Lampi e contraddittorietà
nella Scighera...
Paninari insultano l'estetica
e noi, dalla provincia
montiamo teste punk
su spalle di robot...
Quale mai l'eredità
che i nostri padri
lasceranno a noi?
Il potere
di una clientela
maturata in anni bui?
O la frustrazione,
il nichilismo
di non aver fatto
la rivoluzione
o, ancora peggio,
un affettuoso
individualismo?
Anni '80, che tensione mistica,
dispersione dentro la città,
senza un argomento plateale,
solo l'ero, solo l'eroina
a darci un nutrimento esistenziale.
Finiremo a vivere
a Milano
disprezzando
questa bolla di sapone
costruita
senza alcuna ispirazione
in quarant'anni
di Negroni al bar...
Anni '80, che versione mistica della realtà,
visibilità davanti all'etica o alla libertà,
senza un argomento plateale,
solo l'ero, solo l'eroina
a dare a Vasco Rossi da mangiare.
nella Scighera...
Paninari insultano l'estetica
e noi, dalla provincia
montiamo teste punk
su spalle di robot...
Quale mai l'eredità
che i nostri padri
lasceranno a noi?
Il potere
di una clientela
maturata in anni bui?
O la frustrazione,
il nichilismo
di non aver fatto
la rivoluzione
o, ancora peggio,
un affettuoso
individualismo?
Anni '80, che tensione mistica,
dispersione dentro la città,
senza un argomento plateale,
solo l'ero, solo l'eroina
a darci un nutrimento esistenziale.
Finiremo a vivere
a Milano
disprezzando
questa bolla di sapone
costruita
senza alcuna ispirazione
in quarant'anni
di Negroni al bar...
Anni '80, che versione mistica della realtà,
visibilità davanti all'etica o alla libertà,
senza un argomento plateale,
solo l'ero, solo l'eroina
a dare a Vasco Rossi da mangiare.
Contributed by Riccardo Venturi - 2012/12/8 - 15:03
"Una visione provinciale retrospettiva nostalgica e collettivamente biografica degli anno '80 e del sogno milanese. La scighera è la nebbia-smog di milano. Dedicata al locale omonimo e a Lorenzo." (Davide Giromini)
Riccardo Venturi - 2012/12/8 - 15:10
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Testo e musica: Davide Giromini
Arrangiamenti: Redelnoir
Voce recitante di Davide Giromini
Voce di Davide Giromini
Voce di Alessio Lega
Basso di Leonardo Palmierini
Album: Ballate postmoderne
Non lasciatevi incantare dallo sfavillio rosa fuxia della cover. “Ballatepostmoderne” ha anima neropece, e un’aria decisamente poco raccomandabile. Sotto la patina bubble gum della copertina è l’analisi più lucida e disillusa sugli Ottanta che sia mai stata messa in canzone. Questo cd è un porto-franco per fantasmi scomodi, per ideologues non pacificati, anime alla deriva, collassi interiori, e altri sociali.
Il de profundis della generazione-Vasco Rossi, intonato senza commiserazione e nemmeno un briciolo di compiacimento. I prodromi del collasso della civiltà in dodici stazioni, quelle di una via crucis senza redentori, né false promesse di salvezza.
La verità nuda e cruda in bella mostra, signore e signori: nemmeno un refolo di speranza in questo (post)disco di Davide Giromini-Redelnoir. Tutto è transustanziato in “poi”, superato, mercificato: ideologie (socialismo, craxismo-reaganismo), miti (Lorella Cuccarini, Rambo, Obi Wan Kenobi), modernismo, punk (certi influssi del primo Ruggeri), con il coraggio di una scrittura anti-melodica che sbrindella pillole di saggezza ontologica (“siamo soltanto pidocchi attaccati alla terra/ pidocchi coi calli alle mani”), accenni di j’accuse, ironia, filosofia, cronaca, storie artificiali, crittogrammi della serie “bravo chi riesce a scovarci tra le righe citazione alte e basse”.
Come una corsa notturna sulle montagne russe della post-modernità, si passa da Nietzsche (non a caso) a Bearzot, da Eraclito a Pasolini a Benjamin a Tarkovskij a Heidegger. Si usa, oggi, nella pop music? “Ballatepostmoderne” va accolto, dunque, come un urlo munchiano nella calma piatta della discografia contemporanea. Come una felice anomalia. Il contraltare atteso e maleducato al sound tuttigusti, “facce da bambino & cuori infranti” di finardiana memoria, per intenderci. Un pugno allo stomaco alla (cattiva) coscienza collettiva, una requisitoria a tinte fosche, di gran lunga più incisiva delle coazioni a ripetersi di alcuni cantautori storici del nostro scontento.
Un concept-album disalienato sull’alienazione, che sin dai cancerogeni Ottanta, ci avvince tutti come l’edera di nillapizziana memoria. Una partitura per voce sola (che grida nel deserto) che assembla piano e suoni campionati, punk duro & puro e accenti cantautorali, in un crossover musicale straniato, ipnotico, irresistibile, balsamo per le nostre orecchie affrante da giusiferrerismo espanso.
Sterile svilire il senso ultimo di un album da assumere nel suo insieme, e addentrarsi nello specifico delle singole tracce (volete essere così bravi da fottervene, per una volta, dei brani-pilota?). Che questo è un cd che va ascoltato e riascoltato tutto. Traccia dopo traccia, capitolo dopo capitolo, se ancora vi è rimasto un poco di coraggio e di amor proprio per guardare alla realtà dal lato peggiore “Ballatepostmoderne” è il disco che fa per voi. - Brigata Lolli
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