L'otto settembre fu la data
l'armistizio fu firmato
mi credevo congedato
ed alla mamma ritornar
mi credevo congedato
ed alla mamma ritornar
Al giorno poi fu fallito
quel bel sogno lusinghiero
mi han fatto prigioniero
e in Germania ritornar
mi han fatto prigioniero
e in Germania ritornar
Lunghi son quei tristi giorni
di tristezza e patimenti
ci han rivati a tanti stenti
che in Italia tornerò
ci han rivati a tanti stenti
che in Italia tornerò
l'armistizio fu firmato
mi credevo congedato
ed alla mamma ritornar
mi credevo congedato
ed alla mamma ritornar
Al giorno poi fu fallito
quel bel sogno lusinghiero
mi han fatto prigioniero
e in Germania ritornar
mi han fatto prigioniero
e in Germania ritornar
Lunghi son quei tristi giorni
di tristezza e patimenti
ci han rivati a tanti stenti
che in Italia tornerò
ci han rivati a tanti stenti
che in Italia tornerò
Contributed by gianfranco - 2014/12/8 - 15:52
8 settembre - bibliografia ragionata
Sull’8 settembre 1943 sono stati versati fiumi di inchiostro e distrutte, per ricavarne carta, intere foreste. Sarebbe quindi inutile un mio povero supplemento, se non fosse che quella degli italiani è una memoria particolarmente corta.
Ma anche se forse questo è un bene, preferisco rievocare qui, col permesso dei lettori, alcuni fatti che mi sembrano lontani nel tempo ma maledettamente attuali.
Per prima cosa la pessima usanza dei governanti di abbandonare il popolo a se stesso, abdicando al compito istituzionale di sacrificarsi per primi (l’eroica fuga ingloriosa di re e lacchè a Brindisi)
Poi l’incapacità di scelte decise e coraggiose (mancata difesa della capitale) e l’assoluta mancanza di prevenire i problemi, continuando a barcamenarsi (mancata chiusura del Brennero alle truppe tedesche dopo il 25 luglio 1943) e, tanto per essere chiari, forti coi deboli e deboli coi forti (Adami Rossi e governo Badoglio)
Problemi che ancora oggi (compreso l’ex sindaco assurto al rango di salvatore della patria e sì che tanti, di salvatori, ne abbiamo avuti e i risultati li abbiamo visti) si ripresentano pari pari con modi e protagonisti differenti e temo non meno drammatici. Chi lo chiama neofascismo, che lo chiama dissesto idrogeologico (e allora il problema è risolto, gli abbiamo trovato il nome) chi lo chiama globalizzazione ed ecco perché le fabbriche chiuse e i lavoratori a spasso. Il bello è che tutti hanno davanti agli occhi quello che succede, ma tutti ficcano la testa nella sabbia come gli struzzi, o quando va bene propongono soluzioni parziali, settarie e inefficienti. Proprio come all’otto settembre del ’43.
Vediamo ora cosa leggere sull’argomento.
Per prima cosa vorrei proporre, per gli antefatti, “25 luglio 8 settembre” di Ruggero Zangrandi del 1964. Il testo analizza anche i fatti immediatamente successivi all’armistizio, come la reazione delle forze armate italiane nell’egeo ed altro.
Per la fuga del re e stato maggiore, che fu la causa della mancata difesa delle nostre truppe, citerò : La Verita' Sull'8 Settembre.di Ettore Musco, Garzanti, 1965. Essendo tali personaggi impegnatissimi a mettere in salvo le loro preziose vite si “dimenticarono” di dare ordini alla truppa, che si arrese ad una manciata di tedeschi. Ricordo che Kesselring in quei giorni, ipotizzando un minimo di difesa degli italiani, disse ai suoi ufficiali : Prepariamo ad arrenderci con onore. Poi trattò, quasi certamente, per lasciar passare i “fuggitivi” attraverso i numerosi posti di blocco tedeschi, che infatti il corteo reale potè traversare indisturbato.
Per la resistenza disarmata, cito “L'altra Resistenza” di Alessandro-Natta che ripercorre la storia degli oltre 600mila deportati militari (IMI) tra i quali possiamo ritrovare il protagonista della nostra canzone.
Che forse proveniva dalla IV Armata, colta dall’armistizio nel momento del rientro dalla campagna di Francia. L’episodio è dettagliato in “8 Settembre – Lo sfacelo della 4.a Armata” dell’ISR di Cuneo.
Il libro cita anche la sorte degli Ebrei che negli stessi giorni fuggivano dalla zone della Francia che stavano per essere occupate dai tedeschi. (l’argomento viene poi approfondito dall’autore, Alberto Cavaglion nel libro “Nella notte straniera”, ed.Arciere, 1981)
Include anche una relazione di Faustino Dalmazzo, che dovrò approfondire, essendo lo stesso autore di un canto partigiano, mi basti per ora la frase “Forse l’esercito, per la sua stessa natura, non poteva e non può organizzare una guerra irregolare.” Come dire, cari generali siete solo buoni (ma io ho dei dubbi) a fare la guerra, la lotta partigiana, che è una cosa seria, lasciatela alle persone serie.
Per ultima cito la relazione di Nuto Revelli da cui riporto questa frase:
“Vorrei che nell’ufficio del Presidente della repubblica ci fosse un cartello con su scritto -8 Settembre- Vorrei che in tutti gli uffici e centri di potere ci fosse un cartello con su scritto -8 Settembre-“
Poi prosegue : “L'Ufficio storico dello Stato maggiore, invece di perdersi nell'impossibile compito di «inventare» la storia, dovrebbe contare intanto i morti dell'8 settembre. Nessuno li ha ancora contati i poveri morti della 4a armata.... Nell'autunno 1946, nei valloni del bosco di Turinì, cercavo la salma del partigiano Giuseppe Scagliosi. Dal lenzuolo delle foglie secche affioravano le divise grigioverdi dei soldati italiani. Erano i «dispersi» del fronte occidentale? Erano i «dispersi» dell'8 settembre, i «dispersi» della 4a armata? Decidetevi a contare i morti della 4a armata, decidetevi a imparare «l'altra storia».
Ricordo che il libro presenta gli atti di un convegno tenuto a Cuneo il 3 e 4 novembre 1976.
Da allora l’unica cosa cambiata è il completo disinteresse sulla nostra storia.
Cercavo in questi giorni su internet notizie di uno scultore genovese, Giovanni Battista Salvatore Bassano di cui ricordo di aver letto che durante una parata nazista in via XX Settembre (la strada principale di Genova) sfidava i tedeschi ponendosi, mani ai fianchi, al centro della strada e cantando a squarciagola il (tanto vituperato) inno d’Italia. Pensate che ho trovato qualcosa?
Sull’8 settembre 1943 sono stati versati fiumi di inchiostro e distrutte, per ricavarne carta, intere foreste. Sarebbe quindi inutile un mio povero supplemento, se non fosse che quella degli italiani è una memoria particolarmente corta.
Ma anche se forse questo è un bene, preferisco rievocare qui, col permesso dei lettori, alcuni fatti che mi sembrano lontani nel tempo ma maledettamente attuali.
Per prima cosa la pessima usanza dei governanti di abbandonare il popolo a se stesso, abdicando al compito istituzionale di sacrificarsi per primi (l’eroica fuga ingloriosa di re e lacchè a Brindisi)
Poi l’incapacità di scelte decise e coraggiose (mancata difesa della capitale) e l’assoluta mancanza di prevenire i problemi, continuando a barcamenarsi (mancata chiusura del Brennero alle truppe tedesche dopo il 25 luglio 1943) e, tanto per essere chiari, forti coi deboli e deboli coi forti (Adami Rossi e governo Badoglio)
Problemi che ancora oggi (compreso l’ex sindaco assurto al rango di salvatore della patria e sì che tanti, di salvatori, ne abbiamo avuti e i risultati li abbiamo visti) si ripresentano pari pari con modi e protagonisti differenti e temo non meno drammatici. Chi lo chiama neofascismo, che lo chiama dissesto idrogeologico (e allora il problema è risolto, gli abbiamo trovato il nome) chi lo chiama globalizzazione ed ecco perché le fabbriche chiuse e i lavoratori a spasso. Il bello è che tutti hanno davanti agli occhi quello che succede, ma tutti ficcano la testa nella sabbia come gli struzzi, o quando va bene propongono soluzioni parziali, settarie e inefficienti. Proprio come all’otto settembre del ’43.
Vediamo ora cosa leggere sull’argomento.
Per prima cosa vorrei proporre, per gli antefatti, “25 luglio 8 settembre” di Ruggero Zangrandi del 1964. Il testo analizza anche i fatti immediatamente successivi all’armistizio, come la reazione delle forze armate italiane nell’egeo ed altro.
Per la fuga del re e stato maggiore, che fu la causa della mancata difesa delle nostre truppe, citerò : La Verita' Sull'8 Settembre.di Ettore Musco, Garzanti, 1965. Essendo tali personaggi impegnatissimi a mettere in salvo le loro preziose vite si “dimenticarono” di dare ordini alla truppa, che si arrese ad una manciata di tedeschi. Ricordo che Kesselring in quei giorni, ipotizzando un minimo di difesa degli italiani, disse ai suoi ufficiali : Prepariamo ad arrenderci con onore. Poi trattò, quasi certamente, per lasciar passare i “fuggitivi” attraverso i numerosi posti di blocco tedeschi, che infatti il corteo reale potè traversare indisturbato.
Per la resistenza disarmata, cito “L'altra Resistenza” di Alessandro-Natta che ripercorre la storia degli oltre 600mila deportati militari (IMI) tra i quali possiamo ritrovare il protagonista della nostra canzone.
Che forse proveniva dalla IV Armata, colta dall’armistizio nel momento del rientro dalla campagna di Francia. L’episodio è dettagliato in “8 Settembre – Lo sfacelo della 4.a Armata” dell’ISR di Cuneo.
Il libro cita anche la sorte degli Ebrei che negli stessi giorni fuggivano dalla zone della Francia che stavano per essere occupate dai tedeschi. (l’argomento viene poi approfondito dall’autore, Alberto Cavaglion nel libro “Nella notte straniera”, ed.Arciere, 1981)
Include anche una relazione di Faustino Dalmazzo, che dovrò approfondire, essendo lo stesso autore di un canto partigiano, mi basti per ora la frase “Forse l’esercito, per la sua stessa natura, non poteva e non può organizzare una guerra irregolare.” Come dire, cari generali siete solo buoni (ma io ho dei dubbi) a fare la guerra, la lotta partigiana, che è una cosa seria, lasciatela alle persone serie.
Per ultima cito la relazione di Nuto Revelli da cui riporto questa frase:
“Vorrei che nell’ufficio del Presidente della repubblica ci fosse un cartello con su scritto -8 Settembre- Vorrei che in tutti gli uffici e centri di potere ci fosse un cartello con su scritto -8 Settembre-“
Poi prosegue : “L'Ufficio storico dello Stato maggiore, invece di perdersi nell'impossibile compito di «inventare» la storia, dovrebbe contare intanto i morti dell'8 settembre. Nessuno li ha ancora contati i poveri morti della 4a armata.... Nell'autunno 1946, nei valloni del bosco di Turinì, cercavo la salma del partigiano Giuseppe Scagliosi. Dal lenzuolo delle foglie secche affioravano le divise grigioverdi dei soldati italiani. Erano i «dispersi» del fronte occidentale? Erano i «dispersi» dell'8 settembre, i «dispersi» della 4a armata? Decidetevi a contare i morti della 4a armata, decidetevi a imparare «l'altra storia».
Ricordo che il libro presenta gli atti di un convegno tenuto a Cuneo il 3 e 4 novembre 1976.
Da allora l’unica cosa cambiata è il completo disinteresse sulla nostra storia.
Cercavo in questi giorni su internet notizie di uno scultore genovese, Giovanni Battista Salvatore Bassano di cui ricordo di aver letto che durante una parata nazista in via XX Settembre (la strada principale di Genova) sfidava i tedeschi ponendosi, mani ai fianchi, al centro della strada e cantando a squarciagola il (tanto vituperato) inno d’Italia. Pensate che ho trovato qualcosa?
Son giunchi che piegano – le spade vendute
Già l’aquila d’Austria - le penne ha perdute
Il sangue d’Italia – bevè col Cosacco
Il sangue polacco – ma il cuor le bruciò.
Goffredo Mameli, 1847
Già l’aquila d’Austria - le penne ha perdute
Il sangue d’Italia – bevè col Cosacco
Il sangue polacco – ma il cuor le bruciò.
Goffredo Mameli, 1847
gianfranco - 2014/12/8 - 15:59
Versione de La Brigata Pretolana, eseguita alla settima edizione di "Canzoni contro la guerra" al Teatro dell'Affratellamento di Firenze il 4 novembre 2018.
Io non sto con Oriana - 2018/11/4 - 19:52
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Lo stile della esecuzione “a cappella”, voce solista con intervento degli altri cantori a metà della strofa,(la chitarra è citata forse per altre esecuzioni) indica la vocazione a canto popolare, mancando ovviamente poi la larga diffusione per via dell’argomento da sempre tabù.
Il modo del canto mi ricorda un po’ quello degli esecutori del “maggio”. La differenza è che qui non si tratta di regine o principesse, Canossa si è mutata nella meno pittoresca Germania dei campi di concentramento, le baracche comunque erano ancora in uso per i nostri lavoratori emigrati del dopoguerra.
Per la censura eseguita nel primo dopoguerra sui racconti dei reduci, vorrei citare una lettera scritta da Cesare Pavese al suo editore che gli aveva inviati per la lettura diversi diari di reduci e combattenti partigiani. Nella risposta Pavese invitava il suo editore a cestinare questi lavori, perché insignificanti dal punto di vista letterario.
La trovate in uno dei libri di Alberto Cavaglion (mi sembra “Il senso dell’arca, Ebrei senza saperlo”, 2006 che ora non ho sottomano)