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Cançó del comte l'Arnau

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Langue: catalan


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[XVI segle / XVI secolo]
Canzone tradizionale catalana
Cançó tradicional catalana
A Catalan folksong

Il conte Arnau sul suo cavallo infernale. Statua a Sant Joan de les Abadesses.
Il conte Arnau sul suo cavallo infernale. Statua a Sant Joan de les Abadesses.


Signore e signori, adepti delle infernali leggende (e anche delle infernali realtà), le CCG/AWS sono oltremodo liete, nell'ambito del percorso sul nostro amico Satana seppur negli Extra, di farvi piombare in qualcosa d'altamente insolito e improbabile, vale a dire in pieno Medioevo catalano. Di Medi Evi, qua dentro, ne abbiamo visti parecchi, a dir la verità; ma quello catalano, no, ancora non lo avevamo toccato. E lo tocchiamo adesso con una figura il cui tatto fa davvero accapponar la pelle: il Conte Arnau, o Comte l'Arnau come recita la più famosa e celebrata canzone popolare catalana, che qui presentiamo. Siate, quindi, pronti a ricevere questo personaggio proveniente dai più profondi pozzi degli Inferi, e buona fortuna.

Il Conte Arnau fu un ricco nobile della mitologia catalana. A causa di una serie notevoli di peccati mortali (tra i quali avere una relazione carnale con una madre badessa, oppure non pagare chi lavorava per lui), fu dannato per l'eternità. L'anima in pena fu condannata a cavalcare per sempre su un cavallo nero al quale sortivano fiamme dalla bocca e dagli occhi (una visioncina davvero tranquillizzante...), accompagnato da una muta di cagnacci diabolici che gli facevano da segugi. In una versione più elaborata del mito, al conte viene data una parvenza storica: poteva infatti trattarsi del conte Arnau de Mataplana, che, all'età di quindici anni, fu dato in sposo per motivi di alleanze a una tale Elvira, una brutta trentenne. Naturalmente la piantò quasi subito, attratto dalla bellissima coetanea Riquilda (o Adelaisa); scoperta la relazione, la giovinetta fu immediatamente e assai poco cerimoniosamente monacata nel convento di Sant Joan de les Abadesse, dove morì. Il Conte Arnau, una notte di tempesta, trafugò il cadavere dell'amata dal cimitero del convento e, cavalcando come un pazzo con il di lei corpo in braccio, lo gettò in un orrido dirupo (la Catalogna montana è paese asperrimo, e gli orridi dirupi non sono mai mancati). Va da sé che, tuttora, certi montanari della contrada di Ripoll vedono, tra orribili bagliori, un corsiero infuocato che galoppa nell'etere.

Ed è così che questo personaggio leggendario e mitico, conosciuto universalmente come Comte l'Arnau, è divenuto con tutta probabilità il più noto di tutti gli spiriti, di tutte le anime in pena e di tutti i fantasmi del Principato di Catalogna. Non solo: è anche, fin da tempi antichissimi, un personaggio letterario che trae la sua origine proprio dalla ballata che qui andrete a leggere e ascoltare, una canzone tradizionale che apparve a Ripoll forse alla fine del XVI secolo e nella quale si narra il dialogo tra l'anima dannata del Conte Arnau, che sconta la sua eterna pena, e la sua vedova. Da Ripoll, il mito si diffuse in tutti i paesi catalani.

Nel 1843, Marià Aguiló riuscì per la prima volta a raccogliere tutto l'immenso materiale mitologico relativo al Conte Arnau; in seguito, nel 1882, il grande filologo Manuel Milà i Fontanals (1818-1884, il restauratore dei Jocs Florals) pubblicò la Cançó del Comte l'Arnau per la prima volta a stampa, in una grafia castiglianeggiante. Come poi ebbe a scrivere Romeu Figueres, “Arnau è il mito più forte, robusto e popolare di tutta la Catalogna; è il mito per antonomasia della letteratura catalana.” Già nel 1858, Víctor Balaguer, il Walter Scott catalano, ci scrisse sopra un romanzo; i letterati della Renaixença catalana ne fecero il personaggio medievale più dannatamente romantico, o più romanticamente dannato. Ricordiamo qui Anicet de Pagès, Frederic Soler, Jacint Verdaguer, Josep Carner, Joan Maragall (che diede al personaggio un profilo da ribelle romantico), Josep Maria de Sagarra, Ambrosi Carrion, Antoni Ribera i Jordà e Miguel Arimany; in pratica, tutti i grandi classici della letteratura catalana. Immediata anche la risposta musicale: Felip Pedrell musicò la poesia di Joan Maragall.

Le rovine del castello di Mataplana con il romitorio di Sant Joan.
Le rovine del castello di Mataplana con il romitorio di Sant Joan.
Storicità e versioni storiche del mito
La versione storica del personaggio ne fa un membro della nobilissima famiglia dei Mataplana, nonché signore di quella baronia, che dominava buona parte del Ripollese e i castelli di Mataplana, Sant Amanç (o Sant Amand), Castellar e Blancafort (o de les Dames). I Mataplana erano legati all'omonimo castello, a Gombrèn; il primo membro documentato della famiglia fu Hug I de Mataplana (1076-1089). Nel XII secolo, i Mataplana avevano come vassalli i visconti di Berguedà, indice di enorme potere. Hug IV de Mataplana (signore tra il 1172 e il 1197) rese vassallaggio a Alfonso I di Catalogna e Aragona, e gli succedette un altro Hug, Hug V de Mataplana, che prese parte alla conquista di Maiorca e morì in battaglia nel 1229 a Portopí. Un altro Hug de Mataplana (Gombrèn – Saragozza, 1291) fu consigliere dei re Giacomo I, Pietro II e Alfonso II d'Aragona, nonché vescovo di Saragozza nel 1289, dove incoronò re Giacomo il Giusto (1291). Una dama della famiglia, Blanca de Mataplana (morta nel 1290), si unì in matrimonio con la nobile famiglia degli Urtx. Hug VII de Mataplana (morto nel 1328) divenne conte di Pallars Sobirà in seguito al suo matrimonio con la contessa Sibilla, iniziando così la dinastia comitale dei Mataplana del Pallars. Nel 1320 la famiglia lasciò il castello originario e si stabilì in un palazzo a La Pobla de Lillet. Curiosamente, nel 1373 la signoria fu acquisita da Pere Galceran de Pinós, fatto che concorda con la leggenda della vendita del patrimonio, da parte della vedova, ad un'altra famiglia della nobiltà catalana.

Quanto al terribile Conte d'Arnau, lo si suppone esser vissuto nella prima metà del XIV secolo, dato che esiste un suo testamento datato 15 luglio 1353. Milà i Fontanals lo ritenne fondatore di una fattoria ripollese di cui si hanno notizie nel XV secolo, chiamata Pernal o Pernau; la masseria fu fondata da tale Pere Arnau, ricco fattore. Secondo Milà i Fontanals, tali due personaggi dovevano essere la stessa persona. Questo Arnau, i cui contorni non sono chari, pare essere nato da Blanca d'Urgió o Blanca de N'Hug, signora del Castello delle Dame o di Blancafort e che, nel 1278, rinunciò ai suoi diritti signorili in favore dei suoi vassalli. Suo figlio, Arnau de N'Hug, ebbe grossi problemi e liti con l'abate del monastero di Ripoll a proposito dei confini giurisdizionali del monastero; fu così che la baronia tornò a imporre ai vassalli le dure usanze feudali. La figura fu poi, erroneamente, identificata con il conte di Pallars, signore di Mataplana (che già abbiamo menzionato), ed anche con Arnau, un dispotico signore del castello di Montmur (Noguera), che abusò della figlia del visconte di Albesa. Costei lo maledisse e lo condannò a vagare fintantoché restasse in piedi una sola pietra del castello; per questo motivo, si aggira di notte per le sue rovine.



I personaggi femminili
La tradizione degli amori sacrileghi con una monaca dei conventi di Sant Joan de les Abadesses e di Sant Amanç è assai popolare in tutto il territorio della leggenda. L'identificazione con la principessa Adelaisa, o Adalaisa, è sicuramente di origine erudita e non è stata recepita dal popolo. Tale dama era figlia del conte di Barcellona, Sunyer I, e della sua sposa Riquilda, sorella di Borrell II e di Miró I. Fu sposa di Sigifred, conte di Urgell; rimasta vedova, prese gli abiti il 15 agosto 950 per vocazione monastica. Fu badessa per quattro anni e rinunciò alla carica poiché la sua umiltà la portava più a credere che a comandare.

Dopo la disfatta di Barcellona da parte dei Mori e la distruzione del cenobio benedettino di Sant Per de les Pueŀles, sul quale esiste una splendida leggenda tradizionale (quella della monaca Matrull), il conte Borrell, fratello di Adelaisa, le ordinò di diventare badessa del convento di Barcellona in sostituzione della badessa Matruit, fatta prigioniera dai Mori e portata a Maiorca. Questo accadde nel 986. Quindi, Adelaisa visse quattro secoli prima del conte Arnau pseudostorico che si suppone protagonista della leggenda. Nella versione di Maragall, Adelaisa, badessa di Sant Joan, frappone un crocifisso tra sé il conte Arnau; però il conte la possiede e la mette incinta, per poi proseguire la sua cavalcata inarrestabile mentre lei muore.
Il conte Bernat Tallaferro, signore di Besalú, era il fratello della badessa di Sant Joan e, per le sue brame territoriali sui domini del convento, accusò la comunità monastica di essere dissoluta e licenziosa. Il papa Benedetto VIII ordinò alla badessa di recarsi a Roma, però lei non si presentò e la comunità fu condannata per ribellione con la pubblicazione di una bulla che scioglieva il cenobio di Sant Joan, le cui monache furono qualificate come meretrici di Venere. Quanto alla moglie del presunto conte Arnau, Elvira Apillars, ella rinunciò a tutti i suoi beni a favore della Chiesa, nel 1357, al cospetto del vescovo di Vic, Pau Gorguera.

Rapporti con altre leggende
È difficile stabilire se si tratti di un personaggio autenticamente storico, o se la sua figura sia soltanto leggendaria. Comunque sia, dal punto di vista della tradizione, la leggenda è universale e rientra in quelle che descrivono anime più o meno dannate che sono condannate a vagare eternamente come pena per i peccati commessi. Il conte Arnau ha molti punti in comune con l'eroe francese e tedesco noto come Hellequin, Harlequin, Hielequin, Höllekönig (una chiara paretimologia: “re dell'Inferno”) o Hernequin; si ritiene tra l'altro che tale figura sia all'origine della maschera di Arlecchino.

Un conte borgognone vissuto forse nel XIII secolo, Arnoldo (Arnold, nome corrispondente etimologicamente al catalano Arnau, e anche al francese Renaud e al provenzale Arnaut), pare essere equivalente alla figura dell'infernale conte catalano; ma, secondo altri, si tratterebbe di un nipote del conte Arnoldo il Grande di Borgogna, marchese delle Fiandre, che visse invece dal 918 al 965. La figura di cui qui si parla combatté contro i musulmani e i cristiani che avevano invaso le sue terre, come il Conte catalano, e morì in battaglia assieme alla sua sposa, chiamata Berta, e ad un suo figlio. L'eroe, sentendosi morire, si rifugiò nell'abbazia di Samer arrivando fino ai piedi dell'altare, dove cadde senza vita. La gente della regione lo considera come l'eroe della Reconquista del paese e, similmente al nostro Conte, egli viene veduto volare seguito dalle schiere dei suoi guerrieri e dalla sua sposa; si sentono i rumori e il furore della battaglia, la quale a volte diventa una battuta di caccia folle e sfrenata diretta dal conte Arnold. La battuta di caccia della contessa Berta è un topos tradizionale in parecchie regioni del Nordeuropa; evidentemente, il conte Arnoldo di Borgogna, mezzo storico e mezzo leggendario, ha molti punti di contatto con il conte Arnau, di grande potenza mitologica ma privo di una vera base storica finora conosciuta.

Nella leggenda del conte Arnau, si distinguono bene tre aspetti: a) Quello dell'eroe della Reconquista, comune anche a Hellequin/Hernequin, che gli dà il rango di eroe della Chanson de Geste e che lo pone in una gerarchia di eroi comune a tutti i personaggi leggendari; b) Quello del signore feudale dispotico con i suoi vassalli e di costumi licenziosi e libertini (aspetti che lo situano in un altro ciclo universale di miti); c) Quello del sacrilego privo di scrupoli e di rimorsi, nemico del Cielo e amico del Diavolo, che viene condannato a vagare eternamente come pena per le sue profanazioni.

La leggenda della caccia infernale
Essendo un'anima dannata, il Conte Arnau della leggenda si confonde con il Mal Cacciatore, con il quale ha sicuramente dei rapporti non foss'altro per il fatto di dover vagare per l'eternità. Il Conte Arnau viene da alcuni sentito passare seguìto da una masnada di cani che abbaiano e latrano, e che vanno dietro inferociti alla sua folle cavalcata. Lo si crede quindi un cacciatore accanito, nonostante la tradizione non menzioni espressamente che avesse passione per la caccia. Egli è seguito da alcuni cani e da un gruppo di dannati che gli corrono dietro, maledetti eternamente a non raggiungerlo mai. Per paura di ritrovarsi a che fare con l'infernale truppa del Conte, nessuno nella contrada di Ripoll si azzardava a uscire la notte, poiché si diceva che colui che s'imbattesse nell'infernale processione, restasse pure vittima del sortilegio e fosse dannato a correre per sempre dietro al Conte Arnau.
Tale mito ha delle somiglianze tangibili con altre leggende, come quella della Santa Compaña galiziana o la persecuzione del re Artù nei miti bretoni. La tradizione della caccia infernale è universale, e il suo sfortunato eroe è conosciuto con una pletora di nomi, a seconda dei popoli: Ribaud. Galerie, Hollifernes, Geletnien, Treschutz, lo stesso re Artù della Tavola Rotonda, Hoper, Bodet e il già menzionato Hellequin, figura precisamente adombrata da Dante nel Canto XIII dell'Inferno. La misteriosa cavalcata del Conte Arnau rimanda sicuramente anche ai miti della Notte di San Giovanni (la notte di Mezz'Estate), durante la quale, a mezzanotte in punto, il nobile esce dalla voragine di Sant Ou (“Sant'Uovo” alla lettera, ma il nome pare essere la corruzione di Sant Eudald) sopra un cavallo nero che sputa fuoco dalle narici, scappando così dall'inferno.

Esistono anche eroine donne della caccia infernale; già abbiamo visto la contessa Berta. In aree nordeuropee vi è presente una donna, Holda, ed i popoli germanici vedono aggirarsi in cielo Gauden, seguita da ventiquattro fanciulle trasformate in cani. Secondo la leggenda, Gauden aveva una passione tremenda per la caccia, e così le sue figlie. Spinta dalla sua passione, un giorno la madre disse alle figlie che le sarebbe piaciuto poter cacciare per sempre, e le figlie manifestarono lo stesso desiderio. Fu così che il Cielo soddisfece la loro volontà: condannò la madre a cacciare per l'eternità, seguìta dalle figlie mutate in cani e che mai la abbandonavano. Nella notte di San Silvestro, se trovano una casa aperta, vi entrano e lasciano un cucciolo nella brace calda o davanti al focolare. Una contadina scoprì il modo per sapere se i cuccioli fossero malvagi o meno; mise della birra in un guscio d'uovo e il cagnolino, sorpreso, disse di non aver mai visto una cosa del genere nonostante fosse vecchissimo. Detto questo, s'infilò dentro alla cappa del camino e ne fuggì, poiché era il “figlio del Diavolo” della leggenda.

Il re Artù, il cavaliere della Tavola Rotonda, è condannato a cacciare eternamente per le foreste d'Inghilterra e di Bretagna (specialmente nelle contrade del Finistère). È seguito da uno stuolo di servitori che suonano il corno di continuo e che spingono i cani e i cavalli a una corsa sfrenata; ma la loro unica preda può essere una miserabile mosca ogni sette anni. Gli abitanti del contado di Francoforte credevano che le rovine del castello di Fudenstein fossero abitate da un cacciatore che ne usciva solo pochi istanti prima che scoppiasse una guerra, della quale era annunciatore o àugure.

Segue inserimento
Tota sola feu la vetlla,    muller lleial?
    Tota sola feu la vetlla,    viudeta igual?
---No la faig jo tota sola,    comte l'Arnau;
no la faig jo tota sola,    valga'm Déu, val.

    Qui teniu per companyia,    muller lleial?
Qui teniu per companyia,    viudeta igual?
---Déu i la Verge Maria,    comte l'Arnau;
Déu i la Verge Maria,    valga'm Déu, val.

    On teniu les vostres filles,    muller lleial?
On teniu les vostres filles,    viudeta igual?
---A la cambra són, que broden,    comte l'Arnau;
A la cambra són, que broden,    seda i estam.

    Me les deixaríeu veure,    muller lleial?
Me les deixaríeu veure,    viudeta igual?
---Massa les espantaríeu,    comte l'Arnau;
Massa les espantaríeu,    valga'm Déu, val.

    On teniu les criades,    muller lleial?
On teniu les criades,    viudeta igual?
---A la cuina són, que renten,    comte l'Arnau;
A la cuina són, que renten,    valga'm Déu, val.

    On teniu els vostres mossos,    muller lleial?
On teniu els vostres mossos,    viudeta igual?
---A la pallissa, que dormen,    comte l'Arnau;
A la pallissa, que dormen,    valga'm Déu, val.

    Pagueu-los bé la soldada,    muller lleial,
Pagueu-los bé la soldada,    viudeta igual.
---Així que l'hauran guanyada,    comte l'Arnau;
Així que l'hauran guanyada,    valga'm Déu, val.

    Per on heu entrat vós ara,    comte l'Arnau?
Per on heu entrat vós ara,    valga'm Déu, val?
---Per la finestra enreixada,    muller lleial;
Per la finestra enreixada,    viudeta igual.

    Ai, que me l'haureu cremada,    comte l'Arnau!
Ai, que me l'haureu cremada,    valga'm Déu, val!
---Ni tan sols us l'he tocada,    muller lleial,
Ni tan sols us l'he tocada,    viudeta igual.

    Què és això que us surt del cap,    comte l'Arnau?
Què és això que us surt del cap,    valga'm Déu, val?
---Males coses que he pensades,    muller lleial,
Males coses que he pensades,    viudeta igual.

    Què és això que us ix pels ulls,    comte l'Arnau?
Què és això que us ix pels ulls,    valga'm Déu, val?
---Són les males llambregades,    muller lleial,
Són les males llambregades,    viudeta igual.

    Què és això que us ix pels nassos,    comte l'Arnau?
Què és això que us ix pels nassos,    valga'm Déu, val?
---Són les coses que he olorades,    muller lleial,
Són les coses que he olorades,    valga'm Déu, val.

    Què és això que us ix per la boca,    comte l'Arnau?
Què és això que us ix per la boca,    valga'm Déu, val?
---Són les males paraulades,    muller lleial,
Són les males paraulades,    viudeta igual.

    Què us ix per les orelles,    comte l'Arnau?
Què us ix per les orelles,    valga'm Déu, val?
---Males coses que he escoltades,    muller lleial,
Són les coses que he escoltades,    viudeta igual.

    Què és això que us ix pels braços,    comte l'Arnau?
Què és això que us ix pels braços,    valga'm Déu, val?
---Són les males abraçades,    muller lleial,
Són les males abraçades,    viudeta igual.

    Què és el que us ix per les mans,    comte l'Arnau?
Què és el que us ix per les mans,    valga'm Déu, val?
---Males coses que he tocades,    muller lleial,
Males coses que he tocades,    viudeta igual.

    Què és això que us ix pels peus,    comte l'Arnau?
Què és això que us ix pels peus,    valga'm Déu, val?
---Els mals passos que donava,    muller lleial,
Els mals passos que donava,    viudeta igual.

    Què és aquest soroll que sento,    comte l'Arnau?
Què és aquest soroll que sento,    valga'm Déu, val?
---És el cavall que m'espera,    muller lleial,
És el cavall que m'espera,    viudeta igual.

    Baixeu-li grana i civada,    comte l'Arnau;
Baixeu-li grana i civada,    valga'm Déu, val.
---No menja gra ni civada,    muller lleial;
Sinó ànimes damnades,    si n'hi donau.

    On vos han donat posada,    comte l'Arnau?
On vos han donat posada,    valga'm Déu, val?
---A l'infern me l'han donada,    muller lleial,
A l'infern me l'han donada,    viudeta igual.

    Per què allí us l'han donada,    comte l'Arnau?
Per que allí us l'han donada,    valga'm Déu, val?
---Per soldades mal pagades,    muller lleial;
I donzelles deshonrades,    viudeta igual.

    Cada dia us faig l'oferta    comte l'Arnau;
Cada dia us faig l'oferta,    valga'm Déu, val.
---Vos dic, no em feu pas l'oferta,    muller lleial,
Vos dic, no em feu pas l'oferta,    viudeta igual;
Que com més me feu l'oferta,    més pena em dau.

Feu-ne tancar aquella mina,    muller lleial,
Feu-ne tancar aquella mina,    viudeta igual,
Que dóna al convent de monges    de Sant Joan.

    Quina hora és, que el gall ja canta,    muller lleial?
Quina hora és, que el gall ja canta,    viudeta igual?
---Les dotze hores són tocades,    comte l'Arnau;
Les dotze hores són tocades,    valga'm Déu, val.

    Ara, per la despedida,    muller lleial,
Ara, per la despedida,    dem-nos les mans.
---Massa me les cremaríeu,    comte l'Arnau;
Massa me les cremaríeu,    valga'm Déu, val.

envoyé par Riccardo Venturi - 14/3/2015 - 15:27




Langue: italien

Traduzione integrale italiana di Riccardo Venturi
14/15 marzo 2015

arnaucapall
CANZONE DEL CONTE ARNAU

Tutta sola fai la veglia,    moglie leale?
    Tutta sola fai la veglia,    da vedova l'eguale?
---Non la faccio tutta sola,    o conte Arnau;
non la faccio tutta sola,    mi aiuti Iddio.

    E chi hai per compagnia,    moglie leale?
E chi hai per compagnia,    da vedova l'eguale?
---Dio e la vergine Maria,    o conte Arnau;
Dio e la vergine Maria,    mi aiuti iddio.

    Dove sono le tue figlie,    moglie leale?
Dove sono le tue figlie,    da vedova l'eguale?
---In camera a ricamare,    o conte Arnau;
In camera a ricamare,    seta e stame.

    Me le faresti vedere,    moglie leale?
Me le faresti vedere,    da vedova l'eguale?
---Troppo le spaventeresti,    conte Arnau;
Troppo le spaventeresti,    mi aiuti Iddio.

    Dove tieni le tue ancelle,    moglie leale?
Dove tieni le tue ancelle,    da vedova l'eguale?
---In cucina a lavare,    conte Arnau;
In cucina a lavare,    mi aiuti Iddio.

    Dove tieni i tuoi garzoni,    moglie leale?
Dove tieni i tuoi garzoni,    da vedova l'eguale?
---A dormir sul pagliericcio,    conte Arnau;
A dormir sul pagliericcio,    mi aiuti Iddio.

    Pàgagli bene il salario,    moglie leale,
Pàgagli bene il salario,    da vedova l'eguale.
---Se lo avranno guadagnato,    conte Arnau;
Se lo avranno guadagnato,    mi aiuti Iddio.

    E da dove ora sei entrato,    conte Arnau?
E da dove ora sei entrato,    mi aiuti Iddio?
---Dalla finestra inferriata,    moglie leale;
Dalla finestra inferriata,    da vedova l'eguale.

    Ahi, che me l'avrai bruciata,    conte Arnau!
Ahi, che me l'avrai bruciata,    mi aiuti Iddio!
---Non te l'ho manco toccata,    moglie leale,
Non te l'ho manco toccata,    da vedova l'eguale.

    Che ti esce là dal capo,    conte Arnau?
Che ti esce là dal capo,    mi aiuti Iddio?
---Brutte cose che ho pensate,    moglie leale,
Brutte cose che ho pensate,    da vedova l'eguale.

    E che ti esce dagli occhi,    conte Arnau?
E che ti esce dagli occhi,    mi aiuti Iddio?
---Sono brutte, brutte occhiate,    moglie leale,
Sono brutte, brutte occhiate,    da vedova l'eguale.

    E che ti esce dal naso,    conte Arnau?
E che ti esce dal naso,    mi aiuti Iddio?
---Son le cose che ho annusate,    moglie leale,
Son le cose che ho annusate,    mi aiuti Iddio.

    Che ti esce dalla bocca,    conte Arnau?
Che ti esce dalla bocca,    mi aiuti Iddio?
---Brutte cose pronunciate,    moglie leale,
Brutte cose pronunciate,    da vedova l'eguale.

    Che ti esce dagli orecchi,    conte Arnau?
Che ti esce dagli orecchi,    mi aiuti Iddio?
---Brutte cose che ho ascoltate,    moglie leale,
Brutte cose che ho ascoltate,    da vedova l'eguale.

    Che ti esce dalle braccia,    conte Arnau?
Che ti esce dalle braccia,    mi aiuti Iddio?
---Brutte cose che ho abbracciate,    moglie leale,
Brutte cose che ho abbracciate,    da vedova l'eguale.

    Che ti esce dalle mani,    conte Arnau?
Che ti esce dalle mani,    mi aiuti Iddio?
---Brutte cose che ho toccate,    moglie leale,
Brutte cose che ho toccate,    da vedova l'eguale.

    E che ti esce dai piedi,    conte Arnau?
E che ti esce dai piedi,    mi aiuti Iddio?
---I malpassi che facevo,    moglie leale,
I malpassi che facevo,    da vedova l'eguale.

    Che è quel rumore che sento,    conte Arnau?
Che è quel rumore che sento,    mi aiuti Iddio?
---È il cavallo che mi aspetta,    moglie leale,
È il cavallo che mi aspetta,    da vedova l'eguale.

    Vai a dargli grano e avena,    conte Arnau;
Vai a dargli grano e avena,    mi aiuti Iddio.
---Non mangia grano né avena,    moglie leale;
Mangia anime dannate,    se gli son date.

    Dove ti han dato locanda,    conte Arnau?
Dove ti han dato locanda,    mi aiuti Iddio?
---All'inferno me l'han data,    moglie leale,
All'inferno me l'han data,    da vedova l'eguale.

    E perché là te l'han data,    conte Arnau?
E perché là te l'han data,    mi aiuti Iddio?
---Per salari mal pagati,    moglie leale;
E fanciulle disonorate,    da vedova l'eguale.

    Ogni giorno fo l'offerta,    conte Arnau;
Ogni giorno fo l'offerta,    mi aiuti Iddio.
---No, non mi fare l'offerta,    moglie leale,
No, non mi fare l'offerta,    da vedova l'eguale;
Quante più offerte mi fai,    tanta più pena mi dai.

Fai sbarrar la galleria,    moglie leale,
Fai sbarrar la galleria,    da vedova l'eguale,
Che mena al monastero    delle monache di Sant Joan.

    Che ora è, che il gallo canta,    moglie leale?
Che ora è, che il gallo canta,    da vedova l'eguale?
---Mezzanotte è già suonata,    conte Arnau;
Mezzanotte è già suonata,    mi aiuti Iddio.

    Ora, per prender commiato,    moglie leale,
Ora, per prender commiato,    dammi le mani.
---No, che me le bruceresti,    conte Arnau;
No, che me le bruceresti,    mi aiuti Iddio.

15/3/2015 - 15:27




Langue: catalan

La versione raccolta (prima del 1882) da Manuel Milà i Fontanals.
La versió recollida (abans 1882) per Manuel Milà i Fontanals.

milaifontanals


Fu raccolta prima del 1882 da Manuel Milà i Fontanals, recitata da Victoria Centeno. Fu pubblicata dal filologo nel Romancerillo Catalán (1882), N° 78A, pp. 67-69. La grafia è abbastanza lontana da quella catalana moderna fissata agli inizi del secolo da Pompeu Fabra e attualmente in uso; si può dire genericamente che sia “castiglianeggiante” (ad esempio, la vocale indistinta ora indicata con “e” in terminazioni come broden, dades, orelles è indicata qui con “a” (brodan, dadas, aurellas.

comtearnauromancecomtearnaunotas


EL COMTE ARNAU
    
--¿Tota sola feu la vetlla,    muller lleyal?
  2  ¿Tota sola feu la vetlla,    viudeta igual?    
--No la faig yo tota sola,    comte l`Arnau,
  4  no la faig yo tota sola,    valga`m Deu, val!    
--¿Qui teníu per companyía,    muller lleyal,
  6  qui teníu per companyía,    viudeta igual?
--Deu y la Verge María,    comte l`Arnau,
  8  Deu y la Verge María,    valga`m Deu val!    
--Ahont ne teníu las fillas,    muller lleyal,
  10  ahont ne teníu las fillas,    viudeta igual?    
--A la cambra son que brodan,    comte l`Arnau,
  12  a la cambra son que brodan    seda y estam.    
--¿Me las deixaríau veure,    muller lleyal?
  14  Me las deixaríau veure,    viudeta igual?    
--Massa las espantaríau,    comte l`Arnau,
  16  massa las espantaríau,    valga`m Deu, val!    
--¿Ahont teníu las criadas,    muller lleyal?
  18  Ahont teníu las criadas,    viudeta igual?    
--A la cuyna son que rentan,    comte l`Arnau,
  20  a la cuyna son que rentan    valga`m Deu, val!    
--¿Ahont ne teníu els mosos,    muller lleyal?
  22  Ahont ne teníu els mossos,    viudeta igual?    
--A n-el llit son que reposan,    comte l`Arnau,
  24  a n-el llit son que reposan,    valga`m Deu, val!    
--Pagueulos be la soldada,    muller lleyal,
  26  pagueulos be la soldada,    viudeta igual.    
--Tant prest com l` haurán guanyada.    comte l`Arnau
  28  tant prest com l`haurán guanyada,    valga`m Deu val!    
--Per hont heu entrat vos ara,    comte l`Arnau?
  30  Per hont heu entrat vos ara,    valga`m Deu, val!    
--Per la finestra enreixada,    muller lleyal,
  32  Per la finestra enreixada,    viudeta igual.    
--Ay! que me l` hauréeu cremada,    comte l`Arnau!
  34  Ay! que me l` hauréu cremada,    valga`m Deu, val!    
--Solament no l` he tocada,    muller lleyal,
  36  solament no l` he tocada,    viudeta igual.    
--Qu` es aixó que-os ix per la boca,    comte l`Arnau?
  38  Qu` es aixó que-os ix per la boca,    valga`m Deu, val!    
--Malas paraulas qu` he ditas,    muller lleyal,
  40  malas paraulas qu` he ditas,    viudeta igual.    
--Qu` es aixó que-os ix pels ulls,    comte l`Arnau?
  42  Qu` es aixó que-os ix pels ulls,    valga`m Deu, val!    
--Malas miradas qu` he dadas,    muller lleyal,
  44  malas miradas qu` he dadas,    viudeta igual.    
--Qu` es aixó que-os ix per las aurellas,    comte l`Arnau?
  46  Qu`es aixó que-os ix per las aurellas,  valga`m Deu, val!   
--Son llamas de foch que [`m] creman,    muller lleyal,
  48  son llamas de foch que [`m] creman,    viudeta igual.    
--Qu` es aixó que-os surt per las mans,    comte l`Arnau?
  50  Qu` es aixó que-os surt per las mans,    valga`m Deu, val!   
--Las cosas mal manejadas,    muller lleyal,
  52  las cosas mal manejadas,    viudeta igual!    
--Qu` es aixó que-os surt pels peus,    comte l`Arnau?
  54  Qu` es aixó que-os surt pels peus    valga`m Deu, val?    
--Els mals passos que donava,    muller lleyal,
  56  els mals passos que donava,    viudeta igual.    
--Qu` es aixó qu` hi ha en l` entrada,    comte l`Arnau?
  58  Qu` es aixó qu` hi ha en l` entrada,    valga`m Deu, val!    
--Es el cavall que m` espera,    muller lleyal,
  60  es el cavall que m` espera,    viudeta igual.
--Baixeuli grana y civada,    comte l`Arnau,
  62  baixeuli grana y civada,    valga`m Deu, val!
--No menja gra ni civada,    muller lleyal,
  64  sinó ánimas condemnadas,    viudeta igual.    
Quina hora es que `l gall ya canta,    muller lleyal?
  66  Quina hora es que `l gall ya canta,    viudeta igual?    
--Las dotze horas son tocadas,    comte l`Arnau,
  68  las dotze horas son tocadas,    valga`m Deu, val!    
--Vos dich que no `m feu l` oferta,    muller lleyal,
  70  que com mes me feu l` oferta,    mes pena `m dau.    
--¿Perquè sou condemnat ara,    comte l`Arnau?
  72  Perquè sou condemnat ara,    valga`m Deu, val!    
--Per soldadas mal pagadas,    muller lleyal,
  74  per soldadas mal pagadas,    viudeta igual.   
--Ara per la despedida,    muller lleyal,
  76  ara per la despedida,    demnos las mans.    
--Massa me las cremaríau,    comte l`Arnau,
  78  massa me las cremaríau,    valga`m Deu, val!--

envoyé par Riccardo Venturi - 15/3/2015 - 20:04




Langue: catalan

La versione raccolta da Jacint Verdaguer.
La versió recollida per Jacint Verdaguer

Jacint Verdaguer i Santaló (1845-1902)
Jacint Verdaguer i Santaló (1845-1902)


Jacint Verdaguer i Santaló è stato uno dei maggiori poeti (e folkloristi) della Renaixença catalana. Gli si deve questa versione del Comte Arnau (raccolta prima del 1880), la cui melodia non è nota. La particolarità di tale versione (a parte le lievi e ovvie varianti testuali), è che è cittadina: mentre la stragrande maggioranza delle versioni note della ballata sono di origine rurale e, soprattutto, montana, questa proviene da Barcellona. La lingua della versione risente di conseguenza di caratteri barcellonesi. [RV]
EL COMTE L'ARNAU

--Per a on·t haveu passé, comte l`Arnau?
2 --Ai, per la reixa més alta, muller lleial!
Valga`m la Verge Maria, valgam Déu, val!
--Ai, com me l`haureu cremada, comte l`Arnau!
4 --Tan sols no la som tocada, muller lleial.
On teniu les vostres filles, viuda la igual?
6 --En la cambra són que broden, comte l`Arnau.
--Me les deixaríeu veure, muller lleial?
8 --Massa les espantaríeu, comte l`Arnau!
--Da me`n la més petita, muller lleial,
10 solament la més petita, viuda la igual.
--Tant m`estim la més petita com la més gran.
12 --A on·t teniu les criades, muller lleial?
--A l`aiguera són que renten, comte l`Arnau.
14 --Me les deixaríeu veure, muller lleial?
--No, que les espantaríeu, comte l`Arnau!
16 --A on·t ne teniu los mossos, muller lleial?
--En són al llit que reposen, comte l`Arnau.
18 --Pagueu los bé la soldada, muller lleial,
que soldades mal pagades,
20 mesures mal mesurades
i riendes mal guanyades me van cremant.
22 Com vetllau vós tota sola, muller lleial?
--Jo no vetllo tota sola, comte l`Arnau.
24 --Qui teniu per companyia, viuda la igual?
--Déu i la Verge Maria no em deixen mal!
26 Què és això que renilla, comte l`Arnau?
--Lo cavall que vol civada, muller lleial.
28 --Debaixeu-li la civada a·n el cavall.
--Lo cavall no vol civada, muller lleial,
30 que en vol ànimes damnades, viuda la igual.
No me`n faceu més l`oferta, muller lleial,
32 Que com més em feu l`oferta, més vaig cremant.--

envoyé par Riccardo Venturi - 15/3/2015 - 21:13




Langue: italien

La traduzione italiana integrale della versione barcellonese raccolta da Jacint Verdaguer
di Riccardo Venturi, 15 marzo 2015

arnautea
IL CONTE ARNAU

--Da dove siete passato, conte Arnau?
2 --Ah, dall'inferriata più alta, moglie leale!
M'aiuti la Vergine Maria, m'aiuti Iddio!
--Ah, me l'avrete bruciata, conte Arnau!
4 --Io manco ve l'ho toccata, moglie leale.
Dove son le vostre figlie, da vedova l'eguale?
6 --In camera a ricamare, conte Arnau.
--Me le fareste vedere, moglie leale?
8 --Troppo le spaventereste, conte Arnau!
--Dammene la più piccina, moglie leale,
10 la più piccola soltanto, da vedova l'eguale.
--Tanto amo la piccina quanto la grande.
12 --E dove sono le ancelle, moglie leale?
--All'acquaio a lavare, conte Arnau.
14 --Me le fareste vedere, moglie leale?
--No, ché le spaventereste, conte Arnau!
16 --E dove sono i garzoni, moglie leale?
--Sono a letto a riposare, conte Arnau.
18 --E pagategli un buon salario, moglie leale,
ché salari mal pagati,
20 misure mal misurate
e rendite mal guadagnate mi van bruciando.
22 Perché vegliate tutta sola, moglie leale?
--Io non veglio tutta sola, conte Arnau.
24 --Chi vi tiene compagnia, da vedova l'eguale?
--Dio e la Vergine Maria non mi abbandonano!
26 E chi è che nitrisce, conte Arnau?
--Il cavallo vuol l'avena, moglie leale.
28 --E portategli giù l'avena a quel cavallo.
--Il cavallo non vuol l'avena, moglie leale,
30 vuole anime dannate, da vedova l'eguale.
Non mi fate più l'offerta, moglie leale,
32 Ché più offerte mi farete, tanto più mi brucerete.--

15/3/2015 - 22:03




Langue: catalan

I versi di Jacint Verdaguer i Santaló.
Il poema "Lo comte Arnau" del poeta catalano fa parte della raccolta di poesie pubblicata nel 1901 e intitolata "Aires del Montseny". ca.wikkipedia

[1901]

Recentemente è stato musicato e viene cantato dal cantautore catalano Roger Mas. La canzone si trova nel suo ultimo album "Irredempt".
Il testo è stato reperito dal suo sito ufficiale.

http://www.rogermas.cat/wp-content/upl...

Roger Mas


Ramon Casas
LO COMTE ARNAU

Lo comte de Mataplana ne tenia dos cavalls:
l’un era blanc com la gebre, l’altre fosc com lo pecat.

Malhaja lo cavall negre, benhaja lo cavall blanc!

Un matí de la hivernada lo negre feia ensellar;
la comtessa ja li’n deia: –Per què no enselles lo blanc?
–Perquè fuig dels camins aspres
i a mi em plauen més que els plans.

La comtessa ja hi tornava: –Mon marit, no ho fesses pas;
lo negre em sembla el diable, Déu nos lo tinga allunyat.

Ell no li torna resposta, com si sentia tronar:
al negre posa la sella baldament fos Satanàs.
–Adéu, la comtessa aimada.
–Déu te guie i l’Àngel sant.

L’Àngel prou lo guiaria, mes ell no es deixa guiar,
lo guiaria a l’església i ell a la vila fa cap,
on hi ha nines per perdre i pobres per escanyar.

Malhaja lo cavall negre, benhaja lo cavall blanc!

Quan sortia de la vila semblava un esperitat:
corria lo cavall negre, corria com si volàs,
tantost per les altes cimes
com pel fons del xaragall.

Los gombrenesos se senyen quan lo veuen desbocat.
Los llops d’aquelles muntanyes lo segueixen udolant,

algun d’ells per simpatia, los altres olorant carn,
que n’esperen un bon àpat més amunt o més avall;
sos ulls semblen llumenetes,
llumenetes infernals.

Al sentir sa udolissa lo comte s’és esglaiat,
voldria girar lo poltre mes ja no el pot aturar.

Malhaja lo cavall negre, benhaja lo cavall blanc!

A la nit que és fosca fosca, se barreja el temporal,
i els pastors al comte veuen entremig de trons i llamps;
volar d’una cresta a l’altra
del Montgrony vers les afraus.

La tempesta esgarrifosa a mitja nit fa un esclat;
d’un llampec entre les ales s’obira lo comte Arnau,
rodolant d’alta cima de Sant Ou dins lo Forat,
d’on surt entre rius de flama lo renill del seu cavall.

La comtessa l’esperava a la porta del palau;
passen hores, passen dies, passen nits de por i espant,
a la tercera que passa
l’en veu venir condemnat.

La nit era negra negra, més negre era son cavall,
son cavall que era el diable Déu nos lo tinga allunyat.

Malhaja lo cavall negre, benhaja lo cavall blanc!

envoyé par Krzysiek Wrona - 1/1/2016 - 18:11




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