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Préface en prose

Benjamin Fondane
Langue: français


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‎[1942]‎
Versi di Benjamin Fondane, alias B. Fundoianu, nato Benjamin Wechsler (1898-1944), filosofo, ‎poeta, drammaturgo, saggista, critico letterario, regista e traduttore di origine romena, di religione ‎ebraica, ucciso in una camera a gas nel campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau il 2 o 3 ‎ottobre del 1944.‎
Estratto dalla poesia “L’Exode (Super flumina Babylonis)”, scritta sotto lo pseudonimo di Isaac ‎Lacquedem, pubblicata per la prima volta nel 1965 e poi inclusa nella raccolta “Le mal de ‎fantômes” edita nel 2006.‎
Nel 1965 questo estratto entrò a far parte de “L’Honneur des poètes”, antologia di letture poetiche, ‎accompagnate dalle musiche originali del pianista e compositore francese Jean Wiener (1896-1982), ‎ispirata all’omonima raccolta curata da Pierre Seghers, Jean Lescure e Paul Éluard, ‎pubblicata clandestinamente nel 1943.‎

L’Honneur des poètes

Benjamin Fondane è stato un grande artista ed intellettuale francese di origine romena, ebreo.‎
Trasferitosi in Francia all’inizio degli anni 20, aderì al movimento surrealista e alla scuola di ‎pensiero che vedeva la filosofia non come semplice strumento di conoscenza ma come forma di ‎lotta per la Libertà, fino all’ultimo sangue.‎



Arrestato e detenuto più volte dopo l’occupazione nazista, nel marzo del 1944 fu arrestato ancora ‎dalla polizia del regime collaborazionista di Vichy. I suoi amici riuscirono ad ottenerne la ‎liberazione ma Fondane non volle abbandonare la sorella Line al suo destino. Rinchiusi a Drancy, ‎furono poi deportati ad Auschwitz, dove Benjamin venne soppresso col gas nei primi giorni di ‎ottobre del 1944.‎

 ‎Olio su tela appartenente al ‎ciclo “Noi non siamo gli ultimi” realizzato tra il 1970 ed il 1976 dal pittore italo-sloveno Zoran Mušič sulla base degli schizzi da lui stesso segretamente disegnati durante la ‎detenzione nel campo di concentramento nazista di Dachau.‎
Olio su tela appartenente al ‎ciclo “Noi non siamo gli ultimi” realizzato tra il 1970 ed il 1976 dal pittore italo-sloveno Zoran Mušič sulla base degli schizzi da lui stesso segretamente disegnati durante la ‎detenzione nel campo di concentramento nazista di Dachau.‎
“Les dieux ont ordonné la mort
de ces hommes afin d’être sujets
de chants pour les générations à venir.”


Homère

ET VOILÀ!


PRÉFACE EN PROSE

C’est à vous que je parle, hommes des antipodes,
je parle d’homme à homme,
avec le peu en moi qui demeure de l’homme,
avec le peu de voix qui me reste au gosier,
mon sang est sur les routes, puisse-t-il, puisse-t-il
ne pas crier vengeance!
L’hallali est donné, les bêtes sont traquées,
laissez-moi vous parler avec ces mêmes mots
que nous eûmes en partage –
il reste peu d’intelligible!

Un jour viendra, c’est sûr, de la soif apaisée,
nous serons au-delà du souvenir, la mort
aura parachevé les travaux de la haine,
je serai un bouquet d’orties sous vos pieds,
‎– alors, eh bien, sachez que j’avais un visage
comme vous. Une bouche qui priait, comme vous.

Quand une poussière entrait, ou bien un songe,
dans l’œil, cet œil pleurait un peu de sel. Et quand
une épine mauvaise égratignait ma peau,
il y coulait un sang aussi rouge que le vôtre!
Certes, tout comme vous j’étais cruel, j’avais soif
de tendresse, de puissance,
d’or, de plaisir et de douleur.
Tout comme vous j’étais méchant et angoissé
solide dans la paix, ivre dans la victoire,
et titubant, hagard, à l’heure de l’échec!

Oui, j’ai été un homme comme les autres hommes,
nourri de pain, de rêve, de désespoir. Eh oui,
j’ai aimé, j’ai pleuré, j’ai haï, j’ai souffert,
j’ai acheté des fleurs et je n’ai pas toujours
payé mon terme. Le dimanche j’allais à la campagne
pêcher, sous l’œil de Dieu, des poissons irréels,
je me baignais dans la rivière
qui chantait dans les joncs et je mangeais des frites
le soir. Après, après, je rentrais me coucher
fatigué, le cœur las et plein de solitude,
plein de pitié pour moi,
plein de pitié pour l’homme,
cherchant, cherchant en vain sur un ventre de femme
cette paix impossible que nous avions perdue
naguère, dans un grand verger ou fleurissait
au centre, l’arbre de la vie…

J’ai lu comme vous tous les journaux tous les bouquins,
et je n’ai rien compris au monde
et je n’ai rien compris à l’homme,
bien qu’il me soit souvent arrivé d’affirmer le contraire.
Et quand la mort, la mort est venue, peut-être
ai-je prétendu savoir ce qu’elle était mais vrai,
je puis vous le dire à cette heure,
elle est entrée toute en mes yeux étonnés,
étonnés de si peu comprendre –
avez-vous mieux compris que moi?

Et pourtant, non!
je n’étais pas un homme comme vous.
Vous n’êtes pas nés sur les routes,
personne n’a jeté à l’égout vos petits
comme des chats encore sans yeux,
vous n’avez pas erré de cité en cité
traqués par les polices,
vous n’avez pas connu les désastres à l’aube,
les wagons de bestiaux
et le sanglot amer de l’humiliation,
accusés d’un délit que vous n’avez pas fait,
d’un meurtre dont il manque encore le cadavre,
changeant de nom et de visage,
pour ne pas emporter un nom qu’on a hué
un visage qui avait servi à tout le monde
de crachoir!

Un jour viendra, sans doute, quand le poème lu
se trouvera devant vos yeux. Il ne demande
rien! Oubliez-le, oubliez-le! Ce n’est
qu’un cri, qu’on ne peut pas mettre dans un poème
parfait, avais-je donc le temps de le finir?
Mais quand vous foulerez ce bouquet d’orties
qui avait été moi, dans un autre siècle,
en une histoire qui vous sera périmée,
souvenez-vous seulement que j’étais innocent
et que, tout comme vous, mortels de ce jour-là,
j’avais eu, moi aussi, un visage marqué
par la colère, par la pitié et la joie,

un visage d’homme, tout simplement!‎

envoyé par Bernart - 19/6/2013 - 13:53



Langue: italien

Traduzione italiana dal blog Buchi nella ‎sabbia
“Gli dei hanno ordinato la morte
di questi uomini per essere soggetti
di canti per le generazioni a venire.”


Omero

E VOILÀ!


PREFAZIONE IN PROSA (estratto da “L'esodo - Super flumina Babylonis”)

È a voi che parlo, uomini degli antipodi,
parlo da uomo a uomo,
con il poco che mi rimane di umano,
con il poco di voce che mi resta in gola,
il mio sangue è sulle strade: possa, possa
non gridare vendetta!
L’hallali è dato, le bestie sono braccate,
lasciate che vi parli con quelle stesse parole
che ci trovammo a condividere –
resta così poco di comprensibile!

Verrà un giorno, chiaramente, in cui la sete sarà placata,
e noi saremo al di là del ricordo, e la morte
avrà ultimato i lavori dell'odio,
e io sarò un mazzo di ortiche sotto i vostri piedi,
‎– ebbene, allora sappiate che avevo un volto
come voi. Una bocca che pregava, come voi.

Quando un granello di polvere, oppure un sogno,
mi entrava nell'occhio, quest'occhio piangeva un po' di sale. E quando
una spina fastidiosa mi graffiava la pelle,
ne usciva un sangue rosso proprio come il vostro!
Certo, proprio come voi ero crudele, avevo sete
di tenerezza, di potenza,
d'oro, di piacere e di dolore.
Proprio come voi ero cattivo e pieno d'angoscia
sicuro nella pace, inebriato nella vittoria,
e titubante, scosso nell'ora della sconfitta!

Sì, sono stato un uomo come gli altri uomini,
nutrito di pane, di sogno, di disperazione. Eh, sì,
ho amato, ho pianto, ho odiato, ho sofferto,
ho comprato dei fiori e non ho sempre
pagato ciò che dovevo. La domenica andavo in campagna
a pescare, sotto lo sguardo di Dio, dei pesci irreali,
mi immergevo nel fiume
che cantava nei giunchi e mangiavo patatine fritte
di sera. Dopo, dopo tornavo a casa a dormire
stanco, col cuore stremato e pieno di solitudine,
colmo di pietà per me stesso,
colmo di pietà per l'uomo,
cercando, cercando invano in un grembo femminile
quella pace impossibile che avevamo appena
perso, in un grande frutteto al cui centro
fioriva l'albero della vita…

Ho letto come voi tutti i giornali, tutti i libri,
e non ho capito niente del mondo
niente dell'uomo,
per quanto mi sia capitato spesso di sostenere il contrario.
E quando la morte, la morte è arrivata, forse
ho fatto finta di sapere cos'era ma ora
vi posso davvero dire
che mi è entrata negli occhi stupiti,
stupiti di capire così poco –
magari voi avete capito meglio di me?

Eppure, no!
non ero un uomo come voi.
Voi non siete nati sulle strade,
nessuno vi ha gettato nella fogna i vostri piccoli
come gatti ancora senz'occhi,
voi non avete errato di città in città
braccati dalla polizia,
voi non avete conosciuto i disastri all'alba,
i vagoni bestiame
e il singhiozzo amaro dell'umiliazione,
accusati di un delitto che non avete commesso,
di un assassinio in assenza di un cadavere,
cambiando nome e volto,
per non portar con sé un nome deriso
un volto usato da tutti
come una sputacchiera!

Verrà un giorno, senza dubbio, in cui queste righe
saranno davanti ai vostri occhi. Questa poesia non domanda
nulla! Dimenticatela, dimenticatela! È solo
un grido che non si può mettere in una poesia
perfetta, mica avevo il tempo di finirla!
Ma quando calpesterete questo mazzo di ortiche
che ero stato io, in un altro secolo,
in una storia per voi ormai trapassata,
ricordatevi solo questo: ero innocente
e, proprio come voi, mortali in quel giorno
avevo avuto anch'io un volto segnato
dalla rabbia, dalla pietà e dalla gioia,

un volto d'uomo, semplicemente!‎

envoyé par Bernart - 19/6/2013 - 13:54




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