Chega-te a mim
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
A guerra deu na tv
foi na retrospectiva
corpo dormente em carne viva
revi p´ra mim o cheio aceso
dos sítios tão remotos
e do corpo ileso
vou-te mostrar as fotos
olha o meu corpo ileso
Olha esta foto, eu aqui
era novo e inocente
"às suas ordens, meu tenente!"
E assim me vi no breu do mato
altivo e folgazão
ou para ser mais exacto
saudoso de outro chão
não se vê no retrato
Chega-te a mim
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
Nesta outra foto, é manhã
olha o nosso sorriso
noite acabou sem ser preciso
sair dos sonhos de outras camas
para empunhar o cospe-fogo e o lança-chamas
estás são e salvo e logo
"viver é bom", proclamas
Eu nesta, não fiquei bem
estou a olhar para o lado
tinham-me dito: eh soldado!
É dia de incendiar aldeias
baralha e volta a dar
o que tiveres de ideias
e tudo o que arder, queimar! no fogo assim te estreias
Chega-te a mim
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
Nesta outra foto, não vou
dar descanso aos teus olhos
não se distinguem os detalhes
mas nota o meu olhar, cintila
atrás da cor do sangue
vou seguindo em fila
e atrás da cor do sangue
soldado não vacila
O meu baptismo de fogo
não se vê nestas fotos
tudo tremeu e os terremotos
costumam desfocar as formas
matamos, chacinamos
violamos, oh, mas
será que não violamos
as ordens e as normas?
Chega-te a mim
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
Álbum das fotos fechado
volto a ser quem não era
como a memória, a primavera
rebenta em flores impensadas
num livro as amassamos
logo após cortadas
já foi há muitos anos
e ainda as mãos geladas
Chega-te a mim
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
quando a recordo
sei que quase logo acordo
a morte dorme parada
nesta morada.
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
A guerra deu na tv
foi na retrospectiva
corpo dormente em carne viva
revi p´ra mim o cheio aceso
dos sítios tão remotos
e do corpo ileso
vou-te mostrar as fotos
olha o meu corpo ileso
Olha esta foto, eu aqui
era novo e inocente
"às suas ordens, meu tenente!"
E assim me vi no breu do mato
altivo e folgazão
ou para ser mais exacto
saudoso de outro chão
não se vê no retrato
Chega-te a mim
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
Nesta outra foto, é manhã
olha o nosso sorriso
noite acabou sem ser preciso
sair dos sonhos de outras camas
para empunhar o cospe-fogo e o lança-chamas
estás são e salvo e logo
"viver é bom", proclamas
Eu nesta, não fiquei bem
estou a olhar para o lado
tinham-me dito: eh soldado!
É dia de incendiar aldeias
baralha e volta a dar
o que tiveres de ideias
e tudo o que arder, queimar! no fogo assim te estreias
Chega-te a mim
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
Nesta outra foto, não vou
dar descanso aos teus olhos
não se distinguem os detalhes
mas nota o meu olhar, cintila
atrás da cor do sangue
vou seguindo em fila
e atrás da cor do sangue
soldado não vacila
O meu baptismo de fogo
não se vê nestas fotos
tudo tremeu e os terremotos
costumam desfocar as formas
matamos, chacinamos
violamos, oh, mas
será que não violamos
as ordens e as normas?
Chega-te a mim
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
Álbum das fotos fechado
volto a ser quem não era
como a memória, a primavera
rebenta em flores impensadas
num livro as amassamos
logo após cortadas
já foi há muitos anos
e ainda as mãos geladas
Chega-te a mim
mais perto da lareira
vou-te contar
a história verdadeira
quando a recordo
sei que quase logo acordo
a morte dorme parada
nesta morada.
Contributed by Guido Baldoni (per tramite di RV) - 2014/9/21 - 20:40
Language: Italian
La versione italiana di Sergio Secondiano Sacchi
Anche questa versione italiana ci è stata inviata da Guido Baldoni, che ringraziamo davvero di cuore. [CCG/AWS Staff]
FOTO DEL FUOCO
La guerra per tv
è una retrospettiva
corpo che dorme in carne viva
ho in me il rogo acceso
di un luogo ormai remoto e del mio corpo illeso
ti mostrerò le foto
guarda il mio corpo illeso.
In questo scatto qui
ero ancora innocente
agli ordini, signor tenente
ed eccomi, ad un tratto
pronto al via per grandi imprese o per essere più esatto
con una nostalgia del mio paese
che non vedi nel ritratto.
Vieni vicino, qui, in questa serata
e così senti davvero come è andata.
In questa foto è mattino
nemmeno si è costretti
a uscir dai sogni o dai letti
per impugnar lo sputafuoco
e far buon viso ad un brutto gioco
guarda il nostro sorriso
si è sani e salvi e non è poco.
In questa foto non vengo bene
perché guardo di lato
m'avevan detto: ehi, soldato!
oggi s'incendierà un villaggio
e per quanto ci riguarda è il giorno del coraggio
e tutto ciò che arde, arda!
il fuoco come omaggio.
Vieni vicino al fuoco, questa sera
e senti un poco della storia vera.
Non darò riposo ai tuoi occhi,
‘sta foto pare un abbaglio
non si distingue un dettaglio
guarda però la mia pupilla
tra il rosso del sangue guarda qui come scintilla
dietro il color del sangue
il soldato non vacilla.
Il mio battesimo di fuoco
non si vede in queste foto
tutto tremava e il terremoto
sfuoca sempre le forme
si uccide e assassiniamo in modo non conforme
nel violentare non seguiamo
gli ordini e le norme...
Vieni vicino, qui, in questa serata
e così senti davvero come è andata.
Album di foto sfuocate
si torna a esser ciò che non si era
come memoria, la primavera
sboccia in fiori inaspettati
c’è un libro dove li mettiamo dopo averli tagliati
e quando dopo anni lo riapriamo,
gli occhi son raggelati.
Vieni vicino, che in questa serata
ti dirò davvero come è andata.
in questo tempo sordo
quando si sveglia il ricordo
il sonno della morte intasa
tutta questa casa.
La guerra per tv
è una retrospettiva
corpo che dorme in carne viva
ho in me il rogo acceso
di un luogo ormai remoto e del mio corpo illeso
ti mostrerò le foto
guarda il mio corpo illeso.
In questo scatto qui
ero ancora innocente
agli ordini, signor tenente
ed eccomi, ad un tratto
pronto al via per grandi imprese o per essere più esatto
con una nostalgia del mio paese
che non vedi nel ritratto.
Vieni vicino, qui, in questa serata
e così senti davvero come è andata.
In questa foto è mattino
nemmeno si è costretti
a uscir dai sogni o dai letti
per impugnar lo sputafuoco
e far buon viso ad un brutto gioco
guarda il nostro sorriso
si è sani e salvi e non è poco.
In questa foto non vengo bene
perché guardo di lato
m'avevan detto: ehi, soldato!
oggi s'incendierà un villaggio
e per quanto ci riguarda è il giorno del coraggio
e tutto ciò che arde, arda!
il fuoco come omaggio.
Vieni vicino al fuoco, questa sera
e senti un poco della storia vera.
Non darò riposo ai tuoi occhi,
‘sta foto pare un abbaglio
non si distingue un dettaglio
guarda però la mia pupilla
tra il rosso del sangue guarda qui come scintilla
dietro il color del sangue
il soldato non vacilla.
Il mio battesimo di fuoco
non si vede in queste foto
tutto tremava e il terremoto
sfuoca sempre le forme
si uccide e assassiniamo in modo non conforme
nel violentare non seguiamo
gli ordini e le norme...
Vieni vicino, qui, in questa serata
e così senti davvero come è andata.
Album di foto sfuocate
si torna a esser ciò che non si era
come memoria, la primavera
sboccia in fiori inaspettati
c’è un libro dove li mettiamo dopo averli tagliati
e quando dopo anni lo riapriamo,
gli occhi son raggelati.
Vieni vicino, che in questa serata
ti dirò davvero come è andata.
in questo tempo sordo
quando si sveglia il ricordo
il sonno della morte intasa
tutta questa casa.
Contributed by CCG/AWS Staff - 2014/10/8 - 00:01
Language: Italian
Traduzione italiana di Riccardo Venturi
22 settembre 2014
Quando la guerra è terminata, ammesso che una guerra "termini" mai, cominciano i film, le rivisitazioni, le retrospettive televisive con profonde analisi storiche. Dall'altra parte del teleschermo, qualcuno che c'era guarda; così questo soldato delle guerre coloniali portoghesi, che ricordando decide di aprire un album di vecchie fotografie di quei tempi, di quando era stato mandato in qualche paese africano a devastare, a uccidere, a dar fuoco ai villaggi, a stuprare. Le "foto del fuoco", appunto; tranne che quelle dove il fuoco c'è davvero, il fuoco di una guerra colonialista criminale. Una canzone che affronta il passato, la "storia vera", vista non dalla parte di chi la ha subita tra indicibili sofferenze, ma da quella di chi, giovane, ha contribuito a darle e che deve, per sempre, convivere con questo ricordo, con questa storia, con la storia di tanti giovani che, nel 1974, trovarono la forza di ribellarsi. [RV]
22 settembre 2014
Quando la guerra è terminata, ammesso che una guerra "termini" mai, cominciano i film, le rivisitazioni, le retrospettive televisive con profonde analisi storiche. Dall'altra parte del teleschermo, qualcuno che c'era guarda; così questo soldato delle guerre coloniali portoghesi, che ricordando decide di aprire un album di vecchie fotografie di quei tempi, di quando era stato mandato in qualche paese africano a devastare, a uccidere, a dar fuoco ai villaggi, a stuprare. Le "foto del fuoco", appunto; tranne che quelle dove il fuoco c'è davvero, il fuoco di una guerra colonialista criminale. Una canzone che affronta il passato, la "storia vera", vista non dalla parte di chi la ha subita tra indicibili sofferenze, ma da quella di chi, giovane, ha contribuito a darle e che deve, per sempre, convivere con questo ricordo, con questa storia, con la storia di tanti giovani che, nel 1974, trovarono la forza di ribellarsi. [RV]
FOTO DEL FUOCO
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
La guerra è passata in tv
nella retrospettiva,
corpo dormente in carne viva
ho rivisto, credo, tutto l'infiammarsi
di luoghi talmente remoti
e del corpo illeso
ti mostrerò le foto
guarda il mio corpo illeso
Guarda questa foto, qui
ero giovane e innocente:
“Ai suoi ordini, tenente!”
Così mi son visto nella pece della foresta
orgoglioso e gioviale
o, per dirla più esattamente,
nostalgico di un altro suolo
ma non si vede nel ritratto
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
In quest'altra foto, è mattina,
guarda il nostro sorriso
la notte finì senza che occorresse
uscire dai sogni di altri letti
per impugnare lo sputafuoco e il lanciafiamme
sei sano e salvo e dopo
“bella la vita”, proclami
In questa non sono venuto bene
sto guardando di sbieco,
mi avevano detto: eh, soldato!
Oggi si va a dar fuoco a villaggi
mescola le carte e ridai
quel che potresti avere di idee
e tutto quel che può bruciare, brucerà! Così esordisci nel fuoco
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
In questa foto non darò
tregua ai tuoi occhi,
non si distinguono i dettagli
ma nota il mio sguardo, scintilla
dietro il colore del sangue
continuo a marciare in fila
e dietro il colore del sangue
un soldato non vacilla
Il mio battesimo del fuoco
non si vede in queste foto
tutto tremò, e i terremoti
di solito sfuocano le forme
abbiamo ammazzato, massacrato,
stuprato, oh, ma
non sarà che abbiamo violato*
gli ordini e le norme?
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
Album di foto chiuso
eccomi di nuovo quel che non ero
come la memoria, la primavera
esplode in fiori impensati
in un libro le abbiamo ammassate
e, un po' dopo, tagliate
è stato tanti anni fa
e ancora le mani gelate
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
quando la ricordo
so che mi sveglio quasi subito
la morte dorme immobile
in questa dimora.
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
La guerra è passata in tv
nella retrospettiva,
corpo dormente in carne viva
ho rivisto, credo, tutto l'infiammarsi
di luoghi talmente remoti
e del corpo illeso
ti mostrerò le foto
guarda il mio corpo illeso
Guarda questa foto, qui
ero giovane e innocente:
“Ai suoi ordini, tenente!”
Così mi son visto nella pece della foresta
orgoglioso e gioviale
o, per dirla più esattamente,
nostalgico di un altro suolo
ma non si vede nel ritratto
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
In quest'altra foto, è mattina,
guarda il nostro sorriso
la notte finì senza che occorresse
uscire dai sogni di altri letti
per impugnare lo sputafuoco e il lanciafiamme
sei sano e salvo e dopo
“bella la vita”, proclami
In questa non sono venuto bene
sto guardando di sbieco,
mi avevano detto: eh, soldato!
Oggi si va a dar fuoco a villaggi
mescola le carte e ridai
quel che potresti avere di idee
e tutto quel che può bruciare, brucerà! Così esordisci nel fuoco
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
In questa foto non darò
tregua ai tuoi occhi,
non si distinguono i dettagli
ma nota il mio sguardo, scintilla
dietro il colore del sangue
continuo a marciare in fila
e dietro il colore del sangue
un soldato non vacilla
Il mio battesimo del fuoco
non si vede in queste foto
tutto tremò, e i terremoti
di solito sfuocano le forme
abbiamo ammazzato, massacrato,
stuprato, oh, ma
non sarà che abbiamo violato*
gli ordini e le norme?
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
Album di foto chiuso
eccomi di nuovo quel che non ero
come la memoria, la primavera
esplode in fiori impensati
in un libro le abbiamo ammassate
e, un po' dopo, tagliate
è stato tanti anni fa
e ancora le mani gelate
Vieni qui da me
più vicino al focolare
ché ti racconto
la storia vera
quando la ricordo
so che mi sveglio quasi subito
la morte dorme immobile
in questa dimora.
* Qui si ha un doppio senso, intraducibile, con "violar" che in portoghese significa sia "violare" che "stuprare". (ndt)
Premio Tenco 2014: Cosa andiamo a fare (Alessio Lega)
Come forse molti di voi sapranno già, quest'anno il Premio Tenco è dedicato al concetto di Resistenza.
L’anno scorso (rassegna del 2013) ci siamo andati a presentare il nostro CD Mala Testa, peraltro finalista alla Targa per il miglior disco dell’anno. E questo è il normale lavoro del poeta-cantante: fare quanto di meglio si può, scrivendo delle canzoni, suonandole e cantandole, mettendole in un insieme coerente che si spera il pubblico e quel particolare ed esigente pubblico degli specialisti/appassionati apprezzi.
Quest’anno però la storia è diversa: sono lì a compiere e rappresentare un lato molto più oscuro e ambizioso del mio lavoro. Fare di sé un ponte.
Sono anni ed anni che mi dedico ad adattare e cantare delle canzoni - provenienti dai più vari repertori mondiali - in italiano. A questo mestiere ho dedicato due interi CD ("Sotto il pavé la spiaggia" e "Compagnia cantante") e un libro ("Canta che non ti passa"). Ma ciò che è stato pubblicato non rappresenta che un frammento minuscolo di un lavoro che mi assorbe anima e corpo. Ogni mese da quasi 15 anni esce un mio articolo che narra di qualche personaggio della canzone mondiale su “A rivista anarchica”. Decine sono le canzoni che ho tradotto e inserito nei miei spettacoli dal vivo… di alcune di queste - se sono distratto - fatico a ricordarmi che non le ho scritte io, ma mi capita anche di attribuire qualcuno dei miei versi a un bardo bretone o a un cantore georgiano.
Una piccola cosmogonia portatile, insomma. Un canto collettivo totale. Il romanzo della canzone come fenomeno di poesia, di ribellione, di identità, di riflessione del popolo umano a cui talvolta viene impedito di cantare, di pensare, di vivere. Ma nessuno si è mai arreso e ogni rivolta ha le sue canzoni.
A che serve tradurre una canzone in modo da poterla cantare? A raccontare nel modo più rapido possibile il suo autore, il suo mondo i suoi fantasmi. Questo tipo di traduzione è terribilmente selettiva, non permette di soffermarsi a chiarire un passaggio a sottolineare una scelta: l’arbitrarietà di questa resa è totale, ma anche l’immediatezza della fruizione. Tradurre per cantare è un mestiere spericolato, difficilissimo, anni di lavoro a volte per rendere 5 minuti di musica... e per premio chi conosce la canzone originale rimane quasi sempre deluso. Certo l'ha fatto de André, l'ha fatto Svampa, Duilio Del Prete... ma l'hanno fatto su uno o su pochissimi autori, senza l'ambizione di quei traduttori/poeti letterari che volevano introdurci a tutta una cultura (Ripellino, Zveteremic, Marcowicz).
Ho avuto almeno un maestro in questo lavoro, Sergio S. Sacchi, l’unico che si sia volto a molte culture, superando la barriera di molte lingue. Rispetto a lui ho il vantaggio/cruccio di cantare io stesso queste traduzioni in pubblico (in verità anche lui lo fa, ma da troppi anni molto di rado e solo in privato).
L’intuizione fenomenale del tema di questa rassegna è sua: la canzone d’autore è stata una grande arma di resistenza. Non parlo della nostra resistenza storica (1943/45), che ha avuto com’è noto le sue canzoni propriamente dette (nonché una gran messe di canzoni che la raccontano e la celebrano a posteriori) ma che è stato un fenomeno che precede di parecchi anni quelli della canzone d’autore vera e propria.
In Portogallo, in Spagna, nei paesi dell’America Latina, in molti paesi del blocco socialista negli anni '60/'70 si sviluppò una tradizione di canzone d’autore di altissimo livello poetico e musicale. Le storie stesse di questi autori-cantanti si intrecciano spesso all'esilio, alla persecuzione e qualche volta alla morte (Victor Jara, che l'anno scorso ricordammo sul palco del Tenco).
Per simpatia ideologica e per immensa ammirazione artistica ho spesso guardato ai grandi autori di queste tradizione come alle mie divinità laiche. Credo di essere stato il primo (e in troppi casi anche l’unico) a cantare, raccontare, diffondere i versi di Jose Mario Branco, di Karel Kryl, di Jarek Nohavica, di Bulat Okudzava, di Aleksandr Galich, di Lluis Llach…certamente sono stato il primo e l’unico a farlo di tutti questi assieme, come un progetto culturale che andasse ben al di là del guardarsi l’ombelico delle proprie creazioni o fossilizzarsi su un solo autore di riferimento.
Ne ho avuto delle belle soddisfazioni: mi sono trovato (unico) a cantare in italiano un brano di Llach nello stadio di Barcellona davanti a centomila persone, mi sono trovato a cantare le mie versioni di canzoni di Okudzava nella sua casa/museo, mi sono trovato a duettare con Nohavica sul palco del Tenco.
Non mi sono arricchito… ma a ben vedere anche questo è giusto!
Per questa rassegna io e Sergio - sotto la supervisione del direttore artistico de Angelis - abbiamo costruito, con un’accurata selezione e un sanguinoso confronto, un’antologia necessariamente stringata (un solo pezzo per autore… ahimè!) ma ricca di poesia, della canzone Ceca e Russa per la serata del 2 ottobre e Portoghese per quella del 3. Abbiamo tradotto per l'occasione una decina di brani molti dei quali suoneranno per la prima volta in italiano su quel palco.
Il 2 io canterò una canzone di Aleksandr Galich (ho riservato a me il poeta forse più difficile da decifrare della triade "sacra" russa: Okudzava-Visotskij-Galich) che mette i brividi al solo sentirla. Il 3 invece avrò l’immenso onore di duettare con Jose Mario Branco su 2 suoi brani, uno del 1971 l’altro del 2003, che ne disegnano bene la parabola. Branco è uno dei miei numi tutelari: nel 2004 quando salì per la prima volta sul palco del Tenco avevo un suo disco in tasca come talismano. La scelta portoghese è una scelta di difesa dell'allegria, la canzone di lotta (de Intervenção) per i portoghesi non è mai lagnosa o recriminatoria... loro con una di queste canzoni, "Grandola vila morena" di Zeca Afonso, ci hanno fatto la loro "Rivoluzione dei garofani" (...con tutto il sacro rispetto, ditelo al Guccini di "a canzoni non si fan rivoluzioni").
Il Tenco ci ha poi offerto un’altra fenomenale opportunità affidando l’arrangiamento della serata slava e di quella lusitana a Rocco Marchi (il mio più antico e fedele collaboratore e co-produttore dei miei dischi) e al gruppo che mi accompagna (Francesca Baccolini e Guido Baldoni, integrati per l’occasione da due ulteriori strumentisti, Valeria Sturba e Marco Santoro) permettendoci così di approfondire quella “traduzione sonora” delle diverse urgenze dei brani e delle scelte musicali d’origine che ha sempre caratterizzato la nostra proposta.
Galich con la sua chitarra stentata in concerti casalinghi chiamava a raccolta l’intera cultura musicale e poetica russa. Branco costruiva nell’esilio una musica popolare in opposizione al fado.
Tutto può essere reinventato, ma non una nota è stata pensata senza tenere conto di quell’atto di resistenza che porta noi - strumenti parole e voci - dal palco del Tenco a quello della Val di Susa, di resistenza in resistenza.
Diversamente da così non sapremmo lavorare, o peggio non ne varrebbe la pena.
Ci vediamo il 2 e il 3 di ottobre a Sanremo.
Come forse molti di voi sapranno già, quest'anno il Premio Tenco è dedicato al concetto di Resistenza.
L’anno scorso (rassegna del 2013) ci siamo andati a presentare il nostro CD Mala Testa, peraltro finalista alla Targa per il miglior disco dell’anno. E questo è il normale lavoro del poeta-cantante: fare quanto di meglio si può, scrivendo delle canzoni, suonandole e cantandole, mettendole in un insieme coerente che si spera il pubblico e quel particolare ed esigente pubblico degli specialisti/appassionati apprezzi.
Quest’anno però la storia è diversa: sono lì a compiere e rappresentare un lato molto più oscuro e ambizioso del mio lavoro. Fare di sé un ponte.
Sono anni ed anni che mi dedico ad adattare e cantare delle canzoni - provenienti dai più vari repertori mondiali - in italiano. A questo mestiere ho dedicato due interi CD ("Sotto il pavé la spiaggia" e "Compagnia cantante") e un libro ("Canta che non ti passa"). Ma ciò che è stato pubblicato non rappresenta che un frammento minuscolo di un lavoro che mi assorbe anima e corpo. Ogni mese da quasi 15 anni esce un mio articolo che narra di qualche personaggio della canzone mondiale su “A rivista anarchica”. Decine sono le canzoni che ho tradotto e inserito nei miei spettacoli dal vivo… di alcune di queste - se sono distratto - fatico a ricordarmi che non le ho scritte io, ma mi capita anche di attribuire qualcuno dei miei versi a un bardo bretone o a un cantore georgiano.
Una piccola cosmogonia portatile, insomma. Un canto collettivo totale. Il romanzo della canzone come fenomeno di poesia, di ribellione, di identità, di riflessione del popolo umano a cui talvolta viene impedito di cantare, di pensare, di vivere. Ma nessuno si è mai arreso e ogni rivolta ha le sue canzoni.
A che serve tradurre una canzone in modo da poterla cantare? A raccontare nel modo più rapido possibile il suo autore, il suo mondo i suoi fantasmi. Questo tipo di traduzione è terribilmente selettiva, non permette di soffermarsi a chiarire un passaggio a sottolineare una scelta: l’arbitrarietà di questa resa è totale, ma anche l’immediatezza della fruizione. Tradurre per cantare è un mestiere spericolato, difficilissimo, anni di lavoro a volte per rendere 5 minuti di musica... e per premio chi conosce la canzone originale rimane quasi sempre deluso. Certo l'ha fatto de André, l'ha fatto Svampa, Duilio Del Prete... ma l'hanno fatto su uno o su pochissimi autori, senza l'ambizione di quei traduttori/poeti letterari che volevano introdurci a tutta una cultura (Ripellino, Zveteremic, Marcowicz).
Ho avuto almeno un maestro in questo lavoro, Sergio S. Sacchi, l’unico che si sia volto a molte culture, superando la barriera di molte lingue. Rispetto a lui ho il vantaggio/cruccio di cantare io stesso queste traduzioni in pubblico (in verità anche lui lo fa, ma da troppi anni molto di rado e solo in privato).
L’intuizione fenomenale del tema di questa rassegna è sua: la canzone d’autore è stata una grande arma di resistenza. Non parlo della nostra resistenza storica (1943/45), che ha avuto com’è noto le sue canzoni propriamente dette (nonché una gran messe di canzoni che la raccontano e la celebrano a posteriori) ma che è stato un fenomeno che precede di parecchi anni quelli della canzone d’autore vera e propria.
In Portogallo, in Spagna, nei paesi dell’America Latina, in molti paesi del blocco socialista negli anni '60/'70 si sviluppò una tradizione di canzone d’autore di altissimo livello poetico e musicale. Le storie stesse di questi autori-cantanti si intrecciano spesso all'esilio, alla persecuzione e qualche volta alla morte (Victor Jara, che l'anno scorso ricordammo sul palco del Tenco).
Per simpatia ideologica e per immensa ammirazione artistica ho spesso guardato ai grandi autori di queste tradizione come alle mie divinità laiche. Credo di essere stato il primo (e in troppi casi anche l’unico) a cantare, raccontare, diffondere i versi di Jose Mario Branco, di Karel Kryl, di Jarek Nohavica, di Bulat Okudzava, di Aleksandr Galich, di Lluis Llach…certamente sono stato il primo e l’unico a farlo di tutti questi assieme, come un progetto culturale che andasse ben al di là del guardarsi l’ombelico delle proprie creazioni o fossilizzarsi su un solo autore di riferimento.
Ne ho avuto delle belle soddisfazioni: mi sono trovato (unico) a cantare in italiano un brano di Llach nello stadio di Barcellona davanti a centomila persone, mi sono trovato a cantare le mie versioni di canzoni di Okudzava nella sua casa/museo, mi sono trovato a duettare con Nohavica sul palco del Tenco.
Non mi sono arricchito… ma a ben vedere anche questo è giusto!
Per questa rassegna io e Sergio - sotto la supervisione del direttore artistico de Angelis - abbiamo costruito, con un’accurata selezione e un sanguinoso confronto, un’antologia necessariamente stringata (un solo pezzo per autore… ahimè!) ma ricca di poesia, della canzone Ceca e Russa per la serata del 2 ottobre e Portoghese per quella del 3. Abbiamo tradotto per l'occasione una decina di brani molti dei quali suoneranno per la prima volta in italiano su quel palco.
Il 2 io canterò una canzone di Aleksandr Galich (ho riservato a me il poeta forse più difficile da decifrare della triade "sacra" russa: Okudzava-Visotskij-Galich) che mette i brividi al solo sentirla. Il 3 invece avrò l’immenso onore di duettare con Jose Mario Branco su 2 suoi brani, uno del 1971 l’altro del 2003, che ne disegnano bene la parabola. Branco è uno dei miei numi tutelari: nel 2004 quando salì per la prima volta sul palco del Tenco avevo un suo disco in tasca come talismano. La scelta portoghese è una scelta di difesa dell'allegria, la canzone di lotta (de Intervenção) per i portoghesi non è mai lagnosa o recriminatoria... loro con una di queste canzoni, "Grandola vila morena" di Zeca Afonso, ci hanno fatto la loro "Rivoluzione dei garofani" (...con tutto il sacro rispetto, ditelo al Guccini di "a canzoni non si fan rivoluzioni").
Il Tenco ci ha poi offerto un’altra fenomenale opportunità affidando l’arrangiamento della serata slava e di quella lusitana a Rocco Marchi (il mio più antico e fedele collaboratore e co-produttore dei miei dischi) e al gruppo che mi accompagna (Francesca Baccolini e Guido Baldoni, integrati per l’occasione da due ulteriori strumentisti, Valeria Sturba e Marco Santoro) permettendoci così di approfondire quella “traduzione sonora” delle diverse urgenze dei brani e delle scelte musicali d’origine che ha sempre caratterizzato la nostra proposta.
Galich con la sua chitarra stentata in concerti casalinghi chiamava a raccolta l’intera cultura musicale e poetica russa. Branco costruiva nell’esilio una musica popolare in opposizione al fado.
Tutto può essere reinventato, ma non una nota è stata pensata senza tenere conto di quell’atto di resistenza che porta noi - strumenti parole e voci - dal palco del Tenco a quello della Val di Susa, di resistenza in resistenza.
Diversamente da così non sapremmo lavorare, o peggio non ne varrebbe la pena.
Ci vediamo il 2 e il 3 di ottobre a Sanremo.
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Letra e música: Sérgio Godinho
Lyrics and music: Sérgio Godinho
Testo e musica: Sérgio Godinho
Album: Tinta Permanente
"Ti scrivo perché per il Club Tenco 2014 sto preparando con Alessio Lega, Rocco [Marchi], Francesca (Baccolini] e altri due musicisti, una carrellata di cantautori stranieri dissidenti, concentrandosi su paesi dell'est (Vysotskij, Okudžava, Kryl, Kaczmarski) e Portogallo (Zeca Afonso, Fausto, Branco, che sarà ospite e canterà con noi, e Godinho). Proprio di quest'ultimo, Godinho, suoneremo Fotos de Fogo, un brano che sarebbe bello entrasse fra le tue Canzoni contro la guerra per il suo contenuto anticolonialista."
Guido Baldoni, oltre ad essere il figlio di Enzo Baldoni (che noi continuiamo, imperterriti, a non dimenticare), è oramai da tempo tra gli accompagnatori (alla fisarmonica) di Alessio Lega; la segnalazione che ci ha fatto viene ovviamente accolta di filata. Segnalazione che, tra le altre cose, ci fa scrutare un po' meglio Sérgio Godinho.
Il gruppo di Alessio Lega, come informa sempre Guido Baldoni, sta utilizzando una traduzione italiana (di Sergio Secondiano Sacchi), che Guido ha appena inviato al sito. Però sarà bene fornirne anche una in proprio. Un unico appunto a Guido: "Canzoni Contro la Guerra" non è "mio"; io sono, e voglio essere, solo "uno" di quelli che fanno questo sito. Per il resto, gli va un pubblico abbraccio e un grazie. [RV]