dalle Langhe noi veniamo
partigiani di Castellino
che la patria difendiam
Barbe lunghe e scarpe rotte
un fucile nella man
noi pugnamo sempre giorno e notte
ed i morti vendichiam
Quando il cammin si fa più duro
noi resistiam, non ci arrestiam
quando il cielo si fa più scuro
allora noi cantiam
Tra boschi e macchie
nelle tane come lupi noi viviam
aspra guerriglia
che da giorni e da mesi conduciam
La nostra fede
sarà quella che sui vili vincerà
c'è una voce che dirà
viva i baldi viva i veci partigian di Castellin
c'è una voce che dirà
viva i baldi viva i veci partigian di Castellin
Contributed by gianfranco - 2014/12/11 - 10:03
La prima è relativa all'incipit della canzone, per cui il nome del comandante può essere Renzino, come riportato dal solito copiaincolla sulla rete, oppure Granzino, che a me sembra ai numerosi riascolti...
La seconda è quella dell'adattamento dell’inno degli studenti fascisti, di cui non riesce a cancellare completamente la lugubre andatura. Del resto se l'anonimo autore/arrangiatore ha usato proprio quel canto, è perché lo conosceva bene, ma questo non è un demerito, quei tormentoni li sapevano o dovevano sapere tutti. Semmai gli va il merito di averlo riadattato al nuovo testo, per cui autore e compagni hanno ritenuto il vecchio motivo musicale, nella nuova veste, degno di essere l'inno di brigata, con sicura soddisfazione di amici e ascoltatori.
Il terzo discorso è più complesso e riguarda la genesi dei canti partigiani, ed ora provo a chiarire.
Intanto per canto partigiano intendo una di quelle canzoni spontaneamente create dai partigiani, per istinto naturale, qual'è sempre il desiderio di cantare, specie a vent'anni, creando un testo letterario su misura degli esecutori, e adattando sempre, con rarissime eccezioni, una musica preesistente, gradevole, facile, ben conosciuta a tutti, in tono con l'argomento del testo, che è più vasto di quanto si possa pensare in un primo momento. Non solo battaglie e combattimenti, piuttosto l'esame critico e succinto della condizione presente: le scarpe rotte sono onnipresenti (come ahimè ai piedi), i vestiti poco adatti alla stagione invernale... Poi il ricordo, prima della mamma, poi della morosa, il papà non esiste. Il pensiero ai compagni caduti, per ultimi i nemici fascisti o tedeschi, destinati a sicura sconfitta. Il motivo per cui saranno sconfitti, più morale che militare, derivante dalla certezza di essere nel giusto. Ancora non si sapeva, ma forse si intuiva, il livello di barbarie raggiunto coi campi di annientamento e con gli stermini di massa nell'Europa dell'est. Arrivavano però le notizie di stragi di civili e di partigiani, che avevano anche lo scopo di fare terra bruciata intorno al movimento partigiano.
Tutto questo si rifletteva nel canto partigiano, lasciando, come ripeto a mio modestissimo parere, poco spazio alla goliardia e agli scherzi e alle facezie, quando in gioco c'era continuamente la pelle propria e quella dei compagni. E magari si tornava da una missione avendo perso qualche amico o col ferito in spalla o su una barella improvvisata o si doveva battere in ritirata perché quella che stava risalendo la collina era una intera divisione di crucchi e non la solita pattuglia da rimandare a valle disarmata e senza scarpe e calzoni.
Ma, visto che mi è scappato il mouse sull'argomento, proverò ad approfondire brevemente. Anche perché riguarda questa canzone. Vi sono, circa le canzoni, diciamo, "da bivacco" due diversi pareri. Il primo è improntato ad una visione "retorica" dell'evento resistenziale, per il quale poco o niente spazio era riservato agli aspetti meno nobili dell'animo umano, tutti i patrioti erano santi o quantomeno in odore di santità. A questa visione idilliaca si rifanno gli scritti di Paolo Castagnino "Saetta" e quanto ho scritto sopra o in altre pagine del sito. Potrei citare anche, come esempio, quanto mi disse, oltre 10 anni fa, il partigiano "V." che interrogato sull'argomento mi rispose bruscamente che loro, quel pò di fiato che avevano, lo usavano per scappare dai tedeschi e non per cantare. Fine delle mie indagini.
Vediamo ora le ragioni di chi la pensa in modo opposto. Tra questi ad esempio Mario Giovanna e il suo articolo riportato sul libretto del Cd "Chicchiricchi", come pure quanto riportato da Riccardo Venturi relativo al suo amico partigiano "Sugo". Si tratta di testimoni diretti, quindi attendibili.
Vorrei però aggiungere qualcosa alla loro testimonianza. Intanto il territorio è diverso, le lunghe marce in pianura (le Langhe) lasciavano spazio al canto, mentre sulle Alpi o sull'Appennino di spazio (e fiato) ne restava poco, anche a chi era ben allenato, figurarsi per i partigiani "cittadini" per i quali l'allenamento doveva essere come il mio che nelle gite in montagna avevo la lingua che raschiava per terra...
Poi c'è da vedere se il severo capo plotone era disponibile a sentire certe voci "stonate", e non in senso musicale, e non li faceva stare zitti. Il che immagino abbia salvato diverse vite, se nel bosco vicino c'era qualche pattuglia nemica.
L'ultimo elemento a mio favore penso che sia questo: anche se i partigiani, in condizioni favorevoli, volevano cantare canti poco convenzionali, potevano benissimo attingere ad un vasto repertorio popolaresco "scanzonato", a base di osterie vaticane, cacciatori nel bosco, spazzacamini ben dotati e così via all'infinito, senza bisogno di inventarne delle nuove. (ammesso che ne fossero capaci, a noi non è arrivato niente).
E, dato che queste "canzoni da bivacco" anzi da caserma, erano condivise e cantate anche dai loro coetanei in nero o della monterosa, non mi sembrano degne di affiancarsi a quelle cantate da chi si è sacrificato per noi.
gianfranco - 2014/12/11 - 10:07
la brigata "Castellino" dipendeva dalla I Divisione Autonoma Langhe al comando del maggiore degli alpini Enrico Martini, detto Mauri. Il comandante della brigata si chiamava Renzo Cesale ed era a sua volta un militare, anche lui un alpino, allora con il grado di tenente... Doveva quindi essere abbastanza giovane e, forse (ma azzardo), i suoi potevano anche chiamarlo Renzino... Credo che si trattasse di monarchici, "badogliani" o "autonomi" o "azzurri", come erano chiamati... E' possibile che quel Renzo Cesale sia lo stesso che tra il 1963 ed il 1974 è stato il comandante del CAR del 2º Reggimento Alpini della Taurinense, di stanza a San Rocco Castagnaretta (CN)...
Le fonti su cui baso questa osservazione: qui e qui
Non c'è traccia in Rete di un comandante partigiano, della "Castellino" o comunque operante nelle Langhe, che si chiamasse (di cognome o di battaglia) Granzino, Grazzino o Grenzino...
Saluti
Bernart Bartleby - 2014/12/11 - 15:01
Bernart Bartleby - 2014/12/11 - 15:21
in effetti il nome Renzino/Granzino dovrebber riferirsi al nome del comandante (Al comando di...)
ho riscoltato varie volte l'audio, che oltretutto e' afflitto dal fade-in (sfumatura iniziale). un'altra possibilità era:
dal comando di Granzino
se fosse esistito un paese di tale nome...
comunque le tue precisazioni mi sembra chiariscano parecchio della faccenda. ti saluto e vado a mangiare la "Sbobba"
gianfranco
roberto odello - 2015/4/16 - 23:04
Trovo un Cesare Odello di Castellino Tanaro, classe 1922, caduto a Murazzano il 22 marzo 1944... era uno dei suoi familiari?
Un saluto cordiale.
Bernart Bartleby - 2015/4/17 - 08:22
Lorenzo classe 1926 e caduto a Castellino il 13 7 1944.
roberto odello - 2015/4/21 - 06:34
Un caro saluto.
Bernart Bartleby - 2015/4/21 - 08:57
Un saluto cordiale
Giusseppe Carlo Torrismondi
Giusseppe Carlo Torrismondi - 2015/9/15 - 21:10
Un caro saluto a Lei e alla terra d'Argentina.
Bernart Bartleby - 2015/9/16 - 10:25
Fenoglio Mauro - 2016/5/2 - 13:47
Non le nascondo che, leggendo il suo cognome, ho subito pensato a Beppe Fenoglio, che pure lui fu sotto il comando di Enrico Martini detto "Mauri", ma nella brigata di Piero Balbo detto "Poli" o "Comandante Nord"... E poi Beppe Fenoglio ebbe solo una figlia, Margherita.
Saluti
Bernart Bartleby - 2016/5/2 - 23:34
B.B. - 2016/5/3 - 09:04
Per me è stato un onore ed un privilegio condivere un pezzo di vita con lui
Maurizio Vanni - 2016/7/20 - 16:04
A questo punto chiederei nuovamente agli Admins di sostituire il primo verso con "Al comando di Renzino".
Bernart Bartleby - 2016/7/20 - 23:48
Nel libro Gildo narra, senza retorica e con molto realismo e anche durezza, la sua esperienza come partigiano operante nella zona di Murazzano/Saliceto/Sale/Mombarcaro.
Mi era stato consigliato da un carissimo amico, partigiano garibaldino; una scoperta. L'ho poi riletto più volte e ne consiglio la lettura.
Luisa - 2016/9/7 - 15:41
Purtroppo il Generale è deceduto ormai da diversi anni, ma ciò che ha dato al nostro Paese insieme a tutti coloro che si sono sacrificati non morirà mai.
A. V. - 2019/5/23 - 03:14
Mio padre Piero giusta 1922 ufficiale medico
Faceva parte della brigata castellino ed era il vicecomandante
Cioè il vice di Renzo Cesale
Il fratello carlino giusta 1923; facente parte della brigata castellino,
Cadde in una imboscata e fu fucilatoassieme al suo amico Franchino
a castellino tanaro 21/06/1944
Federica giusta - 2020/4/26 - 19:32
Spero che Le faccia piacere questa registrazione de "Partigiani di Castellino" risalente al 1964, in "Canti Della Resistenza Italiana vol. 4", edito da I Dischi del Sole.
Le voci sono quelle di ex partigiani della zona di Mondovì.
Riprendo di seguito (in parte) dal commento su YouTube:
Le parole di questo canto furono scritte nel 1944 durante una marcia di trasferimento da Castellino (Cuneo) a Marsaglia, nell’Alta Langa, dai partigiani della Brigata Autonoma Castellino, comandata da Renzo Cesale.
L’aria - come spesso capitava - è quella di un inno fascista.... Credo si tratti dello stesso di questa indimenticabile sequenza da "Amarcord" di Fellini...
‘Renzino’ è Renzo Cesale, poi comandante degli Alpini a Cuneo.
Le testimonianze su questa canzone furono raccolte dalla testimone Lidia Rolfi Beccaria di Mondovì per mano di Michele L. Straniero
B.B. - 2020/4/26 - 20:19
"CARLO GIUSTA.
Nato a Saliceto (Cuneo) il 17 luglio 1923, fucilato a Castellino Tanaro (Cuneo) il 21 giugno 1944.
Atleta, campione nazionale di salto in alto, Giusta, dopo l'armistizio, si unì (col nome di battaglia di "Carlino"), ai partigiani della Val Casotto. Arrestato il 5 febbraio del '44, "Carlino" fu rinchiuso nelle carceri militari di Cuneo. In quel frangente, come ebbe ad annotare in un suo diario, gli fu anche impedito di incontrare la madre, che era andata alla prigione per visitarlo. Avendo finto di accettare l'arruolamento nel Reggimento Artiglieria Alpina di Aosta, Giusta l'8 marzo fu scarcerato e, due settimane dopo, spedito per l'addestramento in Germania. Durante una sosta della tradotta, il giovane riuscì, con altri due compagni, a saltare dal vagone e a raggiungere le Langhe. Così, il 1° maggio "Carlino" entrava a far parte della 1a Brigata "Castellino" della 1a Divisione Langhe. Nuovamente catturato dai tedeschi nemmeno due mesi dopo, Carlo Giusta fu trasportato sino a Castellino Tanaro e qui fucilato. Al suo nome è intitolata la piazza di Saliceto dove sorge la sede comunale."
(ANPI)
B.B. - 2020/4/26 - 20:28
Franchino (Francesco Macaggi) era di Genova, classe 1924, di professione odontotecnico.
B.B. - 2020/4/26 - 20:46
Sono il nipote di Umberto Bagnasco, nato in Argentina nel 1925 e protetto dal relativo Consolato, che ha però deciso di prendere parte alla Guerra di Liberazione entrando proprio nella Brigata Castellino Autonoma.
Proprio in questi giorni sto mettendo mano a tutta la documentazione originale (dalla dichiarazione alternativa alla tessera di riconoscimento del CLN fino alla lettera di protezione) poiché da giornalista sarei interessato a raccontare la sua storia e quella dell'intera brigata.
Cari saluti a tutti.
Gabriele Gallo - 2020/4/28 - 17:04
Era fuggito da un campo di prigionia in Germania, dopo essere stato deportato dai Tedeschi insieme ad altre reclute italiane.
Arrivato in Italia, una famiglia delle vostre zone lo nascose per diverso tempo (un mese forse due), in una concimaia. Si uní poi alla resistenza locale e tornò a casa, vicino a Brisighella (RA), alla fine della guerra.
Se qualcuno sa qualcosa, sarebbe bello per la mia famiglia tornare da voi a ringraziare quella famiglia, o i suoi discendenti, che lo aiutarono. Purtroppo mio nonno è morto nel 1996 e non è mai riuscito a tornare lassù da voi.
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La linea melodica ricalca (e si sente) un canto fascista, cioè l’"Inno degli studenti universitari fascisti", notizia trovata sul sito gemello "il deposito".
altre notizie nei commenti che seguono il testo.