Sciamu vedere
sciamu vagnuni mei
sciamu vedere
ddhra fore c'è rivoluzione
di tabacchine,
sta sparane a mitraglia
sulle tabacchine
cu chiodi e fierri rrugginiti
ma le carrare
de sangu s'ane chine le carrare
e de dhru giurnu
no se cantau cchiui
sciamu vagnuni mei
sciamu vedere
ddhra fore c'è rivoluzione
di tabacchine,
sta sparane a mitraglia
sulle tabacchine
cu chiodi e fierri rrugginiti
ma le carrare
de sangu s'ane chine le carrare
e de dhru giurnu
no se cantau cchiui
Contributed by Dead End - 2012/9/17 - 15:21
Language: Italian
Traduzione italiana da La Putea
A TRICASE NON SI CANTA PIU’
Andiamo a vedere
andiamo ragazzi miei
andiamo a vedere
la fuori c'è la rivoluzione
delle tabacchine
stanno sparando a mitraglia
sulle tabacchine
con chiodi e ferri arrugginiti
ma le strade
si sono riempite di sangue
e da quel giorno
non si canta più.
Andiamo a vedere
andiamo ragazzi miei
andiamo a vedere
la fuori c'è la rivoluzione
delle tabacchine
stanno sparando a mitraglia
sulle tabacchine
con chiodi e ferri arrugginiti
ma le strade
si sono riempite di sangue
e da quel giorno
non si canta più.
Contributed by Dead End - 2012/9/17 - 15:22
×
Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
Album “Mazzate pesanti”
Testo e musica di Roberto Raheli
“Siamo in pieno periodo fascista. Ma il popolo, i contadini, i cafoni, chi vive nell'estremo Sud, non sa chi siano i fascisti. Non sapeva, in effetti, chi fossero i piemontesi e, ancor prima, gli spagnoli. Qualsiasi potere che si è succeduto nel tempo era, comunque, qualcosa di lontano da loro. Un popolo straniero, come gli altri. Straniero alle logiche dei paesi del sud, straniero ai bisogni della gente, straniero alla povertà che affligge il Sud. Ma c'è una cosa a Tricase, piccolo centro del Sud Salento, che crea sollievo alla miseria più nera. L'Acait, un tabacchificio che dà lavoro a tanta gente, che permette, nel bene e nel male, di avere un reddito sicuro. Ebbene si sparge la voce, tra la gente del posto, che il regime fascista vuole spostare lo stabilimento a Lecce. E' solo una voce, niente di confermato. Ma tanto basta per scatenare la rivolta. Una rivolta che, badate bene, non prende piede solo da una notizia, peraltro non confermata, è una rivolta che trova origine nel passato, che non può permettere di togliere al paese l'unico mezzo di sostentamento per tante famiglie. Non si vuole sprofondare nella più nera miseria. Le tabacchine, così, si organizzano e si ritrovano sotto il portone del Comune. Il podestà, i fascisti, i carabinieri, hanno paura, non si aspettano una protesta. Qualcuno sostiene, per giunta, che si tratta di una manifestazione antifascista. Già le manifestazioni sono mal tollerate, ma quelle antifasciste ancor meno. E si spara. Si spara sulla folla. Si spara ad altezza d'uomo. Muoiono cinque persone. E ancora oggi a Tricase si sente la ferita aperta per quella vicenda. Luigi Chiriatti, un ricercatore di culture popolari, ha scritto che qualche anziano ancor oggi dice che a Tricase non si canta più dalla strage del 1935.”
(Introduzione al brano da La Putea)
Sulla “rivolta di Tricase” e la storia del lavoro del tabacco nel Salento, si veda anche Fimmine fimmine ed il fondamentale volume “Tabacco e tabacchine nella memoria storica. Una ricerca di storia orale a Tricase e nel Salento”, a cura di Vincenzo Santoro e Sergio Torsello, con una introduzione di Alessandro Portelli (2002)