¿Es destino de los hombres perecer?
¿Es el sino de los pueblos olvidar?
¿Es designio de la carne corromper?
¿Es camino de las almas retornar?
¿Es destino de los buenos insistir?
¿Es el sino de los malos no cambiar?
¿Es designio de los fuertes conquistar?
¿Es camino de los justos condenar?
Lola, la tierra está tan fría,
los fuegos se apagaron.
Cuatro cielos que no brillan.
Lola, la luna está tan roja,
una mujer sedienta y fugitiva que nos mira
¿Es destino de la muerte no perder?
¿Es el sino de la herida no cerrar?
¿Es designio de la historia repetir?
¿Es camino de la vida continuar?
¿Es destino de los pobres perdonar?
¿Es el sino de los sueños no ser más?
¿Es designio de nosotros no saber?
Es camino de tu canto iluminar.
Lola, la tierra está tan fría,
los fuegos se apagaron.
Cuatro cielos que no brillan.
Lola, la luna está tan roja,
una mujer sedienta y fugitiva que nos mira
Y sin embargo el sol,
el sol quiere volver para escuchar tu canto cada amanecer.
Yóroheu, yóroheu, yóroheu (*)…
¿Es el sino de los pueblos olvidar?
¿Es designio de la carne corromper?
¿Es camino de las almas retornar?
¿Es destino de los buenos insistir?
¿Es el sino de los malos no cambiar?
¿Es designio de los fuertes conquistar?
¿Es camino de los justos condenar?
Lola, la tierra está tan fría,
los fuegos se apagaron.
Cuatro cielos que no brillan.
Lola, la luna está tan roja,
una mujer sedienta y fugitiva que nos mira
¿Es destino de la muerte no perder?
¿Es el sino de la herida no cerrar?
¿Es designio de la historia repetir?
¿Es camino de la vida continuar?
¿Es destino de los pobres perdonar?
¿Es el sino de los sueños no ser más?
¿Es designio de nosotros no saber?
Es camino de tu canto iluminar.
Lola, la tierra está tan fría,
los fuegos se apagaron.
Cuatro cielos que no brillan.
Lola, la luna está tan roja,
una mujer sedienta y fugitiva que nos mira
Y sin embargo el sol,
el sol quiere volver para escuchar tu canto cada amanecer.
Yóroheu, yóroheu, yóroheu (*)…
envoyé par Bernart - 4/4/2013 - 14:48
Nota: “yóroheu”, parola di origine selk’nam / ona (la lingua era di ceppo chon) che significa “amanecer”, “alba”. Alla fine del brano può ascoltarsi proprio la voce della sciamana selk’nam Lola Kiepja pronunciare la parola in uno dei canti, quasi un mantra, raccolti da Anne Chapman nei primi anni 60.
Quei canti fanno oggi parte di due dischi editi dalla Folkways, “Selk'nam (Ona) Chants of Tierra del Fuego, Argentina” (1972) e “Selk'nam Chants of Tierra del Fuego, Argentina, Vol. 2” (1977)
Quei canti fanno oggi parte di due dischi editi dalla Folkways, “Selk'nam (Ona) Chants of Tierra del Fuego, Argentina” (1972) e “Selk'nam Chants of Tierra del Fuego, Argentina, Vol. 2” (1977)
Bernart - 4/4/2013 - 14:48
“Fin de un mundo: los selknam de Tierra del Fuego”, liberamente scaricabile, integrale in spagnolo, la celebre opera dell’antropologa franco-statunitense Anne Chapman.
Bernart - 4/4/2013 - 15:29
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Parole di Cecilia Gauna
Musica di Cecilia Gauna, Mariano Agustín Fernández e Juan Pablo Ferreyra
Dall’abum “Aliento”
Un disco questo interamente dedicato ai popoli nativi argentini, in gran parte sterminati tra la fine dell’800 e l’inizio del secolo successivo.
Il volto di Lola Kiepja sulla copertina di un disco della Folkways contenente le registrazioni dei suoi canti raccolte dall’antropologa franco-statunitense Anne Chapman (1922-2010).
I Selk’nam (chiamati anche Onas, nella lingua yagán dei nativi tehuelches) erano un popolo nomade di cacciatori-raccoglitori che abitava la Isla Grande della Terra del Fuoco, a sud dello Stretto di Magellano.
I primi contatti con gli occidentali risalgono proprio alla spedizione di Magellano del 1520, ma in seguito furono molto sporadici. Però a partire dagli ultimi decenni dell’800 anche quelle terre inospitali cominciarono a fare gola ai bianchi i quali, fattasi al solito aprire la strada con la croce (missionari salesiani, in questo caso), si fecero poi largo non più a fil di spada, come i loro predecessori, ma direttamente coi Winchester a ripetizione usati con successo sui nativi da punta a punta, dalla Terra del Fuoco fino all’Alaska.
I Selk’nam non erano molti (4-5.000 individui stimati intorno al 1880) ma erano alti, forti, abili nel tiro con l’arco.
Nel 1881 il governo cileno rilasciò le prime concessioni per l’allevamento e lo sfruttamento minerario (oro).
Tra croci, fucili e malattie non ci volle molto ad annientare i poveri Selk’nam.
La febbre dell’oro portò in Isla Grande molti avventurieri privi di scrupoli, benedetti dai missionari (anche se non da tutti, qualcuno provò ad opporsi ma senza esito) e dal governo.
I Selk’nam provarono a difendersi e ciò diede il via al loro massacro sistematico.
Particolarmente attivo fu in questo senso l’ingegnere di origine rumena Julio Popper. Viaggiatore, esploratore, avventuriero, Popper giunse in Patagonia nel 1887 con le carte di concessione per lo sfruttamento di un giacimento aurifero ma, messo su un piccolo esercito di mercenari, preferì dedicarsi fin da subito alla caccia all’indigeno e alla collezione dei manufatti sottratti alle sue vittime. Fu lui stesso a documentare fotograficamente le sue “imprese”, facendone un album che regalò al presidente argentino Celman (che ringraziò commosso):
A caccia di Selk’nam
Sono foto agghiaccianti che me ne hanno ricordate altre, tipo questa:
E Popper – il quale, tra parentesi, era di fede ebraica - non fu il solo a dedicarsi quasi a tempo pieno a massacri e razzie. I metodi furono dai più classici ai più diabolici: in uno dei primi episodi, presso la Playa de Springhill, in un anno imprecisato della prima decade del 900, i coloni imbottirono di veleno un cetaceo spiaggiato o forse ucciso per l’occasione. I Selk’nam, ghiotti della carne di balena, banchettarono: ne morirono oltre 500. In un’altra occasione, un avventuriero di nome Maclennan invitò una tribù ad una festa per siglare un accordo di pace, fece ubriacare tutti gli indigeni presenti e poi li fece fucilare dai suoi uomini: 300 morti…
Davvero non ci misero molto a far piazza pulita di qualche migliaio di nativi…
Alla fine, rimasti in poche centinaia (erano gli ultimi anni dell’800, la mattanza era iniziata solo 10/15 anni prima), i Selk’nam furono deportati in un campo presso una missione installata sull’isola di Dawson (la stessa dove alcuni decenni più tardi finì gran parte degli oppositori al regime di Pinochet) dove per le malattie contratte morirono in oltre 1.500…
Il genocidio era compiuto.
I selvaggi erano stati annientati.
La civiltà aveva ancora una volta trionfato.
(fonte: es.wikipedia)