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Chant de l'Orapu‎

anonyme
Langue: français


Liste des versions


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(anonyme)


‎[1895?]‎
Come Le transporté (La chanson de Jean Fagot) anche questa viene spesso attribuita a tal Miet (o Miel), deportato in un bagno ‎penale della Guyana e lì detenuto per qualche anno tra la fine dell’800 e l’inizio del 900. ‎Probabilmente vi conobbe il famoso ‎‎Marius Jacob.‎
Testo trovato sul forum Guillotine ‎la Veuve

‎ La bricole, ‎dipinto del forzato Francis Lagrange.‎
La bricole, ‎dipinto del forzato Francis Lagrange.‎


In certi “bagni” della Guyana, quelli riservati ai recidivi ed incorreggibili, i detenuti venivano ‎utilizzati per un lavoro assai faticoso, quello di trascinare i possenti tronchi d’albero tagliati nella ‎foresta. Quest’operazione avveniva con l’uso di grossi pali posti a terra su cui i tronchi scivolavano ‎tirati da gruppi di prigionieri con lunghe corregge (bricole) poste intorno al petto. Questo tremendo ‎lavoro si svolgeva per giunta sotto costanti e generosi colpi di frusta e le varie angherie inflitte dai ‎guardiani armati. Sopravvivere nelle squadre di “halage des grumes à la bricole” non era facile…‎
Curioso che il termine “bricole” (bricolage, bricoleur) indichi oggi comunemente un lavoretto a ‎tempo perso fatto da un dilettante… Forse i “bagnards” avevano molto senso dell’umorismo, ‎nonostante tutto!‎
Orapu è il nome di un fiume della Guyana…‎
‎“Orne”, nella penultima strofa, era il nome di una nave adibita alle deportazioni dalla Francia alla ‎Guyana…‎
Le bronze a retenti. Debout ! Il est cinq heures.
Les voiles de la nuit couvrent encore l’Orapu,
Les vampires affreux regagnent leurs demeures,
Ivres de sang humain dont ils sont repus.
Pour beaucoup d'entre nous, réveil épouvantable,
Notre esprit vagabond plane sous d'autres cieux,
Mais la cloche en sonnant l'appel impitoyable
Nous ramène, troublés, pour souffrir en ces lieux.

Chacun pour le travail s’arme d’une bricole
Et dans la forêt sombre s'avance en trébuchant,
On dirait des démons, la sarabande folle,
Car l’enfer est au bagne, et non pas chez Satan !
On franchit les rouleaux, on tombe, on se relève,
La vase et les chicots, rien ne doit nous lasser,
Pour nous on ne connait que ces mots, marche ou crève,
Et l'Orne porte en ses flancs de quoi nous remplacer.

Le soleil cherche en vain à montrer son visage,
Mais un nuage épais le cache à nos yeux.
Il pleut, il pleut toujours dans ce pays sauvage,
Ô Françe, en ces instants, nous regrettons tes cieux.
Ces supplices sans nom, chaque jour se répètent,
Enfants des vieux Gaulois, qu’êtes-vous donc devenus ?
Les plus forts d’entre nous marchent en courbant la tête,
Pleurez, pleurez, forçats, vos cœurs ne battent plus.‎

envoyé par Dead End - 20/9/2012 - 08:23




Langue: français

Altra versione, con alcuni versi aggiuntivi, trovata su Image Plus – Chansons du bagne
LA CHANSON DE L’ORAPU

Le bronze a retenti: debout il est cinq heures,
Le voile de la nuit couvre encore l'Orapu,
Des vampires hideux regagnent leur demeure,
Ivres du sang humain dont ils se sont repus.
Pour beaucoup d'entre nous, réveil épouvantable.
Notre esprit vagabond planait sous d'autre cieux,
Mais la cloche en sonnant l'appel impitoyable
Nous rappelle tremblants pour en ces lieux.

Chacun pour le travail s'arme d'un bricole,
Et dans la forêt sombre s'avance en trébuchant,
On dirait des démons la sarabande folle,
Car l'enfer est au bagne, et non pas chez Satan,
Allons vite au biseau, que la corde se place,
Et chantez, malheureux, pour réchauffer vos cœurs,
Oh la, oh la. Garçons, la pièce se déplace,
Et glisse sous les yeux des surveillants moqueurs.

Le soleil cherche en vain à montrer son visage,
Un voile épais et noir le dérobe à nos yeux,
Il pleut, il pleut toujours dans ce pays sauvage,
Ô France, en ces instants, nous regrettons tes cieux.
On franchit les rouleaux, on tombe on se relève,
On ne connaît pour nous que ces mots "Marche ou crève",
L'Orne (1) apporte en ses flancs de quoi nous remplacer.

Enfin, vers le "dégrad" on arrive; sans trêve
Il nous faut retourner au second numéro,
De douleur, de dégoût, notre cœur se soulève,
Mais la voix d'un Arabe a crié "Roumi, ro".
Ce supplice sans nom chaque jour se répète.
Enfants des fiers gaulois, qu'êtes-vous devenus ?
Les plus forts d'entre nous marchent en courbant la tête,
Forçats, forçats, pleurez, vos cœurs ne battent plus.‎

envoyé par Dead End - 20/9/2012 - 08:24


Scusate, bisogna che all'inizio del commento cambiate il riferimento a Le transporté (La chanson de Jean Fagot) perchè ora porta alla vecchia pagina con il risultato di "canzone inesistente"...

E poi come mai le pagine eliminate rimangono nel motore di ricerca con l'avviso "Errore, questa canzone non esiste"? Non si potrebbe eliminarle del tutto oppure fare in modo che rinviino ad una pagina vivente?

Ma forse il fatto è che in Rete tutto continua a vivere anche dopo morto...

Bernart Bartleby - 6/2/2016 - 10:29


L'errore viene se metti un qualunque numero che non viene trovato nel database. In generale sarebbe bene nei casi di canzoni doppie integrare le novità nella pagina più vecchia in modo da non invalidare eventuali collegamenti (anche esterni al sito, qualcuno può aver linkato la pagina)

Il Webmastro - 6/2/2016 - 13:32




Langue: italien

Traduzione in italiano di Jeanne Auban Colvieil
6.II.16

Per farmi un po'...perdonare la confusione che ho combinato con Le transporté, traduco qua il Canto dell'Orapu in una sua versione. Devo fare solo un appunto sulla parola “bricole”, dato che ho visto che se ne parla dell'introduzione. In francese, “bricole” è una parola credo molto antica che in origine indicava i finimenti del cavallo, poi passò a indicare la cinghia del facchino, vale a dire qualcosa di purtroppo molto simile alle corregge dei forzati che vediamo in questo canto. Però il senso normale è quello di cinghia per reggere pesi. Sempre anticamente, voleva dire anche “inganno, imbroglio” ma ha non so quanti significati ancora. “Bricolage” voleva dire, e vuol dire ancora, qualcosa come “fare mille mestieri” o meglio ancora, “sfacchinare”. Il significato di fare lavoretti di casa, il “fai da te”, è abbastanza recente e molto ironico visto che invece indicava tutt'altro che lavoretti fatti per passare il tempo. Anche in italiano, credo, esiste la parola “bricolla” che indica una cesta che si portava a spalla legata con delle cinghie, ed era la cesta tipica del contrabbandiere. Ultima cosa: in francese un po' gergale, “bricolage” vuol dire anche quando si trucca il motore di una motocicletta o di uno scooter. Saluti, avv. Jeanne Auban Colvieil da Arles (Francia).
CANTO DELL'ORAPU

La campana ha suonato. In piedi! Sono le cinque.
I veli della notte coprono ancora l'Orapu,
Gli schifosi succhiasangue tornano alle loro dimore,
Ebbri di sangue umano di cui si sono pasciuti.
Per molti di noi è un risveglio spaventoso,
La nostra mente errante vaga sotto altri cieli,
Ma quando la campana suona lo spietato appello
Ci riporta, sconvolti, a soffrire quaggiù.

Ognuno, per lavorare, si arma di una correggia
E nella buia foresta procede inciampando,
Li si direbbe dèmoni, la folle sarabanda,
Ché l'inferno è là al bagno, e non certo da Satana!
Si scavalcano i tronchi rotolanti, si cade, ci si rialza,
Il fango e i tronchi, niente ci deve stancare,
Per noialtri solo queste parole: marcia o crepa,
E l'Orne già trasporta chi ci rimpiazzerà.

Il sole cerca invano di mostrare il suo volto,
Ma una nuvola spessa ce lo nasconde alla vista.
Piove, piove sempre in questo paese selvaggio,
Francia, in questi momenti rimpiangiamo i tuoi cieli.
Queste suppliche senza nome, ogni giorno le stesse,
Figli degli antichi Galli, che mai ne è stato di voi?
I più forti di noi marciano a capo chino,
Piangete, piangete, forzati, i vostri cuori non batton più.

6/2/2016 - 21:11


Un po' come i burlak in Russia. Tanti condannati polacchi hanno potuto assaggiare il gusto di quel "lavoretto a tempo perso". Sarebbe da proporre questo canto russo in qualche occasione, magari. https://en.wikipedia.org/wiki/Burlak

https://upload.wikimedia.org/wikipedia...


https://upload.wikimedia.org/wikipedia...


krzyś - 6/2/2016 - 21:45


Mi sembra che i burlak siano proprio degli alatori, ovvero quelli che tiravano controcorrente barche e chiatte...in pratica si torna diritti a Ol’ Man River. Quel che fa davvero impressione è la foto delle alatrici, le donne che tirano sotto lo sguardo del guardiano con la frusta...

Gaspard de la Nuit - 6/2/2016 - 23:33


E sì, gli zar e poi Stalin erano strapieni delle invenzioni revoluzionarie, a parità dei sessi piena. Da notare, che al posto degli tre uomini ci volevano trenta donne (forse avvocate, chi lo sa?).
Gliene rimaneva poco tempo per cantare, poco ma sicuro.
Saludowsky

krzyś - 6/2/2016 - 23:57


E la musica por favor, dove estA?
(Cri Cri)

Non ce està, non hay el video Yutubos y no trovamos los espartitos, sucede a vueltas purtroppos! [RV]

7/2/2016 - 02:11




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