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Campagna

Napoli Centrale
Language: Neapolitan


Napoli Centrale

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(Napoli Centrale)
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(James Senese)
Zucasang
(Tartaglia Aneuro)


[1975]
Scritta da Franco del Prete e James Senese
Album: Napoli Centrale
Riproposta nel 2010 da Daniele Sepe
nell'album Fessbuk

Written by Franco del Prete and James Senese
Album: Napoli Centrale
Reproposed 2010 by Daniele Sepe
in the album Fessbuk

napcentrale


“Il mio sax porta le cicatrici della gioia e del dolore della vita" (James Senese)

I Napoli Centrale sono stati forse l’unica band italiana la cui esistenza è dipesa essenzialmente da quella di una grande metropoli, la Napoli degli anni Settanta, quella del via vai culturale, della condizione dei lavoratori e dei sacrifici della vita di campagna. Il loro omonimo album, registrato nel 1975, è una scheggia che perfora dritta al cuore, tematiche riflessive sotto un incessante stuzzicar a livello musicale.

Una combriccola di “suonatori” (chi italiano, chi straniero, chi mezzo italiano mezzo straniero) tutti di grandissimo livello, capace di abbinare al jazz rock sperimentale dei Weather Report il battito dialettale della movida partenopea. Sorretto dall’energica voce di James Senese (figlio di soldato americano, letale sassofonista), quello dei Napoli Centrale fu un mix ipnotico di liriche micidiali sulla condizione sociale dell’uomo, concepito nell’ottica di irresistibili inseguimenti strumentali. Mark Harris alle tastiere, Franco Del Prete alla batteria, Toni Walmsley al basso (per un breve periodo anche Pino Daniele), sotto la regia di un vero leader come Senese, istituirono una sorta di compromesso culturale: usufruire del progressive di matrice europea per infilarci liriche di protesta sociale. In tal caso, quella dei Napoli Centrale, fu autentica rivoluzione culturale.

Dalla loro musica si sollevava una componente pulp che non avrebbe sfigurato in qualche film poliziottesco tanto in voga in quegli anni. Un cinquantenne che passa per i Quartieri Spagnoli difficilmente si scorderà di una canzone come “Campagna”: “Chiove o iesc ‘o sole, chi è bracciante a San Nicola, c’a butteglia chin ‘e vin tutt’e journe và a zappà”. “’A Gente ‘e Bucciano” è un monito sulla condizione dei lavoratori trasferitisi a Nord, “Pensione Floridiana” una strumentale che aggroviglia elementi funkeggianti alla tradizione jazz. Il resto è storia. Storia della musica italiana. - Osservatori Esterni


Da qualche tempo i miei periodici “ritorni” su questo sito erano segnati da “Extra” più o meno legati alla mia vita personale; non stavolta. Stavolta ritorno da queste parti con qualcosa di cui, su questo sito, si stava parlando da parecchio tempo; una canzone senz'altro famosissima, un brano addirittura storico che era stato segnalato diversi mesi fa dal Webmaster, Lorenzo Masetti, come una delle 'clamorose mancanze' che rappresentano quasi una costante storica per le CCG/AWS. Questo prima dell'estate; c'era però un motivo ben preciso per questa 'clamorosa mancanza', vale a dire la mancanza assoluta, in Rete, del testo di questa canzone. Può apparire bizzarro che, di una canzone che letteralmente ha fatto epoca, sia possibile reperire ogni cosa (video, commenti, citazioni) ma non il testo completo; eppure era così, e della trascrizione all'ascolto non se ne poteva neppure parlare, non essendo nessuno dello Staff madrelingua napoletano.

Avevamo, a suo tempo, pensato di scrivere a uno che napoletano invece lo è, e parecchio: Daniele Sepe, che di questo sito è collaboratore da anni. Nessuna risposta, ma della causa di tale mancato riscontro ce ne siamo accorti più tardi: era praticamente inutile che ci rispondesse, dato che una bella parte del testo di Campagna era presente nel libretto del suo “album feisbukkaro”, vale a dire Fessbuk del 2010. Al resto ci ha pensato, fortunatamente, il forum di video-hifi, dove il testo è stato nel frattempo riportato bello completo. Non abbiamo dovuto che riaggiustarlo sulla base del video, ed ecco che, finalmente, Campagna entra a far parte di questo sito dal quale non poteva certo mancare.

fessbuksepe


Ma si diceva di questa canzone storica, del 1975, che -suddivisa in due parti, una principale e una “reprise”- apriva il primo omonimo album dei Napoli Centrale. Con una copertina con delle persone persone e due bambini in una campagna spettrale di alberi smozzati, in un giorno di pioggia, delimitata da una rete che ricorda nemmeno tanto vagamente il filo spinato di un lager. Una canzone che riporta la campagna alla sua durissima realtà di luogo di lavoro, di schiavitù, di fatica per poco o niente.

E' la campagna del bracciantato, quella sotto gli occhi dei Napoli Centrale, non quella idilliaca di Lucio Battisti e di altri. E' la campagna del padrone e del servo, la campagna di sempre, la campagna delle schiene spezzate, la campagna di chi la lavorava e non dei borghesi cittadini, piccoli o alti che fossero, cui piaceva e piace tanto idealizzarla perché non hanno mai fatto i braccianti, i mezzadri. La campagna dei notai e dei bottegai, degli architetti o degli impiegatucci che, nel fine settimana e durante le ferie, si trasformano tutti in “contadini” e magnificano poi il “loro vino” o il “loro olio”.

A chi non sarà capitato di sentire discorsi accalorati sulla “necessità del riposo psicofisico” per “combattere lo stress” o roba del genere; rifugiarsi nella seconda casa (ottenuta magari ristrutturando una vecchia casa colonica o un fienile; quanti esempi, qua attorno a Firenze dove vivo!), la “semplice casetta” o l'autentica villa con qualche ettaro di terra attorno, perché il “ritorno alla natura” è importante per “scappare dai ritmi frenetici della città”...la campagna, il silenzio, gli animali, il rumore del vento, la “gente più genuina e rispettosa” e, naturalmente, gli immancabili “valori”. Così, da civiltà contadina che eravamo, ci siamo trasformati in stucchevoli “nostalgici” di una civiltà che era fatta di sfruttamento e fatiche terribili, di lavoro senza tregua, di povertà, di privazioni; dimenticando, fra l'altro, realtà che erano comunque ancora presenti, seppur dimenticate. I caporalati e quant'altro, per andare a finire al bracciantato di mano immigrata, a Rosarno, all'Agro Domiziano, alla pasta verace condita col sugo di pomodoro rosso sì, ma rosso sangue. E anche laddove tale realtà sembrava o sembra più stemperata, la campagna diventata “salottino” dei ricchi o di coloro che vogliono apparirlo, degli “stranieri buoni” (quelli che portano soldoni a palate, non quelli arrivati sui barconi), degli “intellettuali”; ne ho avuta esperienza personale, con un tizio che conoscevo bene. Nella sua vita un alto funzionario amministrativo, tronfio ma addirittura “di sinistra” -così diceva-, e alla domenica vestito da colono sotto gli ulivi, con il deciso rimpianto che una bella rama carica non gli sia mai cascata in testa spaccandogliela.

Bene; ci pensa questa canzone a rimettere le cose al suo posto, ed è da quasi quarant'anni che le rimette. Com'è bella la campagna, sì, ma solo per il padrone di ieri e per quello di oggi, per chi ancora ci fa soldi, per chi se ne serve come luogo di divertimento e “relax”, per gli “agriturismi”. Per chi ancora deve lavorarla, la terra rimane invece bassa. Sperando, con questa pagina, di far conoscere questa canzone (che è anche musica sopraffina) a chi ancora ne sa poco o niente, e con l'augurio che sia cantata a chiunque, con le sue stronzate “campagnole”, ammorbi l'aria ben più del letame che parecchi, in un impeto di “naturalità”, trovano un odore entusiasmante e gradevole non avendolo mai dovuto raccoglierlo dal culo delle vacche e spanderlo in un campo. [RV]
Chiove o jesce 'o sole,
chi è bracciante a San Nicola
ca butteglia chine 'e vine
tutte 'e juorne va a zappà

Campagna, campagna
comme è bella 'a campagna

Campagna, campagna
comme è bella 'a campagna
ma è cchiù bella pe' 'o padrone
ca se enghie 'e sacche d'oro
e 'a padrona sua signora
ca si 'ngrassa sempre cchiù
ma chi zappa chesta terra
pe' nu muorz' 'e pane niro
ca 'a campagna si ritrova
d'acqua strutt' e culo rutto

Campagna, campagna
comme è bella 'a campagna

Chiove e jesce 'o sole
pe' aiutà pure isse 'a varca
pure 'o figlio do bracciante
'nzieme 'o pate va a zappà

Campagna, campagna
comme è bella 'a campagna

è cchiù bella pe' 'e figlie
do padrone della terra
ca ce vene sulamente
cu ll'amice a pazzià
ma po' figlio do bracciante
'a campagna è n'ata cosa
'a campagna è sulamente
rine rutt' e niente cchiù.

Campagna, campagna
comme è bella 'a campagna

Contributed by Riccardo Venturi - 2012/9/17 - 13:57




Language: Italian

Il testo in italiano
Compilato da Riccardo Venturi, 17 settembre 2012

Napoli Centrale
CAMPAGNA

Piove o esce il sole,
chi è bracciante a San Nicola
con la bottiglia piena di vino
ogni giorno va a zappare

Campagna, campagna
come è bella la campagna

Campagna, campagna
come è bella la campagna
ma è più bella per il padrone
che si riempie sacchi d'oro
e la padrona, la sua signora,
che ingrassa sempre di più
ma chi zappa questa terra
per un morso di pane nero
con la campagna si ritrova
fradicio d'acqua e col culo rotto.

Campagna, campagna
come è bella la campagna

Piove o esce il sole,
per far andare la baracca
anche il figlio del bracciante
insieme al padre va a zappare

Campagna, campagna
come è bella la campagna

E' più bella per i figli
del padrone della terra,
che ci vanno solamente
con gli amici a divertirsi
ma per il figlio del bracciante
la campagna è un'altra cosa,
la campagna è solamente
reni spezzate e niente più.

Campagna, campagna,
com'è bella la campagna.

2012/9/17 - 18:17




Language: Neapolitan

La versione di Daniele Sepe.



La versione interpretata dalla band di Daniele Sepe nell'album Fessbuk (2010) è particolare. Si tratta, credo, di una delle ultime interpretazioni della grande Auli Kokko, che ha preferito poi ritirarsi dall'attività artistica; del testo viene però cantata solo una parte, che riproduciamo qui. La particolarità di questa versione è però un'altra, e importante: la canzone, infatti, è interpretata prima (quasi interamente, per quanto ho potuto intendere, in lingua araba (da Marzuk Mejiri). Sul valore e sul significato di tale cosa non è necessario fornire troppe spiegazioni: basta soltanto pensare a Rosarno (cosa, del resto, sottolineata nel libretto "simil-Facebook" dell'album). Nel medesimo libretto è riportata una parte della versione araba, ma non ci è stato possibile riprodurla (vi si parla, però, di "busta paga" e "contributi", in italiano).
Chiove o jesce 'o sole, chi è bracciante a San Nicola
ca butteglia chine 'e vine tutte 'e juorne va a zappà
Campagna, campagna, comme è bella 'a campagna
E' chiù bella pe' 'e figlie do padrone della terra
ca ce vene sulamente cu ll'amice a pazzià
ma po' figlio do bracciante 'a campagna è n'ata cosa
'a campagna è sulamente rine rutt' e niente cchiù
Chiove o jesce 'o sole pe' aiutà pure isse 'a varca
pure 'o figlio do bracciante 'nzieme 'o pate va a zappà.

Contributed by CCG/AWS Staff - 2012/9/21 - 10:55




Language: French

Version française – CAMPAGNE – Marco Valdo M.I. – 2015
Chanson napolitaine – Campagna – Napoli Centrale – 1975
Écrite par Franco del Prete et James Senese
Album: Napoli Centrale
Reproposée en 2010 par Daniele Sepe
Dans l'album Fessbuk
CAMPAGNE

Pluie ou soleil,
S'en va le journalier,
Avec le vin plein sa bouteille,
Chaque jour piocher.

Campagne, campagne,
Qu'elle est belle la campagne.

Campagne, campagne
Qu'elle est belle la campagne
Mais elle est belle pour le propriétaire
Qui remplit ses sacs d'or
Et la propriétaire, sa femme,
Qui grossit toujours et encore.
Mais celui qui pioche cette terre
Pour un quignon séché
À la campagne se retrouve
Trempé et le cul cassé.

Campagne, campagne,
Qu'elle est belle la campagne.

Soleil ou pluie,
Pour nourrir la famille,
Même le fils du journalier
Avec son père va piocher.

Campagne, campagne,
Qu'elle est belle la campagne.

Elle est belle pour les fils
Du propriétaire de la terre,
Qui y vont seulement
Avec les amis pour s'amuser
Mais pour le fils du paysan,
La campagne, c'est une autre affaire,
La campagne, c'est seulement
Les reins brisés et rien d'autre.

Campagne, campagne,
Qu'elle est belle la campagne.

Contributed by Marco Valdo M.I. - 2015/7/10 - 21:39


propio bella

Krzysiek Wrona - 2013/8/30 - 00:48


Ascoltando più volte sia la versione originale che alcuni live, sono certo che ci sia un errore nella trascrizione del verso "d'acqua strutt' e culo rutto"
Ritengo con ragionevole certezza che dica "stracquo strutto e culo rutto", dove "stracquo" è il normale corrispettivo napoletano per "stanco", anche nell'espressione "stracquo e strutto" (ovvero stanco e strutto (da struggere) = molto stanco).

In alcune versioni live passate in tv, piuttosto, il "culo rutto" diventa per ovvi motivi "tutto rutto".

polytropos - 2013/11/30 - 10:57


Mitico Napoli Power. Ma siete sicuri che la foto sia proprio dei Napoli Centrale? Vedo anche Toni Esposito e De Piscopo...

Stefano (Imola) - 2014/3/23 - 09:23


Infatti nella foto è la band di Pino Daniele, riunitasi nel 2008 per un megaconcerto in piazza del Pebiscito
In alto Toni Esposito e Pino
in basso Joe Amoruso Tullio de Piscopo James Senese e Rino Zurzolo

Giusta osservazione. Abbiamo sostituito la foto! (CCG Staff)

Simone - 2015/7/7 - 18:29


adamodonati@gmail.com grazie per la canzone...suono la chitarra e vorrei chiedervi se potete scrivere anche gli accordi....vi ringrazio con affetto.

2016/4/13 - 18:56


Una splendida versione di Raiz e Fausto Mesolella

Dq82 - 2017/3/31 - 20:31


Sono stati pochissimi che mi hanno fatto sognà così...

Krzysiek - 2017/4/1 - 02:45


Straordinari!! ( Napoli Centrale e James Senese

Tony - 2024/8/10 - 19:10




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