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Atahualpa Yupanqui


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[1950]
Si veda qui per l'autoria della canzone
Véase aqui para los autores de la canción
See here for the song's autorship

vasija


Non sono riuscita a trovare l'autore di questo canto, che si può ascoltare nella versione del "Canzoniere Internazionale" nell'archivio "MP38" .

Parte da una famosa canzone composta nel 1950 da Gonzalo Benítez, Ecuadoriano, sullo stile della musica tradizionale andina. Il titolo è lo stesso, ma dopo la strofa iniziale si trasforma in una canzone di denuncia sociale e di rivolta.
Yo quiero que a mí me entierren
como a mis antepasados,
en el vientre oscuro y fresco
de una vasija de barro.

Cuando el pueblo se levante
por pan, libertad y tierra,
temblarán los poderosos
de la costa hasta la sierra.

Yo quiero que a mí me entierren
como revolucionario,
envuelto en bandera roja
y con mi fusil al lado.

Y cuando la vida se pierde
en la trinchera rebelde
no se pierden las ideas
que encendieron la jornada.

Yo quiero que a mí me entierren
como a mis antepasados
envuelto en bandera roja
y con mi fusil al lado.

Contributed by Maria Cristina Costantini - 2013/3/30 - 18:28



Language: Italian

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
31 marzo 2013
ORCIO DI TERRACOTTA

Io voglio essere sepolto
come i miei antenati,
dentro al ventre scuro e fresco
di un orcio di terracotta.

Quando il popolo insorgerà
per il pane, la libertà e la terra
tremeranno i potenti
dal mare fino alle montagne.

Io voglio essere sepolto
come rivoluzionario,
avvolto nella bandiera rossa
e col mio fucile accanto.

Quando la vita si perde
nella trincea ribelle,
non si perdono le idee
che hanno dato luce al giorno.

Io voglio essere sepolto
come i miei antenati,
avvolto nella bandiera rossa
e col mio fucile accanto.

2013/3/31 - 00:40


Il testo della canzone originale

Vasija de barro
(Gonzalo Benítez - Luis Alberto Valencia)

Yo quiero que a mí me entierren
como a mis antepasados
en el vientre oscuro y fresco
de una vasija de barro.

Cuando la vida se pierda
tras una cortina de años
vivirán a flor de tiempo
amores y desengaños.

Arcilla cocida y dura,
alma de verdes collados.
Barro y sangre de mis hombres,
sol de mis antepasados.

De tí nací y a tí vuelvo,
arcilla, vaso de barro.
Con mi muerte yazgo en tí,
en tu polvo enamorado.

Orcio di terracotta
(Traduzione italiana di Riccardo Venturi)

Io voglio essere sepolto
come i miei antenati,
dentro al ventre scuro e fresco
di un orcio di terracotta.

Quando la vita si perderà
dietro una cortina d'anni
vivranno a fior di tempo
amori e disinganni.

Argilla cotta e dura
anima di verdi colli.
Terracotta e sangue della mia gente,
sole dei miei antenati.

Da te nacqui e a te ritorno,
argilla, vaso di terracotta.
Con la mia morte in te giaccio,
nella tua polvere innamorata.

Maria Cristina - 2013/3/30 - 18:30


Ciao Maria Cristina,

bello il tuo contributo!
Partendo da uno spunto presente sulla pagina del sito di Atahualpa Yupanqui relativa alla canzone, ho approfondito la questione della paternità e sono arrivato ad una versione di “Vasija de Barro”pubblicata su Youtube da tal “jwr1947”.
L’esecuzione è degli anni 60, incisa in un disco di musica popolare intitolato “Voces y Cuerdas del Ecuador”.
Il contributore riporta le note contenute nel disco:

“El poema Vasija de Barro fue escrito en la noche del 7 de noviembre de 1950, durante una reunión en la casa del pintor Oswaldo Guayasamín por los poetas: Jorge Carrera Andrade, Hugo Alemán, Jaime Valencia, y Jorge Enrique Adoum . Cada uno en ese orden escribió una estrofa del poema. Posteriormente, Gonzalo Benítez, del dúo Benitez y Valencia lo musicalizó a ritmo de Danzante, ritmo precolombino ecuatoriano, en compás de 6/8."

La storia raccontata su YouTube

Jorge Carrera Andrade (1903-1978) e Jorge Enrique Adoum (1926-2009) sono stati entrambi uomini politici eecuadoriani, ma anche e soprattutto scrittori e poeti. (es.wikipedia)

La canzone potrebbe comunque benissimo essere attribuita al dúo Benitez-Valencia oppure al grande maestro Atahualpa Yupanqui. Altri interpreti celebri: Paco Ibáñez e Inti-Illimani

Bernart - 2013/3/30 - 21:08


Una versione è stata incisa anche dagli Inti-Illimani in "Canto de Pueblos Andinos vol. II":

Riccardo Venturi - 2013/3/30 - 23:45


Vista la complessità dell'autoria di questa canzone, che pure doveva essere tolta dagli "anonimi" perché anonima non è (come messo perfettamente in luce da Bernart), mi sembra uno dei (rari) casi in cui si debba ricorrere agli "Autori vari"; e come tale è stata attribuita.

Un ricordo personale: mi ricordo quando una volta me la cantai, dodici o tredicenne, su un autobus della linea 45 a Firenze (che allora faceva servizio per Vingone, periferia di Scandicci). Eravamo, su quel remoto autobus, io e l'autista e basta e mi chiese dove mai avessi "imparato lo spagnolo". Ma pensare un po' cosa sono andati a mettere sul sito stasera, la Vasija de barro. Mi avete strappato un ricordo e un sorriso, davvero. Grazie.

Riccardo Venturi - 2013/3/31 - 00:33


Ciao Riccardo, non è la prima volta che i nostri ricordi si incrociano, tipo con "La exiliada del sur". Manca solo che tu mi dica che in un agosto del 1980 (o era il 1981?) ti sei visto i film di Peter Watkins e possiamo tranquillamente parlare di telepatia.
E per Bernart: grazie a te per il tuo lavoro di scavo nel canto e nella cultura ispanoamericana che, se ancora non si fosse capito, sono la mia grande passione.

Maria Cristina - 2013/3/31 - 23:27


Forse sarà il caso di preoccuparci, allora, perché credo di aver visto "Punishment Park" proprio in quegli anni, ora non mi ricordo se fosse l'80/81 ma attorno a quegli anni sì. Poi ho visto anche il film sulla Comune di Parigi, ma molto tempo dopo...insomma, cara Maria Cristina, forse 'sta telepatia c'è sul serio. O, forse, è tutta questione di una data generazione, chissà...

Ma, curiosamente, ogni volta che ascolto non solo Vasija de barro, ma anche qualsiasi cosa dal "Canto de pueblos andinos II", mi vengono a mente le mie girate sugli autobus fiorentini da ragazzino. "Ojos azules" (ojos azules, no llores, no llores ni te enamores...) e le altre canzoni, e mi rivedo a esplorare tutta la rete ferrotranviaria fiorentina, da solo, percorrendo la città in ogni angolo come stessi esplorando una remota isola misteriosa.

Riccardo Venturi - 2013/3/31 - 23:38


Non ci credo! Ojos Azules era la mia preferita, me la canto anche ora, tra me e me perché non sono proprio intonata.
Quanto a Peter Watkins l'ho visto che avevo 16 anni, lo davano di pomeriggio, in lingua originale con i sottotitoli; ci sono inciampata per caso ed è stato come un battesimo del fuoco. Ricordo di aver pianto guardando "Evening land" quando la polizia attacca i manifestanti e non sai quanto ci ho ripensato nei giorni di Genova.
Dopo l'ho cercato ovunque - e non c'era internet! - ma nessuno sembrava conoscerlo, neppure un docente di storia del cinema a cui mi ero rivolta. Non credo che sia un fatto generazionale, sei appena la terza persona che ricorda quei film e, credimi, l'ho chiesto per anni a tutti quelli che conoscevo.

Maria Cristina - 2013/3/31 - 23:58




Ojos azules no llores,
no llores ni te enamores.
Llorarás cuando me vaya,
cuando remedio ya no haya.

Tú me juraste quererme,
quererme toda la vida.
No pasaron dos, tres días,
tú te alejas y me dejas.

En una copa de vino
quisiera tomar veneno,
veneno para matarme,
veneno para olvidarte.

Riccardo Venturi - 2013/4/1 - 17:58


Salve, un appunto, sia la versione originale che la traduzione in italiano sono errate. Se volete posso tradurre in lingua spagnola. Martin

Martin - 2018/6/28 - 18:43


Prego, Martín, e grazie in anticipo per il contributo!

CCG/AWS Staff - 2018/6/28 - 20:07




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