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Siam prigionieri

Anonymous
Language: Italian


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Siberia 1914 – 1918
Armonizzazione Renato Dionisi

coro SAT


“Lontanissimo”: questa indicazione, apposta in partitura da Renato Dionisi sulla parte melodica del basso, rende con estremo realismo la disperazione dei soldati trentini - arruolati nell’esercito austriaco - catturati sul fronte della Galizia e mandati in Siberia nei campi di prigionia. Durante la detenzione essi assimilarono melodie tipiche del folklore russo alle quali adattarono testi improvvisati. Le terribili condizioni di vita di quei prigionieri, a migliaia di chilometri da casa, trovano nella asciutta armonizzazione un’eco di assoluta drammaticità.
Siam prigionieri,
siam prigionieri di guèra
siam su l'ingrata tèra
del suolo Siberian.

Siam sui pajoni,
siam sui pajoni di legno,
de pulzi quasi un regno
e di piòci ancor.

Ma quando, ma quando
la pace si farà
ritorneremo contenti,
dove la mamma sta.

Chiusi in baraca
sul duro lèto di legno,
fuori tompèsta di fredo,
e noi cantiamo ancor.

Siam prigionieri,
siam prigionieri di guèra
senza ghevèra,
nel suolo Siberian.

Ma quando, ma quando
la pace si farà
ritorneremo contenti,
dove la mamma sta.

Contributed by DoNQuijote82 - 2013/3/14 - 10:50


Il Renato Dionisi indicato nell'introduzione è stato un importante compositore e docente di musica trentino, nato in Istria e morto a Verona (1910-2000). Tra i suoi allievi anche Franco Battiato.

Tra gli anni 40 e 70 il maestro Dionisi ha armonizzato parte del repertorio del coro della SAT (Società Alpinisti Tridentini) di Trento, dai cui programmi di sala è stata tratta l'introduzione proposta.

Bernart Bartleby - 2016/12/12 - 13:15



Language: Italian

Versione trovata sull'Archivio Provinciale della Tradizione Orale del MUCGT, Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina.

"Canto militare nato in prigionia fra militari trentini e giuliani che, costetti ad arruolarsi e a combattere nelle file dell'esercito austriaco, furono inviati sul fronte orientale, catturati dai russi in Galizia (a nord dei Carpazi) e inviati in Siberia". [da Canti della Grande guerra, di SavonaStraniero, 1981: 614-615].



"Il canto, nel Trentino, è famoso per molte ragioni. Dalla generazione dei padri è stato trasmesso a quella dei figli che in Russia tornarono a combattere e s'identificò talmente con la seconda situazione che finì per ignorarne le ragioni" [da Storie da quattro soldi: canzonieri popolari trentini, di Quinto Antonelli 1988: 351].
SIAM PRIGIONIERI

Siam prigionieri
siam prigionieri di guerra
là in quell'ingrata terra
là in quell'ingrata terra
siam prigionieri
siam prigionieri di guerra
là in quell'ingrata terra
del suolo Siberian

Chiusi in baracca
su un duro letto di legno
ove dei pulci è il regno
ove dei pulci è il regno
chiusi in baracca
su un duro letto di legno
ove dei pulci è il regno
e dei pidocchi ancor

E gratta e gratta
e non si può più dormire
la pelle è traforata
la pelle è traforata
e gratta e gratta
e non si può più dormire
la pelle è traforata
o che crudel destin

Il rancio l è magro
da noi vien divorato
dieci per ogni piatto
dieci per ogni piatto
il rancio è magro
da noi vien divorato
dieci per ogni piatto
all'usanza siberin
dieci per ogni piatto
all'usanza siberin

Russia fatale
che niente di buono tu hai
kleba kartoffel e ciai (*)
kleba kartoffel e ciai
Russia fatale
che niente di buono tu hai
kleba kartoffel e ciai
pel povero prigionier
kleba kartoffel e ciai
pel povero prigionier.
(*) kartoffel indica le immancabili patate, ma ignoro cosa siano kleba e ciai...

Contributed by B.B. - 2018/11/2 - 21:12


Buongiorno. Mio nonno, Trentino, prigioniero in Russia mi cantava tutte le sere questa canzone pinagendo.
Una strofa suonava così (le parole in russo le scrivo come mio nonno le pronunciava)

Russia fatale che altro di bello non hai
gleba cartoschi e ciai
gleba cartoschi e ciai
Russia fatale che altro di bello non hai
gleba cartoschi e ciai
e volschi nicuja


la traduzione che mio nonno faceva era

gleba = pane, cartoschi = patate, ciai = te

"e volschi nicuia" mio nonno non l'ha mai tradotto.
Un giorno incontrai una badante ucraina e colsi l'occasione per chiederle la traduzione. Lei si mise a ridere arrossendo ed alle mie insistenze tradusse, riproduco testualmente: "ed il resto un cazzo". Capii perché mio nonno non volle mai tradurre a me bambinetto quelle parole. Lo ammiro ancor di più se già non lo ammirassi al massimo
Cordiali saluti
Renzo

Renzo - 2019/3/11 - 03:45


Con un brivido che mi ha trafitto l'anima ho ritrovato questa canzone; mio papà la cantava ai miei figli ma io credevo fosse inventata. Lui ci ha lasciati tre anni fa vinto dalla SLA ma la canzone aleggia sempre nei nostri cuori. Due anni fa, grazie alle ricerche di un amico, abbiamo ritrovato sui Carpazi la tomba dello zio di papà... forse sua madre gliela cantava da piccolo in ricordo del fratello ventenne che in guerra aveva perso la vita. Non scordiamo le nostre origini e i nostri morti. Donatella

Donatella Grandi - 2020/1/20 - 20:55




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