Ed avevo una terra sul mare, una zappa e una lenza,
il battesimo non mi servì, mi chiamavo obbedienza,
la mia sola risposta era sì,
Sissignore padrone eccellenza,
il mio unico Santo nel cielo santa Pazienza.
E quel pezzo di pane, che mi dava il padrone,
Normanno, Tedesco, Francese, Spagnolo e Borbone,
lo condivo con quattro fagioli, con un mezzo bicchiere di vino
e dormivo con undici figli e mia moglie vicino.
Ma quel conte, ragioniere a Torino,
mi disse un giorno, ti presento Peppino,
se ti vuoi riscattare davvero è arrivato il momento,
di passare alla storia, col Risorgimento.
Il Monumento, il Monumento,
a Garibaldi, per l'Unità.
E così spalancai, ogni porta e cancello,
al fratello d'Italia, con le piume al cappello,
e il fratello divenne il mio boia,
ogni donna di casa una troia
per la legge che spoglia a Gesù per vestire i Savoia.
E io figlio del sud, fui chiamato brigante
E nessun Robin Hood mi salvò le mutande,
e baciato solo dal vento,
dal vapore di un bastimento
mamma America mi asciugò le ferite ed il pianto.
E dalla padella, del padre padrone,
finì nella brace, di Don Corleone,
ma la giacca dell'emigrante da quel momento,
divenne un gessato, coi bottoni d'argento.
Il monumento, il monumento,
per il padrino dell'omertà.
E quando il paese mi vide tornare arricchito,
con i dollari in tasca e il brillocco sul dito,
fu un boato di felicità
è ritornato lo zio pascià
Sventolarono il tricolore dell'Unità.
Ed avevano tutti la faccia di quel tricolore,
Verde di rabbia, bianca di fame e rossa d'amore,
ed avevano i figli lontano,
a Torino, a Treviso a Milano,
per sentirli chiamare terroni da un altro italiano.
Ma le campane dei sopravvissuti,
non suonarono più per quelli caduti,
E quel pezzo di terra sul mare cullato dal vento,
nascondeva un milione di martiri sotto il cemento,
Il monumento, il monumento,
per quei caduti non ci sarà
E nel cemento le famiglie degli obbedienza,
seppellirono pure la zappa e la lenza,
e nella piazza dell'Unità,
fra due politici quaquaraquà,
fecero il grande monumento alla libertà.
Ma sulla base del marmo eretto,
cera una frase scritta in dialetto:
"Quanno siente ca figlieto chiagne pecché vo' magnà
mo dalle nu piezzo 'e sta libertà"
"Quanno siente ca figlieto chiagne pecché vo' magnà
mo dalle nu piezzo 'e sta libertà"
il battesimo non mi servì, mi chiamavo obbedienza,
la mia sola risposta era sì,
Sissignore padrone eccellenza,
il mio unico Santo nel cielo santa Pazienza.
E quel pezzo di pane, che mi dava il padrone,
Normanno, Tedesco, Francese, Spagnolo e Borbone,
lo condivo con quattro fagioli, con un mezzo bicchiere di vino
e dormivo con undici figli e mia moglie vicino.
Ma quel conte, ragioniere a Torino,
mi disse un giorno, ti presento Peppino,
se ti vuoi riscattare davvero è arrivato il momento,
di passare alla storia, col Risorgimento.
Il Monumento, il Monumento,
a Garibaldi, per l'Unità.
E così spalancai, ogni porta e cancello,
al fratello d'Italia, con le piume al cappello,
e il fratello divenne il mio boia,
ogni donna di casa una troia
per la legge che spoglia a Gesù per vestire i Savoia.
E io figlio del sud, fui chiamato brigante
E nessun Robin Hood mi salvò le mutande,
e baciato solo dal vento,
dal vapore di un bastimento
mamma America mi asciugò le ferite ed il pianto.
E dalla padella, del padre padrone,
finì nella brace, di Don Corleone,
ma la giacca dell'emigrante da quel momento,
divenne un gessato, coi bottoni d'argento.
Il monumento, il monumento,
per il padrino dell'omertà.
E quando il paese mi vide tornare arricchito,
con i dollari in tasca e il brillocco sul dito,
fu un boato di felicità
è ritornato lo zio pascià
Sventolarono il tricolore dell'Unità.
Ed avevano tutti la faccia di quel tricolore,
Verde di rabbia, bianca di fame e rossa d'amore,
ed avevano i figli lontano,
a Torino, a Treviso a Milano,
per sentirli chiamare terroni da un altro italiano.
Ma le campane dei sopravvissuti,
non suonarono più per quelli caduti,
E quel pezzo di terra sul mare cullato dal vento,
nascondeva un milione di martiri sotto il cemento,
Il monumento, il monumento,
per quei caduti non ci sarà
E nel cemento le famiglie degli obbedienza,
seppellirono pure la zappa e la lenza,
e nella piazza dell'Unità,
fra due politici quaquaraquà,
fecero il grande monumento alla libertà.
Ma sulla base del marmo eretto,
cera una frase scritta in dialetto:
"Quanno siente ca figlieto chiagne pecché vo' magnà
mo dalle nu piezzo 'e sta libertà"
"Quanno siente ca figlieto chiagne pecché vo' magnà
mo dalle nu piezzo 'e sta libertà"
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