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El Clinudo

Los Olimareños
Langue: espagnol


Los Olimareños

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‎[1965?]‎
Parole e musica di Víctor Lima (1921-1969), poeta e musicista uruguayano.‎
Nell’album “De cojinillo” del 1965.‎
Testo trovato su Cancioneros.com

Víctor Lima]
De cojinillo

Alejandro Rodríguez detto “El Clinudo”, “Il cappellone”, è stato una singolare figura di “matrero” ‎‎(bandolero, fuorilegge) uruguayano che visse nella seconda metà dell’800 nel dipartimento di ‎Treinta y Tres. Singolare perché il gaucho in questione portava i capelli lunghi ed era un virtuoso ‎della chitarra, un “payador” (cantastorie) assai apprezzato in feste e balli. Divenne fuorilegge quasi ‎certamente per un qualche omicidio “d’onore”, legato ad una donna, e poi - come spesso accadeva - ‎gli furono attribuiti delitti che probabilmente non commise. ‎
Bisogna anche dire che quelli erano tempi molto violenti in Uruguay, dominati da guerre e ‎sollevazioni sanguinose, come la guerra della Triple Alianza (1864-70) e la Revolución de las ‎Lanzas (1870-72). ‎
Pare che ad un certo punto El Clinudo fu arrestato e buttato in carcere. Lì gli furono tagliati i lunghi ‎capelli e gli fu impedito di suonare e di cantare… Il gaucho aveva perso tutto ciò che amava: gli ‎spazi liberi, la chitarra, le donne, le feste e la folta criniera di cui andava fiero. In una parola, perse ‎la libertà. E non riuscì più a recuperarla: si suicidò qualche giorno dopo la scarcerazione.‎
Un destino in qualche modo simile a quello dell’autore di questa canzone, Víctor Lima, che fu ‎cantante di strada su e giù per il suo paese e che si suicidò nel 1969 gettandosi nel fiume Uruguay.‎

‎ El Clinudo‎
El Clinudo


Alla figura di questo bandolero dedicò una novella (“El Clinudo: un gaucho alzao”, 1955) il padre ‎di Daniel Viglietti, Cédar Viglietti, a sua volta musicista, chitarrista, nonché investigatore ‎del folklore urugayo e scrittore.‎

Il Martín Fierro citato nella canzone è il personaggio protagonista del romanzo scritto nel 1872 ‎dall’argentino José Hernández, capolavoro della letteratura “gauchesca”.‎
Al modo de Martín Fierro,
aquel que no tuvo igual,
voy a cantar opinando
como él gustaba cantar.

Un gran cantor ya lo dijo
con sabio acento profundo:
‎«La esclavitud de los hombres
es la gran pena del mundo».


Galopando a campo abierto
montao en pelo y en redomón,
avanza un gaucho clinudo,
la frente al viento y el corazón.

Le viene volando el pelo
y el pelerío de sien a sien.
Yo ya me lo vengo viendo
que es de los míos, qué bien, qué bien.

Al modo de Martín Fierro,
voy a seguir opinando,
que la vida ya no deja
cantar por andar cantando.

La esclavitud es una clina
que si más la azota el viento
más con furia se revuelve
pariendo clinudos fieros.


Mirando al gaucho clinudo
bien a los ojos, se puede ver
que no tiene rebeldía
solo en el pelo, qué bien, qué bien.

El viento que lo golpea
se lambe por ser un ventarrón,
que despeinar un clinudo
no es changa, ni viniendo de a dos.‎

envoyé par Bernart - 23/4/2013 - 11:28




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