Canzone pertecipante al concorso oltre il muro
La casa dei Pazzi è l’ultimo dei sette palazzi in fondo alla via,
entrare è facile basta suonare Famiglia Pazzia.
Al primo piano ci ho dormito anch’io, in un letto sfatto in compagnia di Dio.
Col capo chino su un cuscino bagnato, ho piano e chiesto il tempo fosse tornato,
ho lottato, gridato, preso a calci il mio cuore di vetro.
Ma il focolare di quella stanza è all’ultimo piano:
la stanza rossa e al centro il gran divano, comprato da chi con due soldi di follia,
è entrato scalzo nella Famiglia Pazzia.
La Dama Bianca denudò i suoi seni e il vagabondo ne succhiò i veleni,
un altro uomo saltò lì dal tetto,
il quarto invece ci fece un giretto, la moglie del capo ci fece l’amore,
la figlia del morto ne cambiò il colore.
Prima di entrare a piedi nudi nella stanza del delirio
ne parlai ben bene col Bianco Coniglio, che altero e impettito continuava a dire
che era l’unica via per poter morire.
Distrutta e affranta da quell’assurda presenza, predisposi con cura la mia partenza
e agghindata a festa come un’ago di Pino, versai la Speranza in un bicchiere di vino.
Sette vite persi in quel palazzo, sette manciate di dolore,
sette punti, sette bende, sette anni, sette ore,
sette nasi rossi da pupazzo e vomitare la vita, abbracciando la Pazzia,
che poi chiamai Sorella Mia.
La casa dei Pazzi è l’ultimo dei sette palazzi in fondo alla via.
Entrare è facile basta suonare Famiglia Pazzia.
entrare è facile basta suonare Famiglia Pazzia.
Al primo piano ci ho dormito anch’io, in un letto sfatto in compagnia di Dio.
Col capo chino su un cuscino bagnato, ho piano e chiesto il tempo fosse tornato,
ho lottato, gridato, preso a calci il mio cuore di vetro.
Ma il focolare di quella stanza è all’ultimo piano:
la stanza rossa e al centro il gran divano, comprato da chi con due soldi di follia,
è entrato scalzo nella Famiglia Pazzia.
La Dama Bianca denudò i suoi seni e il vagabondo ne succhiò i veleni,
un altro uomo saltò lì dal tetto,
il quarto invece ci fece un giretto, la moglie del capo ci fece l’amore,
la figlia del morto ne cambiò il colore.
Prima di entrare a piedi nudi nella stanza del delirio
ne parlai ben bene col Bianco Coniglio, che altero e impettito continuava a dire
che era l’unica via per poter morire.
Distrutta e affranta da quell’assurda presenza, predisposi con cura la mia partenza
e agghindata a festa come un’ago di Pino, versai la Speranza in un bicchiere di vino.
Sette vite persi in quel palazzo, sette manciate di dolore,
sette punti, sette bende, sette anni, sette ore,
sette nasi rossi da pupazzo e vomitare la vita, abbracciando la Pazzia,
che poi chiamai Sorella Mia.
La casa dei Pazzi è l’ultimo dei sette palazzi in fondo alla via.
Entrare è facile basta suonare Famiglia Pazzia.
envoyé par DonQuijote82 - 10/12/2012 - 10:55
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