini, quante ce ne sono di dedicate ai “caduti di Nassiriya”, che erano là a fare la guerra per difendere interessi petroliferi dell'ENI (e va detto che 'sta storia di Nassiriya sembra avere parecchio sviato anche degli insospettabili, quasi fosse un tabù indicibile riportarla alla sua vera natura), per non parlare dei “nostri marò” -ai quali vie non sono state ancora dedicate, ma che sono un cavallo di battaglia di tutte le tante destre italiane a partire da quelle classiche per andare a finire al PD. Ma, del resto, i “nostri marò” (sempre ricordando che il termine “marò” fu coniato da Junio Valerio Borghese per i membri della sua X MAS) altro non hanno fatto che rinverdire un'italica tradizione: quella di fucilare persone inermi nel loro paese, per poi essere esaltati come “eroi”. La chiusa di questa canzone di Alessio Lega lo fa squisitamente presente, e è possibile ipotizzare che la cosa non verrà presa benissimo quando la canzone, che è molto recente, verrà un po' più conosciuta. Dal nostro canto, noialtri, che siamo un sito parecchio recalcitrante per non dire riottoso, contribuiamo volentieri e fin da subito alla diffusione di questa canzone, proponendone anche un video registrato sabato 16 maggio 2015 a Bologna, durante l'iniziativa “Una montagna di libri contro il TAV” organizzata dal centro sociale VAG 61 (che si trova in via Paolo Fabbri, la stessa via di Guccini, ma al numero 110). Una canzone piena di storia rimossa e di attualità mistificata la quale, del resto, alla storia rimossa si rifà precisamente. [RV]
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu

Che cosa mai vorrà dire "ambaradan"
una parola così sbarazzina
ma che casino, cos'è 'sto ambaradan?
Una reminiscenza abissina.

Sull'altopiano dell'Amba Aradam
ci siamo solo sporcati le mani
abbiamo fatto solo un po' di ambaradan
noi brava gente, noi tanto italiani.

Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu

Sotto le grotte dell'Amba Aradam
c'erano donne coi vecchi e bambini
sopra le grotte dell'Amba Aradam
arrivano i nostri soldatini.

Col gas d'arsina e le bombe all'iprite
fanno saltare con i lanciafiamme
bravi cristiani che fanno le ferite
nel sacro cuore di tutte le mamme,

di mezzo migliaio di monaci copti,
di mezzo milione di negri ammazzati,
butta la pasta che sono tutti morti,
faccetta nera ora è cotta e mangiata.

Abbiamo fatto giusto un po' di ambaradan,
poi siamo tornati domiti e vivi
ascritti nel mito dei bravi italiani
che sono più inetti, non meno cattivi.

Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberu

Che cosa mai vorrà dire "ambaradan"?
Colonialisti più bravi e più forti
abbiam portato le strade nel deserto
per il grande viaggio di tutti quei morti.

L'Amba Aradam è la macchia dell'oblio,
è il monumento a Rodolfo Graziani,
i gagliardetti di Nassiriya,
sono i due marò che fucilano gli indiani.

envoyé par daniela -k.d.- & Riccardo Venturi - 20/5/2015 - 21:21




Langue: italien

Il testo della nuova incisione, un po' diverso da quello pubblicato qui
(ad esempio "siamo tornati immemori e vivi / a scrivere il mito dei bravi italiani")

Ambaradan
AMBARADAN

Ambaradun ambaradiro ambaradan
ambaradun ambaradin banbero

Che cosa mai vorrà dire Ambaradan:
una parola così sbarazzina
“ma che casino, cos’è ‘sto Ambaradan?”
una reminiscenza abissina

sull’altopiano dell’Ambaradan
ci siamo appena sporcati le mani
abbiamo fatto solo un po’ di Ambaradan
noi brava gente, noi tanto italiani

Ambaradun ambaradiro ambaradan

Sotto le grotte dell’Ambaradan
c’erano donne, coi vecchi e i bambini
sopra le grotte dell’Ambaradan
arrivano i nostri soldatini

col gas d’arsina e le bombe all’iprite
fanno saltare con i lanciafiamme
bravi cristiani che fanno le ferite
nel sacro cuore di tutte le mamme

di mezzo migliaio di monaci copti
di mezzo milione di negri ammazzati
butta la pasta che sono tutti morti
faccetta nera ora è cotta e mangiata

abbiamo fatto solo un po’ di Ambaradan
poi siamo tornati immemori e vivi
a scrivere il mito dei bravi italiani
che sono più inetti non meno cattivi

Ambaradira ambaradura ambaradira ambaradura

Ambaradun ambaradiro ambaradan
ambaradun ambaradin banbero

Che cosa mai vorrà dire Ambaradan
colonialisti più buoni e più forti
abbiamo portato le strade nel deserto
per il grande viaggio di tutti quei morti

l’Ambaradan è la macchia dell’oblio
sul monumento a Rodolfo Graziani
sui gagliardetti di Nassirya
sono i due marò che fucilano gli indiani…

envoyé par CCG Staff - 15/5/2017 - 21:46




Langue: anglais

English adaptation by Riccardo Venturi
May 21, 2015
Adattamento inglese di Riccardo Venturi
21 maggio 2015


ambaradm


Just a pair of words from translator's side. This is a song about the origin of an Italian colloquial word, “ambaradan”. A word not supposed to be entried in common Italian-English dictionaries: it means confusion, chaos, “a mess”. It is considered a “nice word”, but its origìn isn't nice at all. It comes from the Battle of Amba Aradam, in Ethiopia, where the Italian troops slaughtered in February 1936 over 20,000 Ethiopians making extensive use of chemical mass-destruction weapons (arsine and mustard gas bombs). It's the story, and history, of all the massacres the “good Italians” conceived and put into practice during the Abyssinian colonial war of 1935-36, when Mussolini's fascist regime attacked and annexed Ethiopia to the “Italian Empire”. Then, the myth of “good-hearted Italians” who built roads, schools and hospitals to “bring civilization” to the savages was skilfully created, a myth that is still living among (not only right-wing) Italians. All the true story, and history, have been removed since then: so, for instance, an important street of Rome is called after Amba Aradam: the like would be if, say, an important street of Berlin were called after Oradour-sur-Glane or Varsaw ghetto. Or, as the song's author, Alessio Lega, usually explains to introduce his song during concerts: “When you say Ma che ambaradan c'è in questa stanza!” (“what a mess there's in this room!”), it's just as if a German would say 'What an Auschwitz there's in this room!' “ This is a song likely to make most Italians turn up their nose; in addition to this, the old stories aren't really so old if you consider, say, the Enrica Lexie case, when two Italian marines hired for armed watching of a cargo ship killed a couple of Indian fishermen they took for “pirates”. Well, dear English-speaking readers, as you maybe know, the two marines have been turned into “heroes” by many in Italy, the Italian government supports them along with the Italian parliament & parties and very high organizations have been charged to solve the “problem”. This is the theme of the final line of this song: an old colonialist story. An old, everlasting fascist story. The song has been slightly adapted for the English-speaking world; it wouldn't be easy to “translate” it word for word, with the risk of making it unreadable. A number of links to English Wikipedia have been directly included in the lyrics to explain some historical facts and figures.
WHAT DOES IT MEAN AMBARADAN?

Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo
Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo
Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo
Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo

What the heck does it mean “ambaradan”,
a nice word of colloquial Italian,
it means a mess, what does it come from?
An echo of old Abyssinian stories.

On the plateau of Amba Aradam
what did we do? We just soiled our hands,
we just made a little mess, an “ambaradan”,
we, nice people, we the good Italians.

Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo
Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo
Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo
Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo

In the dark caves of Amba Aradam
there were women, children and old people,
then to the dark caves of Amba Aradam
came our nice little Italian soldiers

With arsine and mustard gas bombs
and with their flame throwers they came,
they slaughtered so many good Christians
who are in the heart of all Italian mammas

and half a thousand Coptic monks,
and half a million of niggers, or so,
now strain the pasta, they're all dead,
Little Black Face is ready and served.

We just made a little mess, an “ambaradan”,
then we came back as tamed survivors,
we built the myth of “good Italians”,
maybe a bit poor, but no less bad

Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo
Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo
Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo
Ambaradoorambaradirambaradan
ambaradoorambaradin bamberoo

So, what the heck does it mean “ambaradan”?
Better and stronger colonialists,
we built long roads in the desert
for the long trip of all these corpses.

Amba Aradam is the stain of oblivion,
the monument of Rodolfo Graziani,
the pennants of Nasiriyah,
the two Marines shooting at Indian fishermen.

21/5/2015 - 19:14




Langue: français

Version française – AMBARADAN – Marco Valdo M.I. – 2015
Chanson italienne – Ambaradan – Alessio Lega – 2015
Texte et musique de Alessio Lega

Nous avons fait seulement un peu d'ambaradan,  <br />
Nous les braves gens, nous de purs Italiens.
Nous avons fait seulement un peu d'ambaradan,
Nous les braves gens, nous de purs Italiens.


Le sympathique mot « ambaradan » (ou « ambaradam »), qui en italien familier signifie « bordel, confusion, confusion », n'a pas une origine très sympathique, comme déjà nous avons eu le moyen de dire dans l'introduction à une homonyme chanson de Yo Yo Mundi, « Ambaradan » (de 2002). La bataille pour la conquête de l'Amba Aradam (dans l'Éthiopie Septentrionale) de la part des troupes italiennes pendant la guerre abyssine se déroula à partir du 12 février 1936 et fut un massacre aux aspects, cependant, un peu particuliers. Dans la bataille de l'Amba Aradam, en effet, les troupes italiennes étaient alliées à des tribus locales qui, à leur tour, avaient noué des liens même avec les Éthiopiens. Dans l'affrontement se créa à un certain point une telle confusion de sorte que personne n'était plus en mesure de comprendre contre qui il combattait. Ce gigantesque théâtre de l'absurde se conclut le 15 février 1936 avec les résultats suivants : 36 officiers et 621 soldats italiens morts, 143 morts locaux alliés aux Italiens, et environ 20.000 hommes du côté éthiopien. On estime que le mot « ambaradan » est entré aussi vite dans le langage familier italien, à partir des récits des rescapés. La « belle entreprise » des troupes de conquête italiennes est racontée d'Alessio Lega dans l'introduction à sa très récente chanson (interprétée avec Guido Baldoni) :



« Lorsqu'ensuite ce peuple commença, comme il arrive à chaque peuple qui veut se rebeller, à faire une guérilla que les conquérants appellent toujours « terrorisme », alors le massacre devînt aveugle. Lorsque, par exemple, dans la ville conventuelle de Debré Libanos, où la population se réfugiait, comme toujours on se réfugie dans les églises comme cela se produit même ici, la décision fut de tuer, de fusiller tous, les coptes, qu'il y avait, y compris évidemment les moines… et là naquit une belle tradition de couper la tête aux chefs guérilleros, à les mettre sur des piques et à les faire voyager dans les boîtes de chocolats de village en village. Quand aujourd'hui d'autres charognes mettent les têtes sur des piques, je voudrais que nous revendiquions ce record italien… c'est-à-dire, même à l'Expo (de Milan 2015), ils devraient dire : ah, nous l'avons inventé ! Il ne faut pas laisser voler ainsi les grandes idées italiennes comme mettre la tête sur une pique. Sur l'Amba Aradam, à un certain moment, fut repéré dans une grotte un groupe de résistants réduit à des femmes, des vieux et des enfants. Pour les débusque, fut employé le terrible gaz à l'arsine, un gaz à l'ypérite qu'au contact avec l'oxygène s'enflamme. Sur ceux qui réussissaient à s'enfuir de ces montagnes, de ces grottes, ce fut le tir au pigeon. Mais nous sommes Italiens, nous nous sommes toujours comportés en bonnes gens, même quand nous sommes allés coloniser nous l'avons fait pour construire des routes et hôpitaux, on sait cela… ne voulons pas reconnaître l'horreur que nous avons semée et ainsi, qu'avons-nous jamais fait ? Nous avons fait un ambaradan ! Chaque fois que nous entrons dans une place en désordre, nous disons : « Quel ambaradan qui il y a ici !  »… C'est un peu comme si un Allemand entrait chez moi et disait : « Putain, quel Auschwitz il y a ici ! »

Alessio Lega dit diverses autres choses que, naturellement, nous ne voudrions pas nous entendre dire. Encore maintenant, après presque des 80 ans, parmi les Italiens, est toujours répandu le faux mythe des « bonnes gens » : mais oui, on allait faire la guerre, attaquer le peuple, le massacrer et détruire avec les armes chimiques, mais ensuite on construisait des écoles, des routes, des hôpitaux… au point que, par exemple, au massacre de l'Amba Aradam, a même été dédiée une importante rue de Rome :

ambaradm


Puisqu'Alessio Lega, à juste titre, fait dans son introduction référence au fait que ce serait comme si un Allemand, en voyant un lieu en désordre, disait « Mais quel Auschwitz, il y a ici !  », on pourrait à ce moment imaginer, que sais-je, une rue de Berlin dédiée à Marzabotto ou au Ghetto de Varsovie ; mais, du reste, nous sommes le pays où récemment on inaugure des monuments à Rodolfo Graziani, et donc c'est tout à fait normal. Dans la « rouge Florence », une rue très importante et longue est dédiée au père Reginaldo Giuliani, le « chapelain des Chemises Noires » qui participa avec grand enthousiasme à la guerre abyssine et qui y laissa des plumes, après avoir participé aux actions squadristes, à la Marche sur Rome et l'aventure de Fiume. La longue rue est toujours là, comme la via Amba Aradam à Rome.

De la même façon, Alessio Lega, dans son introduction, nomme le massacre du sanctuaire de Debré Libanos, où nos bons Italiens massacrèrent sans pitié ceux qui s'étaient réfugiés, malgré la tradition séculaire qui veut qu'on épargne la vie à qui se réfugie dans une église. Pour bien faire les choses, « les nôtres » massacrèrent même 297 moines Coptes, et ici aussi, nous devrions revendiquer notre « excellence », un record historique : autre chose que l'ISIS, qui des Coptes en a massacré « seulement » vingt et un sur une plage en Libye. D'autre plus qu'alors, aucun Souverain Pontife ne s'affligeait tant pour « le massacre de Chrétiens » ; il nous aurait plu que le pape Francesco rappelle ce temps où c'était nous qui massacrions gaiement les Coptes, et pas des égorgeurs islamiques.

Debré Libanos, 21 mai 1937. Des Coptes massacrés par les italiens  et déchargés d'un camion.
Debré Libanos, 21 mai 1937. Des Coptes massacrés par les italiens et déchargés d'un camion.


Des histoires des temps passés, dira-t-on. Bof, pas vraiment. Alessio Lega en effet a trouvé bien de terminer sa chanson avec une référence à l'actualité ; qui, à y penser, se manifeste toujours comme il y a 80 ans, avec le même fascisme. Si dans nos villes, il y a les rues dédiées aux prêtres des chemises noires et aux massacres abyssins, combien il y a de dédiées aux « morts de Nassiriya », qui étaient là-bas à faire la guerre pour défendre des intérêts pétrolifères de l'ENI (et il faut dire que cette histoire de Nassiriya semble avoir beaucoup convaincu même des personnages insoupçonnables, comme si c'était un tabou indicible de la ramener à sa vraie nature), pour ne pas parler de « nos maròs » - auxquels des rues n'ont pas encore été dédiées, mais qui sont un cheval de bataille de toutes les droites italiennes de celles classiques au PD. Mais, du reste, « nos maròs » (toujours en se rappelant que le terme « marò » fut inventé par Junio Valerio Borghese pour les membres de son X MAS) n'ont rien fait d'autre que revivifier une tradition italienne : celle de fusiller des personnes désarmées dans leur pays, pour ensuite être exaltés comme « héros ». La conclusion de cette chanson d'Alessio Lega la rend parfaitement présente, et on doit supposer que la chose ne sera pas prise très bien lorsque la chanson, qui est très récente, sera un peu plus connue. De notre côté, nous autres, qui sommes un site fort récalcitrant pour ne pas dire rétif, nous contribuons volontiers et depuis le début à la diffusion de cette chanson, en proposant même un vidéo enregistré le samedi 16 mai 2015 à Bologne, pendant l'initiative « Une montagne de livres contre TAV » organisée du centre social VAG 61 (qui se trouve via Paolo Fabbri, la rue de Guccini, mais au nombre 110). Une chanson pleine d'histoire retrouvée et d'actualité mystifiée laquelle, du reste, à l'histoire retrouvée se réfère précisément. [RV]

***

Quel étrange titre que porte cette canzone d'Alessio Lega. Marco Valdo M.I. mon ami, peux-tu m'expliquer ça ?

Certainement, Lucien l'âne mon ami. Pour comprendre cet ambaradan, il faut d'abord dire qu'il s'agit à présent d'une expression populaire qu'on pourrait aisément traduire en français par une sorte d'embarradame ; un étrange mot, je te le concède, qui semble vouloir dire à son tour : un « embarras de dame », une sorte d'embrouillamini, de chahut chaotique, de chose pas claire, mais bruyante et déplaisante. En somme, un foutu bordel. Mais contrairement à ce que je viens de te dire, il ne s'agit pas d'une sorte d'onomatopée évoquant un fameux foutoir, mais bien de la dérive d'une dénomination géographique précise : l'Amba Aradam, un massif montagneux d’Éthiopie, où se déroula en 1936 une bataille entre les Éthiopiens et l'armée de l'envahisseur italien. C'était au temps où Mussolini, en plein délire, construisait à coups de massacres un Impero s'étendant à l'intérieur de l'Afrique jusqu'à l'Océan Indien. Sans doute, si on l'avait laissé faire, avant de conquérir le monde entier et pourquoi pas, la planète Mars.

Mais dis-moi maintenant, Marco Valdo M.I. mon ami, que viennent faire les « marò » dans cette affaire éthiopienne ?

D'abord, il faut souligner que cette bataille n'est certes pas une action glorieuse compte tenu des armements de la partie italienne, composée d'éléments de l'armée, de miliciens fascistes et d'auxiliaires africains, engagés de force dans cette « croisade ».On lança l'aviation. Au sol, on commença par les gaz, puis on y alla au canon, à la mitrailleuse, au lance-flammes contre des populations civiles. Mais, comme on le sait, en face, ce n'étaient que des Éthiopiens, des gens de couleur noire. Et puis, on ne colonise pas sans une bonne dose de massacres et de terreur. Ceci nous amène aux marò, ceux-là même qui il y a quelque temps avaient mitraillé sans remords des pêcheurs indiens, gens on ne peut plus civils et pacifiques. L'Inde a eu l'idée saugrenue de vouloir appliquer ses lois, de poursuivre les assassins et ce fut un grand «Ambaradurambaradirambaradan ambaradurambaradin bamberou Ambaradurambaradirambaradan» dans toute l'Italie, jusqu'au sommet de l'État. Quand même, ces Indiens, ils exagèrent… Pour qui se prennent-ils ? S'en prendre à des fusilliers marins ITALIENS… lesquels, remarquez, ne faisent que leur devoir : ils fusillaient. Il y eut du remous dans le landerneau. À ce égard, je rappelle ce que disait ma grand-mère : « On ne laisse pas les enfants jouer avec des allumettes... » et je complète « ni les militaires avec des mitrailleuses, des canons et toutes ces sortes de choses ». Dans le fond, ces « maròs » n'étaient que des hommes de paille ; les vrais responsables étaient restés à Rome.

Moi, dit Lucien l'âne en souriant doucement, je me demande ce qui se serait dit, si la Marine indienne avait flingué deux pêcheurs italiennes en vue des côtes siciliennes, sardes ou toscanes ? Ou alors, rien que pour l'exemple, que l'on charge la Marine italienne de la sécurité de la côte belge et qu'ils mitraillent un bateau de pêche flamand qui approcherait la côte ? Et qu'ils tuent deux pêcheurs ? Pour le reste, attendons de voir ce qui va se passer au large de la Libye… D'ici là, tissons le linceul de ce vieux monde mitrailleur, condescendant, expansif et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
AMBARADAN

Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou

Que peut bien vouloir dire « ambaradan »,
Un mot si chaotique ?
Mais bordel, qu'est-ce qu'ambaradan ?
Une réminiscence abyssine.

Sur le haut plateau de l'Amba Aradam,
Nous nous y sommes seulement sali les mains,
Nous avons fait seulement un peu d'ambaradan,
Nous les braves gens, nous de purs Italiens.

Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou

Dans les grottes de l'Amba Aradam,
Il y avait des femmes avec des vieux et des enfants
Dans les grottes de l'Amba Aradam
Nos soldats arrivèrent triomphants.

Avec le gaz d'arsine et les bombes à l'ypérite,
Ils font sauter au lance-flammes,
Braves chrétiens qui blessent durement,
Le cœur sacré de toutes les mamans,

Cinq centaines de moines coptes,
Cinq centaines de nègres assassinés,
Jette les pâtes, ils sont tous morts,
La petite négresse est cuite et mangée.

Nous avons fait juste un peu d'ambaradan,
Puis nous sommes rentrés, domptés et vivants,
Coulés dans le mythe des bons Italiens,
Plus ineptes, mais pas moins mauvais.

Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou
Ambaradurambaradirambaradan
ambaradurambaradin bamberou

Que pourrait bien vouloir dire « ambaradan » ?
Colonialistes meilleurs et plus forts,
Nous avons apporté les routes dans le désert
Pour le grand voyage de tous ces morts.

L'Amba Aradam est la tache sur l'oubli,
C'est le monument à Rodolfo Graziani,
Les enseignes de Nassiriya,
Ce sont les deux marò qui fusillent les Indiens.

envoyé par Marco Valdo M.I. - 22/5/2015 - 14:31


Da notare che, per uno dei famosi "capricci del destino", questa canzone è stata inserita esattamente nell'anniversario del massacro dei copti al monastero di Debra Libanos, ordinato da Rodolfo Graziani il 21 maggio 1937. Questa pagina è dedicata anche alla memoria di quelle persone.

Debra Libanos, 21 maggio 1937. Rodolfo Graziani passa direttamente in rassegna i cadaveri di pericolosissimi monaci copti. Gli faceva un baffo l'ISIS, a lui.
Debra Libanos, 21 maggio 1937. Rodolfo Graziani passa direttamente in rassegna i cadaveri di pericolosissimi monaci copti. Gli faceva un baffo l'ISIS, a lui.

Riccardo Venturi - 21/5/2015 - 20:01


Esce oggi il video di AMBARADAN, il "perfido" tormentone estivo che anticipa "Mare Nero" - il CD che invece uscirà il 6 giugno. L'ha girato Riccardo Pittaluga all'XM24, Centro Sociale attivissimo nella controcultura nazionale, oggi pesantemente a rischio di sgombero e a cui va tutta la nostra solidarietà.



'Ambaradan' è una parola divertente del nostro linguaggio, che usiamo per significare un allegro disordine, una compagnia fragorosa. In realtà il suo profumo esotico viene da una zona dell’Etiopia, dove le truppe coloniali italiane ingaggiarono cruente battaglie e compirono orrende stragi. 'Ambaradan' è perciò una canzone con una musica ritmata e allegra, un incedere da tormentone radiofonico, e con un testo nutrito di humor nero, di Storia e di frecciatine al razzismo passato e presente.

15/5/2017 - 20:32


27/11/2017 - 11:14




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