Se olvidaron de la patria,
del hermano, del amigo.
Se olvidaron de las madres
y mostraron su cuchillo.
¿A quién pregunto, señor,
por qué está manchado el trigo
si en la mina El Salvador
mataron a sus amigos?
Ellos estaban solos
en ese norte vacío,
reclamando por su pan
tan amargo, tan mendigo,
cuando un viento traicionero
apretaba los gatillos.
Ay, mina de El Salvador.
¡es de sangre mi dolor!
Se olvidaron de la patria,
se olvidaron de los niños.
Dispararon a la espalda
de un pueblo que no es cautivo.
¿A quién pregunto, señor,
por qué el viento enfurecido
cambió la vida en traición
en la mitad del camino?
Se olvidaron que una tarde
un hijo cayó tendido
en laguna del desierto
tiñendo de sangre el río
y el pueblo gritó angustiado
reclamando por el hijo.
Ay, mina de El Salvador,
te mataron a traición.
del hermano, del amigo.
Se olvidaron de las madres
y mostraron su cuchillo.
¿A quién pregunto, señor,
por qué está manchado el trigo
si en la mina El Salvador
mataron a sus amigos?
Ellos estaban solos
en ese norte vacío,
reclamando por su pan
tan amargo, tan mendigo,
cuando un viento traicionero
apretaba los gatillos.
Ay, mina de El Salvador.
¡es de sangre mi dolor!
Se olvidaron de la patria,
se olvidaron de los niños.
Dispararon a la espalda
de un pueblo que no es cautivo.
¿A quién pregunto, señor,
por qué el viento enfurecido
cambió la vida en traición
en la mitad del camino?
Se olvidaron que una tarde
un hijo cayó tendido
en laguna del desierto
tiñendo de sangre el río
y el pueblo gritó angustiado
reclamando por el hijo.
Ay, mina de El Salvador,
te mataron a traición.
envoyé par Bernart Bartleby - 4/2/2015 - 15:57
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Parole di Rolando Alarcón su di una musica popolare di autore anonimo.
Nel disco intitolato “El mundo folklórico de Rolando Alarcón”, pubblicato nel 1969.
Testo trovato su Cancioneros.com
Le relazioni tra l’apparato statale, molto spesso rappresentativo della classe dominante, e i lavoratori si fanno sempre critiche quando i secondi si organizzano e protestano in massa per rivendicare propri diritti. Il Cile non fa eccezione.
Partendo dal massacro di Santa Maria de Iquique del 1907, passando per gli eccidi degli anni 20 e 30 per arrivare alla metà degli 60, anche la storia del Cile è intrisa del sangue dei lavoratori, dei minatori in particolare.
Questa canzone fa riferimento alla feroce repressione delle mobilitazioni dei minatore del rame avvenute nelle miniere di El Teniente, Potrerillos, El Salvador, Llanta e Barquito. Al secondo mese di sciopero, il 1 marzo 1966, il governo dichiarò lo stato di emergenza nei dipartimenti interessati dalle proteste e questo significò pieni poteri a polizia ed esercito, che cominciarono a sloggiare le famiglie degli scioperanti dai villaggi minerari e ad arrestare i rappresentanti sindacali più in vista. Una settimana dopo le aree minerarie in sciopero furono completamente militarizzate ed il colonello Manuel Pinochet Sepúlveda, a capo delle operazioni, dopo aver inutilmente intimato il rientro al lavoro, diede ordine ai soldati di spianare le armi, mitragliatrici comprese. L’8 marzo a Potrerillos la situazione non degenerò grazie all’intervento delle donne che, sventolando una bandiera cilena, si frapposero tra i soldati e i loro uomini… Invece a El Salvador, qualche giorno dopo, le cose andarono diversamente: l’esercito cominciò con l’arrestare giornalisti e cameramen, togliendo di mezzo testimoni scomodi, e poi l’11 marzo, senza alcuna provocazione, aggredì i minatori e le loro famiglie con bombe lacrimogene, seminando il panico, e sparando poi nel mucchio della gente che fuggiva disorientata. Le raffiche ripetute uccisero 8 persone, tra cui due donne, una delle quali incinta. Ma il bilancio avrebbe potuto essere molto più grave perché i soldati cessarono di sparare non per un ordine dei superiori ma per l’intervento di un medico e di un sacerdote. Da rilevare che tra i soldati uno solo si rifiutò di sparare: era un ragazzo nativo di lì che temeva di poter colpire i suoi stessi parenti.
Il 15 marzo venne dichiarato lo sciopero generale nazionale, con una grande manifestazione nella capitale.
La protesta dei minatori si concluse dopo 87 giorni dal suo inizio, con l’accoglimento di gran parte delle loro richieste.
Ma lo Stato – rappresentato in quegli anni dal democristiano Eduardo Frei Montalva – non smise di uccidere: lo fece ancòra a Santiago nel 1967 (7 morti durante una manifestazione della CUT) e a Puerto Montt (11 morti).