Contributed by Riccardo Venturi - 2012/11/12 - 23:15
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Musica / Música / Music:
José Seves Sepúlveda
Album: Hacia la libertad
Mentre i vietnamiti si riappropriavano del proprio paese, i cileni avevano da poco iniziato il loro inferno a base degli stessi signori che scappavano in elicottero da Saigon, coadiuvati da alcuni militari assassini e traditori. Nemmeno due anni prima, e quell'inferno sarebbe durato a lungo. Alcuni cileni in esilio in Italia, che formavano un gruppo musicale molto famoso e che, in seguito, sarebbero stati accusati di essere noiosi e ripetitivi da non pochi mediocri incapaci di leggere anche le note sul pentagramma, pensarono di comporre un omaggio a quegli avvenimenti lontani e vicini al tempo stesso. Fu così che José Seves, un musicista di prim'ordine, scrisse Ciudad Ho-chi-minh. Un piccolo brano musicale senza parole, e uno dei pochi piccoli brani musicali che sanno parlare da soli.
L'unico che io conosca, il quale preveda, accanto agli strumenti, l'uso del martello, dei chiodi, di una sega a mano. Un motivetto piuttosto semplice, di coloratura "indocinese" effettuata con gli strumenti andini (il triple, il charango), che descrive l'attività di comuni lavoratori che ricostruiscono una città e un paese dopo le devastazioni materiali e umane di una guerra infinita. Ora che quella città è divenuta una metropoli modernissima di oltre sette milioni di abitanti in un paese che "tira" economicamente a ritmi vertiginosi, sarà bene riascoltare un po' questo motivetto col suo martello della storia. [RV]