Delitti, arresto e morte di Federigo Bobini, detto Gnicche
Giovanni FantoniLangue: italien (Toscano)
Se Apollo assisterà la mente mia,
Onde possa cantar d'ottava rima,
E con l'aiuto di Gesù e Maria
Arriverò dell'argomento in cima;
Spero non sarà tempo butto via,
Benché storie non fei, questa è la prima;
Vita e morte racconto e vi raffino
D'un giovane scorretto il rio destino.
Federico Bobin, da piccolino
Appunto principiava a camminare;
Di campagnuolo si fe' cittadino
E col padre dentro Arezzo, andiede a stare.
Questo ragazzo fa come lo spino,
Che nasce aguzzo per voler bucare,
Porta in tasca un coltello fatto a cricche,
Per soprannome fu chiamato Gnicche.
Se lo tocchi però ti dà le chicche,
E a' quindici anni ancora non è giunto
Vuol bene a fiori, quadri cuori e picche,
E per il giuoco dorme poco o punto,
Vestir vorrebbe da persone ricche;
E' ghiotto quanto il gatto intorno a l'unto
Tu vuoi star tanto ben, ma che arte fai?
Manuale e scaccin da paretai.
Non ha da fare e non lavora mai...
Gnicche si mette ozioso per Arezzo;
Un dì entrò in casa a certi bottegai,
Prese a una donna quattro anelli e un vezzo,
Oure che il corpo non patisca mai...
Per i vizi lo vende a poco prezzo,
Lo giuoca, fa di mezzo, e poi di tutto,
E in breve resta il portafogli asciutto.
Gnicche senza quattrini come è brutto!
Né per farli si adatta alle faccende,
E piglia al padre dei sudori il frutto.
E altre robe di casa gliele vende;
Vede al cattivo sempre più si è butto
Il padre, e fortemente lo riprende,
E Gnicche vuol ragione, e ci quistiona,
E invece di tacere... lo bastona.
L'accusa al Tribunale, e non canzona,
E lo fa condannar per quattro mesi;
Lui fugge la giustizia e va a Cortona,
E si butta bandito in quei paesi.
E là ferisce più d'una persona,
Ha revolver, schioppo ed altri arnesi,
Sempre lo cerca più la Polizia;
Con altri malfattor va in compagnia.
Sempre rigira lì a Santa Maria,
Santa Firmina, San Zeno e Sargiano,
L'arrestano i soldati per la via:
Pare un leone, non par più un cristiano:
Dove chiappa, la pelle porta via,
E li ferisce e scappa lor di mano,
Sicché li rispettò come somari,
Poi se ne andò a Castello e verso Anghiari.
Lui va sempre dai ricchi e vuol denari,
In Chiana nel Valdarno e in Casentino,
Chi a lui resiste non la cava pari,
Perché gli fa baciar qualche santino.
Benché cattivo ha degli amici cari;
Spesso ritorna all'Aretino,
E più volte ne andò ben monturato
Alla commedia e a passeggiare al prato.
Una donna spogliò lo sciagurato,
La strapazzò, ma non le fe' ferita;
Tutti i panni di lei si fu indossato.
Per andare a ballare fece partita.
Dicevan tutti: -Una donna è impazzita!
Fuggiva a casa ignuda e impaurita,
Non può parlare, ché gli manca il fiato,
E dopo disse: -Gnicche m'ha spogliato...
Un giorno in un caffè va lo sfrontato
E Gnicche, vi trova il Sindaco a sedere,
Lo saluta e gli va al destro lato,
Mi conosce? Chi son lo vuol sapere?
Fo il sindaco ancor'io molti ho tassato
E più di lei io faccio il mio dovere,
Perché ha tassato ancor la bassa gente,
Ed io tasso i signori solamente!...
Gnicche lo saluta e parte prestamente,
E il Sindaco gli disse: -A rivederlo!
E poi domanda a tutta quella gente
Se sia sindaco proprio quel bordello.
Quell'è Gnicche, essi disser, certamente,
Sor Sindaco, non guardi che sia bello,
Resta stupito, e gli cadde la tazza,
E dopo Gnicche fuggì a Parigi, in Piazza.
Che cosa fa cotesta testa pazza
Va alle Camere, su da quei signori,
Lo salutan tutti, e li ringrazia,
Non so se fe' interessi e tornò fuori.
Poi va in casa di un prete e non l'ammazza,
Gli disse: -Lei è il più potente fra i Priori,
Io son Gnicche, e di si mi deve dire,
Da lei stasera... voglio mille lire!
Non ho neppure un soldo, prese a dire,
Mio caro Gnicche, non l'avere a sdegno,
Fra tre giorni li avrò, potrai venire.
Disse Gnicche: -Mi dia la serva in pegno!
E il Prete: Piuttosto vo' morire,
Ma la mia serva non te la consegno!
In tutti i modi il caso è disperato,
Gli contò i franchi, e via l'ebbe mandato.
A veglia vuol andar, ch'è innamorato
Di una ragazza di Santa Firmena,
Che a sue passioni sempre sfogo ha dato.
Fu avvisata la forza e lo incatena.
Un contadin che il vino avea alloppiato,
Dormia là in campagna dopo cena,
E Gnicche non poté mettersi al trotto,
E lo legano in sedici o diciotto.
Gli par mill'anni menarlo di botto
In carcere fra tanti altri birbanti,
Chi di sopra lo tiene, e chi di sotto,
Chi lo regge di dietro e chi davanti.
-Eccolo qua il nostro patriotto!
Allor dissero ad Arezzo tutti quanti:
In carcere fu messo da un'armata,
E la seduta tosto è preparata.
Per la prima sentenza che fu data
Messo in casa di forza per sett'anni,
Poi c'è un'altra condanna separata
Per motivo d'un furto ed altri danni;
Poi c'è quella che mai non ha scontata,
Che ai soldati strappò la pelle e i panni,
Infine piccolezze a centinaia...
Guadagnato s'è il pan per la vecchiaia!
Non c'è persona che un altro non paia,
V'era una guardia detto il Secondino,
Gnicche che parla piano e non abbaia,
Disse: -Non hai la palla d'un quattrino,
Se mi apri tu l'avresti quasi a staia;
Alfin lo compra e gli apre l'usciolino
E gli s'affila dietro anche i compagni;
Non si sa il Secondin quanto guadagni.
Non vi so dir se battono i calcagni!
Prestamente scavalcano le mura
Acciò del Secondin nessun si lagni.
Di non abbandonar promette e giura
Sta tre dì tra le macchie ed i castagni,
Forse avrà fatto sacco... e poi assicura
Di scappar ratto per la via più stretta,
E lì pianta i panioni e la civetta.
Al Tribunal ritorna con gran fretta,
Con la speranza d'esser perdonato.
Alle sue scuse non vien dato retta,
Comandan che sia presto carcerato.
E lui di nuovo in ginocchion si getta,
E dice: -Fui tradito ed assaltato!
Contro forza non giova la ragione,
Non è creduto e va in prigione.
E subito s'armaron mille persone,
Perché Gnicche evase dalla gabbia
Chi quà, chi là, soldati a processione,
Per rimetter l'uccello nella gabbia.
Ma di Gnicche dirò la sua intenzione
Che veglia il contadino con gran rabbia.
Dietro ad un poggio con un fucile in mano
Là presso casa sua, sotto Sargiano.
Coi fratelli alla messa va pian piano,
E parenti ed amici un dì in festa
Senton dir: -Ferma là, tristo villano,
E chi non ha che far badi alla testa!
Vedono Gnicche col fucile in mano:
Ognun si dà a fuggir a gamba lesta:
Lo piglia in mira, stringe e bene accende
Lo chiappa con due palle e lo distende.
Rimbuca nella macchina, poi s'intende
Che Gnicche è presso Castel Fiorentino
Va là sotto Cortona a far faccende.
State attenti; dà lavoro al becchino.
Tratta una donna e ci fa le merende.
Un dì gli disse un tal di quel vicino
Non ti fidar di quella donna incinta,
Che per farti cader ti dà la pinta.
Presto la va a trovar con dura grinta,
Le disse: -Chi ti insegna a far la spia,
Donna bugiarda, traditrice e finta?
Le dà un colpo, l'ammazza e poi va via.
Visitò il Tribunal la donna estinta:
Dà ordine ai soldati in ogni via
Sa che Gnicche, le fa sempre più belle:
E gli fan preparar le peggiori celle.
Subito raddoppiò le sentinelle,
Per Gnicche il mare è sempre in gran burrasca.
Lui tira avanti e non teme di quelle,
Non crede esser l'uccello sulla frasca.
E va dicendo: -A chi preme la pelle.
Quest'è lo schioppo e revolver in tasca!
Tacerò se con forza non arrivo,
Quando sarò morto a sangue privo!
Quante son le person più non le scrivo
Morte, ferite e messe in gran paura,
Bensì per chi gli dà non è cattivo:
Le spie le mette tutte in sepoltura.
Povero, disperato e quasi arrivo
(La pera presto cade che è matura)
Pensò fare una cena cheto cheto
In casa di un contadino al Tegoleto.
Tieni sta roba? gli dice in gran segreto,
Ch'io tornerò vicino a mezzanotte,
Stai zitto e quando torni da Oliveto
Fa' che queste vivande trovi cotte!
Bada che il vino non abbia l'aceto,
Perché lo voglio della meglio botte.
Arrosto metterai questi piccioni,
Che si mangi alla barba dei minchioni.
Tre soldati, cercando altri birboni,
La sera, passeggiando in quella parte,
Trovaron certo fumo a strasciconi,
Disse un soldato che era già dell'arte:
-Vediam di questo fumo chi è padroni!
O c'è una cena o giuoco delle carte!
Entra in casa e quel che cercan trova:
Disse dentro di sé: -Gatta ci cova!
A interrogar il contadin si prova:
-Per chi la fate voi questa cucina?
-Vede, li fo star bene e non mi giova:
Per l'opre che verranno domattina!
Il soldato parole non rinnova,
E della scala riprese la cima,
Il contadin vede andar via il soldato,
S'ingegna d'avvisar quel disgraziato.
Il Gendarme nascosto e preparato
Sta nell'ingresso, e due nella capanna,
Esce la madre con la figlia a lato,
Per avvisare Gnicche ognun s'affanna,
Ei tutto ardito gli s'è presentato,
Di ritornare indietro le condanna.
-Fate silenzio e non vi date pena,
Ambedue state in casa a far da cena!
Ecco Gnicche fischiando li s'infrena.
E gli s'avventan come can da presa.
Grida: -Aiuto compagni! ad alta lena
Con pugni e calci si mette in difesa
Su ogni soldato, picchia Gnicche, e mena
Trecento metri li trasporta per la presa.
Ripete: -Aiuto, amici, a questa guerra!
Un soldato la bocca a Gnicche serra.
Ma nell'ammanettarlo esso si sferra
E nella mano gli ci attacca un morso;
Il soldato si svenne e cade in terra,
D'un dito gli mozzò la carne e l'osso.
Da bravo fa, ma chi non fa non erra,
Scappa... poi salta un ponte e salta il fosso;
Ma un soldato gli tira nelle rene,
Gnicche disse: -Bravo hai fatto bene!
Disse Gnicche: -Morir qui mi conviene!
Chiama il soldato con parola umìle:
Ora si credo che la morte viene,
E non giova revolver, né fucile.
Ti lascio l'orologio e tasche piene,
E lo schioppo e revolver e lo stile,
Benché tu m'abbia percosso e ucciso
Ti perdono... e t'aspetto in Paradiso!
Disse il soldato: -Sarà assai indeciso,
Degno tu non sarai del Regno eterno;
San Pietro non vorrà vederti in viso,
Chi sa non ti respinga nell'Inferno,
Perché volesti star sempre diviso
Dalla Legge di Dio e dal Governo!...
E Gnicche muore in pace e ne conviene,
Le promesse al soldato gli mantiene.
A me s'agghiaccia il sangue nelle vene
Quando un cristiano fa codesta morte.
Gnicche disse, spirando in quelle pene;
-Il morire per me sarà una sorte!
Non sò se in ventott'anni fe' mai bene,
Avrà seduta alla Celeste Corte.
Là dove ci conduce l'ozio e il vizio,
Lo vedremo tutti, il giorno del giudizio.
Vogliono gli Aretin che sia indirizzo,
E riportato a Arezzo al Camposanto,
Benché picchiasse tanto a precipizio,
E li facesse già disperar tanto.
Quì fò fine e non porto pregiudizio,
Termino quest'istoria e chiudo il canto,
Se feci sbaglio ognun di voi perdoni,
Son di Ponte Burian, Giovanni Fantoni.
Onde possa cantar d'ottava rima,
E con l'aiuto di Gesù e Maria
Arriverò dell'argomento in cima;
Spero non sarà tempo butto via,
Benché storie non fei, questa è la prima;
Vita e morte racconto e vi raffino
D'un giovane scorretto il rio destino.
Federico Bobin, da piccolino
Appunto principiava a camminare;
Di campagnuolo si fe' cittadino
E col padre dentro Arezzo, andiede a stare.
Questo ragazzo fa come lo spino,
Che nasce aguzzo per voler bucare,
Porta in tasca un coltello fatto a cricche,
Per soprannome fu chiamato Gnicche.
Se lo tocchi però ti dà le chicche,
E a' quindici anni ancora non è giunto
Vuol bene a fiori, quadri cuori e picche,
E per il giuoco dorme poco o punto,
Vestir vorrebbe da persone ricche;
E' ghiotto quanto il gatto intorno a l'unto
Tu vuoi star tanto ben, ma che arte fai?
Manuale e scaccin da paretai.
Non ha da fare e non lavora mai...
Gnicche si mette ozioso per Arezzo;
Un dì entrò in casa a certi bottegai,
Prese a una donna quattro anelli e un vezzo,
Oure che il corpo non patisca mai...
Per i vizi lo vende a poco prezzo,
Lo giuoca, fa di mezzo, e poi di tutto,
E in breve resta il portafogli asciutto.
Gnicche senza quattrini come è brutto!
Né per farli si adatta alle faccende,
E piglia al padre dei sudori il frutto.
E altre robe di casa gliele vende;
Vede al cattivo sempre più si è butto
Il padre, e fortemente lo riprende,
E Gnicche vuol ragione, e ci quistiona,
E invece di tacere... lo bastona.
L'accusa al Tribunale, e non canzona,
E lo fa condannar per quattro mesi;
Lui fugge la giustizia e va a Cortona,
E si butta bandito in quei paesi.
E là ferisce più d'una persona,
Ha revolver, schioppo ed altri arnesi,
Sempre lo cerca più la Polizia;
Con altri malfattor va in compagnia.
Sempre rigira lì a Santa Maria,
Santa Firmina, San Zeno e Sargiano,
L'arrestano i soldati per la via:
Pare un leone, non par più un cristiano:
Dove chiappa, la pelle porta via,
E li ferisce e scappa lor di mano,
Sicché li rispettò come somari,
Poi se ne andò a Castello e verso Anghiari.
Lui va sempre dai ricchi e vuol denari,
In Chiana nel Valdarno e in Casentino,
Chi a lui resiste non la cava pari,
Perché gli fa baciar qualche santino.
Benché cattivo ha degli amici cari;
Spesso ritorna all'Aretino,
E più volte ne andò ben monturato
Alla commedia e a passeggiare al prato.
Una donna spogliò lo sciagurato,
La strapazzò, ma non le fe' ferita;
Tutti i panni di lei si fu indossato.
Per andare a ballare fece partita.
Dicevan tutti: -Una donna è impazzita!
Fuggiva a casa ignuda e impaurita,
Non può parlare, ché gli manca il fiato,
E dopo disse: -Gnicche m'ha spogliato...
Un giorno in un caffè va lo sfrontato
E Gnicche, vi trova il Sindaco a sedere,
Lo saluta e gli va al destro lato,
Mi conosce? Chi son lo vuol sapere?
Fo il sindaco ancor'io molti ho tassato
E più di lei io faccio il mio dovere,
Perché ha tassato ancor la bassa gente,
Ed io tasso i signori solamente!...
Gnicche lo saluta e parte prestamente,
E il Sindaco gli disse: -A rivederlo!
E poi domanda a tutta quella gente
Se sia sindaco proprio quel bordello.
Quell'è Gnicche, essi disser, certamente,
Sor Sindaco, non guardi che sia bello,
Resta stupito, e gli cadde la tazza,
E dopo Gnicche fuggì a Parigi, in Piazza.
Che cosa fa cotesta testa pazza
Va alle Camere, su da quei signori,
Lo salutan tutti, e li ringrazia,
Non so se fe' interessi e tornò fuori.
Poi va in casa di un prete e non l'ammazza,
Gli disse: -Lei è il più potente fra i Priori,
Io son Gnicche, e di si mi deve dire,
Da lei stasera... voglio mille lire!
Non ho neppure un soldo, prese a dire,
Mio caro Gnicche, non l'avere a sdegno,
Fra tre giorni li avrò, potrai venire.
Disse Gnicche: -Mi dia la serva in pegno!
E il Prete: Piuttosto vo' morire,
Ma la mia serva non te la consegno!
In tutti i modi il caso è disperato,
Gli contò i franchi, e via l'ebbe mandato.
A veglia vuol andar, ch'è innamorato
Di una ragazza di Santa Firmena,
Che a sue passioni sempre sfogo ha dato.
Fu avvisata la forza e lo incatena.
Un contadin che il vino avea alloppiato,
Dormia là in campagna dopo cena,
E Gnicche non poté mettersi al trotto,
E lo legano in sedici o diciotto.
Gli par mill'anni menarlo di botto
In carcere fra tanti altri birbanti,
Chi di sopra lo tiene, e chi di sotto,
Chi lo regge di dietro e chi davanti.
-Eccolo qua il nostro patriotto!
Allor dissero ad Arezzo tutti quanti:
In carcere fu messo da un'armata,
E la seduta tosto è preparata.
Per la prima sentenza che fu data
Messo in casa di forza per sett'anni,
Poi c'è un'altra condanna separata
Per motivo d'un furto ed altri danni;
Poi c'è quella che mai non ha scontata,
Che ai soldati strappò la pelle e i panni,
Infine piccolezze a centinaia...
Guadagnato s'è il pan per la vecchiaia!
Non c'è persona che un altro non paia,
V'era una guardia detto il Secondino,
Gnicche che parla piano e non abbaia,
Disse: -Non hai la palla d'un quattrino,
Se mi apri tu l'avresti quasi a staia;
Alfin lo compra e gli apre l'usciolino
E gli s'affila dietro anche i compagni;
Non si sa il Secondin quanto guadagni.
Non vi so dir se battono i calcagni!
Prestamente scavalcano le mura
Acciò del Secondin nessun si lagni.
Di non abbandonar promette e giura
Sta tre dì tra le macchie ed i castagni,
Forse avrà fatto sacco... e poi assicura
Di scappar ratto per la via più stretta,
E lì pianta i panioni e la civetta.
Al Tribunal ritorna con gran fretta,
Con la speranza d'esser perdonato.
Alle sue scuse non vien dato retta,
Comandan che sia presto carcerato.
E lui di nuovo in ginocchion si getta,
E dice: -Fui tradito ed assaltato!
Contro forza non giova la ragione,
Non è creduto e va in prigione.
E subito s'armaron mille persone,
Perché Gnicche evase dalla gabbia
Chi quà, chi là, soldati a processione,
Per rimetter l'uccello nella gabbia.
Ma di Gnicche dirò la sua intenzione
Che veglia il contadino con gran rabbia.
Dietro ad un poggio con un fucile in mano
Là presso casa sua, sotto Sargiano.
Coi fratelli alla messa va pian piano,
E parenti ed amici un dì in festa
Senton dir: -Ferma là, tristo villano,
E chi non ha che far badi alla testa!
Vedono Gnicche col fucile in mano:
Ognun si dà a fuggir a gamba lesta:
Lo piglia in mira, stringe e bene accende
Lo chiappa con due palle e lo distende.
Rimbuca nella macchina, poi s'intende
Che Gnicche è presso Castel Fiorentino
Va là sotto Cortona a far faccende.
State attenti; dà lavoro al becchino.
Tratta una donna e ci fa le merende.
Un dì gli disse un tal di quel vicino
Non ti fidar di quella donna incinta,
Che per farti cader ti dà la pinta.
Presto la va a trovar con dura grinta,
Le disse: -Chi ti insegna a far la spia,
Donna bugiarda, traditrice e finta?
Le dà un colpo, l'ammazza e poi va via.
Visitò il Tribunal la donna estinta:
Dà ordine ai soldati in ogni via
Sa che Gnicche, le fa sempre più belle:
E gli fan preparar le peggiori celle.
Subito raddoppiò le sentinelle,
Per Gnicche il mare è sempre in gran burrasca.
Lui tira avanti e non teme di quelle,
Non crede esser l'uccello sulla frasca.
E va dicendo: -A chi preme la pelle.
Quest'è lo schioppo e revolver in tasca!
Tacerò se con forza non arrivo,
Quando sarò morto a sangue privo!
Quante son le person più non le scrivo
Morte, ferite e messe in gran paura,
Bensì per chi gli dà non è cattivo:
Le spie le mette tutte in sepoltura.
Povero, disperato e quasi arrivo
(La pera presto cade che è matura)
Pensò fare una cena cheto cheto
In casa di un contadino al Tegoleto.
Tieni sta roba? gli dice in gran segreto,
Ch'io tornerò vicino a mezzanotte,
Stai zitto e quando torni da Oliveto
Fa' che queste vivande trovi cotte!
Bada che il vino non abbia l'aceto,
Perché lo voglio della meglio botte.
Arrosto metterai questi piccioni,
Che si mangi alla barba dei minchioni.
Tre soldati, cercando altri birboni,
La sera, passeggiando in quella parte,
Trovaron certo fumo a strasciconi,
Disse un soldato che era già dell'arte:
-Vediam di questo fumo chi è padroni!
O c'è una cena o giuoco delle carte!
Entra in casa e quel che cercan trova:
Disse dentro di sé: -Gatta ci cova!
A interrogar il contadin si prova:
-Per chi la fate voi questa cucina?
-Vede, li fo star bene e non mi giova:
Per l'opre che verranno domattina!
Il soldato parole non rinnova,
E della scala riprese la cima,
Il contadin vede andar via il soldato,
S'ingegna d'avvisar quel disgraziato.
Il Gendarme nascosto e preparato
Sta nell'ingresso, e due nella capanna,
Esce la madre con la figlia a lato,
Per avvisare Gnicche ognun s'affanna,
Ei tutto ardito gli s'è presentato,
Di ritornare indietro le condanna.
-Fate silenzio e non vi date pena,
Ambedue state in casa a far da cena!
Ecco Gnicche fischiando li s'infrena.
E gli s'avventan come can da presa.
Grida: -Aiuto compagni! ad alta lena
Con pugni e calci si mette in difesa
Su ogni soldato, picchia Gnicche, e mena
Trecento metri li trasporta per la presa.
Ripete: -Aiuto, amici, a questa guerra!
Un soldato la bocca a Gnicche serra.
Ma nell'ammanettarlo esso si sferra
E nella mano gli ci attacca un morso;
Il soldato si svenne e cade in terra,
D'un dito gli mozzò la carne e l'osso.
Da bravo fa, ma chi non fa non erra,
Scappa... poi salta un ponte e salta il fosso;
Ma un soldato gli tira nelle rene,
Gnicche disse: -Bravo hai fatto bene!
Disse Gnicche: -Morir qui mi conviene!
Chiama il soldato con parola umìle:
Ora si credo che la morte viene,
E non giova revolver, né fucile.
Ti lascio l'orologio e tasche piene,
E lo schioppo e revolver e lo stile,
Benché tu m'abbia percosso e ucciso
Ti perdono... e t'aspetto in Paradiso!
Disse il soldato: -Sarà assai indeciso,
Degno tu non sarai del Regno eterno;
San Pietro non vorrà vederti in viso,
Chi sa non ti respinga nell'Inferno,
Perché volesti star sempre diviso
Dalla Legge di Dio e dal Governo!...
E Gnicche muore in pace e ne conviene,
Le promesse al soldato gli mantiene.
A me s'agghiaccia il sangue nelle vene
Quando un cristiano fa codesta morte.
Gnicche disse, spirando in quelle pene;
-Il morire per me sarà una sorte!
Non sò se in ventott'anni fe' mai bene,
Avrà seduta alla Celeste Corte.
Là dove ci conduce l'ozio e il vizio,
Lo vedremo tutti, il giorno del giudizio.
Vogliono gli Aretin che sia indirizzo,
E riportato a Arezzo al Camposanto,
Benché picchiasse tanto a precipizio,
E li facesse già disperar tanto.
Quì fò fine e non porto pregiudizio,
Termino quest'istoria e chiudo il canto,
Se feci sbaglio ognun di voi perdoni,
Son di Ponte Burian, Giovanni Fantoni.
envoyé par Bernart Bartleby - 7/10/2014 - 11:51
E tu pensa cosa m'hai riportato alla mente.
Mio zio Ulisse, nato nel 1917 e ancora vivo (è l'unico di tutti i miei zii materni che lo è ancora; sta a Piombino da una delle figlie), da ragazzino lo chiamavano “Gnicche” perché era tremendo; e “Gnicche” è rimasto per tutta la vita. Ora, tira via tua nonna che era aretina di Rezzo; ma mio zio è dell'Isola d'Elba, e questo fa capire bene che razza di fama avesse ancora il brigante aretino quasi cinquant'anni dopo che era morto. Da tenere presente che l'Elba, rispetto a Arezzo e provincia, era come un altro continente, come fosse l'Australia; eppure le gesta di Gnicche erano arrivate fin lì tanto da fornire il soprannome per un ragazzino pestifero. Da dire che la frase “tu se' peggio di Gnicche” me la sono sentita rivolgere anch'io (accompagnata da “tutto tuo zio”); va da sé che quando uscì il libro a fumetti di Rubino e Guccini, nel 1980, me lo comprai subito. Edizioni Lato Side. E questo libro ha una storia curiosa. Non ve n'è più traccia o quasi (a parte, chissà, su eBay). L'ho avuto a lungo, poi l'ho perso; ad un certo punto, verso la fine del secolo scorso, rispuntò fuori da casa di mia madre e gridai al miracolo. Lo prestai quindi a un famoso “gucciniano” dei tempi del mitico newsgroup it.fan.musica.guccini, ovvero Il Grande Ciofanskj, che lo scannerizzò tutto e lo mise su uno dei suoi siti; ma non c'è più. Il libro me lo restituì regolarmente, ma poco dopo lo ripersi, probabilmente in qualche trasloco. Chissà dov'è andato a finire, ma non è escluso che, un giorno o l'altro, risalti fuori. Il bello è che me lo ricordo a memoria, comprese le figure; ad esempio quando lo Gnicche fa spogliare la ragazzina e si traveste da donna, quando vestito di tutto punto siede al caffè in Arezzo e fa svenire il sindaco quando il cameriere gli dice con chi aveva parlato (“O signor sindaco, ma non l'ha riconosciuto? E' il Gnicche!”), o quando il brigante si reca a ammazzare un contadino che aveva fatto la spia (“Chi di voi è il Brutto?”). Va da sé che tutto il libro di Rubino e Guccini risente parecchio di questobruscello componimento in ottava rima che hai inserito, ma il testo di Guccini per i disegni di Rubino è, secondo me, uno dei suoi capolavori. Potessi ritrovarlo!
Mio zio Ulisse, nato nel 1917 e ancora vivo (è l'unico di tutti i miei zii materni che lo è ancora; sta a Piombino da una delle figlie), da ragazzino lo chiamavano “Gnicche” perché era tremendo; e “Gnicche” è rimasto per tutta la vita. Ora, tira via tua nonna che era aretina di Rezzo; ma mio zio è dell'Isola d'Elba, e questo fa capire bene che razza di fama avesse ancora il brigante aretino quasi cinquant'anni dopo che era morto. Da tenere presente che l'Elba, rispetto a Arezzo e provincia, era come un altro continente, come fosse l'Australia; eppure le gesta di Gnicche erano arrivate fin lì tanto da fornire il soprannome per un ragazzino pestifero. Da dire che la frase “tu se' peggio di Gnicche” me la sono sentita rivolgere anch'io (accompagnata da “tutto tuo zio”); va da sé che quando uscì il libro a fumetti di Rubino e Guccini, nel 1980, me lo comprai subito. Edizioni Lato Side. E questo libro ha una storia curiosa. Non ve n'è più traccia o quasi (a parte, chissà, su eBay). L'ho avuto a lungo, poi l'ho perso; ad un certo punto, verso la fine del secolo scorso, rispuntò fuori da casa di mia madre e gridai al miracolo. Lo prestai quindi a un famoso “gucciniano” dei tempi del mitico newsgroup it.fan.musica.guccini, ovvero Il Grande Ciofanskj, che lo scannerizzò tutto e lo mise su uno dei suoi siti; ma non c'è più. Il libro me lo restituì regolarmente, ma poco dopo lo ripersi, probabilmente in qualche trasloco. Chissà dov'è andato a finire, ma non è escluso che, un giorno o l'altro, risalti fuori. Il bello è che me lo ricordo a memoria, comprese le figure; ad esempio quando lo Gnicche fa spogliare la ragazzina e si traveste da donna, quando vestito di tutto punto siede al caffè in Arezzo e fa svenire il sindaco quando il cameriere gli dice con chi aveva parlato (“O signor sindaco, ma non l'ha riconosciuto? E' il Gnicche!”), o quando il brigante si reca a ammazzare un contadino che aveva fatto la spia (“Chi di voi è il Brutto?”). Va da sé che tutto il libro di Rubino e Guccini risente parecchio di questo
Riccardo Venturi - 7/10/2014 - 14:08
'ammazza, quanto là fa lunga, però
(krzyś)
(krzyś)
Lunga? Non conosci gli improvvisatori in ottava rima. Capaci di fare cose lunghe il triplo di questa! [RV]
Ciao Riccardo, pensa un po' che aneddoto mi ha raccontato or ora la mia mamma...
Pare che, proprio negli anni in cui il Gnicche scorrazzava per l'Aretino, nei dintorni di Foiano della Chiana vivesse un giovane prete in odore di santità. Era considerato un santo dalla gente perchè, a differenza della più parte dei sacerdoti di allora, lui dava tutto ai poveri, arrivando addirittura a dar via i vestiti (salvo la talare) a chi ne avesse bisogno.
Un giorno di gelido inverno che solo soletto se ne tornava da amministrare i sacramenti in qualche cascina, chi t'incontra sulla strada? Quel demonio di Gnicche con la sua banda, a cavallo. Il brigante chiese al prete dove se andasse, così appiedato, infreddolito e stanco. Quando il prete gli disse che se ne stava tornando a casa e che aveva ancora un bel po' di cammino da fare, allora Gnicche gli rispose: "Ti ci accompagno io a casa, e in carrozza!". La banda non si trovava lì per un caso, ma per tendere un'imboscata a un gruppo di nobili del posto. E infatti di lì a poco Gnicche e i suoi intercettarono una carrozza, la bloccarono, fecero scendere i signori, li depredarono di ogni avere, fecero salire il prete santo e lo scortarono fino casa...
Bella, no? Verità o leggenda che sia.
Saluti
Pare che, proprio negli anni in cui il Gnicche scorrazzava per l'Aretino, nei dintorni di Foiano della Chiana vivesse un giovane prete in odore di santità. Era considerato un santo dalla gente perchè, a differenza della più parte dei sacerdoti di allora, lui dava tutto ai poveri, arrivando addirittura a dar via i vestiti (salvo la talare) a chi ne avesse bisogno.
Un giorno di gelido inverno che solo soletto se ne tornava da amministrare i sacramenti in qualche cascina, chi t'incontra sulla strada? Quel demonio di Gnicche con la sua banda, a cavallo. Il brigante chiese al prete dove se andasse, così appiedato, infreddolito e stanco. Quando il prete gli disse che se ne stava tornando a casa e che aveva ancora un bel po' di cammino da fare, allora Gnicche gli rispose: "Ti ci accompagno io a casa, e in carrozza!". La banda non si trovava lì per un caso, ma per tendere un'imboscata a un gruppo di nobili del posto. E infatti di lì a poco Gnicche e i suoi intercettarono una carrozza, la bloccarono, fecero scendere i signori, li depredarono di ogni avere, fecero salire il prete santo e lo scortarono fino casa...
Bella, no? Verità o leggenda che sia.
Saluti
Bernart Bartleby - 9/10/2014 - 22:30
Poiché non vogliamo "scippare" assolutamente nessuno, sono state rimosse da questa pagina tutte le immagini che vi erano contenute, riprese senza malizia alcuna dal sito di tale sig. Gradassi Enzo (del quale è stato peraltro eliminato anche lo sgradevole commento). Tale pagina rimarrà senza immagini, e pazienza; ci mancherebbe altro che non restituiamo una simile e inestimabile refurtiva, giacché abbiamo pure commesso il gravissimo reato di scambiare un' "ottava rima" con un "bruscello" (reato di fronte al quale impallidiscono pure le epiche gesta dei banditi aretini del secolo decimonono). Invitiamo lo spett.le sig. Gradassi Enzo a risparmiarsi la pena di intervenire ulteriormente qua dentro, dato che non vi è assolutamente gradito e i suoi (eventuali) commenti verranno senz'altro cassati; gli auguriamo peraltro un ottimo Natale, a lui, alla sua famiglia, alle sue immaginette (didascalie comprese) del bandito Bobini e al suo copyright o roba del genere, estendendogli anche i nostri più distinti saluti.
CCG/AWS Staff - 19/12/2016 - 18:32
Razza irritabile quella dei gazzettieri, e che per giunta si ritiene sistematicamente parte delle soluzioni quando invece è spessissimo parte dei problemi.
Ma una semplice citazione della fonte si poteva anche farla, e transeat per i toni antipatici, no?
Ma una semplice citazione della fonte si poteva anche farla, e transeat per i toni antipatici, no?
Io non sto con Oriana - 20/12/2016 - 11:27
Non so che dirti, visto che di questa pagina non mi sono mai occupato direttamente a parte qualche commento che ci avevo fatto. E del resto siamo in un sito che, quanto a "riprese" anonime, mancate citazioni e quant'altro, credo sia in una buona posizione di classifica nella rete. Certo, non è una scusante, e quanto a me, raccomando sempre di citare le fonti vista soprattutto l'estrema suscettibilità di alcuni addetti (specialmente locali) al "lavoro 'hurturale", per dirla alla Bianciardi. Specifico comunque che il "furto" o "scippo" commesso in questa pagina si limitava a due o tre immagini, una delle quali consistente nel frontespizio di un vecchio libro. E poi, l'hanno vorsùta la "grande Rete"? ... Salud.
Riccardo Venturi - 20/12/2016 - 12:01
Mah, il mio contributo è del 2014 e credo che le immagini fossero citate con il link alla fonte. Ne sono quasi certo perchè fui io stesso, già parecchi tempo fa, a suggerire, a chiedere che le immagini a corredo dei post non fossero semplicemente inglobate ma corredate di un link che rimandasse alla fonte.
Certe smargiassate, anzi, "Gradassate" davvero non le capisco.
Chiederei però agli Admins di indicarmi quali fossero le immagini rimosse in modo che io possa cercarne eventualmente altre, diverse.
E' triste che questa pagina rimanga al buio per colpa di uno zoticone.
Saluti
Certe smargiassate, anzi, "Gradassate" davvero non le capisco.
Chiederei però agli Admins di indicarmi quali fossero le immagini rimosse in modo che io possa cercarne eventualmente altre, diverse.
E' triste che questa pagina rimanga al buio per colpa di uno zoticone.
Saluti
Bernart Bartleby - 20/12/2016 - 15:55
Ciao Riccardo,
il termine "bruscello" - qui usato impropriamente, come credo abbia fatto notare il Gradasso - ricorre anche alla fine della mia introduzione (nella quale, tengo a precisare, sono state citate tutte le fonti consultate). Ti prego di correggerlo, anche se il "bruscello" era rappresentazione popolare in ottava rima e anche questo canto ne fece certamente parte.
E oggi sono David Riondino, Simone Cristicchi e altri che, intorno al testo di Giovanni Fantoni, hanno realizzato uino spettacolo musicale in ottava rima, un bruscello per l'appunto.
Sicchè il mio errore non era poi così grave.
il termine "bruscello" - qui usato impropriamente, come credo abbia fatto notare il Gradasso - ricorre anche alla fine della mia introduzione (nella quale, tengo a precisare, sono state citate tutte le fonti consultate). Ti prego di correggerlo, anche se il "bruscello" era rappresentazione popolare in ottava rima e anche questo canto ne fece certamente parte.
E oggi sono David Riondino, Simone Cristicchi e altri che, intorno al testo di Giovanni Fantoni, hanno realizzato uino spettacolo musicale in ottava rima, un bruscello per l'appunto.
Sicchè il mio errore non era poi così grave.
Bernart Bartleby - 20/12/2016 - 16:19
Penso che la colpa debba ricadere sul webmaster perché B.B. sicuramente aveva citato la fonte delle immagini, però per come funziona il sito abbiamo la scelta se inserire l'immagine in una cornice con didascalia (in questo caso appare il link nella didascalia) oppure di mostrare solo l'immagine. Nel secondo caso il link, anche se segnalato originariamente, si perde. Certo potrei sempre fare in modo che anche in questo caso cliccando sull'immagine si raggiunga il sito da cui è stata ripresa ma 1) in certi casi non ha senso mettere un link di un'immagine su amazon o su ebay (per esempio) quando l'immagine di copertina di un disco è ripresa da lì 2) in ogni caso il link è solo all'immagine e non alla pagina che la contiente, come sarebbe più opportuno
il Webmastro - 20/12/2016 - 17:03
Le immagini rimosse sono quella con la "ricostruzione" dell'arresto del Bobini, completa di didascalia (cosa che ha suscitato particolarmente le ire del sig. Gradassi Enzo), e quella con il frontespizio di un'opera dedicata alle gesta del fuorilegge. Più un'altra che non ricordo, ma ha scarsa importanza. Un suggerimento per l'iconografia potrebbe essere quello di metterci due foto, una di Licio Gelli e l'altra di Maria Elena Boschi, come moderni contributi alla storia del banditismo aretino (sebbene il primo fosse, propriamente, nativo di Pistoia). Direi che la P2 e il Jobs Act, come atti di banditismo, abbiano superato di gran lunga quelli di quel poveraccio. Salud.
Riccardo Venturi - 20/12/2016 - 17:14
Ecco, propongo altre immagini per la pagina su Gnicche. Nessuna è tratta dall'InformArezzo su cui scrive il risentito Gradasso.
Tutte le immagini hanno il proprio link, più quello della pagina da cui sono tratte.
E questo è il modo in cui contribuirò le immagini a venire.
(Credo che l'immagine fosse a corredo del racconto di Cesare Causa citato ed è tratta dal sito su Battifolle anch'esso già citato)
Di Gnicche si è occupato anche Francesco Guccini nel suo “Vita e morte del brigante Federigo Bobini detto “Gnicche”, una storia a fumetti con i disegni di Francesco Rubino che fu pubblicata nel 1980 e recentemente è stata ripresentata.
Tutte le immagini hanno il proprio link, più quello della pagina da cui sono tratte.
E questo è il modo in cui contribuirò le immagini a venire.
(Credo che l'immagine fosse a corredo del racconto di Cesare Causa citato ed è tratta dal sito su Battifolle anch'esso già citato)
Di Gnicche si è occupato anche Francesco Guccini nel suo “Vita e morte del brigante Federigo Bobini detto “Gnicche”, una storia a fumetti con i disegni di Francesco Rubino che fu pubblicata nel 1980 e recentemente è stata ripresentata.
Bernart Bartleby - 20/12/2016 - 22:41
La prima copertina del fumetto ha uno stile che ricorda tremendamente quello di Luzzati.
Io non sto con Oriana - 21/12/2016 - 11:56
×
Un
bruscellocomponimento in ottava rima composto da Giovanni Fantoni, bottaio e cantastorie toscano, all’indomani della morte per mano dei carabinieri del brigante aretino Federigo Bobini, detto “Gnich” e, quindi – siccome siamo in Toscana - “Gnicche” (1845-1871).Testo trovato qui
Non so se si usi ancora oggi, ma mia mamma, che è di origine toscana, mi riferisce che la nonna (aretina di Arezzo), quando i figli piccoli la facevano arrabbiare, li apostrofava con “Te tu sei peggio di Gnicche!”
E Federigo Bobini detto “Gnicche” doveva essere davvero un tipaccio. Con un fratello condannato per omicidio e un altro protettore in un bordello, anche Federigo non sarà cresciuto tanto dritto. Inadatto al lavoro e alla subordinazione, precocissimo nei furti, a Gnicche piaceva bere, e bene, e giocare, e forte, autoconvocandosi spesso nelle case dei nobili, coltello alla mano, per spennarli a carte. Si dice anche che fosse galante con le donne, e da esse ricambiato, anche perché era un grande ballerino che non mancava mai alle feste benchè, per sfuggire ai gendarmi, fosse costretto a travisarsi, come quella volta che rapinò una signora dei suoi vestiti e poi andò a ballare travestito da donna…
Fu più volte catturato e condannato, e altrettante scappò di prigione. Nel 1869, durante l’ennesimo tentativo di arresto, Gnicche sparò uccidendo un carabiniere che lo inseguiva. Da quel momento, definitivamente marchiato come assassino e brigante, il destino di Gnicche fu segnato. Ricatturato nel 1870, finse di collaborare con la giustizia ma invece organizzò l’ennesima evasione, portando con sé cinque ergastolani e pure un secondino. Ma anziché abbandonare l’aretino e nascondersi altrove, Gnicchè restò nelle sue terre.
Braccato, inferocito come un cane rabbioso, il 14 marzo 1871 Gnicche fu raggiunto dai carabinieri a Tegoleto, nei pressi di Civitella in Val di Chiana… Lo catturarono, lo ammanettarono, lui provò a fuggire lo stesso, gli spararono. Fine della vita terrena di Gnicche, inizio della sua leggenda.
Sempre nel 1871 l’editore Salani di Firenze dava alle stampe il racconto storico di tal C. Causa intitolato “Delitti, arresto e morte del capo assassino Federigo Bobini detto Gnicche scappato dalle carceri d'Arezzo ed ucciso dai carabinieri presso Tegoleto” contenente anche un poema di tal Giuseppe Pollastri intitolato “La confessione di Gnicche all’Inferno”.
Il bruscello di Giovanni Fantoni su Gnicche è stato interpretato qualche anno fa in uno spettacolo con David Riondino, Simone Cristicchi, Mauro Chechi, Marco Betti e Franco Ceccarelli, su musiche di Mirko Guerrini e Stefano Tamborrino.
Nel 1980 Francesco Guccini ha scritto un fumetto su Gnicche, con i disegni di Francesco Rubino.