Con l’orecchio ai motori
taglio il cielo
ne strappo i colori
La mia giacca da volo
porta in tasca
un preciso lavoro
L’aria cresce
più fina
brucia d’olio e benzina
Vedo luci a tradire
della gente
che ascolta se vive
Sono come candele
e ogni volta
ci torno a soffiare
L’aria suona
cattiva
sporca d’olio e benzina
E senza emozione
mi sfioro i comandi
possiedo per ore
strumenti e congegni
E mentre l’esterno
m’avvolge il cervello
mi piaccio riflesso
tra acciaio e cristallo
E ancora con gesto
provato più volte
rifiuto un rimpianto
e innesco la notte.
taglio il cielo
ne strappo i colori
La mia giacca da volo
porta in tasca
un preciso lavoro
L’aria cresce
più fina
brucia d’olio e benzina
Vedo luci a tradire
della gente
che ascolta se vive
Sono come candele
e ogni volta
ci torno a soffiare
L’aria suona
cattiva
sporca d’olio e benzina
E senza emozione
mi sfioro i comandi
possiedo per ore
strumenti e congegni
E mentre l’esterno
m’avvolge il cervello
mi piaccio riflesso
tra acciaio e cristallo
E ancora con gesto
provato più volte
rifiuto un rimpianto
e innesco la notte.
Contributed by Bernart Bartleby - 2014/7/26 - 23:09
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Parole e musica di Flavio Giurato
Nell’album intitolato "Per futili motivi"
Bellissima canzone che può benissimo essere accostata ad altre forse più famose, come Ad un giovine pilota, Il pilota di Hiroshima e Pilota di guerra. C’è in più un aspetto che le altre non considerano; l’onanismo vigliacco dell’assassino di massa che non guarda negli occhi le proprie vittime... E penso in questi giorni alla cieca e codarda violenza dell’esercito israeliano, con i suoi aerei, le sue navi, i suoi cannoni, i suoi carrarmati, i suoi droni che infieriscono su uomini, donne e bambini nella trappola di Gaza...
Recensione di Gasolio da Debaser
I futili motivi del titolo sono quelli di un ragazzo romano che si arruola volontario nella seconda guerra mondiale, forte delle sue convinzioni fasciste con le quali ha convissuto dalla nascita. Conoscerà “Roghi e rovine” e il vero volto della dittatura e della guerra.
L'album è costruito con un impasto di romanesco e italiano, le prime canzoni, quando il protagonista è ancora un ragazzotto spavaldo, prediligono l'idioma dialettale. Il giovane, che ha compiuto 18 anni alla vigilia dell'entrata in guerra dell'italia (10 giugno 1940) corre ad arruolarsi e subito dopo, compie un atto irrinunciabile per quella generazione: la visita al casino. Una delusione però: incontra una prostituta che piange e parla di guerra come devastazione e come occasione per ammazzare ed essere ammazzati. Ma è già tempo di partire per il fronte, restano gli ultimi saluti con la madre e la fidanzata nella struggente “Due voci”.
Qui si apre la seconda parte dell'album: quella che porta alla catarsi finale che ha inizio con la ritirata di Russia (“Aquile e corvi”), prosegue con il tradimento della ragazza e si conclude con la guerra in casa propria con i bombardamenti di Roma in “Una brutta ventata”: "bombardano bombardano giù a San Lorenzo; a Roma no, c'è er Papa, ma quale Papa ce so’ le creature mie..." Assistiamo infine al disperato incontro di due anime solitarie tra le macerie della città, al loro fare l'amore come ultima e prima occasione di salvezza. Nella conclusiva “Storia di un'osteria”, Giurato paragona fascismo e fascisti ad una tavolata caciarona e ingorda, che quando è il momento di pagare se la svigna senza assumersi le proprie responsabilità: "Signori er conto... so annati tutti via..."
Un grande album al quale non è facilissimo accostarsi, per comprendere l'affascinante continuità della storia, almeno per chi non coglie al volo le parti dialettali (che sono comunque quasi interamente compresibili dopo qualche ascolto attento). Solo allora godremo appieno delle bellissime melodie del cantato, del geniale incrociarsi di voci, degli arrangiamenti artigianali ma riusciti ed eleganti con le chitarre in primissimo piano.
Giurato si sarebbe forse superato quattro anni dopo con “Il tuffatore”, prima di osare l'impossibile con le sperimentazioni di “Marco Polo” nel malaugurato centro degli anni ottanta. Ma già qui sono evidenti tutte le sue qualità compositive, negli arditi accostamenti di armonie che si rincorrono intersecandosi perfettamente l'une nelle altre, nei testi scabri, secchi, adatti al fuoco, profondamente evocativi, in una interpretazione lontana dal suo apice ma già avviata alla successiva eccellenza.
Consigliatissimo.