Conozco un mar horrible y tenebroso
donde los barcos del placer no llegan
sólo una nave va, sin rumbo fijo,
es una nave misteriosa y negra.
¿Quiénes van ahí, que barco es ese,
sin piloto, sin brújula y sin vela?
Pregunte una vez y el mar me dijo:
son los desheredados de la tierra,
son los hermanos que sin pan ni abrigo
Van a morir entre mis ondas negras.
¡Dios mío!, grité. ¡Qué tristeza
es penar y vivir en la miseria!
¡Yo soy pobre también, echadme al barco!
¡Quiero morir entre las ondas negras!
donde los barcos del placer no llegan
sólo una nave va, sin rumbo fijo,
es una nave misteriosa y negra.
¿Quiénes van ahí, que barco es ese,
sin piloto, sin brújula y sin vela?
Pregunte una vez y el mar me dijo:
son los desheredados de la tierra,
son los hermanos que sin pan ni abrigo
Van a morir entre mis ondas negras.
¡Dios mío!, grité. ¡Qué tristeza
es penar y vivir en la miseria!
¡Yo soy pobre también, echadme al barco!
¡Quiero morir entre las ondas negras!
Contributed by Bernart - 2013/5/10 - 09:49
Language: Italian
Traduzione italiana Meri Lao da “Basta: storia rivoluzionaria dell'America Latina attraverso la canzone”, con alcuni interventi di Bernart .
MAMMINA UNITED
Conosco un mare orribile e tenebroso
dove non arrivano le barche del piacere;
soltanto una nave va, senza una direzione precisa,
è una nave misteriosa e nera.
“Chi c’è lì? Che barca è quella
senza pilota, né bussola, né vela?”
chiesi una volta e il mare mi disse:
“Sono i diseredati della terra,
sono i tuoi fratelli che senza pane né riparo
vengono a morire tra le mie onde nere.”
“Dio mio!”, gridai. “Che tristezza
soffrire e vivere nella miseria!
Anch'io sono povero, gettatemi nella barca
voglio morire tra le onde nere!”
Conosco un mare orribile e tenebroso
dove non arrivano le barche del piacere;
soltanto una nave va, senza una direzione precisa,
è una nave misteriosa e nera.
“Chi c’è lì? Che barca è quella
senza pilota, né bussola, né vela?”
chiesi una volta e il mare mi disse:
“Sono i diseredati della terra,
sono i tuoi fratelli che senza pane né riparo
vengono a morire tra le mie onde nere.”
“Dio mio!”, gridai. “Che tristezza
soffrire e vivere nella miseria!
Anch'io sono povero, gettatemi nella barca
voglio morire tra le onde nere!”
Contributed by Bernart - 2013/5/10 - 11:05
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Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
“Mamita Yunai” è la compagnia multinazionale nordamericana United Fruit Company, una “mammina” piuttosto feroce che tra la fine dell’800 ed il 1970, e poi in seguito con il marchio Chiquita, ha fatto il bello e i cattivo tempo in Costa Rica e in ogni angolo del Centro America, il “cortile di casa” o, meglio, l’“orto di casa” degli USA.
L’imprenditore statunitense Minor Keith si stabilì in Costa Rica nel 1871 e fondò la UFC nel 1899.
Il sistema era semplice: la UFC comprava a prezzi stracciati grandi estensioni di terreni fertili, li trasformava in piantagioni di frutta, soprattutto banani, realizzava e gestiva tutte le infrastrutture stradali e ferroviarie per consentire il trasporto della produzione al nord, “incoraggiava” i piccoli proprietari a vendere le loro terre e a diventare contadini dipendenti della multinazionale. Così facendo la UFC esercitò per decenni il monopolio totale sulla produzione di banane, imponendone il prezzo sui mercati, impedendo il sorgere di competitori e piegando governi e regimi locali ai propri desiderata. Naturalmente, dettando legge (nel vero senso dell’espressione, che i governi centroamericani legiferavano quasi solo ad uso e consumo del grosso parassita), la UFC imponeva salari bassissimi e condizioni di lavoro devastanti e impediva la costituzione di organizzazioni sindacali. Quando i braccianti protestavano, il dirigente locale della UFC prendeva il telefono e chiamava il governatore della provincia, il quale mandava la polizia o l’esercito a sedare il malcontento, come nel 1928 in Colombia quando durante il cosiddetto “Masacre de las Bananeras” furono oltre 300 i peones trucidati.
Nel 1954 in Guatemala il presidente Arbenz, che intendeva nazionalizzare le grandi proprietà e infastidiva la UFC, fu deposto da un golpe militare e da lì cominciarono oltre 40 anni di guerra civile che lasciarono sul terreno 200.000 guatemaltechi, in maggioranza civili inermi, in maggioranza indigeni…
A Cuba la UFC controllava la produzione di zucchero ma fu buttata a mare nel 1959 dopo la rivoluzione castrista… E infatti fu la stessa UFC a finanziare in parte l’invasione della Baia dei Porci del 1961, il maldestro tentativo statunitense di strappare di nuovo l’isola ai rivoluzionari…
Nel 1970 la UFC si trasformò nella Chiquita Brands International ma non ebbe più l’influenza, anzi, la totale padronanza del Centro America che aveva avuto nella prima metà del 900… Ciò nonostante, i vecchi metodi non furono mai abbandonati, tant’è che solo qualche anno fa la compagnia ha subìto un processo negli USA con l’imputazione di aver finanziato i gruppi paramilitari colombiani che negli anni 80 e 90 hanno fatto strage di sindacalisti e contadini.
La canzone che segue è intonata dai “limeros”, i braccianti protagonisti del racconto di Carlos Luis Fallas, in morte di uno di loro, Calero, travolto dalla caduta di un grosso banano in quel “mare orribile e tenebroso”, tutto verde, che è la piantagione … Il racconto è in parte autobiografico, che lo stesso Carlos Luis Fallas, prima di diventare un dirigente del Partido Comunista Costarricense, fu bracciante per la UFC e conosceva e, quindi, sapeva descrivere bene le condizioni miserabili in cui vivevano i lavoratori della multinazionale…