Ciaô Turin, mi vadu via,
vad luntan a travaié.
Mi sai nen cosa ca sia,
sentu `l cor a tramulé.
Ciaô Turin, mia bela tera,
che tristessa, che pensé.
A ma smia nianca vera
a duveite abanduné.
I vedrai pi' nen la Mole,
né i so' giardin.
I purterai pi'
nen le bele cite al Valentin.
Ciaô Turin, mi vadu via,
vad luntan a travaié,
ma darai la vida mia
per pudei prest riturné.
Stamatin sun riva' dele carte,
la purtamie riand 'l pustin.
O mia bela citá, devu parte
e lasète, mia bela Turin.
I vedrai pi' nen la Mole,
né i so' giardin.
I purterai pi'
nen le bele cite al Valentin.
Ciaô Turin, mi vadu via,
vad luntan a travaié,
ma darai la vida mia
per pudei prest riturné.
vad luntan a travaié.
Mi sai nen cosa ca sia,
sentu `l cor a tramulé.
Ciaô Turin, mia bela tera,
che tristessa, che pensé.
A ma smia nianca vera
a duveite abanduné.
I vedrai pi' nen la Mole,
né i so' giardin.
I purterai pi'
nen le bele cite al Valentin.
Ciaô Turin, mi vadu via,
vad luntan a travaié,
ma darai la vida mia
per pudei prest riturné.
Stamatin sun riva' dele carte,
la purtamie riand 'l pustin.
O mia bela citá, devu parte
e lasète, mia bela Turin.
I vedrai pi' nen la Mole,
né i so' giardin.
I purterai pi'
nen le bele cite al Valentin.
Ciaô Turin, mi vadu via,
vad luntan a travaié,
ma darai la vida mia
per pudei prest riturné.
envoyé par Bernart Bartleby - 20/8/2014 - 14:26
Langue: italien
Traduzione italiana di Giovanni Gabriele Colombo da L’Italia in Brasile
CIAO TORINO
Ciao Torino, io vado via,
vado lontano a lavorare.
Io non so né cosa sia,
sento il cuore tremolare.
Ciao Torino, mia bella terra,
che tristezza, che pensieri.
Non mi sembra neanche vero
di doverti abbandonare.
E non vedrò più né la Mole,
né i suoi giardini.
E nemmeno porterò più
le belle ragazze al Valentino.
Ciao Torino, io vado via,
vado lontano a lavorare,
ma darei la vita mia
per poter presto ritornare.
Stamattina sono arrivate delle lettere,
le ha portate ridendo il postino.
O mia bella città, devo partire
e lasciarti, mia bella Torino.
E non vedrò più né la Mole,
né i suoi giardini.
E nemmeno porterò più
le belle ragazze al Valentino.
Ciao Torino, io vado via,
vado lontano a lavorare,
ma darei la vita mia
per poter presto ritornare.
Ciao Torino, io vado via,
vado lontano a lavorare.
Io non so né cosa sia,
sento il cuore tremolare.
Ciao Torino, mia bella terra,
che tristezza, che pensieri.
Non mi sembra neanche vero
di doverti abbandonare.
E non vedrò più né la Mole,
né i suoi giardini.
E nemmeno porterò più
le belle ragazze al Valentino.
Ciao Torino, io vado via,
vado lontano a lavorare,
ma darei la vita mia
per poter presto ritornare.
Stamattina sono arrivate delle lettere,
le ha portate ridendo il postino.
O mia bella città, devo partire
e lasciarti, mia bella Torino.
E non vedrò più né la Mole,
né i suoi giardini.
E nemmeno porterò più
le belle ragazze al Valentino.
Ciao Torino, io vado via,
vado lontano a lavorare,
ma darei la vita mia
per poter presto ritornare.
envoyé par Bernart Bartleby - 20/8/2014 - 14:26
Anch'io sono convinto che le parole originarie siano in piemontese. Così di sicuro le cantavamo prima del 1955. Scusa una cosa: alcune parole sono da controllare. Per esempio, ...la Mole e i to giardin... (la Mole non ha mai avuto giardini!). Anche nella traduzione ci sono errori. Un saluto. Ciao Turin
QUi c'è una versione cantata da Gianni Armand che risale al 1958. Non è la prima, che è quella di Tino Vailati con l'orchestra di Pippo Barzizza. In questa comunque si sente che il testo dice "La Mole e i Capucin" (cioè il monte dei Cappuccini), e non i to giardin
Vito Vita - 1/11/2019 - 07:04
La versione in italiano è quella di Sergio Ponalini, successiva a Vailati
Vito Vita - 1/11/2019 - 07:06
Grazie Vito Vita per i tuoi contributi.
Nella sua versione Gipo canta proprio "I vedrai pi' nen la Mole, né i so' giardin"... Io l'ho sempre intesa come i giardini di Torino, non quelli della Mole, che giustamente non ne ha (ma non ne ha mai avuti?).
Semmai, c'è un'imprecisione nella trascrizione della quinta strofa: "Stamatin sun rivame le carte", cioè il passaporto e i permessi per andare a lavorare all'estero.
Saluti
Nella sua versione Gipo canta proprio "I vedrai pi' nen la Mole, né i so' giardin"... Io l'ho sempre intesa come i giardini di Torino, non quelli della Mole, che giustamente non ne ha (ma non ne ha mai avuti?).
Semmai, c'è un'imprecisione nella trascrizione della quinta strofa: "Stamatin sun rivame le carte", cioè il passaporto e i permessi per andare a lavorare all'estero.
Saluti
B.B. - 1/11/2019 - 20:47
... e poi i giardini la Mole ce li ha eccome. A parte il giardino intitolato a Nunzio Filogamo, i Giardini Reali sono proprio lì a un isolato...
B.B. - 1/11/2019 - 20:53
Ciao B.B., è vero che i giardini ci sono, ma se ascolti la versione originale Vailati non li nomina e nomina invece il monte dei Cappuccini, stessa cosa Ponalini; quindi quella è una modifica effettuata da Farassino, evidentemente.
Vito Vita - 2/11/2019 - 20:13
No lo so se ne siete al corrente ma questo è un nuovo inno dei juventini :-)
https://www.youtube.com/watch?v=v4xZUr0BEfE
https://www.youtube.com/watch?v=v4xZUr0BEfE
krzyś Ѡ - 3/11/2019 - 01:55
Gobbi maledetti...!
Ma non ho capito cosa c'entrano i "metallari" mongoli...
Ma non ho capito cosa c'entrano i "metallari" mongoli...
B.B. - 3/11/2019 - 18:06
Langue: italien
Versione di Sergio Ponalini & Radio boys
Ho firmato una carta stamani
Per lavoro, lontano di qua
Che tristezza partire domani
E lasciar la mia bella città
Ciaô Turin, io vado via
Vò lontano a lavorar
Io non so che cosa sia
Ma il mio cuore sento tremar
Ciaô Turin, che nostalgia
Che sia vero non mi par
Cara e bella città mia
Il doverti salutar
Non vedrò più la mia Mole
Né il Valentin
Scorderò le belle tose
E le madamin
Ciaô Turin, io vado via
Vò lontano a lavorar
Ma darò la vita mia
Per potere ritornar
Città che fai bella la vita
Mia cara e gentile Turin
Dove suona una lingua che invita
La gente a scambiarsi basìn
Ciaô Turin, io vado via
Vò lontano a lavorar
Io non so che cosa sia
Ma il mio cuore sento tremar
Ciaô Turin, che nostalgia
Che sia vero non mi par
Cara e bella città mia
Il doverti salutar
Non vedrò più la mia Mole
Né il Valentin
Scorderò le belle tose
E le madamin
Ciaô Turin, io vado via
Vò lontano a lavorar
Ma darò la vita mia
Per potere ritornar
Per lavoro, lontano di qua
Che tristezza partire domani
E lasciar la mia bella città
Ciaô Turin, io vado via
Vò lontano a lavorar
Io non so che cosa sia
Ma il mio cuore sento tremar
Ciaô Turin, che nostalgia
Che sia vero non mi par
Cara e bella città mia
Il doverti salutar
Non vedrò più la mia Mole
Né il Valentin
Scorderò le belle tose
E le madamin
Ciaô Turin, io vado via
Vò lontano a lavorar
Ma darò la vita mia
Per potere ritornar
Città che fai bella la vita
Mia cara e gentile Turin
Dove suona una lingua che invita
La gente a scambiarsi basìn
Ciaô Turin, io vado via
Vò lontano a lavorar
Io non so che cosa sia
Ma il mio cuore sento tremar
Ciaô Turin, che nostalgia
Che sia vero non mi par
Cara e bella città mia
Il doverti salutar
Non vedrò più la mia Mole
Né il Valentin
Scorderò le belle tose
E le madamin
Ciaô Turin, io vado via
Vò lontano a lavorar
Ma darò la vita mia
Per potere ritornar
envoyé par Alberto Scotti - 19/2/2021 - 02:51
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Parole di Lampo, pseudonimo di Luigi Lampugnani, attore, piemontese.
C’è che afferma che il testo originale fosse in italiano ma non credo, visto che il titolo è sempre stato in piemontese (come dimostra la locandina d’epoca sotto riportata).
Musica di Carlo Prato (1909-1949) è stato un pianista, compositore e direttore d'orchestra, originario di Susa, provincia di Torino.
Originariamente interpretata da Tino Vailati nell’orchestra di Pippo Barzizza e i Radio Boys.
Ammesso e non concesso che la canzone fosse originariamente in italiano, si ritiene comunemente che la traduzione piemontese sia opera di Gipo Farassino nei primi anni 60, eppure trovo la canzone già interpretata in dialetto per esempio da tal Gianni Cucco nel disco dell’Orchestra Gardino intitolato “Piemonte canta, vol. 1” del 1958. Il che mi conferma nell’opinione che il testo sia stato composto in piemontese - anzi, in torinese - fin dall’inizio…
Resta il fatto che l’interpretazione di Farassino – da “Le cansôn ëd Pòrta Pila, n. 2” (1963?) - è senz’altro la più nota e rappresentativa.
Quando il Piemonte era terra di emigrazione e non di immigrazione…
E a quanto si legge e mi raccontano in tanti che qui non trovano lavoro o l’hanno perso, mi sa che ci risiamo: negli ultimi quattro anni e mezzo sono oltre 11.000 i torinesi emigrati all’estero, e nell’ultimo anno le partenze sono più che raddoppiate rispetto al 2010…