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Ai quindici di Piazzale Loreto

Salvatore Quasimodo
Language: Italian


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Io son' una
(Laura Betti)
La Corte dei miracoli
(Gang)
Ai fratelli Cervi, alla loro Italia
(Salvatore Quasimodo)


‎[1944]‎
Versi del grande poeta dalla raccolta “La vita non è sogno” (1949), nella sezione intitolata “Quando ‎caddero gli alberi e le mura”.‎





Interpretati da Laura Betti nel disco di poesie e canti intitolato “Storia del Partito ‎Comunista Italiano”, 1973 (dove la poesia reca il titolo “La nostra non è guardia di tristezza”).‎



Troppo spesso ci si dimentica del perché i corpi di Mussolini, della Petacci e di altri gerarchi fascisti ‎furono ferocemente esposti nello stesso luogo meno di un anno dopo…‎

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Milano, Piazzale Loreto, tra viale Andrea Doria e corso Buenos Aires, 10 agosto 1944: i corpi di 15 ‎antifascisti trucidati dai legionari della “Ettore Muti”‎

Milano, Piazzale Loreto, tra viale Andrea Doria e corso Buenos Aires, 10 agosto 1944: i corpi di 15 ‎antifascisti trucidati dai legionari della “Ettore Muti”
Esposito, Fiorani, Fogagnolo,
Casiraghi, chi siete? Voi, nomi, ombre?‎
Soncini, Principato, spente epigrafi,
voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati,
Gasparini? Foglie d’un albero
di sangue, Galimberti, Ragni, voi,
Bravin, Mastrodomenico, Poletti?‎
O caro sangue nostro che non sporca
la terra, sangue che inizia la terra
nell’ora dei moschetti. Sulle spalle
le vostre piaghe di piombo ci umiliano:
troppo tempo passò. Ricade morte
da bocche funebri, chiedono morte
le bandiere straniere sulle porte
ancora delle vostre case. Temono
da voi la morte, credendosi vivi.
La nostra non è guardia di tristezza,
non è veglia di lacrime alle tombe:
la morte non dà ombra quando è vita.‎

Contributed by Bernart - 2013/10/11 - 13:20


Altri versi sull'eccidio di piazzale Loreto del 1944, questi di ‎‎Alfonso Gatto (1909-1976), dalla raccolta intitolata ‎‎"Il capo sulla neve", 1947.‎





PER I COMPAGNI FUCILATI IN PIAZZALE LORETO ‎

Ed era l’alba, poi tutto fu fermo
La città, il cielo, il fiato del giorno.
Restarono i carnefici soltanto
Vivi davanti ai morti.‎

Era silenzio l’urlo del mattino,
silenzio il cielo ferito,
un silenzio di case, di Milano.‎

Restarono bruttati anche di sole,
sporchi di luce e l’uno e l’altro odiosi,
gli assassini venduti alla paura.‎

Era l’alba, e dove fu lavoro,
ove il piazzale era la gioia accesa
della città migrante alle sue luci
da sera a sera. Ove lo stesso strido
dei tram era saluto al giorno, al fresco
viso dei vivi, vollero il massacro
perché Milano avesse alla sua soglia
confusi tutti in uno stesso sangue
i suoi figli promessi e il vecchio cuore
forte e ridesto stretto come un pugno.‎

Ebbi il mio cuore ed anche il vostro cuore
Il cuore di mia madre e dei miei figli,
di tutti i vivi uccisi in un istante
per quei morti mostrati lungo il giorno
alla luce d’estate, a un temporale
di nuvole roventi. Attesi il male
come un fuoco fulmineo, come l’acqua
scrosciante di vittoria; udii il tuono
d’un popolo ridesto dalle tombe.‎

Io vidi il nuovo giorno che a Loreto
Sovra la rossa barricata i morti
Saliranno per i primi, ancora in tuta
E col petto discinto, ancora vivi
Di sangue e di ragioni. Ed ogni giorno,
ogni ora eterna brucia a questo fuoco,
ogni alba ha il petto offeso da quel piombo
degli innocenti fulminati al muro.‎

Bernart - 2013/10/11 - 13:35




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