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Ein Transport wird einberufen

Ilse Weber
Langue: allemand


Liste des versions



Versi di Ilse Weber (1903-1944).
Musica di Michaela Sehrbrock e Marion Steingötter dell’Opernchor di Essen, Nord-Reno Westfalia.



Ilse Herlinger Weber è stata una poetessa e scrittrice di origine ceca e di religione ebraica.
A Praga, dove viveva, scrisse molti racconti per l’infanzia e condusse anche programmi radiofonici per i bambini. Dopo l’occupazione nazista, nel 1939, riuscì a mettere in salvo il suo primogenito Hanuš mandandolo da amici in Svezia attraverso un “kindertransport”. Poi lei, il marito ed il figlio più piccolo furono rinchiusi nel ghetto di Praga e quindi internati nel campo/ghetto di Theresienstadt. A Terezìn, dove erano stati deportati moltissimi bambini, Ilse Weber svolse l’attività di infermiera nel reparto infantile della locale infermeria. E’ in questo periodo che, per alleviare le pene dei piccoli ospiti, compose molte poesie che improvvisava in canzoni accompagnandosi con la chitarra. Nell’ottobre del 1944 suo marito Willi fu scelto per il trasferimento ad Auschwitz e Ilse chiese di seguirlo: lei ed il figlioletto Tommy vennero uccisi al loro arrivo; Willi si salvò e potè poi riabbracciare Hanuš, il figlio sopravvissuto.

Ilse Weber
Ilse Weber


La paura, il dolore ma anche l’imbarazzo e l’indifferenza ed il senso di sollievo per averla scampata ancora una volta… Doveva essere terribile, uno stillicidio di terrore e di morte, quello che coglieva i prigionieri ammassati nel campo di Theresienstadt in attesa della deportazione verso lo sterminio, e Ilse Weber lo descrive così efficacemente in questa sua poesia…
Toccò anche a lei, probabilmente il 1 ottobre del 1944, partire con migliaia di altri verso la Polonia, verso la morte… Soltanto in quel mese di ottobre furono oltre 14.000 gli ebrei trasferiti ad Auschwitz da Theresienstadt … Furono gli ultimi trasporti: a fine ottobre il campo-ghetto fu liquidato…

Morgen gehen fünftausend fort
In einem gigantischen Polentransport.
Fünftausend Menschen, Freunde, Gefährten,
die mit uns litten, mit uns entbehrten.
Wir sagen “Leb wohl” und wünschen dabei,
die ganze Qual wäre endlich vorbei.

Es ist kein gutes Gefühl zu bleiben,
wenn andre ins Ungewisse treiben.
Sie packen die Bündel mit verschlossenen Mienen,
schon klafft ein Abgrund zwischen uns und ihnen.
Es ist nur ein Zufall, dass wir blieben,
werden wir morgen weitergetrieben?

Was hält uns hier fest, dass wir klagen und jammern?
Ist es die Heimat, an die wir uns klammern?
Die Fremde ist feindselig, kalt und voll Grauen,
wir können dem Freunde ins Auge nicht schauen.
Ob er wohl verzeiht und versteht,
dass man hier bleiben mag, wenn er geht?

Dann geht er davon, in der anderen Reihn,
und man bleibt zurück, beschämt und klein.
Nein, wir sind nicht edel, wir sind nicht groß,
wir kommen vom irdischen Kram nicht los.
Und der Zug der Scheidenden ist noch nicht weit,
da sind wir schon zu vergessen bereit.

envoyé par Bernart Bartleby - 31/1/2014 - 15:48




Langue: italien

Traduzione italiana dell’intera poesia, a cura di Rita Baldoni, docente di lingua tedesca presso l’Università di Macerata, da “Ilse Weber. Ma quando avrà fine il dolore? Poesie e lettere da Theresienstadt”, 2011.
(*”Leb wohl” sta per “Addio!” o, meglio, “Vivi bene!”)
A RACCOLTA PER UN TRASPORTO

Un trasporto gigantesco per domani è previsto,
cinquemila saranno a partire: Polonia la destinazione.
Cinquemila persone, amici,
compagni di sofferenze e privazioni.
Con un “Leb wohl”* li salutiamo e con ciò auguriamo
che tutto il tormento sia infine passato.

Spinti nell’ignoto altri, e noi qui a rimanere,
proviamo un’ansia indefinita.
A visi spenti raccolgono muti i fagotti,
e già si spalanca a dividerci un abisso.
È solo un caso che siamo rimasti,
saremo noi i prossimi esposti?

Che cosa ci tiene legati qui, che ci fa gemere in pianti?
È la patria a cui ci stringiamo forti?
Straniera è l’altra terra, minacciosa, fredda, spaventosa
e dell’amico non sosteniamo lo sguardo.
Che possa perdonarci e comprenderci
se, mentre lui parte, noi preferiamo restare?

Poi lui si stacca da noi nell’altra fila
e noi si rimane indietro, confusi nell’imbarazzo e piccoli.
No, non siamo nobili, non siamo grandi,
non ne usciamo da tutto questo ciarpame umano
ed è passato appena un istante, che già prendiamo distanza
e siamo pronti a dimenticare, i nostri amici di quel treno in partenza.

envoyé par Bernart Bartleby - 31/1/2014 - 15:48




Langue: français

Version française – APPEL D'UN CONVOI – Marco Valdo .M.I. – 2014
Chanson tchèque de langue allemande – Ein Transport wird einberufen – Ilse Weber – 1944

Paroles de Ilse Weber (1903-1944).
Musique de Michaela Sehrbrock et Marion Steingötter de l’Opernchor de Essen.



La peur, la douleur mais aussi l'embarras et l'indifférence et le sentiment de soulagement pour l'avoir échappé belle encore une fois… ce devait être terrible, une avalanche de terreur et de mort, qui prenait les prisonniers amassés dans le champ de Theresienstadt en attente de la déportation vers l'extermination, et Ilse Weber la décrit terriblement dans sa poésie…
Elle la toucha elle aussi, probablement le 1er octobre 1944, à son départ avec des milliers d'autres vers la Pologne, vers la mort… Durant ce mois d'octobre, il y eut plus de 14.000 Juifs transférés de Theresienstadt à Auschwitz… Ce furent les derniers convois ; fin octobre, le camp-ghetto fut liquidé…
APPEL D'UN CONVOI

Cinq mille partent demain
Un convoi gigantesque pour la Pologne .
Amis, voyageurs, cinq mille personnes,
Qui avec nous souffrent, comme nous sans rien.
On se dit : « Longue vie ».
Et on veut seulement que CE tourment soit fini.

Il ne reste aucun bon sentiment,
Quand on est poussé dans l'incertain.
Ils emballent leurs paquets avec des mines fermées,
Entre eux et nous, le gouffre est déjà béant
Ce n'est qu'un hasard, si nous sommes restés,
Sera-ce notre tour demain ?

Qu'est-ce qui nous tient ici à nous lamenter et nous plaindre?
Est-ce la patrie, à laquelle on s'accroche ?
L'étranger est hostile, froid et détestable,
Nous ne pouvons regarder dans les yeux l'ami
S'il admet et comprend qu'il est probable ,
Qu'on reste ici, quand il part lui ?

Alors, il va dans l'autre rang,
Et on reste là, racrapotés dans notre honte.
Non, nous ne sommes pas nobles, nous ne sommes pas grands,
Nous n'en sortons pas de toutes ces affaires
Le train des partants s'est à peine éloigné,
Et nous sommes déjà prêts à oublier.

envoyé par Marco Valdo M.I. - 4/2/2014 - 16:40




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