Pronto, passami la mamma
lo so che è ancora sveglia nella stanza
sono le quattro del mattino
avrei bisogno di parlarle un attimino
Sto bene, non è un incidente
guarda, mamma, non mi è successo niente
stanotte non torno li a dormire
resto fuori, non c'è niente da spiegare
Giuro, non è per farti male
dormo fuori, non farmela pesare
c'è un posto qui a casa degli amici
parla forte, non capisco cosa dici
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Ci vediamo, torna pure a letto
domani arrivo, okay te lo prometto
e per favore stira la maglietta
c'è un concerto, mi serve quella rotta
Ricorda di comprarmi dei calzini
fai mettere le borchie ai pantaloni
ho il pullover e la giacca di pelle
non ho freddo e sono un ribelle
E va bene, non ho niente nella testa
può anche darsi, però adesso basta
sono un ribelle, l'ho deciso
e non m'importa di essere capito
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
Sono un ribelle, mamma
Sono un ribelle, mamma
lo so che è ancora sveglia nella stanza
sono le quattro del mattino
avrei bisogno di parlarle un attimino
Sto bene, non è un incidente
guarda, mamma, non mi è successo niente
stanotte non torno li a dormire
resto fuori, non c'è niente da spiegare
Giuro, non è per farti male
dormo fuori, non farmela pesare
c'è un posto qui a casa degli amici
parla forte, non capisco cosa dici
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Ci vediamo, torna pure a letto
domani arrivo, okay te lo prometto
e per favore stira la maglietta
c'è un concerto, mi serve quella rotta
Ricorda di comprarmi dei calzini
fai mettere le borchie ai pantaloni
ho il pullover e la giacca di pelle
non ho freddo e sono un ribelle
E va bene, non ho niente nella testa
può anche darsi, però adesso basta
sono un ribelle, l'ho deciso
e non m'importa di essere capito
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
Sono un ribelle, mamma
Sono un ribelle, mamma
Contributed by Riccardo Venturi - 2014/12/29 - 11:00
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Testo e musica di Roberto "Freak" Antoni
Lyrics and music by Roberto "Freak" Antoni
Album: Non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti
Poi in "La Krema" (album antologico, 2002)
L'anno che sta per andarsene ha visto andare e partire, come tutti. Tra quelli che sono partiti, il 12 febbraio, c'è stato anche Freak Antoni. Così, in un anno che ha segnato una grave perdita anche per questo sito, mi è venuta un po' la voglia di uno sberleffo; ché, secondo me, la cosiddetta “sorella morte” è una seriosa e insopportabile, cupa e stupida entità che, oltretutto, è pure parecchio permalosa. Sorella di chi, poi? Mia, no di certo. Non provo proprio nessun tipo di sorellanza con questo personaggio tanto esaltato, e ti pareva, dalle religioni di qualsiasi tipo come il viatico verso qualche favoloso “altro mondo”. Nonostante le sue brutture, nonostante le sue autentiche schifezze, continuo a preferire l'aldiquà e questa Terra fatta di terra, di bellezza e anche di sangue. E continuo a preferire anche che un Freak Antoni sia, tra le altre cose, ricordato per una colossale e generazionale presa per il culo, che gli riuscì particolarmente bene.
L'ho chiamata “presa per il culo generazionale”, questa celeberrima canzone di Freak Antoni e degli Skiantos. La canzone è del 1987 e fa parte di un album che ha un titolo che potrebbe essere adottato come emblema: Non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti. E', in pratica, l'unica canzone che si è salvata di quell'album, che non è stato mai ristampato e che è quindi diventato una “rarità discografica”: gli Skiantos la riproposero nel 2002 nell'album antologico La Krema. È così che Sono un ribelle, mamma è stata tramandata ai posteri.
Per parlarne, sia pur brevemente, occorre per prima cosa aver presenti gli Skiantos. Poi l'anno in cui è stata scritta, il 1987. Dieci anni esatti dopo il famoso 1977. E, infine, il luogo: Bologna. Proprio lei, Bologna, quella che non c'è più, se l'hanno presa loro, come dicevano i Gang nella loro indimenticabile canzone dedicata a Andrea Pazienza. Se l'erano davvero presa loro, Bologna e tutta l'Italia: le teste vuote, i corifei degli “anni '80”, gli esteti dell'effimero e dell'idiozia, il craxismo che ha presieduto sia al ventennio berlusconiano sia a quel che è venuto dopo. Di tutto questo gli Skiantos sono stati interpreti perfetti.
Il personaggio di Sono un ribelle, mamma, in fondo, lo abbiamo conosciuto tutti e, in diversi casi, corrisponde a noi stessi. Il “ribelle”, più o meno giovinotto, che giocherella con l'esteriorità mentre avverte la mamma in ansia che, quella notte, non tornerà a casa pregandola però di stirargli la maglietta (quella rotta). Può darsi che sia stato un personaggio particolarmente frequente attorno agli anni in cui fu scritta questa canzone, ma ho il sospetto che gli Skiantos (il cui primo album, Inascoltable, è proprio del 1977) mirassero ben bene anche tanti e tanti del decennio precedente. Quei tanti giulivi che avevano giocherellato con le “scelte radicali”, i “ribelli” che cominciavano a (ri)vedersi a frotte ben calati nella “nuova realtà”, nei riflussi, nelle “disillusioni” ben supportate da camionate di soldi e nelle “onde lunghe” di Bettino & Co.
Il 1977 di dieci anni prima, l'anno-spartiacque, l'esplosione creativa, la generazione che, da un lato, viene distrutta e che, dall'altro, si autodistrugge nelle banalità e negli effimeri; è possibile che una canzonetta come questa voglia dire che, di tutto questo, i germi c'erano già. Mi sarà scusato se ne sto dando una lettura forse un po' particolare, arbitraria e, forse, anche troppo “seria”. C'è un perché, che dirò assai brevemente. Pochi giorni fa, per motivi che non starò a dire, mi sono ritrovato in compagnia di un nutrito gruppo di “ragazzi e ragazze del '77” che, riuniti in un localino alla moda ricavato, pensate un po', nell'ex cortile di una galera, a Firenze, si autocelebravano con un albo di vecchie fotografie. Peli e capelli bianchi, buoni lavori, pensioni assicurate, persino relativi successi in alcuni casi, pacche sulle spalle, odi malcelati, trilli e finte di non riconoscersi. Fondamentalmente, sebbene ne conoscessi (almeno di vista) alcuni, ero un estraneo, per età e per esperienze; per la prima volta in vita mia, ebbene, non mi ha fatto dispiacere. Del tutto pesce fuor d'acqua. Io che stavo lì a ragionare sul fatto di trovarmi dentro a ciò che era stata una galera, mentre sentivo un tizio dire che “il 77' aveva vinto perché aveva colorato la città”. Ma vai in culo te e la città colorata, deficiente. Io, che nel 1974 avevo dieci anni e mezzo, stavo a pensare a Giancarlo Del Padrone, che in quel posto era stato ammazzato a vent'anni su un tetto durante una rivolta, mentre quelli che a vent'anni quella canzone la avevano scritta e cantata erano là, vestiti bene, a ragionare di città colorate. Si prende tutto e si riconosce quel che è stato, dando il giusto peso e il giusto valore; quel che ho sempre fatto, ad esempio, in questo sito. Ma sentivo folate di clan, con sgradevoli retropuzzi di Partito Democratico, attanagliarmi il naso. E' stato lì che mi è venuta in mente questa canzone, in modo del tutto naturale e quasi liberatorio. Mi veniva quasi da cantarla a squarciagola, anche se me ne sono restato zitto.
Ma pigliamola con leggerezza, sì. Al '77 e a quel che è stato sono state dedicate parecchie belle e degne canzoni, e ne dirò due per tutte: Bologna '77 e Ma chi ha detto che non c'è. Si prenderà quel che è stato, e sotto tutti i suoi aspetti e le sue evoluzioni, compresa quella sbeffeggiata da Freak Antoni. Anche una maniera per terminare quest'anno con un paio di risate che fanno pensare. [RV]