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27 Ἰουνίου 1906, 2 μ. μ.

Konstandinos Kavafis / Κωνσταντίνος Καβάφης
Language: Greek (Modern)


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Carissimi, questa poesia di Kavafis non dovrebbe mancare tra gli extra delle CCG. Trascrivo dalle Poesie nascoste, a cura di Filippo Maria Pontani, Milano, Mondadori, 1974, pag. 56. La nota che segue è del Pontani (pagg. 96-97).



La poesia, scritta nel gennaio 1908, si riferisce a un episodio d''attualità': esempio presso che unico nell'intero arco della produzione kavafiana. I fatti, rievocati con accuratezza da Tsirkas, che per primo riesumò il testo inedito («Epitheòrisi Technis», 108, 1963), sono questi: ai primi di giugno del 1906 uno squadrone di dragoni inglesi, in seguito all'uccisione di placidi colombi appartenenti ai fellah di Densuai (un villaggio del delta del Nilo), furono bastonati e lapidati dagl'indigeni, con un moto di legittima reazione; un capitano, ferito, morì d'insolazione rientrando all'accampamento. Seguì un processo, condotto in dispregio d'ogni procedura normale, che portò a quattro condanne all'impiccagione, a due ergastoli e ad altre pene varianti da 15 anni di lavori forzati a 50 scudisciate per gl'imputati minori. Fra i condannati alla forca, un giovine di 25 anni: Kavafis gliene attribuisce 17 e ne registra il nome, in calce all'autografo della poesia: Iusef Hussein Selìm. L'esecuzione avvenne sul luogo stesso della rissa, alle 2 pomeridiane del 28 giugno (Kavafis segna nel titolo 27 giugno: il giorno dell'assurda sentenza). La lirica non sembra immune dagli echi di ballate popolari egiziane in cui si manifestò l'emozione sconvolgente per l'accaduto, determinato dalla spietata politica repressiva di Lord Cromer. La posizione di Kavafis nei confronti dell'arbitrio degli occupanti britannici emerge con chiarezza, se non altro dalla dichiarazione d'innocenza dell'impiccato: ciò può spiegare l'inopportunità della pubblicazione della poesia. Benché in più d'una fra le liriche 'maggiori' sia evocato con toni intensi il pianto disperato delle donne (Incredulità, Aristobulo), qui le effusioni dello strazio materno toccano gli estremi del pathos: il poeta vuole forse imitare le intemperanze gestuali e trenodiche della madre 'vera', ma denuncia insieme un abbandono alquanto insolito a un'emozione elementare. Così la poesia, mentre documenta l'interesse di Kavafis per l'immediata realtà egiziana, è interessante anche per la peculiarità dei toni e dei modi. Non sfuggirà un elemento tipicamente kavafiano: la contemplazione del corpo bello del giovanetto, anche se l'implicita punta d'erotismo è in parte sopraffatta, come poi nel citato Aristobulo (1918), da emozioni diverse.
Σὰν τὄφεραν οἱ Χριστιανοὶ νὰ τὸ ϰρεμάσουν
τὸ δεϰαεφτὰ χρονῶ ἀθῶο παιδί,
ἡ μάνα του ποὺ στὴν ϰρεμάλα ἐϰεῖ ϰοντὰ
σέρνονταν ϰαὶ χτυπιοῦνταν μὲς στὰ χώματα
ϰάτω ἀπ' τὸν μεσημεριανό, τὸν ἄγριον ἥλιο
πότε οὔρλιαζε, ϰαὶ ϰραύγαζε σὰ λύϰος, σὰ θηρίο
ϰαὶ πότε ἐξαντλημένη ἡ μάρτυσσα μοιρολογοῦσε
«Δεϰαφτὰ χρόνια μοναχὰ μὲ τἄζησες παιδί μου».
Κι ὅταν τὸ ἀνέϐασαν τὴν σϰάλα τῆς ϰρεμάλας
ϰ' ἐπέρασάν το τὸ σϰοινὶ ϰαὶ τὄπνιξαν
τὸ δεϰαεφτὰ χρονῶ ἀθῶο παιδί,
ϰ' ἐλεεινὰ ϰρεμνιοῦνταν στὸ ϰενὸν
μὲ τοὺς σπασμοὺς τῆς μαύρης του ἀγωνίας
τὸ ἐφηϐιϰὸν ὡραῖα ϰαμωμένο σῶμα,
ἡ μάνα ἡ μάρτυσσα ϰυλιούντανε στὰ χώματα
ϰαὶ δὲν μοιρολογοῦσε πιὰ γιὰ χρόνια τώρα·
«Δεϰαφτὰ μέρες μοναχά», μοιρολογοῦσε,
«δεϰαφτὰ μέρες μοναχὰ σὲ χάρηϰα παιδί μου».

Contributed by L.L. - 2013/12/28 - 00:10




Language: Italian

Versione italiana di Filippo Maria Pontani
LA FORCA

Quando alla forca lo portarono i Cristiani
– diciassett'anni, un ragazzo innocente –
la madre che si trascinava
presso la forca e si batteva il petto tra la polvere
sotto il sole feroce del meriggio,
ora ululava come un lupo grida belluine,
ora spossata martire biascicava un lamento:
«Diciassett'anni soli mi sei vissuto, figlio mio».
Gli fecero salire la scala della forca e gli passarono
la corda al collo e lo strozzarono
– diciassett'anni, un ragazzo innocente –
e penzolò nel vuoto
fra gli spasimi atroci dell'agonia quel corpo
d'efebo così bello:
si rotolava allora quella madre martire nella polvere
e nel suo lagno non parlava più d'anni: «Diciassette
giorni soltanto» si lagnava «diciassette
giorni soltanto io t'ho goduto, figlio mio».

Contributed by L.L. - 2013/12/28 - 00:15




Language: Spanish

Versione spagnola di Anna Pothitou e Rafael Herrera Montero

Fonte: C. P. Cavafis, Poesía completa, traducción de Anna Pothitou y Rafael Herrera Montero, Madrid, Visor libros, 2003
27 DE JUNIO DE 1906, 2 P.M.

Cuando a la horca lo llevaron los cristianos,
al inocente joven de diecisiete años,
su madre, que allí, cerca del patíbulo,
por tierra se arrastraba y laceraba
bajo el insoportable sol del mediodía,
ya chillaba y gritaba como un lobo, como fiera,
ya plañía la mártir agotada, extenuada,
«Me viviste, hijo mío, diecisiete años tan solo».
Y al subirlo por la escalera del patíbulo
y ponerle la soga, y ahorcarlo,
al inocente joven de diecisiete años,
y con horror quedar colgando en el vacío
con los espasmos de su negra agonía
el cuerpo adolescente bien formado,
la madre mártir se revolvía en la tierra,
y su plañir ya no era por los años:
«Diecisiete días tan solo», era su llanto,
«gocé de ti, hijo mío, diecisiete días tan solo».

1908

Contributed by L.L. - 2019/7/31 - 00:10




Language: Esperanto

Esperanta versio: La Pupo.
LA PENDIGILO

Kiam la kristanoj prenis lin al la pendigilo
- Li havis nur deksep jaroj, la senkulpa junulo -
La patrino kiu rampis malantaŭe
al la pendigilo kaj ŝi batas ŝian bruston per la polvojn
sub la flaman sunon de tagmezo,
nun hurlante kiel lupo ekkriis belluine,
nun la elĉerpita martiro diris kun lamento:
«deksep jaroj vi vivis nur, mia filo.»
Ili faris lin grimpi la ŝtuparo de la pendigilo kaj ili metis
la ŝnuron ĉirkaŭ lian kolon kaj sufokis lin
- Li havis nur deksep jaroj, la senkulpa junulo -
kaj li skuigis al la malplena
inter la turmentoj de egis agonio de la korp'
de tia bela adoleskant':
tiam ruliĝis la martiro patrino je la polvojn
kaj en ŝia lamento, ŝi ne parolis plu de jaroj:
«deksep tagojn nur,» ŝi plendis «deksep
tagojn nur mi ekĝuis vin, ho mia filo.»

Contributed by La Pupo - 2014/10/11 - 11:08


Tu non sai quanto ho cercato questa poesia, Gian Piero. Avevo le "Poesie nascoste" di Kavafis tradotte dal Pontani, ma le ho perse. Maledizione a me e ai miei diciottomila traslochi, così si capisce meglio perché da anni non mi muovo più da dove abito ora e perché non abbia più intenzione di farlo. Ricordavo questa poesia, e anche il suo essere un "unicum" per Kavafis in quanto ispirata da un episodio attuale; ti devo quindi ringraziare per averla messa qui. Quanti libri persi, quanti...

Riccardo Venturi - 2013/12/28 - 20:03


Sono felice che qualcuno l'abbia trovata, Riccardo: ma non sono stato io!
Io non ho quelle "segrete" pubblicate dal Pontani. Ho un'edizione greca curata da G.P. Savvidis in due volumi, che credevo completa: ma questa poesia non c'è proprio.
Siamo quindi grati a L.L., ma io lo sono in modo speciale, perché la leggo per la prima volta.

Gian Piero Testa - 2013/12/28 - 20:23


Chiedo scusa a L.L., davvero di cuore; il fatto è che sono talmente abituato a che ogni cosa in greco qui dentro sia trovata da Gian Piero Testa, che sono andato in "automatico" senza controllare. Una leggerezza di cui chiedo ancora scusa, anche per l'entusiasmo di aver ritrovato questa cosa...

Riccardo Venturi - 2013/12/29 - 15:02


Grazie a tutti e due, Riccardo e Gian Piero. Gian Piero, il Pontani nell'introduzione scrive che il testo è quello di Savvidis. Se non ho capito male, l'edizione di riferimento è questa: Καβάφης, Ποιήματα, 2 voll., Atene I 1963, 1965², II 1963. Riccardo, ho inviato a antiwarsongs@gmail.com una foto che raffigura uno dei quattro condannati di Densuai nell'atto di 'salire la scala della forca'. La fonte è questa. Per chi legge il greco moderno - io ho utilizzato un traduttore - altre informazioni si trovano qui e qui

Leonardo Licheri - 2013/12/29 - 16:05


E anche nel blog Diamartiries si dice che la poesia fu trovata dal Savvidis; mentre Rizospastis ne dà anche il titolo originale - "Densuai 27 Giugno 1906, ore 2 postmeridiane" - e aggiunge che la composizione è del 1908 (Το Φλεβάρη του 1908 ο Καβάφης με αφορμή αυτό το γεγονός γράφει το ποίημα «Ντενσουάι 27 Ιουνίου 1906 2μ.μ.»): però il Savvidis non sembra averla inserita nella sua raccolta. L'edizione in mio possesso è un reprint del 2011 dell'edizione ateniese di Ikaros (che suppongo sia quella del 1963 citata dal Pontani), stampato e distribuito dal quotidiano Ta Nea. Che dire? ora cercherò di leggere più attentamente la nota introduttiva del Savvidis (è del 1991), che a una veloce scorsa non contiene spiegazioni circa l'eventuale esclusione di un reperto innegabilmente importante come questo. Grazie a Leonardo e per il contributo ad AWS e per i link. Se scopro qualcosa, mi rifaccio vivo. Intanto, Buon Anno a tutti.

Gian Piero Testa - 2013/12/29 - 18:32


Mi accorgo adesso che l'ultimo link, quello a Enet.gr, è incompleto. Ecco quello corretto:

http://www.enet.gr/?i=news.el.article&

Nel contributo è riprodotto anche l'autografo di Kavafis, in calce al quale, come osserva il Pontani, si può leggere il nome del giovane Iusef Hussein Selìm.

Un caro augurio a tutti voi, e a presto.

L.L. - 2013/12/30 - 09:50




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