Wie eingepfercht in Kerkermauern
Liegt in den Mauern dieser Stadt
Wolf Biermann, beißt mit gelben Hauern
In Steine nur und hat es satt
Mal nachts bei Freunden brüllt er offen
Paar Balladen in Zigarrenrauch
Das macht die Männer wie besoffen
Und ihre schönen Frauen auch
Oh Mann, Mann, wie tief mich das reut
Was leg ich auch mein Herz aufn Tisch
so hungriger Leut!
Das Volk, das Weib, vor seiner Türe
Sitzt ein Zuhälter und trinkt Tee
Macht mit dem Messer Maniküre
Und sagt: Komm her, es tut nicht weh:
Es tut nicht weh, wenn ich dich vorher
Zur Sicherheit, mein Sohn, kastrier
Bist du entmannt, na bitte sehr!
Dann darfst du, dann erlaub ichs dir
Oh Mann, Mann, das hätt mich gereut
wer legt schon sein Schwanz aufn Tisch
so mächtiger Leut!
Wie eingepfercht in Kerkermauern
Liegt in den Mauern dieser Stadt
Wolf Biermann, beißt mit gelben Hauern
In Steine nur und hat es satt
Mal nachts bei Freunden brüllt er offen
Paar Balladen in Zigarrenrauch
Das macht die Männer wie besoffen
Und ihre schönen Frauen auch
Oh Mann, Mann, wie tief mich das reut
Ich leg doch nicht mein Herz aufn Tisch
so hungriger Leut!
Liegt in den Mauern dieser Stadt
Wolf Biermann, beißt mit gelben Hauern
In Steine nur und hat es satt
Mal nachts bei Freunden brüllt er offen
Paar Balladen in Zigarrenrauch
Das macht die Männer wie besoffen
Und ihre schönen Frauen auch
Oh Mann, Mann, wie tief mich das reut
Was leg ich auch mein Herz aufn Tisch
so hungriger Leut!
Das Volk, das Weib, vor seiner Türe
Sitzt ein Zuhälter und trinkt Tee
Macht mit dem Messer Maniküre
Und sagt: Komm her, es tut nicht weh:
Es tut nicht weh, wenn ich dich vorher
Zur Sicherheit, mein Sohn, kastrier
Bist du entmannt, na bitte sehr!
Dann darfst du, dann erlaub ichs dir
Oh Mann, Mann, das hätt mich gereut
wer legt schon sein Schwanz aufn Tisch
so mächtiger Leut!
Wie eingepfercht in Kerkermauern
Liegt in den Mauern dieser Stadt
Wolf Biermann, beißt mit gelben Hauern
In Steine nur und hat es satt
Mal nachts bei Freunden brüllt er offen
Paar Balladen in Zigarrenrauch
Das macht die Männer wie besoffen
Und ihre schönen Frauen auch
Oh Mann, Mann, wie tief mich das reut
Ich leg doch nicht mein Herz aufn Tisch
so hungriger Leut!
envoyé par Riccardo Venturi - 17/8/2013 - 11:06
Langue: italien
Traduzione italiana di Riccardo Venturi
18/19 agosto 2013
18/19 agosto 2013
COME MURATA IN GALERA
Come murata in galera
sta, tra i muri, questa città.
Wolf Biermann morde con zanne gialle *
soltanto pietre, e ne ha abbastanza.
Talvolta, da amici, ruggisce libero
qualche ballata tra il fumo di sigaro,
che rende gli uomini come ubriachi
e pure le loro belle signore.
Oh, sì, sì, quanto mi dispiace
di dover mettere anche il mio cuore
in tavola a gente così affamata!
Alla porta del popolo, che è una puttana,
ci sta un magnaccia e beve tè,
si fa le unghie con il coltello
e dice: Su, andiamo, non fa male.
Non fa male, se prima, figlio mio,
ti castro a fini di sicurezza;
starai evirato, che vuoi che sia!
Lo devi fare, te lo concedo,
oh, sì, sì, mi sarebbe dispiaciuto
chi mette già il cazzo in tavola
a gente così potente!
Come murata in galera
sta, tra i muri, questa città.
Wolf Biermann morde con zanne gialle
soltanto pietre, e ne ha abbastanza.
Talvolta, da amici, ruggisce libero
qualche ballata tra il fumo di sigaro,
che rende gli uomini come ubriachi
e pure le loro belle signore.
Oh, sì, sì, quanto mi dispiace!
Però il mio cuore, no, non lo metto
in tavola a gente così affamata!
Come murata in galera
sta, tra i muri, questa città.
Wolf Biermann morde con zanne gialle *
soltanto pietre, e ne ha abbastanza.
Talvolta, da amici, ruggisce libero
qualche ballata tra il fumo di sigaro,
che rende gli uomini come ubriachi
e pure le loro belle signore.
Oh, sì, sì, quanto mi dispiace
di dover mettere anche il mio cuore
in tavola a gente così affamata!
Alla porta del popolo, che è una puttana,
ci sta un magnaccia e beve tè,
si fa le unghie con il coltello
e dice: Su, andiamo, non fa male.
Non fa male, se prima, figlio mio,
ti castro a fini di sicurezza;
starai evirato, che vuoi che sia!
Lo devi fare, te lo concedo,
oh, sì, sì, mi sarebbe dispiaciuto
chi mette già il cazzo in tavola
a gente così potente!
Come murata in galera
sta, tra i muri, questa città.
Wolf Biermann morde con zanne gialle
soltanto pietre, e ne ha abbastanza.
Talvolta, da amici, ruggisce libero
qualche ballata tra il fumo di sigaro,
che rende gli uomini come ubriachi
e pure le loro belle signore.
Oh, sì, sì, quanto mi dispiace!
Però il mio cuore, no, non lo metto
in tavola a gente così affamata!
* "Wolf" significa "lupo".
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Text und Musik: Wolf Biermann
Lyrics and Music: Wolf Biermann
Testo e musica: Wolf Biermann
Album: Chausseestraße 131
(leggi anche Wolf Biermann, Chausseestrasse 131, Ostberlin sul blog)
- Die hab' ich satt!
- Das Barlach-Lied
- Deutschland: Ein Wintermärchen (1. Kapitel)
- Ballade auf den Dichter François Villon
- Deutschland: Ein Wintermärchen (Fortsetzung)
- Wie eingepfercht in Kerkermauern
- Zwischenlied
- Frühling auf dem Mont Klamott
- Moritat auf Biermann seine Oma Meume in Hamburg
- Großes Gebet der alten Kommunistin Oma Meume in Hamburg
- So soll es sein - So wird es sein
Chausseestraße 131 è stato il primo album inciso da Wolf Biermann e ha una storia leggendaria: poiché Biermann era bandito nella DDR, e quindi aveva il divieto ufficiale di registrare le sue canzoni, mise su uno studio improvvisato nel suo appartamento. Con l'aiuto di alcuni amici e di sua madre, riuscì a procurarsi apparecchiature come un microfono di alta qualità e un registratore da studio contrabbandato dalla Germania occidentale, in modo da poter incidere le sue canzoni. La storia narra però che il microfono fosse di qualità anche fin troppo buona, ed ultrasensibile: in breve, mentre Biermann registrava, captava anche i rumori di strada tipo le automobili che passavano e, a volte, anche il canto degli uccellini. Dopo qualche tentativo di eliminare questi rumori di sottofondo, andato a vuoto, Biermann decise di fare di necessità virtù e registrò le canzoni com'erano, con tutti i rumori; e fu un colpo di genio, dato che la cosa rendeva perfettamente le condizioni particolari in cui l'album era stato registrato, il confino domestico e la clandestinità totale dell'artista. La „naturalità“ totale di tutto ciò non ha cessato di rivelare la sua efficacia a 45 anni di distanza: Chausseestraße 131, si può dire, è nato già come album storico, anche al di là dello stesso, elevatissimo, valore dei testi (la musica ha, come lecito attendersi, un valore secondario, quasi di semplice sottofondo come gli stessi rumori di strada). Lo si potrebbe definire un album per parole, rumori e voce: la voce rauca e sporca di Biermann. Si tratta anche di una testimonianza precisa di un fatto: pur essendo ufficialmente bandito e esiliato in casa, Biermann non era affatto tagliato fuori dagli eventi che riusciva a seguire e a cantare con precisione. Chausseestraße 131, ben oltre le „evoluzioni“ dell'uomo e dell'artista Wolf Biermann nel tempo, ha passato l'esame del tempo e rimane un capolavoro assoluto della canzone d'autore, non soltanto tedesca; un album che ebbe una grande influenza in tutta Europa (ed il suo anno di pubblicazione, il 1968, la dice tutta).
L'album inizia con il grido di Die hab' ich satt! („Mi sono rotto“), scritta alcuni anni prima, nel 1963. La canzone si rivolge a tutti i diversi tipi di persone deboli e vigliacche che sostengono un sistema ingiusto: le „donne che mi accarezzano fredde“, i „falsi amici che mi adulano e che dagli altri si aspettano coraggio mentre loro se la fanno addosso”, la “tribù di burocrati che si mette a ballare con zelo sulla schiena della gente”, gli “insegnanti flagello dei giovani”, i “poeti che si fanno le seghe a poetare sulla patria perduta”, e così via. Si tratta di uno dei commenti più originali e duri sulla Germania Est degli anni '60, ma negli anni della contestazione fu presa come una protesta dal valore universale, cosa del tutto naturale. Das Barlach-Lied (“La canzone di Barlach”) descrive la delusione che aspetta ogni artista non conformista sotto ogni regime oppressivo; si tratta di una canzone poetica che si serve della figura dello scultore Ernst Barlach, perseguitato dai nazisti, per stabilire un contatto con il presente. La vena ironica e sarcastica di Biermann diviene feroce nei tre brani successivi: in Deutschland: Ein Wintermärchen (“Germania: una fiaba invernale"), un testo recitato in diretto riferimento al poemetto di Heinrich Heine, Biermann chiama la Germania il “grasso culone del mondo” (gioco di parole sull'espressione Arsch der Welt, alla lettera “culo del mondo” ma che, come l'espressione italiana “in culo al mondo” significa lontana da ogni cosa, in mezzo al nulla), e Berlino il suo “buco diviso con peli di filo spinato”. Nella Ballade auf den Dichter François Villon (“Ballata sul poeta François Villon”), che inframezza il recitativo, Biermann fa girare il suo alter ego sotto al muro di Berlino per dare noia ai Vopos. Wie eingepfercht in Kerkermauern (“Come murato in galera”) descrive la reclusione domestica e l'esilio interno a Berlino: una canzone particolarmente amara e triste. Nella canzone successiva, Zwischenlied (“Interludio”), Biermann dichiara che, nonostante qualche canzone venata di tristezza, non si sente disperato in questi “tempi belli e commoventi” e, come se volesse rafforzare tale visione, Biermann canta Frühling auf dem Mont Klamott (“Primavera sul monte Klamott”). Da tenere presente, però, che il cosiddetto “Monte Klamott”, nel mezzo di Berlino, è un'altura che è stata formando ammassando l'enorme quantità di macerie della città distrutta dopo la II Guerra mondiale (sull'altura è stato poi costruito un parco). Nel Moritat auf Biermann seine Oma Meume in Hamburg (“Moritat su nonna Meume Biermann di Amburgo”) e nel Großes Gebet der alten Kommunistin Oma Meume in Hamburg (“Orazione di nonna Meume, vecchia comunista di Amburgo”), Biermann parla delle sue radici e di come da esse sia stato influenzato; la seconda delle due canzoni presenta l'indimenticabile immagine della vecchia nonna che prega Dio perché faccia vincere il comunismo. Il brano finale dell'album, So soll es sein - So wird es sein (“Così dev'essere, così sarà”), è come una sorta di testamento dell'allora trentunenne Biermann.