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Jedwabne

Gary Lucas
Langue: anglais


Gary Lucas

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‎[2011]‎
Parole e musica di Gary Lucas
Album “The Ordeal of Civility”, con la band “Gods and Monsters”‎

civility

Jedwabne è il nome di un paese polacco situato nel distretto di Łomża, nel ‎voivodato della Podlachia. A Jedwabne, prima dell’ultima guerra, vivevano molti ebrei. Anzi, a ‎Jedwabne gli abitanti di religione ebraica erano la maggioranza, oltre il 60% dei 750 residenti ‎censiti nei primi anni 20. D’altronde gli ebrei si erano insediati a Jedwabne fin dal 18° secolo e la ‎cittadina appariva come un vero e proprio “shtetl”, la parola in yiddish che designa il piccolo ‎villaggio rurale con una consistente presenza di ebrei tipico dell’Europa centrale ed orientale prima ‎dell’Olocausto.‎

Un tipico shtetl in ‎Polonia, quello di Łachwa, fotografato nel 1926.‎
Un tipico shtetl in ‎Polonia, quello di Łachwa, fotografato nel 1926.‎



Nel 1939 i nazisti invasero la Polonia…‎



‎… ma nel giro di un mesetto entrò in vigore il patto Molotov-Ribbentrop, l’accordo di spartizione e ‎non belligeranza tra il regime nazista e quello comunista, e la zona di Jedwabne passò sotto il ‎controllo dei sovietici. Molti ebrei polacchi salutarono con sollievo l’arrivo dell’Armata Rossa e ‎parecchi si incorporarono anche nelle milizie che i sovietici costituirono dopo aver smantellato le ‎istituzioni e l’esercito polacco. ‎




Il fatto è che i comunisti non si comportarono molto diversamente dai nazisti: la Polonia era ‎territorio di conquista ed i polacchi erano tutti potenzialmente dei nazionalisti e dei ‎controrivoluzionari che andavano messi in condizioni di non contrastare l’espansione del ‎Socialismo (a questa logica spietata si ispirò, per esempio, il ‎‎massacro di Katyń della primavera ‎del 1940). Cominciarono le deportazioni di massa verso la Siberia, alle quali attesero anche i ‎polacchi, molti dei quali ebrei, che avevano deciso di collaborare con gli occupanti. Tuttavia la ‎repressione e le deportazioni colpirono nel mucchio, senza grandi distinzioni: nei gulag staliniani ‎finirono decine di migliaia di polacchi, ebrei e non.‎



Il 22 giugno del 1941 Hitler l’ingordo si rimangiò i patti ed aprì il conflitto sul fronte orientale. Fu ‎proprio in quei giorni che Jedwabne, trovandosi proprio sulla linea di spartizione, cadde ‎nuovamente sotto il controllo tedesco. Le esecuzioni degli ebrei cominciarono subito. E subito ‎cominciò anche il tamburo della propaganda nazista che denunciava i crimini commessi dai ‎sovietici e il supporto che questi avevano avuto da parte dei cittadini di fede ebraica. I nazisti di ‎fatto incoraggiarono i “gentili” a farsi giustizia da soli: le Einsatzgruppen, le squadre della morte ‎delle SS incaricate di eliminare ebrei, zingari e comunisti, si sarebbero così risparmiate un grosso ‎lavoro!‎

Fu proprio quello che accadde a Jedwabne il 10 luglio del 1941.‎
Cittadini non ebrei guidati dal sindaco Marian Karolak e coadiuvati da alcuni uomini della ‎gendarmeria tedesca rastrellarono gli ebrei del villaggio. Il rabbino ed una quarantina di uomini ‎furono costretti, continuamente ingiuriati e picchiati, a demolire un monumento a Lenin e poi ‎furono uccisi e sepolti in una fossa comune insieme ai frammenti della statua. Altri 300 ebrei, molte ‎le donne e i bambini, furono rinchiusi in un fienile che fu cosparso di kerosene e dato alle fiamme. ‎
Bruciati vivi.‎
I soldati tedeschi sparavano a chi riusciva a sottrarsi al rogo e intanto fotografavano e filmavano il ‎pogrom per documentare come l’odio verso i giudei fosse un sentimento condiviso dai polacchi.‎



Il reportage nazista sul pogrom a Jedwabne andò perduto e questo contribuì a far sì che dopo la ‎guerra nessuno, se non i nazisti, fosse chiamato a rispondere dell’orrendo eccidio. Contro i polacchi ‎vi fu solo qualche sommaria indagine, qualche interrogatorio ed un processo che si concluse con un ‎nulla di fatto, nemmeno con un elenco con i nomi delle vittime. Negli anni 60 e 70 le indagini ‎condotte dalle autorità della Germania comunista conclusero che l’unico responsabile fosse un ‎ufficiale di un Einsatzgruppen, tal Hermann Schaper, che fu condannato a sei anni di prigione e ‎subito rilasciato per motivi di salute. Gli atti del processo a Schaper furono poi distrutti.‎

Nel 2000 lo storico polacco-statunitense Jan T. Gross pubblicò i risultati della sua indagine ‎sull’eccidio. “Sąsiedzi”, “Vicini” - pubblicato in inglese con il titolo “Neighbors: The Destruction ‎of the Jewish Community in Jedwabne, Poland.” e in italiano con quello de “I carnefici della porta ‎accanto” - ristabilisce la verità e dimostra come in un solo giorno, il 10 luglio del 1941, gli abitanti ‎di Jedwabne, sotto lo sguardo compiaciuto dei tedeschi, sterminarono i loro vicini di casa ebrei. E ‎secondo Gross le vittime non furono solo 2 o 300 ma addirittura 1.600!‎
Una successiva investigazione condotta dall’Instytut Pamięci Narodowej (l’Istituto per la Memoria ‎Nazionale) confermò la ricostruzione di Gross anche se non il numero di vittime da lui indicato, ‎ritenuto troppo alto.‎



Il libro di Gross ha avuto il merito di aver sollevato la spessa coltre di oblio e di ipocrisia ‎sull’eccidio degli abitanti ebrei di Jedwabne e ha dato in questi anni dei grossi mal di pancia ai ‎dirigenti politici polacchi che hanno sempre più o meno mal digerito la cosa, specie durante la ‎presidenza del nazionalista Lech Kaczyński.‎




Al pogrom di Jedwabne ed al libro di Gross che ha ristabilito la verità avevo già accennato a ‎commento di una canzone di Pierre Perret, La bête est revenue...‎
E la bestia è tornata, puntuale come sempre. ‎
Il 1 settembre del 2011 svastiche e scritte neonaziste sono comparse sul monumento che ricorda il ‎massacro. ‎
Ci hanno scritto: “Erano da bruciare” e “Non chiederemo mai scusa per Jedwabne”...


Il chitarrista e compositore americano Gary Lucas ha origini polacche e ‎‎alcuni suoi lontani parenti furono tra coloro che ebbero la ‎sventura di essere arsi vivi a Jedwabne.‎
Gary Lucas ha pure composto la colonna sonora di un documentario intitolato “The Legacy of ‎Jedwabne”.‎
O the streets of Jedwabne were silent and cold‎
The wind whistled lonely those stories of old
How the Jews of the town
Were slaughtered and sold
O Jedwabne your past lies in ruins
O Jedwabne what future for you
The spires of the city still ring with the crying
The voices of children still can be heard
Take heed of our past it lies waiting ‎
From deep in the earth here our cries
Take heed of our fate it’s before you
The blood of the innocent now streams in the skies

O the streets of Jedwabne were covered with snow
Nowhere to hide and nowhere to go‎
When neighbor killed neighbor
And friend became foe
O Jedwabne your ghosts are all flying
O Jedwabne your city’s laid bare
The earth now gives up all its hideous secrets
The wreath that we laid can’t stifle your shame
Take heed of our past it confronts you
From now and forever who gains?‎
Watch out for the future in front of you
When only the bones and the stones still remain

envoyé par Dead End - 6/11/2012 - 11:19



Langue: italien

Tentativo di traduzione italiana di Dead End
JEDWABNE

Oh, silenzio e freddo per le strade di Jedwabne ‎
Solo il fischio del vento raccontava quelle storie dei tempi andati ‎
Di come gli Ebrei della città ‎
Furono massacrati e traditi
Oh Jedwabne, il tuo è un passato di rovine ‎
Oh Jedwabne, quale futuro per te?‎
I tetti della città ancora risuonano dei pianti ‎
Ancora si possono sentire le voci dei bambini
Prestate ascolto al nostro passato che giace in attesa ‎
Dal profondo della terra ecco le nostre grida ‎
Prestate ascolto al nostro destino, vi sta dinnanzi
Il sangue dell’innocente ora solca i cieli ‎

Oh, la neve copriva le strade di Jedwabne
Non un posto dove nascondersi, non un posto dove andare
Quando un vicino uccise un vicino ‎
Ed un amico divenne nemico ‎
Oh Jedwabne, i vostri fantasmi stanno tutti correndo via ‎
Oh Jedwabne, la vostra città è rimasta spogliata di tutto ‎
La terra ora rivela i suoi orribili segreti ‎
La corona che abbiamo deposto non serve a spegnere la vostra vergogna ‎
Prestate ascolto al nostro passato, siete costretti ad affrontarlo ‎
Adesso e per sempre chi vince?‎
Attenti a ciò che vi attende nel vostro futuro‎
Quando restano solo le ossa e le pietre

envoyé par Dead End - 6/11/2012 - 15:52


Dear Sirs,

Your article titled JEDWABNE features a photograph which allegedly presents the killing of Jews in Jedwabne. The photograph actually captures an event related to the liberation of Bergen-Belsen, a German concentration camp, in May 1945. The photograph accompanying the article presents a group of people watching how the camp barracks are being set on fire after the camp had been liberated by the British. This has been confirmed by the digitalised collection of Imperial War Museums.


Therefore, please remove the photograph from the article and publish a correciton note.

Mira Wszelaka

Chairman of the Polish League Against Defamation

Mira Wszelaka - 6/4/2018 - 15:14


As reported by Mira Wszelaka, if you look closer on the picture, you will see British flag above the fire. It’s impossible to find it in Jedwabne in 1941. Therefore we removed the picture that is clearly not related to the events of 1941.

AWS Staff - 6/4/2018 - 15:48


Chiedo scusa alla Polonia per la fotografia fuorviante, che comunque recava la didascalia "Una foto che descrive ‎come potrebbe essersi presentato il pogrom a Jedwabne‎".

Bene ha fatto Mira Wszelaka a segnalare la cosa, e bene hanno fatto gli Admins a rimuoverla.

L'unico motivo per cui originariamente era stata inserita è che tutta la documentazione fotografica e processuale sul pogrom di Jedwabne fu distrutta.

Quell'atroce episodio è rimasto sepolto fino a tempi recenti e, quando è riemerso grazie a Jan T. Gross, non è stato preso molto bene in Polonia.

Credo che comunque sia storicamente inutile ritenere oggi che lo sterminio degli ebrei in Europa fu una responsabilità unicamente tedesca o dei soli nazisti: molti altri regimi e molti altri popoli contribuirono fattivamente al risultato, tra di essi gli italiani, i polacchi, gli ungheresi, i sovietici e ancora altri.

B.B. (ex Dead End) - 6/4/2018 - 16:14




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