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Siria a piedi nudi

Domenico Cuccarese
Langue: italien


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(2013)

Un brano denuncia che le case discografiche non sponsorizzaranno mai
Voce: Sara Provitali di Latina

Il minareto di Aleppo ridotto in macerie
Il minareto di Aleppo ridotto in macerie
Corri verso le colline della Siria senza più spari nella mente
resti lì impietrita nell'indifferenza della gente d'oltre mare che non parla

Siria resta a piedi nudi su quei prati dove quell'erba mai nascerà
un ricordo dentro l'animo riaffiora forse ti consola ecco quei cannoni.

Siria è il tuo nome e sei lì in mezzo alla gente che non ha più niente neanche voglia di sognare

Corri verso le colline della Siria piu' spari nella mente
resti lì impietrita nell'indifferenza della gente d'oltre mare che non parla.

Siria resta a piedi nudi su quei prati dove quell'erba mai nascerà
un ricordo dentro l'animo riaffiora forse ti consola ecco quei cannoni.

Siria che innalza la bandiera bianca libertà delusa
scontri nella notte di frontiera
Siria danza a piedi nudi su questa mia terra che brucia le speranze
tutta di color arancio lei che danza con questa girlanda in fiore
balli a piedi nudi per la pace balli a piedi nudi per la vita.

Siria è stanca dell'indifferenza che c'è qui.

Uomo che non hai scrupoli non cancellerai mai più questo sangue fra le tue dita
uomo che non hai scrupoli non cancellerai mai più questo sangue fra le tue dita.

envoyé par Domenico Cuccarese - 27/4/2013 - 21:32



Langue: anglais

Versione inglese
SYRIA BAREFOOT

You run to the hills of Syria with no more shots in your mind
you stay there, stunned among the indifference of mute overseas people

Syria stays barefoot on those fields where no grass will ever grow
a memory comes to your mind, perhaps it's of some comfort, here are those guns.

Syria is your name and you're there among the people with nothing left, not even the wish to dream
You run to the hills of Syria with no more shots in your mind
you stay there, stunned among the indifference of mute overseas people

Syria stays barefoot on those fields where no grass will ever grow
a memory comes to your mind, perhaps it's of some comfort, here are those guns.

Syria raising the white flag, freedom disappointed,
clashes in the borders night

Syria dances barefoot on this land of mine which burns hopes
she's all orange dancing with this garland in bloom
you dance barefoot for peace you dance barefoot for life.

Syria is tired of the indifference here.

unscrupulous man you won't wipe out this blood between your fingers anymore
unscrupulous man you won't wipe out this blood between your fingers anymore.

envoyé par domenico cuccarese - 27/4/2013 - 22:15


forse questo va...tanto cossidetta comunita' internazionale adesso ci mette in fila...perche' troppo annoiata....pezzo cosi' cosi'...ma i morti sono molto inquieti...per cosi' dire

krzyś - 21/2/2014 - 22:08


SIRIA: LO STATO ISLAMICO CONTRO LA POPOLAZIONE CIVILE
Gianni Sartori

Stando a quanto denuncia nel suo ultimo rapporto l’Osservatorio siriano dei Diritti umani (OSDH), lo Stato islamico (EI) ha - nuovamente - attaccato i raccoglitori di tartufi in una zona desertica a sud della provincia di Deir ez-Zor (controllata da Damasco). Le vittime accertate per ora sono 18 (tra cui quattro miliziani filogovernativi di Difa Watani). Almeno altre sedici persone sono rimaste ferite e ci si interroga sulla sorte di una cinquantina di desaparecidos. Nell’attacco di EI sono stati dati alle fiamme una dozzina di veicoli.


ALMENO 186 PERSONE UCCISE NEL SOLO 2024


Sempre stando ai dati forniti dall’OSDH dall’inizio dell’anno sono già morte almeno 186 persone (i casi accertati) sia per attacchi di EI, sia per le mine (un’eredità del periodo di occupazione da parte delle milizie jihadiste), in particolare nelle zone desertiche dove lavorano i raccoglitori dei tartufi del deserto siriano. Considerati tra i migliori a livello mondiale, vengono raccolti tra febbraio e aprile per essere venduti a prezzi elevati (anche 25 dollari al chilo). Una preziosa risorsa economica in un Paese sconvolta da oltre un decennio di guerra e colpito da una devastante crisi economica (salario medio mensile 18 dollari). E’ anche possibile che a tale risorsa siano interessate anche le milizie jihadiste per cui i raccoglitori di tartufi diventerebbero un loro obiettivo militare (allo scopo di terrorizzarli e tenerli alla larga dalle zone interessate).

Non mancano i precedenti. Nel febbraio 2024 l’esplosione di una mina (un lascito di EI) provocava la morte di altri 13 raccoglitori di tartufi nel deserto di Raqqa.

Invece l’anno scorso, verso la metà di aprile 2023, in due diversi attacchi jihadisti, 41 persone (tra cui almeno 24 civili) venivano massacrate dai tagliagole dello Stato islamico in Siria.

Ben 36 (sempre raccoglitori di tartufi) in un colpo solo nel deserto a est di Hama. Tra le vittime, 17 appartenevano a una milizia filogovernativa. Nell’altro episodio (sempre aprile 2023) sette pastori venivano ammazzati da EI nella regione di Deir ez-Zor. Inoltre, secondo l’agenzia Sana, le milizie islamiche abbattevano anche 250 pecore. Ovviamente a scopo intimidatorio.

In aggiunta, non lontano venivano rinvenuto i cadaveri in decomposizione di due civili.

Solo l’anno scorso sarebbero oltre 250 i raccoglitori di tartufi morti ammazzati a causa della violenza terrorista di EI. Vista la situazione, è facile prevedere che da qui a qualche mese, il numero delle persone uccise dai mercenari jihadisti raggiungerà - o forse supererà - quello dell’anno scorso.


Gianni Sartori

Gianni Sartori - 7/3/2024 - 13:28


NON PERMETTIAMO CHE IL ROJAVA SI TRASFORMI IN UN’ALTRA GAZA !

Berxwedan jiyan e (“la Resistenza è vita”)

Gianni Sartori

Non vorrei dirlo (magari porta sfiga), ma il timore c’è, si insinua.

Ossia che nel nord e nell’est della Siria si compia l’ennesimo genocidio (o una serie di efferati crimini di guerra, pulizia etnica…fate voi, muta il concetto, ma rimane la sostanza). Stavolta contro i curdi e le altre “minoranze” invise alla Turchia.

Andiamo con ordine.

Almeno una trentina di combattenti sono stati complessivamente uccisi nel corso dell’ultima (per ora) offensiva sostenuta dalla Turchia (con l’impiego di aerei e droni) di domenica 8 dicembre nella regione di Manbij.

Qualche giorno prima le bande filo-turche avevano già occupato l’enclave curda di Tal Rifaat, in contemporanea con la rapida avanzata su Damasco degli islamisti di Hayat Tahrir al-Sham (HTS, versione edulcorata di Jabhat al-Nusra)

Stando a quanto comunicava l’OSDH (Osservatorio siriano dei diritti dell’Uomo, provvisto di una rete informativa in loco) “fazioni pro-turche hanno occupato diversi quartierri di Manbij dopo violenti scontri con il Consiglio militare di Manbij”. Il Consiglio (MMC), ricordo, è affiliato alle FDS (Forze Democratiche Siriane).

I feroci scontri di domenica avrebbe provocato una decina di morti nei ranghi delle bande filo-turche e una ventina in quelle del Consiglio militare.

Come già riportato, la resistenza arabo-curda avrebbe inflitto “seri colpi” ai proxi di Ankara, sia a Manbij che nella vicina città di al-Bab.

Da parte dei filo-turchi invece si sostiene (su Telegram) di aver già ”preso il controllo della città di Manbij a est di Aleppo dopo feroci battaglie”.

Diffondendo video di miliziani apparentemente già all’interno della città e altri, forse datati, di presunti combattenti del MMC fatti prigionieri (fake news ?). In realtà finora i mercenari turco-jihadisti avrebbero conquistato soltanto il villaggio di Al-Arima (dove i russi avevano costruito una base militare) alle porte di Manbij.

Altre fonti riferiscono della defezione di alcuni ex membri del MMC (arabi) che avrebbero raggiunto le linee degli occupanti turchi. Si tratterebbe di due noti leader della brigata Jund al-Haramayn (“Brigata dei soldati delle due sante moschee”): Abd al-Rahman al-Banawi e Ibrahim al-Banawi (lo stesso che nel 2014, sconfitto dall’Isis, aveva trovato rifugio con i suoi presso le YPG a Kobane, quantomeno un ingrato).

Sia chiaro a tutti: se Manbij dovesse cadere nella mani delle bande jihadiste filo-turche, si aprirebbe la strada per Kobane, la città martire che aveva sconfitto Daesh (non a sproposito talvolta definita “incubo di Erdogan”).

Questa la situazione che definire “grave” è il minimo.

Quasi che si sia compiuto un passo indietro di 14 anni. Assad è scappato, ma per i curdi non cambia molto. Circondati, attaccati dalla Turchia e dai suoi ascari da nord e da ovest, mentre a Raqqa e a Deir ez-Zor le cellule di Daesh fuoriescono dalle fogne.

Quanto alla “coalizione internazionale” a trazione USA, osserva e lascia fare…

Invece gli islamisti ex (ex ?) al-Nusra, ex (ex ?) al-Qaida etc. e ora HTC, hanno già fatto sapere che non c’è posto per l’AADNES nella formazione di un nuovo governo siriano (quello teoricamante “inclusivo” e garante dei diritti di tutte le comunità etnico-religiose). Come c’era da aspettarsi visto da chi prendono ordini e finanziamenti.

Nella serata di domenica 8 dicembre, la Turchia ha fatto ampio uso dell’aviazione in appoggio a quelle che ormai i curdi definiscono semplicemente “le bande” (i mercenari filo-turchi).

Bombardando l’edificio dell’Amministrazione Autonoma nel centro di Manbij, mentre le formazioni jihadiste avanzavano – grazie al supporto aereo e ai veicoli blindati forniti dai turchi – in corrispondenza dell’entrata sud della città. La percezione, secondo alcuni amministarori locali, è quella di trovarsi in una “sistematica operazione speciale militare”, propedeutica all’attacco su larga scala al Rojava.

Manbij di fatto rimane l’unico territorio ancora amministrato dall’AADNES a ovest dell’Eufrate. Era stato liberato dall’Isis nel 2016 per mano delle FDS e si considera la prima area autogovernata nel nord e nell’est della Siria. Attualmente tra Manbij e le località circostanti qui convivono circa mezzo milione di persone (curdi, arabi, assiri, armeni e altre “minoranze”).

Sempre l’8 dicembre, un veicolo turco da combattimento senza equipaggio (UCAV) ha bombardato la zona in prossimità del ponte Qereqozaq che unice le due sonde dell’Eufrate nel sud di Kobanê.

Un inquietante segnale premonitore di quanto potrebbe presto accadere.

Ma intanto – come già segnalato – cogliendo il nuovo clima favorevole, anche l’Isis fuoriesce dalle fogne. A Raqqa i sostenitori di Daesh (o Isis che dir si voglia) hanno imbastito addirittura una manifestazione. Alimentando tra gli abitanti il timore di dover presto ancora assistere ai violenti attacchi (con veri e propri massacri di civili) degli anni passati. D’altra parte questo è ancora il minimo, visto che l’ormai spompata “coalizione internazionale” (sorta per contrastare l’Isis) appare cieca e indifferente di fronte al fatto che la Turchia continua impunemente a colpire i curdi, prima linea nel contrasto ai fanatici islamisti.

La sconfitta eventuale dei curdi rappresenterebbe anche la sconfitta di tutti quei principi di democrazia, diritti, giustizia, libertà, coesistenza pacifica…( talvolta sbandierati magari a vanvera dai paesi democratici) di cui il Conferalismo democratico si è fatto carico in Medio oriente. L’alternativa è quella già sperimentata di ripiombare in una guerra di “tutti contro tutti”.

Del resto questo potrebbe essere l’obiettivo della Turchia (e non solo): seminare il caos, approfittare dell’incerta e disordinata situazione (a cui ha ampiamente contribuito) sabotando la ricostruzione di “un’altra Siria possibile”. Pacifica, democratica, inclusiva, rispettosa dei diritti di ogni sua componente. Dove “l’aspro rumore delle armi ceda il posto al dialogo”. Un progetto irrealizzabile senza l’attiva partecipazione dei curdi.

Come ha ribadito il CDK-F (Consiglio democratico curdo in Francia ) “l’esclusione dei curdi dai negoziati e dalle discussioni politiche rappresenterebbe un errore storico”.

Diverso, diametralmente, il punto di vista di Ankara.

Per Erdogan il rovesciamento del suo personale nemico Bachar al-Assad porta al rafforzamento del peso specifico, dell’influenza della Turchia che risulta il vero vincitore di questa rapida operazione bellica. E non solamente a livello regionale, ma per – esempio – anche nei confronti di Mosca.

Oltretutto è l’occasione per rimandare in Siria qualche milione di rifugiati (circa tre), magari insediandoli nei territori attualmente controllati dai curdi. Un piano di “sostituzione etnica” in parte già sperimentato, invasione dopo invasione, da Ankara negli ultimi anni.

Senza dimenticare l’altro invadente soggetto perennemente attivo nell’area, Israele che non è certo rimasta a guardare. Superando il confine nella zona delle Alture del Golan (occupate illegalmente dal 1967) con l’obiettivo di tornare alla linea del 1974. Occupando tutto il governatorato di Quneitra (quello della famosa “città fantasma”) ora lasciato sguarnito dall’esercito siriano allo sbando.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 9/12/2024 - 08:09


SIRIA - PARZIALE AGGIORNAMENTO 16 DICEMBRE








Gianni Sartori








Nonostante lo sbandierato cessate-il-fuoco mediato dalla Coalizione internazionale (sostanzialmente dagli USA) tra FDS e compagine turco-jihadista (v. SNA), il 15 deicembre l'esercito turco ha bombardato la centrale elettrica di Til Temir (Cantone di Cizîr, nordest della Siria) lasciando l'intera zona senza elettricità.



Continua intanto la veglia sulla frontiera tra Nusaybin (provincia di Mardin, Turchia) e Qamishlo (nel distretto omonimo, in Siria).



Risposta pacifica alle brutali operazioni militari di Ankara e bande affiliate (SNA) contro il Rojava. Tra i manifestanti che chiedevano sia la fine della guerra contro i curdi che la liberazione di Ocalan, alcune “Madri per la Pace” (tra cui Gurbet Tekin), esponenti politici, familiari dei prigionieri politici. Lanciando slogan come “Bijî berxwedana Rojava“, ”Bedengî mirinê berxwedana jiyanê“, ”Rojava halkı yalnız değildir". Oltre a quello, immancabile e ormai storico “Jin Jiyan Azadî".



Evidentemente di diverso avviso le bande del cosiddetto Esercito Nazionale Siriano (SNA, proxy di Ankara) che in contemporanea bloccavano al ponte di Qereqozaq un convoglio formato da dieci autobus e sei ambulanze inviati per l'evacuazione umanitaria dei civili da Manbij (sempre nel quadro degli accordi di cessate-il-fuoco).



Nel frattempo l'opinione pubblica si interrogava se il nuovo potere insediato a Damasco introdurrà o meno l'obbligo del velo. Anche se non è il caso di fare dell'ironia (il valore simbolico delle norme non va sottovalutato), forse sarebbe il caso di occuparsi della liberazione delle donne ezide ancora segregate, imprigionate, schiavizzate (con o senza velo) a Idlib nella Siria nord-occidentale. Lì dove al-Jolani governava fino a pochi giorni fa. Oltre naturalmente della incombente, possibile pulizia etnica pianificata da Ankara in Rojava.



Tra amenità sul nuovo look di al-Jolani (in effetti ricorda il giovane Fidel Castro, sarà un caso ?) e nuove occupazioni israeliane nel Golan, c'è anche chi si interroga, mette in guardia sulla concreta possibilità di una ripresa generalizata degli scontri armati su tutto il territorio siriano (e non solo nel nord-est dove non si sono mai spenti).



POSSIBILE RIPRESA DELLA GUERRA CIVILE SU LARGA SCALA E TIMORI PER LE “MINORANZE”



E' quanto paventa una ONG siriaca (European Syriac Union, fondata nel 2004) analizzando la situazione politico-militare (definita “molto critica”) creatasi nella Siria del dopo-Assad. Invitando la comunità internazionale a “esercitare una pressione sui gruppi salafiti impedendo una nuova ondata migratoria e la ripresa della guerra civile”. Constatando che la vittoria dei gruppi jihadisti è il risultato “sia del vuoto di potere che degli errori dell'opposizione”, esprime il fondato timore che la Siria potrebbe semplicemente “regredire di oltre 50 anni”.



Parlando anche pro domo sua, l'Ong denuncia i rischi che corre non solo la comunità siriaca (in quanto cristiana), ma anche quelle di curdi, ezidi, drusi e musulmani laici. Senza dimenticare la più esposta, quella delle donne. Auspicando la costituzione di un “governo inclusivo” che possa soddisfare le esigenze di tutta la composita, multietnica società siriana.








E la Russia cosa fa?



Non è chiaro al momento. Stando a quanto diffuso da un sito curdo (Lekolin org), Mosca avrebbe assunto un ruolo ambiguo. Quello del “guasta-feste”, in sintonia con l'alleato-concorrente di Ankara. Con cui avrebbe concordato azioni congiunte nelle riunioni tenute alla base aereo-spaziale di Khmeimim (dove entrambe addestrano le proprie truppe).



Allo scopo di impedire un possibile avvicinamento, un riconoscimento reciproco tra l'AADNES e il nuovo governo di Damasco.



In un comunicato Lekolin org sostiene che a Khmeimim “Russia e Turchia hanno creato una camera di riunioni dell'intelligence comune. I servizi segreti turchi (MIT) condividono tutte le informazioni su HTS in loro possesso con la Russia, mentre la Russia in cambio condivide con la Turchia le sue informazioni sull'Amministrazione autonoma del nord e dell'est della Siria e sulle FDS”.



Ovviamente alla Turchia interessavano e interessano soprattutto notizie in merito alla dislocazione delle forze FDS a Manbij, Kobanê, Raqqa et Deir ez-Zor (in vista dell'assalto finale al Rojava).



Fornendo in cambio a Mosca informazioni sulle strutture di HDS a Idlib e Aleppo.



Inoltre Ankara avrebbe chiesto a Mosca di riesumare le “cellule dormienti” del regime Baas e – grazie all'addestramento dei servizi segreti russi – rimetterle in campo per alimentare le ostilità tra tribù arabe e curde nelle regioni di Hassakê e Raqqa. Vedi i recenti disordini a Raqqa del 12 dicembre quando uomini armati hanno aperto il fuoco tra la folla in piazza al-Naim (anche se non si esclude l'intervento di altre “cellule dormienti” finora relegate nel deserto e ora risvegliate per l'occasione, quelle dell'Isis).



Un ottimo pretesto per giustificare l'invasione del Rojava direttamente da parte della Turchia. Tra l'altro in questi giorni viene confermata la presenza alla frontiera con Kobanê di centinaia di altri mercenari (ex membri di Daesh guidati da Abu Fetih e addestrati per un anno in Turchia). Presumibilmente con il compito di infiltrarsi nella regione di Kobanê, Raqqa et Deir ez-Zor per operare contro le FDS. Come ha più voltr denunciato il comandante delle SDF Mazloum Abdi.










SEGNALI DI APERTURA DA PARTE DI AL-JOLANI ?








Volendo poi a tutti i costi essere anche un po' ottimisti, (vedere il “bicchiere mezzo pieno”) andrebbero riportate le ultime dichiarazioni di Abu Muhammad al Jolani (in un video diffuso da Sky News Arabia) sui curdi, i quali farebbero “parte della patria”.



Per il capo finora indiscusso di Hayat Tahrir al Sham nella Siria di domani a tutti sarà consentito “vivere insieme secondo la legge”. Ha inoltre riconosciuto che “la popolazione curda è stata sottoposta a grandi ingiustizie”.



Per cui “se Dio vuole, nella prossima Siria, i curdi saranno fondamentali. Vivremo insieme e tutti otterranno i loro diritti per legge. Non ci saranno più ingiustizie contro il popolo curdo”. Inoltre “cercheremo di riportare i curdi, parte integrante del tessuto sociale siriano, nelle loro zone e nei loro villaggi”.



Per rassicurare il suo sponsor turco, ha poi insistito su quella che a suo avviso sarebbe una “grande differenza tra la comunità curda in Siria e il Partito dei lavoratori del Kurdistan”.



Quanto al futuro politico complessivo della Siria, per il leader di Hts “la forma dell’autorità sarà lasciata alle decisioni di esperti, giuristi e del popolo siriano”.



“In Siria – aveva proseguito “saranno organizzate elezioni libere ed eque. Lavoriamo per formare comitati specializzati per riesaminare la costituzione, in modo da garantire giustizia e trasparenza”.



In vista di una “soluzione globale per tutte le fazioni armate e nessuna arma sarà consentita al di fuori del quadro dell’autorità dello Stato siriano. Questo approccio riflette il nostro impegno a ripristinare la stabilità e ad estendere la sovranità dello Stato sull’intero territorio”. Che poi ci sia da fidarsi, questo è un altro paio di maniche.



Per concludere, sarebbe in gran parte completata l'entrata in Iraq attraverso il valico di frontiera di al-Qaim di centinaia di soldati siriani in fuga. Avvenuta con il consenso delle autorità irachene e con la collaborazione delle FDS.



Gianni Sartori

Gianni Sartori - 16/12/2024 - 09:13




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